La ricerca di un bilanciamento tra poteri e diritti nel corso delle indagini bancarie: focus sui controlli estesi ai conti correnti dei terzi

09 Ottobre 2024

Il contributo fornisce un'analisi di uno degli strumenti di cui può avvalersi l'Ufficio per rideterminare la pretesa erariale, le cd. indagini bancarie, ponendo il focus sulla possibilità di estendere tale controllo anche al conto corrente di soggetti terzi. 

Premessa

Tra i diversi strumenti di cui può avvalersi l'Ufficio per rideterminare la pretesa erariale vi sono le cd. indagini bancarie. Pur non godendo di una collocazione normativa, l'accertamento bancario può dirsi un metodo esperibile, in quanto gli artt. 32 e 33 del d.p.r. n. 600/1973 fanno riferimento ai poteri istruttori tra cui, appunto, quello di accedere alle informazioni bancarie attinenti al contribuente.

Alla possibilità di accedere alle informazioni del contribuente si è giunti al più tardi. Ab origine, infatti, vigeva il segreto bancario di fronte al quale l'interesse fiscale appariva recessivo.

Nel tempo si è assistito ad un cambiamento delle esigenze: il segreto bancario doveva essere bilanciato con l'interesse all'accesso alle informazioni bancarie del contribuente, secondo un principio di proporzionalità.

Si giunti, così, ad ammettere l'indagine bancaria come strumento di controllo.

Il metodo si basa su di una presunzione: versamenti e prelevamenti equivalgono a ricavi o compensi.

Tale presunzione, qualora non giustificata dal contribuente, in sede di contraddittorio, consente all'Amministrazione “di riferire de plano ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente” (Cass., sez. V, 26 aprile 2017, n. 10249).

L'estensione delle indagini bancarie ai conti correnti dei terzi

L'Ufficio, dunque, è legittimato ad acquisire informazioni attinenti al conto corrente del contribuente. La problematica, ancora oggi, oggetto di analisi è se il controllo può essere esteso anche ai conti correnti di soggetti terzi. Sul punto, mancando un formante normativo, occorre far ricorso ai principi giurisprudenziali.

La Corte di Cassazione si è più volte pronunciata ammettendo il controllo sui conti correnti dei terzi purché vi siano degli indici di riferibilità. Occorre, inoltre, che le informazioni riguardanti i terzi siano necessarie e indispensabili per il controllo del contribuente. Occorre, dunque, che sussistano degli indizi gravi precisi e concordanti alias presunzioni qualificate che inducano al controllo sui terzi.

Tale forma di indagine deve essere, inoltre, residuale, cioè l'ufficio deve avere tentato di addivenire ad una rideterminazione attraverso i dati del contribuente e che ogni tentativo sia risultato infruttuoso. Secondo quanto asserito dai giudici di legittimità l'Ufficio non è, tuttavia, legittimato ad effettuare un controllo indiscriminato sui conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma deve sussistere un motivo per ritenere che siano connessi ed inerenti al reddito del contribuente.

È, dunque, onere dell'Ufficio provare con elementi precisi e concordanti che tutte le movimentazioni risultanti da quei rapporti rappresentino operazioni non tassate, riconducibili al professionista.

L'onere della prova è, dunque, così ripartito: l'ufficio, può imputare al contribuente le movimentazioni riscontrate su di un conto intestato ad un terzo, spettando al contribuente l'onere di addurre la prova contraria.

Quest'ultimo deve fornire una prova analitica contenente l'indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, al fine di dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili.

In riferimento ai conti correnti bancari di terzi, vige il principio per cui l'Ufficio è autorizzato «a procedere all'accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente» (Cass., Sez. VI, del 1 febbraio 2016, n. 1898). Occorre che sussista un motivo di rilevanza tale da ammettere il controllo sui conti correnti dei terzi.

La conferma di quanto detto arriva anche da una recentissima giurisprudenza che ritiene ammissibile l'accertamento sui conti correnti bancari del coniuge del professionista sottoposto a verifica, a condizione che l'ufficio dimostri previamente, ancorché con presunzioni qualificate, la riferibilità sostanziale del rapporto bancario al professionista, sebbene il rapporto risulti formalmente intestato al coniuge (Cass. civ., Sez. V, 19 marzo 2024, n. 7360; più risalente, invece, Cass. Civ., sez. VI, 11 settembre 2018, n. 22089). La Corte, inoltre, asserisce che lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale sono sufficienti a giustificare la riferibilità economica del contribuente sottoposto a verifica (Cass. Civ., sez. trib., 14 gennaio 2015, n. 428).

Può costituire indizio, ad esempio, la mancata risposta al questionario da parte del contribuente.

Ovvero se l'ufficio chiede al contribuente, attivando una fase di contraddittorio endoprocedimentale, di fornire informazioni circa i rapporti intrattenuti con i terzi e questi non fornisca risposta alcuna, allora, nasce un indice di condotta fiscalmente rilevante. Il silenzio serbato sul punto ha l'effetto di assolvere l'Amministrazione dall'onere di ogni ulteriore allegazione e dimostrazione riguardo alla riferibilità al contribuente dei conti e, di riflesso, delle somme oggetto di movimentazione bancaria, trasferendo su di lui l'onere di fornire in contrario la prova rigorosa dell'esclusiva riferibilità delle somme a chi appare titolare dei conti. È chiaro che, in tal caso, entra in gioco la proporzionalità, dal momento che dialogano due interessi: l'uno fiscale alla equa ripartizione dei carichi tributari (che implica che ognuno paghi quanto dovuto) e l'interesse dei terzi alla privacy.

L'anonimetro

Discorrere di indagini bancarie induce inevitabilmente a far cenno al cd. anonimetro. Secondo quanto previsto nella recente Direttiva n. 2023/74424 dell'Agenzia Entrate, l'IA affiancherà, i funzionari nella fase di selezione dei soggetti da sottoporre a controlli.

Lo strumento adoperato è il cd. anonimetro, (in G.U. dell' 1 luglio 2022, n. 152 è stato pubblicato il decreto 28 giugno 2022 del Ministero dell'Economia delle Finanze riguardante l'algoritmo antievasione), definito così in quanto analizza i dati contenuti nei conti correnti dei contribuenti in modo anonimo (i dati personali dei contribuenti sono sostituiti da codici fittizi) senza che emerga il collegamento con il titolare e con il fine di effettuare una analisi del rischio fiscale, analizzando i dati contenuti proprio nell'anagrafe dei conti correnti.

Solo nell'ipotesi in cui emergano situazioni anomale, l'Agenzia delle Entrate potrà associare il dato alla persona, mentre i contribuenti che, alla fine del processo non saranno sottoposti a controlli fiscali, potranno contare sulla sicurezza della protezione dei propri dati e, appunto, sull'anonimato.

L'anonimetro è entrato a pieno regime nel sistema dei controlli a partire dal 2023, ovvero successivamente al consenso manifestato dal Garante della privacy sullo strumento in questione.  

Nello specifico il processo di analisi messo a punto dall'intelligenza artificiale dell'Agenzia delle Entrate prevede dieci fasi, che vanno dall'individuazione della platea di riferimento, alla definizione del criterio di rischio e scelta del modello di analisi all'identificazione dei soggetti passando per la predisposizione delle liste selettive (in generale si rinvia a F. Santoro, Intelligenza artificiale e protezione dei dati personali: le linee guida dell'Authority tedesca, 7 giugno 2024; S. Zagà, Prelevamenti bancari e metodi di accertamento, Milano, 2023, 3, 981; id. Profili di criticità degli accertamenti presuntivi derivanti da indagini bancarie su conti di terzi, Milano, 2011, 3, 95 ss.; A. Marcheselli, Difesa del contribuente dagli accertamenti su conti bancari di terzi, Milano, 2010; R. Lupi, Prelevamenti uguale ricavi: l'assurdità di una presunzione contro natura, Milano, 2005, 520).

Il bilanciamento tra poteri e diritti

La problematica fondamentale che sta alla base del trattamento dei dati fiscali nei procedimenti di accertamento tributario di tipo induttivo è quella di individuare, mediante una corretta applicazione del principio di proporzionalità, un punto di convergenza e di equilibrio tra l'efficacia dell'azione accertatrice e le esigenze di protezione della riservatezza dei soggetti incisi da essa.

Il controllo sui conti correnti dei terzi deve essere ammesso come estrema ratio, per non pregiudicare i loro diritti alla riservatezza.

Parimenti, lo strumento tecnologico deve essere usato con prudenza, occorre, pertanto, considerare l'interesse alla divulgazione di informazioni, il mezzo attraverso il quale vengono diffusi i dati (internet avrà una diffusione di certo maggiore rispetto alla carta stampata), le conseguenze che possono prodursi in capo al contribuente. Come detto in precedenza, tra i principi fondamentali, vi è quello di proporzionalità, da sempre, cardine del diritto Unionale, tipico principio che governa l'amministrazione precauzionale e preventiva del rischio.

Il principio di proporzionalità a cui si ispira lo Statuto post riforma fiscale (l. n. 111 del 9 agosto 2023) impone di bilanciare lo strumento adoperato con il fine perseguito, al punto che, se lo strumento appare lesivo o, addirittura, non funzionale al perseguimento del fine, esso non deve essere utilizzato.

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