Validità della notifica di copia analogica dell’avviso di accertamento
26 Agosto 2024
Massima “La copia analogica dell'avviso di accertamento, sottoscritta digitalmente dal funzionario incaricato e dichiarata conforme all'originale informatico nel rispetto della previsione dell'art. 23 d.lgs. n. 82/2005, tiene luogo del menzionato originale ed è validamente notificata al contribuente, oltre che a mezzo posta elettronica certificata, anche a mezzo del servizio postale”. Il caso La Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, con la sentenza impugnata, rigettava l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate, confermando la statuizione di primo grado che aveva dichiarato la nullità dell'avviso di accertamento emesso in liquidazione relativamente all'anno d'imposta 2013. La nullità era motivata dal fatto che la sottoscrizione era stata apposta in forma digitale sull'atto impositivo, mediante l'indicazione a stampa del nominativo del funzionario delegato. Tale modalità era ritenuta in violazione dell'art. 2, comma 6, del codice dell'amministrazione digitale (CAD), che prevede l'inapplicabilità delle disposizioni del codice all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale. Inoltre, l'avviso era stato notificato a mezzo del servizio postale anziché tramite posta elettronica certificata, il che, secondo la CTR, impediva al contribuente un immediato controllo dell'autenticità del provvedimento e l'accesso a tutte le informazioni e atti correlati. L'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, articolando cinque motivi di ricorso, ai quali replicava la società contribuente con controricorso. La questione La questione principale posta all'attenzione della Corte di Cassazione riguardava la validità della sottoscrizione digitale sugli avvisi di accertamento e la modalità di notifica degli stessi. In particolare, la controversia verteva sull'interpretazione dell'art. 2, comma 6, del CAD, il quale esclude l'applicabilità delle disposizioni del codice all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale. La CTR aveva ritenuto che tale esclusione si applicasse anche agli avvisi di accertamento, rendendo quindi nullo l'atto firmato digitalmente. Inoltre, la notifica effettuata a mezzo servizio postale, anziché tramite PEC, era stata considerata illegittima in quanto non consentiva al contribuente un controllo immediato dell'autenticità dell'atto. La Corte di Cassazione doveva quindi stabilire se l'avviso di accertamento fosse nullo per difetto di sottoscrizione digitale e se la notifica a mezzo servizio postale fosse legittima. Le soluzioni giuridiche La Corte di Cassazione ha risposto in modo articolato e dettagliato alle questioni sollevate. Innanzitutto, ha chiarito che l'art. 2, comma 6, del CAD, nella versione applicabile ratione temporis, esclude l'applicabilità delle disposizioni del codice solo all'esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, non agli avvisi di accertamento. A giudizio della Suprema Corte, infatti, gli atti impositivi non rientrano tra gli atti emessi" nell'esercizio" delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale, a cui sono certamente riconducibili gli atti adottati in occasione di indagini e verifiche ispettive propedeutiche all'esercizio del potere di accertamento e di irrogazione di sanzioni, bensì tra gli atti eventualmente emessi "all'esito" delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale. Tali attività potrebbero anche concludersi con un esito favorevole per il contribuente, e quindi senza l'emissione di un atto impositivo. A tale considerazione va altresì aggiunta l'argomentazione di stretto diritto secondo cui la distinzione tra l'attività accertativa e quella preliminare di verifica e controllo risulta immanente nella normativa fiscale vigente. Da queste considerazioni discende pertanto la piena applicabilità delle disposizioni del codice dell'amministrazione digitale alla fattispecie della notificazione degli avvisi di accertamento. Inoltre, ad ulteriore supporto della tesi esposta, il Collegio giudicante ha correttamente evidenziato che la normativa in tema di digitalizzazione della pubblica amministrazione, anche in conseguenza degli obblighi di adeguamento al Regolamento comunitario eIDAS 1, impone come regola generale l'adozione dei documenti informatici. Pertanto, la sottoscrizione digitale degli avvisi di accertamento è perfettamente legittima ed è anzi doverosa. Osservazioni L'accertata legittimità della sottoscrizione digitale dell'avviso di accertamento, unitamente all'affermazione della piena applicabilità delle disposizioni del CAD alla fattispecie controversa, porta la Suprema Corte a ragionamenti logici e coerenti: innazitutto, a fronte di documento firmato digitalmente è certamente possibile estrarne copie autentiche in forma analogica, visto il disposto dell'art. 23 CAD (“Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui sono tratte se la loro conformità all'originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”). Nel caso di specie l'atto impositivo notificato in forma cartacea recava l'attestazione di conformità, il che conferma l'avvenuta sottoscrizione dell'atto formato digitalmente e gli conferisce un valore probatorio equiparato all'originale informatico, essendo l'attestazione di conformità riferita al contenuto integrale del documento originale informatico e, quindi, anche alla sottoscrizione apposta in formato digitale. Inoltre il contribuente non aveva in alcun modo disconosciuto la conformità del documento analogico a quello digitale, sicché alla copia analogica è stato possibile attribuire, senza alcun dubbio, il medesimo valore probatorio dell'originale, visto il chiaro disposto del secondo comma dell'art. 23 CAD. Il ragionamento della Corte di Cassazione appare coerente e ben argomentato e dimostra come l'applicazione di un corpus organizzato di norme possa fungere da elemento di facilitazione anche in sede contenziosa. Una volta, infatti, che si è risolto il problema normativo alla base delle decisioni dei primi due gradi di giudizio e si è correttamente affermata l'applicabilità dei principi del codice dell'amministrazione digitale alla fattispecie dell'accertamento fiscale, è stato semplice risolvere la questione, potendosi applicare tutte le norme che presidiano la gestione documentale informatica, anche nelle appendici analogiche. Succede, infatti, spesso che atti digitali debbano “mutare di stato” per essere portati a conoscenza di soggetti che non possiedono un domicilio digitale e allora, in quei casi, risulta fondamentale l'esperimento di una corretta attività di certificazione della conformità della copia all'originale. La sentenza resa dalla Corte di Cassazione rappresenta, dunque, un importante arresto per ribadire concetti chiave in tema di governo dei documenti digitali. Non è secondario neppure considerare un'affermazione, resa dalla Suprema Corte in obiter dictum, e cioè che “non sussistendo alcun indispensabile o necessario collegamento tra documento informatico e notifica a mezzo PEC, nulla impedisce che una copia analogica di un documento informatico conforme all'originale venga notificata secondo le regole ordinarie della notifica a mezzo posta”. Si tratta, invero, di un concetto all'apparenza pacifico, ma sul quale le Corti di merito avevano deciso in maniera difforme. È, dunque, senz'altro positivo che si sia affermato il concetto secondo cui un documento digitale può "vivere" anche nel mondo analogico. |