Licenziamento illegittimo e reintegrazione: il lavoratore ha diritto al ripristino del rapporto presso la sede originaria prima del recesso datoriale?

Teresa Zappia
03 Settembre 2024

Il datore è tenuto a reintegrare il dipendente presso la sede di lavoro originaria se non prova la sua inutilizzabilità.

In seguito all'ordine di reintegrazione del lavoratore illegittimamente licenziato, il datore può sempre mutare la sede di lavoro se sussistono le ragioni tecniche, produttive e/o organizzative previste dall'art. 2103 c.c., in particolare qualora siano state adibite nuove unità di personale presso la sede dove era originariamente occupato il dipendente?

In base a quanto previsto dall'art. 2103 c.c., ai fini della legittimità del trasferimento è richiesta la sussistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, ma non è richiesta anche la prova dell'inevitabilità del mutamento della sede lavorativa sotto il profilo dell'inutilizzabilità del dipendente presso la sede originaria.

Tuttavia, nel caso in cui il trasferimento segua immediatamente un licenziamento dichiarato illegittimo, con conseguente ordine di riassunzione, il lavoratore ha diritto al ripristino del rapporto presso la sede ove lo stesso era occupato prima del recesso datoriale, sicché l'eventuale successivo trasferimento comporta che debba essere comprovata la inutilizzabilità del lavoratore in tale sede, derivando dall'ordine di reintegrazione un ulteriore limite rispetto a quello previsto dall'art. 2103 c.c. L'onere della prova incombe sul datore, diversamente quanto avviene allorquando il trasferimento, di cui si assume il carattere discriminatorio o punitivo, avvenga nel corso di un rapporto non interrotto da un licenziamento, ovvero dopo che il rapporto, interrotto per il licenziamento illegittimo, si sia però ricostituito nella stessa sede, fatta comunque salva la possibilità, in questi ultimi casi, di ricorrere alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.

L'assegnazione di nuove unità di personale presso la sede di originaria occupazione, nelle more del giudizio di impugnativa del licenziamento, non può essere invocata dalla parte datoriale a giustificazione dell'impossibilità di ricollocazione del dipendente, in quanto l'ordine di reintegrazione nel posto di lavoro esige che il lavoratore sia in ogni caso ricollocato nel posto di lavoro da ultimo occupato. Pertanto, qualora vi sia stata una sostituzione con altro lavoratore o sia stato soppresso il posto prima occupato, il lavoratore di cui è stata accertata l'illegittimità del licenziamento deve essere nel primo caso ricollocato nel posto e nelle mansioni precedentemente occupate, mentre, nel secondo può essere adibito a mansioni equivalenti purché sempre nella stessa sede di lavoro, salva la possibilità di disporre successivamente il trasferimento ove sussistano le condizioni richieste dalla legge.

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