Non esiste motivazione apparente se è comunque percepibile il fondamento della decisione

08 Agosto 2024

È denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Il caso

Alcuni proprietari di immobili facenti parte di un condominio, convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale competente, l'impresa di costruzione al fine di sentir accertare la proprietà condominiale di alcune particelle e, per l'effetto, chiedevano dichiararsi l'inefficacia della scrittura privata con cui l'originaria costruttrice aveva trasferito le dette particelle all'impresa convenuta. Si costituiva l'impresa di costruzione spiegando domanda riconvenzionale di rimozione della caldaia situata nella sua proprietà esclusiva. Il Tribunale rigettava sia la domanda principale che la domanda riconvenzionale. Alcuni condomini proponevano gravame avverso la detta pronuncia innanzi alla Corte di Appello territorialmente competente; nel corso del giudizio di impugnazione alcune parti rinunciavano agli atti del giudizio e la rinuncia veniva accettata dalla società appellata.

Il Giudice del gravame rigettava l'appello e dichiarava estinto il giudizio nei confronti degli appellanti rinuncianti. Alcuni condomini proponevano ricorso per Cassazione sulla base di sei motivi; resisteva l'impresa di costruzioni.

Motivi di censura

Con il primo e secondo motivo di ricorso, si eccepiva la violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c. e 1131 c.c. per violazione delle norme sul litisconsorzio necessario in quanto, rispetto alla domanda di rimozione della caldaia proposta in via riconvenzionale dall'impresa di costruzione, non era stato evocato in giudizio anche il condominio e né l'usufruttuaria della caldaia. Con il terzo motivo si deduceva la violazione degli artt. da 5 a 8 del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 e successive modifiche; veniva denunciata la nullità del procedimento per mancato preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione in relazione alla domanda riconvenzionale. Questi tre motivi venivano trattati congiuntamente atteso che ponevano profili relativi all'interesse ad agire nel giudizio di impugnazione della parte vittoriosa nel merito che lamentava la mera violazione di carattere processuale. Tutti e tre i motivi venivano dichiarati inammissibili per difetto di interesse: si precisava che la domanda riconvenzionale proposta dall'impresa di costruzione era stata rigettata in primo grado sicché nessun pregiudizio era derivato ai condomini dall'omessa integrazione del contraddittorio e dal mancato esperimento della mediazione che, peraltro, non si estende alla domanda riconvenzionale. Con il quarto motivo di ricorso si deduceva la nullità del procedimento per motivazione apparente della sentenza impugnata perché motivata per relationem alla sentenza di primo grado. Anche tale motivo veniva ritenuto infondato. La Cassazione precisava che la sentenza di appello può essere motivata per relationem a quella di primo grado purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate dalla decisione appellata, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente. Nel caso posto al vaglio della Suprema Corte, andava escluso il vizio di motivazione apparente. Con il quinto motivo di ricorso si deduceva la violazione degli artt. 306 e 359 c.p.c. e 111 comma 7 Cost., per avere, la Corte di Appello, compensato le spese di lite tra gli appellanti che avevano rinunciato agli atti di giudizio e la società appellata senza che vi fosse un accordo sulla compensazione delle spese. Tale motivo veniva ritenuto fondato poiché il giudice del gravame aveva errato nel compensare le spese di lite tra gli appellanti che avevano rinunciato agli atti del giudizio e la appellata pregiudicando, così, le parti che avevano proseguito nel giudizio. Con il sesto motivo si deduceva la violazione degli artt. 306, 359 e 97 c.p.c. e 111 comma 7 Cost., per avere la Corte d'Appello condannato alle spese di lite in favore di un soggetto di cui era stata dichiarata la carenza di legittimazione passiva soltanto gli appellanti che non avevano rinunciato agli atti del giudizio. Anche tale motivo veniva ritenuto fondato per le medesime motivazioni che erano state rappresentate per il quinto motivo di impugnazione.    

In conclusione, venivano rigettati i primi quattro motivi di censura e accolti il quinto e il sesto motivo. La sentenza impugnata veniva cassata con rinvio innanzi alla Corte di Appello competente in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese di legittimità.

(fonte: dirittoegiustizia.it)

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