Il rapporto tra deposito del duplicato informatico della sentenza e procedibilità del ricorso per cassazione

24 Luglio 2024

Il presente contributo si propone di tratteggiare sinteticamente il rapporto tra deposito del duplicato informatico della sentenza impugnata avanti la Suprema Corte e la procedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c. per cassazione, sia secondo l'orientamento maggioritario sia alla luce di una più recente - ma più condivisibile - pronuncia della Terza Sezione, per il momento isolata.

L'impostazione del problema e la normativa rilevante: l'equivalenza tra duplicato informatico e originale

La questione che ci accingiamo ad esaminare può essere riassunta nei seguenti termini: se il deposito di sentenza digitale priva della stampigliatura (quest'ultima indicata, in taluni precedenti, anche come “glifo”) indicante la data di deposito ed il numero del provvedimento apposta in via automatica dal sistema informatico di gestione dei servizi di cancelleria valga o meno a soddisfare l'onere di deposito del provvedimento impugnato - previsto a pena di improcedibilità dall'art. 369, comma 2 n. 2, c.p.c. - oppure, in assenza dei predetti dati, debba addivenirsi, altrimenti, ad una pronuncia di definizione in rito del ricorso per tardività, ove non si ritenga superata la c.d. prova di resistenza.

Ciò detto, a guisa di premessa terminologica, riteniamo opportuno richiamare alcune delle disposizioni che più rilevano in tale ambito. In particolare ci riferiamo:

(i) alle definizioni contenute nell'art. 1 del D.lgs. n. 82/2005 (c.d. Codice dell'amministrazione digitale o breviter C.A.D), tra le quali: a) la copia informatica di documento informatico, cioè  il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari (lett. i-quater); b) il duplicato informatico, ossia il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (lett. i-quinquies);

(ii) all'art. 23-bis C.A.D. a mente del quale «1. I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di Legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida (i.e., le linee guida adottate dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AglD) ai sensi dell'art. 71 C.A.D. ndr). 2. Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti Linee guida, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta».

Il dettato normativo, quindi - ma sul punto ci torneremo - senza ambiguità, sancisce l'equiparazione tra il “duplicato informatico” di un provvedimento giurisdizionale e l'originale di quel medesimo provvedimento (nozioni queste ultime, peraltro, non sconosciute dalla giurisprudenza di legittimità – Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2024, n. 12971, in DeJure.it; Cass. civ, sez. VI, 19 settembre 2022, n. 27379, in Giustizia Civile Massimario 2022)

L'orientamento maggioritario della S.C.: l'improcedibilità del ricorso per cassazione qualora la copia della sentenza impugnata non riporti data e numero di pubblicazione

La Corte di Cassazione – soprattutto negli anni più recenti – ha elaborato un orientamento, che ci sia consentito osservare, non attentissimo alle disposizioni vigenti, in virtù del quale il ricorso di legittimità è da dichiararsi (come effettivamente lo è stato) improcedibile nel caso in cui la sentenza impugnata, redatta in formato digitale, risultasse priva dell'attestazione di cancelleria circa l'avvenuta pubblicazione, la relativa data e il conseguente numero di pubblicazione, sia perché i suddetti adempimenti sono gli unici che permettono alla Corte di controllare se e quando il provvedimento impugnato sia effettivamente venuto ad esistenza sia perché la produzione di una copia della sentenza incerta nella data e priva del numero identificativo non consente di verificare la tempestività dell'impugnazione né, in caso di accoglimento del ricorso, di formulare un corretto dispositivo che, coordinato con la motivazione, individui con esattezza il provvedimento cassato (Cass. civ., sez. III, 29 dicembre 2023, n. 36379, in DeJure.it; Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2023, n. 28035, in DeJure.it; Cass. civ., sez. III, 30 agosto 2023, n. 25472, in Diritto & Giustizia 2023, 31 agosto).

In particolare, gli argomenti a sostegno dell'improcedibilità (Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 2023, n. 5771, in Giustizia Civile Massimario 2023) prendevano le mosse dal rilievo per cui la disposizione dell'art. 16-bis, comma 9-bis, del d.l. n. 179/2012 che stabilisce la equivalenza all'originale delle copie informatiche, anche per immagine, dei provvedimenti del Giudice ‹‹anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all'originale›› attribuisce al difensore il potere di certificazione pubblica delle ‹‹copie analogiche ed anche informatiche, anche per immagine, estratte dal fascicolo informatico›› ma non anche la competenza amministrativa riservata al funzionario di Cancelleria relativa alla pubblicazione della sentenza.

Quindi si era ritenuto che, per quanto in linea generale fosse possibile produrre in giudizio copie o duplicati del provvedimento impugnato estratti dal fascicolo telematico, attestando la conformità del relativo contenuto all'originale contenuto nel predetto fascicolo, ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 369 c.p.c. si sarebbe dovuto, comunque, trattare di copie o duplicati recanti l'attestazione di Cancelleria della pubblicazione del provvedimento, con la relativa data e il numero attribuito dal sistema, altrimenti sarebbe stata preclusa alla Corte la verifica circa l'effettiva venuta ad esistenza del provvedimento impugnato e del suo numero identificativo.

Il revirement (per il momento isolato) della Terza Sezione: l'equivalenza tra il duplicato informatico della sentenza impugnata e l'originale informatico. Il deposito del (solo) duplicato rende procedibile il ricorso per cassazione

Attraverso un ragionamento che si snoda lungo le definizioni delle fattispecie coinvolte (per quel che più rileva il c.d. “duplicato informatico") e il meccanismo di pubblicazione di una sentenza, la S.C. con un proprio recente decisum (Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2024, n. 12971, in Giustizia Civile Massimario 2024) giunge alla logica conclusione che si è brevemente riassunta nel titolo del presente paragrafo. Invero:

(i) il duplicato informatico ha lo stesso valore giuridico del documento informatico da cui è stato tratto ex art. 1 lett. “i”-quinquies e dell'art. 23-bis del D.lgs. n. 82/2005;

(ii) a seguito dell'avvenuta pubblicazione informatica della sentenza – la quale avviene ex art. 15 D.M. n. 44/2011 attraverso l'accettazione del deposito telematico del provvedimento e l'attribuzione mediante il sistema informatico del numero identificativo e della data dell'adempimento, con inserimento nel fascicolo informatico e conseguente visibilità agli interessati (Cass. civ., sez. I, 31 gennaio 2023, n. 2829, in DeJure.it) – i difensori, accedendo al fascicolo informatico tramite il portale dei servizi telematici, possono scegliere se (a) estrarre copia informatica del provvedimento, recante le indicazioni sulla data di pubblicazione e sul numero di cronologico (sotto forma di stampigliatura apposta dal sistema informatico in esito all'accettazione dell'atto digitale da parte della cancelleria) oppure se (b) scaricare direttamente il duplicato informatico che, in quanto tale, non può, però, recare alcuna sovrapposizione o annotazione perché ciò determinerebbe l'alterazione dell'originale informatico.

Pertanto, ben potendo il procuratore della parte scegliere se entrare in possesso di una copia informatica, la cui apposta stampigliatura rappresenta soltanto un'evidenza grafica della registrazione informatizzata, oppure di un duplicato informatico, ne deriva l'inapplicabilità della sanzione dell'improcedibilità qualora il difensore decida di depositare nel giudizio di legittimità il citato duplicato, in quanto così come estratto equivale all'originale e, come tale, non necessitante di alcuna attestazione di conformità.

Il concetto stesso di duplicato, dunque, prosegue la Corte, risulta assorbente rispetto al requisito di ‹‹copia autentica della sentenza o della decisione impugnata›› previsto dall'art. 369 c.p.c.

Premessa, quindi, la procedibilità del ricorso in caso di deposito del più volte citato duplicato informatico della sentenza impugnata, la S.C. precisa (a nostro avviso trattasi di considerazione di non poco conto) che, qualora i dati relativi alla pubblicazione del provvedimento gravato necessari ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione dovessero essere contestati, la Corte – ove non riesca a reperire l'informazione di cui necessita per il tramite dei propri sistemi informatici – può sempre effettuare d'ufficio ex 137-bis disp. att. c.p.c. la verifica di specie mediante la consultazione del fascicolo informatico del giudizio di merito post riforma Cartabia. Quanto ai giudizi introdotti precedentemente, i dati relativi alla pubblicazione del provvedimento impugnato possono essere verificati tramite richiesta di attestazione degli stessi alla cancelleria del giudice che ha emesso quel provvedimento, in presenza di istanza del ricorrente formulata ai sensi dell'art. 369, ultimo comma, c.p.c. ratione temporis applicabile.

Diversamente ci si collocherebbe al di fuori ‹‹del cono d'ombra del principio di effettività della tutela giurisdizionale›› di rango costituzionale ed europeo e che in buona sostanza postula che eventuali restrizioni della parte al diritto di accedere ad un tribunale siano ponderate attentamente alla luce dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità.

Conclusioni

Auspicando che i principi statuiti dalla pronuncia di cui si è dato conto nel paragrafo che precede trovino una più diffusa applicazione, non possiamo nascondere il fatto che tale sentenza si lasci apprezzare per due caratteristiche.

Da un lato, infatti, muovendo dal tenore letterale delle disposizioni normative rilevanti – peraltro non sconosciute in taluni arresti precedenti – chiarisce la portata e l’effetto del deposito di una sentenza in formato “duplicato informatico” superando, così, l’orientamento maggioritario il cui percorso argomentativo effettivamente non persuade e, dall’altro, valorizza – a nostro avviso correttamente – il ruolo ufficioso della Corte qualora sorgano contestazioni sui dati temporali del provvedimento impugnato, sì da garantire l’effettività della tutela giurisdizionale.

Guida all'approfondimento

Vanz, Sulle sorti (forse ancora da ridiscutere) del ricorso in cassazione in caso di mancato deposito della copia autentica della sentenza e della relata di notifica, in Giur. it. 2010, 2.;

De Carolis, L'atteggiarsi dell'improcedibilità del ricorso per cassazione (ex art. 369 c.p.c.) post ordinanza “filtro”, in Corr. giur., 6, 2017, 839 ss.;

Gozzi, Il deposito della relazione di notificazione della sentenza impugnata: un auspicato revirement della Cassazione, in Riv. dir. proc., 6, 2017, 1619;

Bonafine, Sull'improcedibilità (anche in ottica telematica) del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., in Riv. dir. proc., 4-5, 2018, 1196 ss.;

De Cristofaro, L'improcedibilità in cassazione 2.0: quali oneri congrui dei deposito a fronte di notifica della sentenza a mezzo pec?, in Corr. giur., 4, 2018, 547 ss.

Proto Pisani, Il principio di effettività nel processo civile italiano, in Giusto Proc. Civ., 2014, 825 ss.;

Caporusso, Efficienza e ragionevolezza della tutela giurisdizionale nel canone dell'art. 6, par. 1, Cedu, in Persona e Mercato, 2014, 118 ss.;

Pagni, voce “Effettività della tutela giurisdizionale”, Enc. Dir., Ann. X, Milano, 2017, 355 ss.;

Imbruglia, Effettività della tutela e ruolo del giudice, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2017, 961 ss.

Ulteriori riferimenti giurisprudenziali:

Cass. civ., sez. VI, 29 dicembre 2020, n. 29803, in DeJure.it;

Cass. civ., sez. III, 24 marzo 2023, n. 8535, in Diritto & Giustizia 2023, 27 marzo;

Cass. civ., sez. III, 17 aprile 2023, n. 10180, in DeJure.it;

Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2023, n. 23694, in DeJure.it;

Cass. civ., sez. un., 6 luglio 2022, n. 21349, in Giustizia Civile Massimario 2022;

Cass. civ., sez. un., 25 marzo 2019, n. 8312, in Giustizia Civile Massimario 2019;

Cass. civ., sez. un.,15 maggio 2018, n. 11850, in Giustizia Civile Massimario 2018.

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