Responsabilità medica: quali sono le regole processuali e probatorie applicabili in sede di giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p.?
Michele Liguori
25 Settembre 2024
Annullamento ai soli effetti civili della sentenza penale di assoluzione del medico: quali regole processuali e probatorie si applicano nel successivo giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p.?
L'annullamento della sentenza penale relativamente ai capi della sentenza che concernono l'azione civile con rinvio al giudice civile non è una novità nel nostro ordinamento.
La previsione - assente nel codice del 1865 in quanto l'art. 675 c.p.p. del 1865 prevedeva nel caso di annullamento della sentenza impugnata un rinvio al giudice penale - compare per la prima volta nel codice del 1913 (codice Finocchiaro-Aprile).
L'art. 525 c.p.p. del 1913, infatti, disponeva: «Se la Corte di cassazione annulla solamente le disposizioni o i capi della sentenza che concernono l'azione civile, proposta a norma dell'art. 7 (relativo appunto all'azione civile esercitata nel processo penale), rinvia la causa al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l'annullamento abbia per oggetto una sentenza della corte di assise».
La previsione è stata mantenuta ferma nel codice del 1930 (codice Rocco).
L'art. 541 c.p.p. del 1930, infatti, disponeva: «La Corte di cassazione, se annulla solamente le disposizioni o i capi della sentenza che riguardano l'azione civile proposta a norma dell'art. 23 (relativo all'esercizio dell'azione civile nel processo penale), rinvia la causa quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello».
La norma, rispetto a quella precedente del codice del 1913, differisce:
per la locuzione «quando occorre», che si riferisce al fatto che il rinvio è superfluo quando la Suprema Corte può provvedere all'annullamento senza rinvio;
per la precisazione, di mera natura formale, che l'annullamento al giudice civile di appello va disposto anche se si tratta di sentenza inappellabile, in luogo della precedente che si riferiva al caso di annullamento di sentenza della Corte di assise, che nel sistema del codice del 1913 era inappellabile.
La previsione nel codice del 1989 (codice Pisapia-Vassalli) da un lato è stata mantenuta ferma e, dall'altro lato, implementata.
L'art. 622 c.p.p. attualmente vigente, infatti, dispone: «Fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato, rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile».
Tale norma, pertanto:
stabilisce la fermezza degli effetti penali della sentenza, che costituisce una novità rispetto ai codici precedenti, che non implica un riferimento necessario a un accertamento della responsabilità penale in quanto vi rientrano anche gli effetti derivanti dalla dichiarazione di estinzione del reato (Cass. pen., sez. un., 18 luglio 2013, n. 40109);
disciplina due ipotesi eterogenee di rinvio della causa al giudice civile competente per valore in grado di appello:
la prima, che corrisponde a quanto già previsto all'art. 541 c.p.p. del 1930, concerne l'ipotesi di annullamento delle sole disposizioni o capi che riguardano l'azione civile (art. 622, primo periodo, c.p.p.), fattispecie che si può realizzare nel caso in cui la sentenza penale di condanna sia impugnata vuoi dall'imputato (art. 574 c.p.p.), vuoi dalla parte civile (art. 576, prima parte, c.p.p.) (un esempio è quello di errata liquidazione dei danni);
la seconda, che costituisce una novità rispetto ai codici precedenti, concerne l'ipotesi di accoglimento del ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato (art. 622, secondo periodo, c.p.p.) proposto anche ai soli effetti della responsabilità civile (art. 576, seconda parte c.p.p.). Il legislatore, con tale ipotesi, si è adeguato al dictum delle Sezioni Unite penali che, intervenute a suo tempo in ordine all'applicabilità dell'art. 541 c.p.p. del 1930, avevano affermato che, una volta emessa la sentenza di legittimità, il rapporto processuale civile inserito nel processo penale era esaurito e doveva proseguire nella sua sede naturale in quanto la funzione della norma era quella di svincolare la lite civile dal processo penale non appena fossero cessate le ragioni che costringevano la lite civile in quella sede perché prevaleva la pretesa punitiva e, pertanto, avevano risolto il contrasto in ordine all'individuazione del giudice di rinvio in caso di accoglimento da parte della Suprema Corte del ricorso proposto dalla parte civile avverso la sentenza di proscioglimento, ampliando per diritto vivente l'ambito di applicazione del citato art. 541 c.p.p. del 1930 (Cass. pen., sez. un., 30 novembre 1974, n. 306); la citata sentenza delle Sezioni Unite penali è intervenuta a seguito di due sentenze della Consulta:
la prima che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 195 c.p.p. del 1930, per contrasto con l'art. 111, comma 2, Cost., nella parte in cui non consentiva l'impugnazione contro la sentenza di proscioglimento, salvo il capo relativo al pagamento delle spese e al risarcimento del danno in favore dell'imputato prosciolto (Corte Cost., 22 gennaio 1970, n. 1);
la seconda che aveva dichiarato, invece, l'illegittimità costituzionale dell'art. 23 c.p.p. del 1930, per contrasto con l'art. 111, comma 2, Cost., nella parte in cui escludeva che il giudice penale potesse decidere sull'azione civile anche quando, concluso il procedimento penale con sentenza di proscioglimento, l'azione della parte civile, a tutela dei suoi interessi, proseguisse in sede di cassazione ed eventuale giudizio di rinvio (Corte Cost., 17 febbraio 1972, n. 29);
prevede, analogamente al codice del 1930, il rinvio «quando occorre», locuzione che si riferisce al fatto che il rinvio è superfluo quando la Suprema Corte può provvedere all'annullamento senza rinvio ex art. 620, lett. l), c.p.p.
La Consulta ha ritenuto che tale norma trovi la sua giustificazione nella particolarità della fase processuale collocata all'esito del giudizio penale di cassazione, dopo i gradi (o l'unico grado) di merito (Corte Cost., 12 luglio 2019, n. 176).
Negli anni le due ipotesi di rinvio al giudice civile competente per valore previste dall'art. 622 c.p.p. - che sono state ritenute non tassative - sono state ampliate dalla giurisprudenza penale alle seguenti ulteriori tre ipotesi:
nel caso in cui la Suprema Corte, su ricorso dell'imputato ai soli effetti civili, accolga il ricorso avverso la sentenza con cui il giudice di appello e, riformando la sentenza di condanna di primo grado, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione o per amnistia e confermi le statuizioni civili senza motivare in ordine alla responsabilità dello stesso imputato agli effetti civili (Cass. pen., sez. un., 18 luglio 2013, n. 40109);
nel caso in cui la Suprema Corte, su ricorso dell'imputato ai soli effetti civili, annulli ai soli effetti civili, per mancata rinnovazione in appello di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, la sentenza che, in accoglimento dell'appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, abbia condannato l'imputato al risarcimento del danno (Cass. pen., sez. un., 28 aprile 2016, n. 27620);
nel caso in cui la Suprema Corte, su ricorso dell'imputato tanto agli effetti penali quanto agli effetti civili - fondato sull'esistenza di un vizio di motivazione in punto di affermata responsabilità penale dell'imputato condannato anche al risarcimento del danno in favore della parte civile - accolga il ricorso e disponga l'annullamento senza rinvio del capo di condanna penale in conseguenza del rilievo di una sopravvenuta causa di estinzione del reato per prescrizione o amnistia (art. 578 c.p.p.) (Cass. pen, sez. IV, 8 giugno 2017, n. 34878; Cass. pen., sez. IV, 13 luglio 2016, n. 29627).
Tali ipotesi giurisprudenziali hanno come comun denominatore l'accoglimento del ricorso per cassazione proposto dall'imputato e sono accomunate dal fatto che il rinvio agli effetti civili viene disposto solo dopo che la causa penale è stata definitivamente risolta senza la condanna dell'imputato e, soprattutto, senza un accertamento, neppure incidenter tantum, della sua responsabilità penale.
Né l'art. 622 c.p.p. né alcun'altra norma sanciscono espressamente quali siano le regole processuali e probatorie applicabili in sede di giudizio civile di rinvio.
La questione è di non poco conto attesa l'assoluta diversità di tali regole che potrebbe portare, con gli stessi elementi, a decisioni diametralmente opposte.
In sede penale, infatti, la responsabilità è personale, vige la presunzione di innocenza dell'imputato (art. 27 Cost.) e l'accusa deve provare l'ipotesi accusatoria mediante l'accertamento concreto dell'elemento psicologico e, cioè, la colpa, con la conseguenza che il ragionevole dubbio sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva o commissiva del responsabile comportano la neutralizzazione dell'ipotesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio del giudizio nei confronti del responsabile.
In sede civile, invece, esistono delle responsabilità che prescindono dalla colpa quali:
la responsabilità contrattuale (esempi sono la responsabilità del professionista nei confronti del cliente, la responsabilità della struttura sanitaria e del medico privato nei confronti del paziente e, in alcuni casi, dei suoi congiunti) che dispensa il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta dall'obbligo risarcitorio solo se prova che l'inadempimento o il ritardo siano stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile;
la responsabilità oggettiva (esempi sono: la responsabilità per danni cagionati dagli ausiliari ex art. 1228 c.c., la responsabilità per danni cagionati da un incapace ex art. 2047 c.c., la responsabilità dei padroni e dei committenti ex art. 2049 c.c., la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c., la responsabilità per danni cagionati da animali ex art. 2052 c.c., la responsabilità per danni cagionati dalla rovina degli edifici ex art. 2053 c.c., la responsabilità per danni cagionati da vizio di costruzione del veicolo o difetto di manutenzione ex art. 2054, comma 4, c.c.) che dispensa il responsabile solo se prova (in alcuni casi) di aver fatto tutto il possibile per evitare il verificarsi del danno o (in altri casi) che il danno è dovuto a un caso fortuito.
Il caso fortuito è tradizionalmente identificato nei seguenti fatti connotati da impulso causale autonomo, imprevedibilità, inevitabilità ed eccezionalità:
il fatto naturale come, a esempio, un terremoto, un maremoto, uno tsunami;
il fatto del terzo;
il fatto della stessa vittima (per tutte: Cass. civ., sez. un., 30 giugno 2022, n. 20943).
Al caso fortuito va certamente equiparato la forza maggiore e, cioè, un evento che seppur è prevedibile non può essere impedito come, a esempio, un evento atmosferico (Cass. civ., sez. III, 31 ottobre 2017, n. 25837).
Tale esimente della forza maggiore, mutuata dal sistema penale che la prevede nell'art. 45 c.p., è qualificabile quale “vis cui resisti non potest” (Cass. civ., sez. trib., 22 agosto 2023, n. 24976; Cass. civ., sez. I, 5 luglio 2022, n. 21254; Cass. civ., sez. VI, 20 giugno 2018, n. 16190; Cass. civ., sez. VI, 7 luglio 2016, n. 13917; Cass. civ., sez. I, 7 luglio 2006, n. 15598; Cass. civ., sez. I, 16 marzo 2006, n. 5825; Cass. civ., sez. I, 14 dicembre 2001, n. 15832; Cass. civ., sez. lav., 5 dicembre 1986, n. 7240).
In sede civile, ancora, ai fini dell'accertamento della responsabilità, sia contrattuale che extracontrattuale, acquistano rilievo:
le allegazioni difensive delle parti non specificamente contestate e, quindi, da ritenersi pacifiche e/o non contestate, ex art. 115, comma 1, c.p.c. e, perciò, sussistenti per la ragione che l'atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall'ambito degli accertamenti richiesti atteso che la necessità di provare un fatto insorge solo se sia specificamente (e non solo genericamente) contestato (Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2002, n. 761);
le presunzioni semplici, ex artt. 2727 e 2729 c.c.;
le presunzioni legali di colpa (un esempio è quella del conducente per i danni prodotti a persone o a cose dalla circolazione del veicolo ex art. 2054, comma 1, c.c.) e di responsabilità (un esempio è quella del proprietario per i danni prodotti a persone o a cose dalla circolazione del suo veicolo ex art. 2054, comma 3 c.c.) che dispensano da qualunque prova coloro in favore dei quali sono stabilite, con conseguente inversione dell'onere della prova, per cui il ragionevole dubbio comporta l'accoglimento della domanda risarcitoria del danneggiato;
leprove legali con cui la legge deroga al principio del libero convincimento del giudice quali:
il giuramento decisorio, ex artt. 239 c.p.c. e 2738 c.c.;
l'atto pubblico, ex art. 2700 c.c.;
la scrittura privata, ex art. 2702 c.c.;
il telegramma equiparato alla scrittura privata, ex art. 2705 c.c.;
i libri e le scritture contabili, ex art. 2709 c.c.;
le riproduzioni meccaniche, quali fotografiche, informatiche, cinematografiche, registrazioni fonografiche ed ogni altra rappresentazione meccanica, ex art. 2712 c.c.;
le taglie o le tacche di contrassegno, ex art. 2713 c.c.;
le copie di atti pubblici, ex art. 2714 c.c.;
le copie di scritture private originali depositate presso pubblici uffici e spedite da pubblici depositari autorizzati, ex art. 2715 c.c.;
l'atto di ricognizione o di rinnovazione, ex art. 2720 c.c.;
la confessione giudiziale, ex art. 2733 c.c.;
le dichiarazioni aggiunte alla confessione, ex art. 2734 c.c.;
la confessione stragiudiziale, ex art. 2735 c.c., categoria completamente sconosciuta in sede penale (Cass. civ. sez. un., 18 novembre 2008, n. 27337).
In sede penale il nesso causale tra condotta ed evento va dichiarata sussistente in tutti i casi in cui, senza la condotta, l'evento non si sarebbe verificato, e dunque secondo la tradizionale teoria della condicio sine qua non.
Tuttavia, in tal caso, per stabilire questo rapporto di condizionamento, il nesso di causa non può ritenersi esistente sol perché la statistica indica un certo effetto come “probabile” conseguenza di una condotta, ma può dichiararsi solo quando la condotta alternativa corretta, che il responsabile avrebbe dovuto tenere e non tenne, avrebbe evitato il danno con «alta credibilità razionale» e, cioè, con certezza quasi assoluta (Cass. pen., sez. un., 10 luglio 2002, n. 30328).
In sede civile, invece, il nesso causale tra condotta ed evento va verificato in base alla diversa «regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non» (Cass. civ., sez. un. 11 gennaio 2008, n. 581; conf. Cass. civ., sez. un., 21 maggio 2019, n. 13661; Cass. civ., sez. un., 26 gennaio 2011, n. 1768; Cass. civ., sez. un., 18 novembre 2008, n. 27337; Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 584; Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 583; Cass. civ., sez. un. 11 gennaio 2008, n. 582; Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 579; Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. civ., sez. un. 11 gennaio 2008, n. 576; Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533).
I due concetti, spesso usati indifferentemente, differiscono tra loro in quanto:
il principio del “più probabile che non” si riferisce al grado di conferma che le prove acquisite conferiscono all'ipotesi statistica che deve essere, com'è avvenuto nel caso in esame, superiore al 50%;
il principio della “preponderanza dell'evidenza” si riferisce ai casi in cui vi siano più ipotesi causali in conflitto fra loro, tra le quali deve prevalere quella che, comparativamente, ha la più elevata probabilità logica.
Il nesso causale, in base a detti principi, in presenza di più ipotesi di diversa incidenza probabilistica, tra loro incompatibili o contraddittorie, può dirsi sussistente:
in base al principio della «probabilità prevalente» (Cass. civ., sez. lav., 1 agosto 2024, n. 21714; conf. Cass. civ., sez. III, 24 giugno 2024, n. 17374; Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2024, n. 16580; Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 2024, n. 2951; Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2023, n. 10978; Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2023, n. 6386; Cass. civ., sez. III, 2 settembre 2022, n. 25884; Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2018, n. 7778; Cass. civ., sez. VI, 28 ottobre 2015, n. 22050; Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2012, n. 7554; Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2012, n. 7552; Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2009, n. 10285);
in mancanza di altre «meno improbabili cause» (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2018, n. 4024; conf. Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2016, n. 11789);
in base al principio della «probabilità relativa che ciascuna ipotetica causa può avere rispetto alle altre» (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2018, n. 4024; conf. Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2015, n. 3390);
«in ragione della specificità del caso concreto, senza potersi fare meccanico e semplicistico ricorso alla regola del 50% plus unum» (Cass. civ., sez. III, 8 gennaio 2020, n. 122; conf. Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2017, n. 18392; Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2016, n. 7768; Cass. civ., sez. III, 29 febbraio 2016, n. 3893; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2015, n. 19213; Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2015 n. 11159; Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2015, n. 9008; Cass. civ., sez. III, 22 ottobre 2013, n. 23933; Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 2012, n. 17143; Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2011, n. 15991; Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2010, n. 16123; Cass. civ., sez. III, 11 maggio 2009, n. 10741).
In sede penale la capacità a testimoniare è generale, ex art 186 c.p.p. e pertanto:
da un lato, non ci sono norme che rendano incapace a testimoniare il soggetto avente nella causa un interesse che potrebbe legittimare la sua partecipazione al giudizio;
dall'altro lato, la parte civile ben può essere esaminata (o escussa) come testimone, ex art. 208 c.p.p., fermo restando l'obbligo del giudice di un cauto e motivato apprezzamento del contenuto delle sue dichiarazioni che possono essere condizionate dall'interesse portato dal dichiarante.
In sede civile, invece:
il soggetto che ha nella causa un interesse che può o potrebbe legittimare la sua partecipazione al giudizio è incapace a testimoniare, ex art. 246 cc;
il danneggiato non può testimoniare, sia se parte del processo sia se non parte del processo, in quanto incapace.
La giurisprudenza di legittimità penale, negli anni, ha costantemente ritenuto che il giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. è soggetto alle regole probatorie e processuali del processo penale in quanto il giudice civile, chiamato ad applicare l'art. 185 c.p., è tenuto ad accertare, sia pure incidenter tantum, l'esistenza del reato in tutte le sue componenti obiettive e soggettive e, pertanto, ha disposto che «il giudice civile del rinvio, tenendo conto dei principi sopra ricordati e della scelta delle parti civili di coltivare l'azione civile nel processo penale, dovrà valutare la sussistenza della responsabilità dell'imputato secondo i parametri del diritto penale e non applicando le regole proprie del giudizio civile» (Cass. pen., sez. IV, 17 giugno 2019, n. 26565; conf. Cass. pen., sez. IV, 4 febbraio 2016, n. 27045; Cass. pen., sez. IV, 10 febbraio 2015, n. 11193).
La giurisprudenza di legittimità civile, in un primo momento, si è allineata a quella penale e ha ritenuto che il giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. fosse un giudizio di rinvio in senso tecnico, del tutto riconducibile alla normale disciplina del giudizio di rinvio, quale espressa dall'art. 392 c.p.c. e segg., così che la fase successiva all'annullamento ex art. 622 c.p.p. fosse la prosecuzione di quello svolto in sede penale e soggiacesse alla regola di cui all'art. 384 c.p.c. e, quindi, al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte penale (Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 2018, n. 32930 che ha affermato che «in caso di rinvio dopo annullamento delle sole disposizioni civili di sentenza penale, i limiti e l'oggetto del giudizio di rinvio sono fissati esclusivamente dalla sentenza di cassazione»; conf. Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2018, n. 32929; Cass. pen., sez. III, 9 agosto 2007, n. 17457; Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2004, n. 13068; Cass. civ., sez. III, 28 giugno 1997, n. 5800).
La giurisprudenza di legittimità civile, in un secondo momento, ha rimeditato ab imis la questione e, melius re perpensa, si è discostata dal suo precedente orientamento evocando il principio di autonomia e separazione della giurisdizione penale e civile, nonché la diversa funzione svolta dalla responsabilità civile in rapporto a quella penale.
La Suprema Corte civile, infatti, ha considerato che:
il giudice civile valuta la domanda risarcitoria non più alla luce dell'art. 185 c.p., bensì alla luce delle norme relative alla responsabilità aquiliana di cui agli artt. 2043 e segg. c.c.;
a fronte di quanto stabilito nell'art. 538 c.p.p., è il necessario collegamento tra la condanna dell'imputato e l'azione civile della persona offesa reato ex art. 185 c.p. a giustificare le deroghe stabilite nel codice di procedura penale alle modalità di istruzione e accertamento del diritto al risarcimento del danno; deroghe che, come rilevato dalla stessa Consulta, devono essere ritenute ragionevoli solo nella misura in cui dipendono dalle finalità del processo penale (Corte Cost., 29 gennaio 2016, n. 12).
La Suprema Corte civile, pertanto, ha ritenuto che:
il giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. deve essere configurato alla stregua di giudizio autonomo (benché sui generis), sia in senso strutturale che funzionale, essendosi realizzata la definitiva scissione tra le materie sottoposte a giudizio, mediante la restituzione dell'azione civile - con il giudizio di rinvio, che più opportunamente andrebbe definito di rimessione - all'organo giudiziario cui essa appartiene naturalmente;
la Suprema Corte penale non ha il potere di vincolare il giudice civile elaborando il principio di diritto cui il giudice civile deve uniformarsi, ritenendo che gli artt. 173, comma 2, disp. att. c.p.p. e 384 c.p.c. siano applicabili con riferimento limitato alle ipotesi di rinvio in senso tecnico;
il giudizio di fronte al giudice civile è soggetto alle regole processuali e probatorie del processo civile, anche a prescindere dalle contrarie indicazioni eventualmente contenute nella sentenza penale di rinvio (Cass. civ., sez. III, 12 giugno 2019 n. 15859 che è il leading case anche se, in precedenza, Cass. civ., sez. III, 12 aprile 2017, n. 9358 aveva affermato che nel giudizio di rinvio disposto ai sensi dell'art. 622 c.p.p. non è ipotizzabile un vincolo paragonabile a quello derivante dall'enunciazione del principio di diritto ex art. 384, comma 2, c.p.c.; conf., successivamente, Cass. civ., sez. III, 23 luglio 2024, n. 20351; Cass. civ., sez. III, 25 marzo 2024, n. 7955; Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2024, n. 2879; Cass. civ., sez. III, 24 novembre 2023, n. 32761; Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2023, n. 31867; Cass. civ., sez. III, 7 settembre 2023, n. 26130; Cass. civ., sez. III, 21 agosto 2023, n. 24954; Cass. civ., sez. III, 7 marzo 2023 n. 6732; Cass. civ., sez. III, 7 marzo 2023, n. 6726; Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2023, n. 6388; Cass. civ. sez. III, 23 novembre 2022, n. 34397; Cass. civ., sez. III, 19 ottobre 2022, n. 30722; Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2022, n. 30496; Cass. civ., sez. III, 14 settembre 2022, n. 27016; Cass. civ, sez. III, 12 settembre 2022, n. 26811; Cass. civ., sez. III, 30 agosto 2022, n. 25541; Cass. civ., sez. VI, 19 maggio 2022, n. 16169; Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2022, n. 8997; Cass. civ., sez. I, 8 marzo 2022, n. 7474; Cass. civ., sez. III, 25 gennaio 2022, n. 2145; Cass. civ., sez. VI, 20 gennaio 2022, n. 1754; Cass. civ., sez. VI, 5 novembre 2021, n. 32212; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2021, n. 26476; Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2021, n. 12661; Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2021, n. 9128; Cass. civ., sez. III, 15 settembre 2020, n. 19190; Cass. civ., sez. I, 15 luglio 2020, n. 15041; Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 2020, n. 517; Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 2019, n. 25918; Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 2019, n. 25917; Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2019, n. 22729; Cass. civ., sez. III, 10 settembre 2019, n. 22520; Cass. civ., sez. III, 10 settembre 2019, n. 22519; Cass. civ., sez. III, 10 settembre 2019, n. 22518; Cass. civ., sez. III, 10 settembre 2019, n. 22516; Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2019, n. 16916).
Tale overruling processuale della giurisprudenza di legittimità civile ha avuto l'effetto, in sede penale, di creare contrasti interpretativi con riferimento all'individuazione del giudice cui rimettere gli atti in caso di accoglimento del ricorso dell'imputato ai soli effetti civili e, in generale, sulla portata dell'art. 622 c.p.p.
Tre sono gli orientamenti che si sono affermati in sede penale.
In base a un primo prevalente orientamento interpretativo, in conformità al precedente orientamento penale in precedenza esposto, l'annullamento della sentenza impugnata ai soli effetti civili va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, perché la ratio della detta previsione è quella di evitare ulteriori interventi del giudice penale ove non vi sia più nulla da accertare agli effetti penali, seppur evitando di enunciare il principio di diritto cui il giudice del rinvio avrebbe dovuto uniformarsi (Cass. pen., sez. V, 21 settembre 2020, n. 27565; Cass. pen., sez. V, 21 settembre 2020, n. 28848; Cass. pen., sez. V, 17 settembre 2020, n. 26217; Cass. pen., sez. V, 18 febbraio 2020, n. 16988; Cass. pen., sez. V, 20 febbraio 2020, n. 14822; Cass. pen., sez. IV, 5 marzo 2020, n. 13869).
In base a un secondo minoritario orientamento interpretativo, l'annullamento della sentenza impugnata ai soli effetti civili, nel caso in cui vi fosse ancora una questione sull'an della responsabilità, va disposto con rinvio al giudicepenale in quanto questo accertamento deve essere fatto secondo le regole probatorie e di giudizio proprie del processo penale (in caso di mancata rinnovazione di una prova decisiva: Cass. pen. , sez. VI, 25 giugno 2020, n. 28215; Cass. pen., sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 11958; Cass. pen., sez. IV, 26 febbraio 2020, n. 12174; in caso di accoglimento del ricorso presentato dall'imputato contro la sentenza di appello di condanna agli effetti penali e civili, laddove è stato riscontrato un vizio di motivazione, ed è stato disposto l'annullamento del capo penale per intervenuta prescrizione: Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2020, n. 14229; Cass. pen., sez. II, 19 febbraio 2020, n. 9542; Cass. pen., sez. IV, 26 febbraio 2020, n. 12174; Cass. pen., sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 11958).
In base a un terzo isolato orientamento interpretativo, il rinvio al giudice civile ai sensi dell'art. 622 c.p.p., non può essere disposto qualora l'annullamento delle disposizioni o dei capi della sentenza impugnata, concernenti l'azione civile, dipenda dalla fondatezza del ricorso dell'imputato agli effetti penali (Cass. pen., sez. VI, 6 giugno 2019, n. 31921 che ha ritenuto fondato il ricorso dell'imputato sul punto della riforma in appello della sentenza assolutoria di primo grado, pur in assenza di rinnovazione dell'istruttoria ex art. 603, comma 3-bis, c.p.p. e ha disposto l'annullamento senza rinvio della sentenza agli effetti penali a seguito di estinzione dei reati per prescrizione e anche agli effetti civili, in base al rilievo che il rinvio al giudice civile avrebbe imposto a quest'ultimo di procedere all'accertamento del fatto mediante applicazione dei principi di oralità e immediatezza della prova estranei al sistema processual-civilistico.
Tale contrasto insorto nella giurisprudenza penale di legittimità è stato rilevato dalla Quarta Sezione penale della Suprema Corte che, con ordinanza 20/10/2020, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite a norma dell'art. 618 c.p.p.
Le Sezioni Unite penali hanno risolto il contrasto e hanno affermato il seguente principio di diritto: «in caso di annullamento ai soli effetti civili, da parte della Corte di Cassazione, per la mancata rinnovazione in appello di prova dichiarativa ritenuta decisiva, della sentenza che in accoglimento dell'appello della parte civile avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, abbia condannato l'imputato al risarcimento del danno, il rinvio per il nuovo giudizio va disposto dinanzi al giudice civile competente per valore in grado di appello» (Cass. pen., sez. un., 28 gennaio 2021, n. 22065).
Tale decisione rileva in questa sede in quanto le Sezioni Unite penali, nella motivazione, hanno preso posizione sul contrasto insorto tra le sezioni penali e civili in merito alle regole applicabili davanti al giudice civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. competente per valore in grado di appello e innanzi evidenziato e hanno affermato che «Con l'esaurimento della fase penale, essendo ormai intervenuto un giudicato agli effetti penali ed essendo venuta meno la ragione stessa dell'attrazione dell'illecito civile nell'ambito della competenza del giudice penale, risulta coerente con l'assetto normativo interdisciplinare sopra descritto che la domanda risarcitoria venga esaminata secondo le regole dell'illecito aquiliano, dirette alla individuazione del soggetto responsabile ai fini civili su cui far gravare le conseguenze risarcitorie del danno verificatosi nella sfera della vittima. L'annullamento e il conseguente rinvio al giudice civile competente comporta, in caso di riassunzione, l'assunzione della veste di attore-danneggiato della parte civile e di convenuto-danneggiante da parte di colui che nel processo penale rivestiva il ruolo di imputato» (Cass. pen., sez. un., 28 gennaio 2021, n. 22065).
Deve ritenersi, pertanto, per tutto quanto fin qui esposto, che in caso di annullamento ai soli effetti civili della sentenza penale di assoluzione del medico da parte della Suprema Corte penale e di conseguente rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, nel relativo giudizio civile di rinvio si applicano le regole processuali e probatorie civili, che sono certamente più favorevoli al danneggiato.
Per completezza espositiva va segnalato che l'art. 33, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150/2022 (c.d. “Riforma Cartabia”) ha modificato l'art. 573 c.p.p. (che disciplina l'impugnazione per i soli interessi civili) e ha aggiunto il comma 1-bis che dispone: «Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile».
Come evidenziato nella relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022 «È stata disciplinata l'ipotesi dell'impugnazione per i soli interessi civili, introducendo nel nuovo comma 1-bis dell'art. 573 c.p.p l'innovativa regola del trasferimento della decisione al giudice civile, dopo la verifica imprescindibile sulla non inammissibilità dell'atto svolta dal giudice penale».
La c.d. “Riforma Cartabia” non ha modificato l'art. 622 c.p.p. che, però, in base alla modifica dell'art. 573 c.p.p., seppur è rimasto in vita, di fatto avrà un'applicabilità più limitata rispetto al passato in quanto:
in caso di impugnazione della sentenza penale per i soli interessi civili (che non sia ritenuta inammissibile), sia da parte dell'imputato che dalla parte civile, il processo sarà immediatamente rinviato al giudice civile e, pertanto, non potrà più giungere all'esame della Suprema Corte penale (con conseguente inapplicabilità totale dell'art. 622 c.p.p.);
in caso, invece, di impugnazione della sentenza penale non solo per gli interessi civili il processo proseguirà davanti al giudice penale e, pertanto, potrà giungere, come in precedenza, all'esame della Suprema Corte penale (con conseguente applicabilità dell'art. 622 c.p.p. in caso sia di annullamento delle sole disposizioni o dei capi che riguardano l'azione civile, sia di accoglimento del ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato).
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