Sulla validità della delibera societaria in cui l’amministratore di s.r.l. si vota il proprio compenso

12 Agosto 2024

La Cassazione si è pronunciata su una vicenda relativa ai profili di invalidità di una delibera assembleare di una s.r.l., per presunto conflitto di interessi dell’amministratore.

Massima

La deliberazione determinativa del compenso dell'amministratore non può considerarsi invalida per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all'assemblea in veste di socio, se non ne risulti altresì pregiudicato l'interesse sociale.

Il caso

La vicenda fattuale in commento, prendeva le mosse dalla sentenza resa dal Tribunale di Bari, che aveva respinto la domanda di annullamento delle delibere adottate dall'assemblea ordinaria e straordinaria dei soci della Farmacia Comunale A. s.r.l., impugnate per conflitto di interesse dei soci ex art. 2479-ter c.c.

Tale decisione era confermata dal Giudice di seconde cure, il quale evidenziava che gli amministratori di parte privata, che avevano partecipato all'assemblea in qualità di soci, non avevano inteso perseguire un interesse extra-sociale e personale in contrasto con quello della Farmacia Comunale A. s.r.l..

Aggiungeva la Corte di Appello, che non era ravvisabile una situazione di conflitto di interessi sotto il profilo della sproporzione e della irragionevolezza dei compensi riconosciuti agli amministratori stessi; non sussisteva alcun obbligo giuridico vincolante per gli amministratori di ridursi il compenso loro attribuito in caso di peggioramento della situazione economica della società e che non era dimostrato il dedotto disegno della parte privata di pervenire alla riduzione del capitale sociale al fine di determinare un deprezzamento del valore della quota sociale della parte pubblica in previsione di un futuro eventuale acquisto della stessa.

Avverso tale decisone il Comune di A. proponeva ricorso per cassazione affidandolo a quattro motivi.

Tali doglianze non erano condivise dalla Suprema Corte, la quale rigettava il ricorso.

Invero, con la pronunzia in commento la Cassazione osservava che l'art. 2479 ter, comma 2, c.c., prevede che sono invalide e, in quanto tali, possono essere impugnate le delibere dell'assemblea di una s.r.l., qualora siano assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società e siano idonee a cagionare un danno alla società.

La questione

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se la deliberazione determinativa del compenso dell'amministratore in cui non risulti pregiudicato l'interesse sociale, possa considerarsi invalida per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all'assemblea in veste di socio.

Osservazioni

A mente dell'art. 2479-ter c.c. (Invalidità delle decisioni dei soci) le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a centottanta giorni per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità.

Qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili a norma del precedente comma le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.

L'art. 2479-ter c.c. oltre a richiamare le norme sulle S.p.a. contenute negli artt. 2377 e ss. c.c., prevede un'ulteriore disciplina speciale che si differenzia in parte da quella applicabile alle S.p.a.; ciò attese le diverse modalità di assunzione delle decisioni dei soci ammesse dalla regolamentazione della S.r.l., a seconda che siano assunte in sede assembleare o extra-assembleare.

Infatti, nella S.r.l. le decisioni dei soci possono essere assunte mediante forme e procedure attuabili anche al di fuori di un contesto collegiale, qualora vi sia una specifica previsione statutaria in tal senso.

In particolare, accanto alla delibera tradizionalmente assunta in assemblea – che resta comunque necessaria in caso di decisioni particolarmente rilevanti per la vita della società, quali quelle atte ad introdurre eventuali modificazioni dell'atto costitutivo, nonché quelle aventi ad oggetto il compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale ed una rilevante modificazione dei diritti dei soci – l'art. 2479 c.c. prevede la possibilità che le decisioni sociali siano assunte mediante consultazione scritta ovvero sulla base del consenso espresso per iscritto.

Inoltre, nella S.r.l., a differenza che nella S.p.A., viene valorizzata la partecipazione e i diritti del singolo socio a prescindere dalla detenzione di quote qualificate del capitale sociale.

Nello specifico, il legislatore non ha attuato una rigida distinzione tra casi di nullità e casi di annullabilità ma ha preferito riferirsi genericamente alla “invalidità delle decisioni dei soci” (art.2479-ter c.c.).

Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.

Il tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a centottanta giorni per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità.

Qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili a norma del precedente comma le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.

Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite.

Si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 2377, commi 1, 5, 7, 9 e 9, 2378, 2379-bis, 2379-ter e 2434-bis.

Tuttavia, dalla lettura dell'art. 2479-ter si evince che possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse, entro tre anni dalla trascrizione nel libro delle decisioni dei soci: 1) le decisioni aventi oggetto impossibile o illecito; 2) le decisioni prese in assoluta mancanza di informazione; 3) le decisioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite.

Inoltre, le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore o dal collegio sindacale. entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.

A differenza di quanto previsto in tema di S.p.A., ai fini della legittimazione all'impugnazione non è richiesto né il possesso di una quota minima del capitale sociale, né la titolarità del diritto di voto rispetto alla decisione oggetto di impugnazione: pertanto, a condizione che non vi abbia consentito, ogni socio di S.r.l. ha diritto di impugnare una decisione dei soci non conforme alla legge o all'atto costitutivo, ai sensi dell'art. 2479 ter c.c..

L'art. 2479 ter,  comma 1, c.c. prevede infatti che il Tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a centottanta giorni per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa dell'invalidità.

Conclusioni

Tornando al caso che ci preme, il conflitto di interessi rilevante ai fini dell'annullamento di una delibera ex art. 2479-ter c.c. sussiste in presenza di un conflitto tra un interesse non sociale - ossia non riconducibile, in alcun modo, al contratto di società - e uno qualsiasi degli interessi riconducibili a tale contratto.

La situazione di conflitto di interessi tra socio e società, quindi, presuppone che il primo sia portatore, con riguardo ad una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse (il proprio, da un lato, e quello della società, dall'altro) e che questa duplicità di interessi sia tale per cui il socio non possa realizzare l'uno se non sacrificando l'altro.

Per contro, la circostanza che una particolare delibera consenta al socio di soddisfare anche un suo interesse personale non comporta, di per sé, un pregiudizio all'interesse sociale.

In considerazione di ciò, la deliberazione in cui sia determinato il compenso dell'amministratore non può considerarsi invalida per il solo fatto che essa sia stata adottata con il voto determinante dello stesso amministratore - che abbia partecipato all'assemblea in veste di socio - se non ne risulti altresì pregiudicato l'interesse sociale.

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