Il rapporto tra il rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. e i procedimenti cautelari

06 Settembre 2024

Il presente contributo si propone l’intento di riflettere sul rapporto (in termini di compatibilità) tra il rinvio pregiudiziale introdotto dalla riforma Cartabia e il procedimento cautelare. Le recenti Sezioni Unite si sono pronunciate nel senso di una ammissibilità – potremmo dire – incondizionata, ma riteniamo che, per la specialità e la funzione dei rimedi d’urgenza, il tema meriti di essere affrontato diversamente.

Il nuovo rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. e la compatibilità con il procedimento cautelare: la questione concreta

Preliminarmente, appare opportuno menzionare brevemente quelle che sono le caratteristiche principali dell'istituto di c.d. nomofilachia preventiva introdotto dal d.lgs. n. 149/2022 e già oggetto di numerosi e autorevoli commenti dottrinali.

Nel solco dell'obbiettivo principale della riforma della giustizia civile, ossia l'incremento della produttività ed efficienza degli uffici giudiziari, il legislatore ha tentato (è ancora prematuro valutarne la riuscita) di valorizzare e rafforzare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione attraverso l'introduzione del c.d. rinvio pregiudiziale all'organo di legittimità.

Tralasciando i profili storico-comparatistici dai quali l'istituto di nuovo conio può dirsi un discendente o trae ispirazione, in estrema sintesi, il nuovo art. 363-bis c.p.c. consente al il giudice di merito, con ordinanza e dopo aver sentito le parti costituite, di (trattasi di facoltà) disporre il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto. Secondo quanto previsto dalla norma in questione, il rinvio pregiudiziale può concretizzarsi solo ove la questione di diritto risulti necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non sia stata ancora risolta dalla Corte di cassazione, presenti gravi difficoltà interpretative e sia suscettibile di porsi in numerosi giudizi.

L'ordinanza con cui il giudice remittente dispone il rinvio pregiudiziale deve essere motivata e illustrare le «diverse interpretazioni possibili» del tema giuridico sottoposto alla Corte.

La proposizione del rinvio pregiudiziale determina (inevitabilmente) la sospensione del procedimento di merito; viene, tuttavia, fatto salvo il compimento degli atti urgenti e delle attività istruttorie non dipendenti dalla soluzione della questione oggetto di rinvio.

Il Primo presidente della Corte di cassazione, una volta ricevuti gli atti dal giudice remittente, «entro novanta giorni», valuta la sussistenza dei presupposti per la proposizione del rinvio pregiudiziale e, in caso di riscontro positivo, assegna la questione alle Sezioni Unite o alla Sezione semplice per l'enunciazione del principio di diritto; in caso contrario, l'organo di legittimità dichiara, con decreto, l'inammissibilità della questione per mancanza di una o più delle condizioni previste dall'art. 363-bis, comma 1, c.p.c.

La Corte di cassazione, sia a Sezioni Unite che a Sezioni semplici, si pronuncia in pubblica udienza «con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con facoltà per le parti costituite di depositare brevi memorie».

Il procedimento si conclude, pertanto, con l'enunciazione da parte della Corte di un principio di diritto che ha efficacia vincolante nel processo nell'ambito del quale è stata rimessa la questione e conserva tale effetto, ove il processo si estingua, «anche nel nuovo processo in cui è proposta la medesima domanda tra le stesse parti».

In un siffatto contesto normativo e nell'ambito di un procedimento di protezione internazionale ai sensi d.lgs. n. 25/2008, il Tribunale di Bologna riteneva ammissibile rivolgersi alla Suprema Corte ex art. 363-bis c.p.c. e ciò in quanto la questione giuridica pregiudiziale potesse essere dirimente ai fini dell'adozione di una decisione interlocutoria (leggasi cautelare), seppur non incidente in via diretta sulla questione di merito.

Il responso delle Sezioni Unite: l'applicabilità del rinvio pregiudiziale ai procedimenti cautelari

Con sentenza Cass. civ., sez. un., 30 gennaio 2024, n. 11399, pubblicata il successivo 29 aprile, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse nel senso che il rinvio, in presenza di tutte le condizioni previste dalla citata disposizione, può riguardare questioni di diritto che sorgano anche nei procedimenti cautelari ante o in corso di causa tenuto conto, peraltro, che la suddetta norma, nel disporre la sospensione del procedimento con l'ordinanza di rimessione, prevede che sia salvo il compimento degli atti urgenti e delle attività istruttorie non dipendenti dalla soluzione della questione oggetto del rinvio pregiudiziale

La decisione della S.C. si basa essenzialmente su due considerazioni, ossia che:

  • ai fini dell'applicabilità dell'istituto in esame, non è necessario che il giudice sia investito di un giudizio di merito. Tale espressione – che, si sottolinea, non indica il giudice che deve decidere il merito, ma, bensì, il giudice “di” merito – sarebbe idonea a comprendere anche l'autorità giudiziaria, per l'appunto di merito, investita del potere cautelare;
  • non vi sarebbe alcuna ‹‹ontologica incompatibilità›› tra il rinvio pregiudiziale e l'urgenza che caratterizza la giurisdizione cautelare e ciò in quanto il secondo comma dell'art. 363-bis c.p.c. consente nel periodo di sospensione del giudizio a quo ivi previsto ‹‹il compimento degli atti urgenti e delle attività istruttorie non dipendenti dalla soluzione della questione oggetto del rinvio pregiudiziale››.

Pertanto - a detta della S.C .- ‹‹l'urgenza definitoria di una controversia›› sarebbe stata ex ante qualificata dal legislatore ‹‹come non ostativa›› all'operatività dell'istituto in esame e, perciò, il giudice della cautela potrebbe contemporaneamente avvalersi del rinvio pregiudiziale ed emettere la misura urgente interinale, sì da evitare un pregiudizio alla parte richiedente nell'attesa che la S.C. si pronunci. A guisa di contorno – sempre nell'ottica di sostenere l'interpretazione di cui si è appena detto – le S.U. ritengono che l'art. 363-bis c.p.c. possa applicarsi ‹‹in ogni fase, anche interlocutoria, del processo›› in quanto la ratio del nuovo istituto codicistico è da individuarsi nell'espansione della funzione nomofilattica della Corte di legittimità anche in chiave deflattiva.

La motivazione della S.C.: una soluzione non esente da qualche critica

La Suprema Corte trae spunto dal caso concreto sottoposto alla sua attenzione, ossia la richiesta di sospensione ex art. 35-bis del d.lgs. 25/2008 nei confronti del rigetto del ricorso per il riconoscimento della protezione internazionale. Una simile iniziativa, nei casi previsti dal comma terzo della disposizione poc'anzi citata, ha - stando alla lettera del successivo comma 5 - espressa natura di “istanza cautelare” tanto che, trattandosi di provvedimento non definitivo a contenuto cautelare, si ritiene inammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass. civ., sez. I, 17 giugno 2020, n. 11756, in CED Cassazione, 2020).

Ebbene, secondo la recente pronuncia delle Sezioni Unite, che travalica la fattispecie particolare assumendo una portata generale, le questioni di diritto che sorgono nei procedimenti cautelari ante o in corso di causa (non vi sono distinzioni ratione materiae) possono essere, purché concorrano tutti i requisiti previsti dalla norma di legge, oggetto di un rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c.

Come già accennato, le ragioni addotte dalla Suprema Corte non ci persuadono, sia in quanto si pongono in contrasto con quelle che sono le (riteniamo) caratteristiche tipiche ed ineliminabili della giurisdizione cautelare sia poiché una delle due tesi ci sembra – volendo applicarla così per come è argomentata – condurre ad un risultato poco logico.

Ci pare opportuno iniziare proprio da quest'ultima che, quantomeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto superare l'obiezione primaria – evidenziata in dottrina (Turrini) – relativa all'incompatibilità tra il rinvio pregiudiziale e l'urgenza che connota un procedimento cautelare. Sul punto, non può non rammentarsi che quel tipo particolare di attività di ius dicere, noto come cautelare, ha come funzione propria quella di ovviare ai pericula che, durante il tempo occorrente per ottenere la tutela giurisdizionale possono comprometterne il risultato o, come si suol dire, la fruttuosità (o il pericolo della intempestività – Luiso) tanto che la condizione dell'azione nota come fumus boni iuris si sostanzia nella (sola) verosimiglianza circa l'esistenza del diritto, giacché se così non fosse – atteso lo scopo della tutela cautelare – tanto varrebbe attendere l'esito del giudizio di cognizione (Mandrioli -Carratta).

L'azione cautelare – che ricordiamo ha ricevuto una regolamentazione organica soltanto con la l. n. 353/1990 su istanza dei più illustri studiosi del processo civile (Tarzia) – interviene, dunque, per garantire l'effettività del diritto di azione, cioè per evitare che la lunghezza del processo possa ‹‹andare a danno dell'attore che ha ragione›› (Proto Pisani).

Ora, se stanno così le cose, ci pare difficilmente superabile – a differenza di quanto ha osservato la Suprema Corte – l'incompatibilità tra un procedimento connotato da urgenza quale quello cautelare e il rinvio pregiudiziale, non fosse altro che dal deposito dell'ordinanza di rinvio pregiudiziale e fino al decreto del Primo presidente che dichiara inammissibile il rinvio o alla pronuncia della Suprema Corte che risponde al medesimo, il giudizio principale è sospeso.

Inoltre, il Primo presidente, ricevuta l'ordinanza di rinvio pregiudiziale, ha novanta giorni per assegnare la questione di diritto e la norma non prevede un termine massimo per la pubblicazione del responso.

Se è vero che la tutela cautelare è tesa alla protezione dell'effettività dell'azione o alla sua fruttuosità, consentire una sospensione – di fatto sine die – non ci pare in linea con la caratteristica madre di questo tipo di attività giurisdizionale.

Il “rimedio” menzionato dalle Sezioni Unite quale chiave di volta per ovviare al problema dell'urgenza (i.e. la possibilità di compiere atti urgenti non dipendenti dalla soluzione della questione oggetto del rinvio) ci convince ancora meno dal punto di vista logico e pratico. Invero, con ogni probabilità, il giudice remittente sottoporrà alla Suprema Corte un quesito giuridico funzionale alla definizione del giudizio cautelare, ossia, semplificando, necessario all'emissione (o al diniego) del provvedimento cautelare chiesto dal ricorrente.

Se quanto appena osservato è corretto, ci pare piuttosto evidente che la clausola di salvezza prevista dall'art. 363-bis c.p.c. e richiamata dalla Suprema Corte non è in grado di neutralizzare il pericolo connesso al trascorrere del tempo. Se, infatti, pendente il rinvio pregiudiziale, l'unico atto urgente disponibile è quello che non dipende dalla soluzione del quesito trasmesso alla Corte, ciò significa inevitabilmente che il provvedimento cautelare richiesto ab origine (l'unico domandato dall'attore) non potrà che attendere la pronuncia interpretativa della Suprema Corte.

Sostenere, quindi, che la facoltà di compiere atti urgenti è di per sé idonea ad estinguere il periculum ci sembra poco credibile in punto di fatto e di diritto. Delle due l'una: o per ottenere la cautela richiesta è necessario attendere l'esito del rinvio pregiudiziale (e allora la fruttuosità è messa a repentaglio) oppure l'atto urgente pronunciato è qualcosa di differente rispetto a quanto domandato (peraltro profilandosi qualche dubbio anche a mente dell'art.112 c.p.c.), perché quanto chiesto dipende dalla soluzione di una questione giuridica in sede nomofilattica con tempi incerti.

Le Sezioni Unite, ad ulteriore conforto, argomentano nel senso che la locuzione ‹‹giudice di merito›› prevista dal comma 1 dell'art. 363-bis c.p.c. non si riferirebbe al giudice che deve decidere il merito (espressione che potrebbe riferirsi ai soli procedimenti ante causam), ma, per l'appunto, al giudice “di” merito, che avrebbe una ‹‹posizione ordinamentale›› tale da attribuirgli ‹‹il potere di rimessione rispetto al giudice di legittimità››, sicché ben deve ascriversi a tale categoria anche il giudice di merito che è investito del potere cautelare.

La distinzione effettuata dalla Suprema Corte non ci sembra cogliere nel segno soprattutto con riferimento al significato del termine “giudice di merito” rapportato ai giudizi cautelari ante causam.

Ritenere che in quella particolare fase processuale (per l'appunto anteriore al giudizio di merito) si sia in presenza di un giudice che possa dirsi di merito, titolato ex art. 363-bis c.p.c., ci pare contravvenga a quello che è l'attuale assetto del procedimento cautelare uniforme oltre che ad un concetto di base  - potremmo dire - piuttosto diffuso nel sistema processuale.

Tenteremo dapprima di argomentare per quali ragioni riteniamo che il giudice ante causam affidatario del fascicolo cautelare non possa qualificarsi come “di merito” e, perciò, privo di legittimazione a proporre un rinvio pregiudiziale. Eventualità a cui è bene prestare attenzione atteso che, quantomeno a livello empirico, la maggior parte delle iniziative interlocutorie – per usare la terminologia impiegata dalla Suprema Corte – è da ravvisarsi prima che venga instaurato un processo a cognizione piena, per l'ovvio motivo che la mutevolezza della realtà materiale spesso impone un intervento giudiziale immediato che non può attendere la tempistica ordinaria, sicché l'alternativa tra la possibilità giuridica di attivare o meno la “nomofilachia preventiva” ante causam ci pare tutt'altro che rara.

Ciò detto, crediamo che per individuare correttamente la questione non si possa prescindere dalla diversità dei giudizi – e, a cascata, dei giudici – regolamentati dal codice di rito, riferendoci con tale distinzione al processo di cognizione e, per l'appunto, al processo cautelare. Il processo di cognizione, per la struttura e funzione che gli è propria, ha come obbiettivo quello di determinare la certezza sull'esistenza o la non esistenza di un diritto, mediante una pronuncia che ha l'attitudine a dar luogo alla cosa giudicata. L'azione di cognizione, dunque, è il diritto verso il giudice come organo dello Stato ad un provvedimento sul merito (Mandrioli - Carratta). In un simile contesto, allora, il giudice chiamato ad esercitare la potestà giurisdizionale può dirsi un giudice “di” merito che accerterà la sussistenza o meno del diritto controverso.

Il processo cautelare, invece, è basato su una cognizione sommaria fondata su in giudizio di verosimiglianza (Tommaseo) e le misure cautelari sono caratterizzate da sommarietà, strumentalità rispetto al procedimento di merito, provvisorietà e inidoneità al giudicato. I provvedimenti cautelari, infatti, per loro natura, non sono mai definitivi né suscettibili di passare in giudicato. Gli effetti giuridici del provvedimento cautelare sono reversibili e modificabili, soprattutto dal successivo accertamento di merito dal momento che essi sono destinati ad essere assorbiti dal provvedimento di merito, che accerta l'esistenza del diritto cautelando oppure dichiarati inefficaci se, per converso, se ne prova l'inesistenza (Calamandrei, Tommaseo, Carratta).

L'accertamento in chiave di probabile sussistenza del diritto, nonché la strumentalità e provvisorietà dei provvedimenti cautelari, ci inducono a concludere nel senso dell'assenza in questi casi di un giudizio di merito – che, come si è visto, ha tutt'altri connotati – e perciò di un giudice di merito.

A nostro avviso, tale impostazione – nel segno della netta differenziazione tra giudizio cautelare e di merito – risulta ulteriormente confermata dal dettato codicistico. Il riferimento corre all'art. 669-nonies c.p.c., il quale subordina l'efficacia del provvedimento cautelare alla tempestiva instaurazione del procedimento di merito, quale giudizio autonomo e diverso nel quale verrà – a cognizione piena – accertato il diritto soggettivo oggetto di cautela.

L'esplicita previsione codicistica ci sembra, quindi, deponga, anche dal punto di vista meramente terminologico, per una ben precisa separazione tra le due fasi aventi presupposti e finalità sì complementari, ma in ultima analisi distinte.

Tale impostazione non riteniamo muti né con riferimento ai provvedimenti cautelari a c.d. strumentalità eventuale o attenuata ex art. 669-octies c.p.c. – poiché, pur escludendosi la necessarietà di instaurare un giudizio di merito ai fini della permanenza dell'efficacia del provvedimento cautelare (Poli), ciò non fa venire meno le peculiarità che abbiamo tratteggiato, atteso che, peraltro, il giudizio di merito potrà sempre essere avviato da una delle parti – né dal fatto che l'istanza cautelare venga proposta in corso di causa e, quindi, alla presenza di un giudice che è già di merito.

Con riguardo a tale ultimo aspetto, l'apertura di una fase cautelare incidentale lite pendente non modifica prerogative e caratteristiche dei procedimenti in essere.

Per quanto sia già instaurato un giudizio di merito a cognizione piena, la parentesi cautelare conserva le proprie peculiarità, sicché in quella fase  - per le già vedute ragioni - il giudice incaricato non può definirsi di merito. Aderiamo in ultima analisi alla tesi di chi, muovendo dal dato letterale, conclude nel senso che ‹‹i giudici del procedimento cautelare›› non sono ‹‹giudice del merito›› e, perciò, sono privi del potere di rinvio ex art. 363-bis c.p.c. (D'Alessandro).

Conclusioni

Per quanto lo strumento del rinvio pregiudiziale di nuovo conio rappresenti certamente un concreto ausilio ad una più rapida diffusione degli orientamenti nomofilattici, riteniamo, in ultima analisi, che l’impostazione della Suprema Corte nel rapporto tra detto istituto e i procedimenti cautelari meriti di essere rimeditata e ciò, si badi, non per sterili contrapposizioni (che non hanno ragion d’essere), ma in quanto il tema “cautelare” merita dei distinguo più consoni alle specialità che lo caratterizza.

Riferimenti

  • Mandrioli-Carratta, Corso di diritto processuale civile, I, Torino, 2012, 17, 53.

Sul nuovo rinvio pregiudiziale, si vedano:

  • Barbieri, Brevi considerazioni sul rinvio pregiudiziale in Cassazione: il giudice di merito superiorem recognoscens, in Nuove Leggi civili commentate 2022, 370;
  • Briguglio, Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di Cassazione, in judiciu.it, 1° gennaio 2023, 2;
  • Calzolaio, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione e il ruolo «normativo» della giurisprudenza. Spunti comparativi, in Foro it. 2023, fasc. 3, par. 2;
  • Capasso, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione e il «vincolo» di troppo, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1° giugno 2022, 587;
  • Capponi, È opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione? in giustiziainsieme.it 19 giugno 2021;
  • Carratta, Riforma Cartabia: il nuovo processo civile (I parte) – Il rinvio pregiudiziale alla Cassazione e la decisione «soggettivamente complessa», in Giur.it., 2, 1° febbraio 2023, 467;
  • Caruso, Il rinvio pregiudiziale su questioni di diritto in Cassazione, in Il Processo 1° agosto 2022, 535;
  • Comastri, La pregiudiziale interpretativa innanzi alla corte di cassazione, in Cecchella (a cura di), Il processo civile dopo la riforma, Bologna, 2023, 141 ss. e 528;
  • D’Alessandro Il rinvio pregiudiziale in Cassazione, in Il processo, 2023, 58;
  • Fabbi, Il rinvio pregiudiziale “alla Corte”, in judicium.it, 3 aprile 2023, 4;
  • Fabiani, Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione: una soluzione che non alimenta davvero il dibattito scientifico, in Riv. dir. proc. 2022, 1, 197;
  • Finocchiaro, Questione pregiudiziale in Cassazione: sospensione automatica del processo, in La Riforma del processo Civile – Commento alla legge n. 206 del 26 novembre 2021, Milano 2022, 160 ss.;
  • Giabardo, In difesa della nomofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione nel progetto di riforma del Codice di procedura civile, in giustiziainsieme.it, 22 giugno 2021;
  • Graziosi, Note sulla riforma del giudizio in cassazione nell’anno 2022, judicium.it Fasc. 4/2022;
  • Masoni, Il primo caso di rinvio pregiudiziale in cassazione in Ilprocessocivile.it 11 aprile 2023;
  • Panzarola, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione, in Di Marzio-Giordano-Panzarola.Succio, Il rinvio pregiudiziale e le impugnazioni, Milano, 2024, 165 ss;
  • Panzarola, Introduzione al rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di cassazione (art. 363-bis c.p.c.), Pisa, 2023, 29 ss;
  • Santagada, Rinvio pregiudiziale in cassazione, in La riforma Cartabia del processo civile, a cura di Tiscini, Pisa 2023, Luiso, Il nuovo processo civile, Milano, 2023,192 ss.;
  • Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in giustiziainsieme.it 5 luglio 2021;
  • Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in judicium.it 10 dicembre 2021.

Sul procedimento cautelare e relativi provvedimenti si vedano:

  • Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 14, 21;
  • Carratta, Procedimento cautelare uniforme, in I procedimenti cautelari, a cura di Carratta, Bologna, 2013, 50.
  • Cipriani-Tarzia, Provvedimenti urgenti per il processo civile, in Leggi civ. comm., 1992, 293 ss.;
  • Luiso, Diritto processuale civile, IV, Milano, 2011, 176;
  • Poli, Rimedi cautelari, in Digesto civ., Agg., III, Milano, 2007, 1164 ss, spec. 1167;
  • Proto Pisani, Appunti sulla tutela cautelare, in Riv. dir. civ., 1987, I; Olivieri, I provvedimenti cautelari nel nuovo processo civile, in Riv. dir. processuale, 1991, 688 ss.;
  • Progetto Tarzia, in Giur. it., 1988, IV, 257 ss. Cfr. anche AA.VV., La tutela d’urgenza, Atti del XV Convegno nazione dell’Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile. Bari 4-5 ottobre 1985, Rimini, 1986;
  • Tommaseo, I provvedimenti d’urgenza. Struttura e limiti della tutela anticipatoria, Padova, 1983, 164 ss;
  • Tommaseo, Artt. 73-77 legge 26 novembre 1990, n. 353. Provvedimenti urgenti per il processo civile, in Corriere giur., 1991, 97;

Ulteriori riferimenti giurisprudenziali:

  • Cass. civ., sez. un., 13 dicembre 2023 n. 34851, in Giustizia Civile Massimario 2024;
  • Corte app. Napoli sez. VII, 2 marzo 2023, in Ilprocessocivile.it 11 aprile 2023.

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