Elementi per l’accertamento del dolo nella fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale “specifica”
07 Ottobre 2024
Massima In tema di bancarotta fraudolenta documentale c.d. “specifica”, la sussistenza del dolo specifico che caratterizza la fattispecie non può essere tratta dalla mera sottrazione dei libri contabili, ma deve essere desunta da circostanze di fatto ulteriori o da massime di esperienza, idonee a denotare il reale atteggiamento psichico dell'agente. Il caso L'imputata presenta ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte d'appello di Firenze ha confermato la condanna del locale tribunale per il reato di bancarotta fraudolenta documentale per avere, quale amministratore di una società a responsabilità limitata dichiarata fallita, consegnato tardivamente alla curatela il libro giornale, i registri IVA ed il registro dei beni ammortizzabili in relazione ad alcune annualità, per aver omesso la consegna alla curatela delle fatture, della documentazione bancaria, del libro giornale relativo ad una specifica annualità e dei mastrini e, da ultimo, per aver omesso la tenuta del libro inventari e del libro giornale in relazione ad altre annualità successive. La questione Con il ricorso proposto l'imputata ha contestato, sotto più profili, la ricorrenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del delitto contestato, censurando anche il travisamento delle circostanze da cui i giudici territoriali hanno ricavato la prova della ricorrenza del dolo specifico che connota la fattispecie in questione. Le soluzioni giuridiche Con la sentenza in commento, la Quinta Sezione Penale della Corte di cassazione torna a pronunciarsi sulla struttura della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale e conferma il proprio orientamento in tema di accertamento del dolo specifico che connota la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale c.d. di tipo specifico. Preliminarmente la sentenza in commento afferma che vi è piena equivalenza tra le condotte di distruzione, occultamento o mancata consegna delle scritture contabili al curatore e, a monte, quelle di omessa, irregolare o incompleta tenuta delle stesse. In particolare, secondo la pronuncia in esame, l'omessa tenuta dei libri contabili si inscrive nella prima ipotesi disciplinata dalla fattispecie di cui all'art. 216, comma 1, n. 2 l.f., atteso che, sanzionando la medesima norma l'imprenditore che ha tenuto la contabilità in modo tale da rendere relativamente impossibile la ricostruzione dello stato patrimoniale e del volume d'affari, a fortiori occorre considerare inclusa nel perimetro sanzionatorio della fattispecie l'ipotesi dell'imprenditore che a monte non ha istituito la contabilità, anche solo per una parte della vita dell'impresa. Ciò posto, la Corte di cassazione ha ribadito che in tema di bancarotta fraudolenta documentale, in seno all'art. 216, comma 1, n. 2 l.f. occorre distinguere la fattispecie di bancarotta documentale specifica dalla differente fattispecie di bancarotta documentale generica: la prima ricorre in caso di occultamento delle scritture contabili – ossia di fisica sottrazione alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sub specie di omessa tenuta della contabilità – e richiede la ricorrenza del dolo specifico consistente nello scopo di recare pregiudizio ai creditori o di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto; la seconda, autonoma ed alternativa alla prima, si sostanzia invece nella fraudolenta tenuta delle scritture contabili e si profila pertanto come un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento effettivo sui libri contabili rinvenuti ed esaminati dagli organi del fallimento. La Cassazione rimarca l'omogeneità delle due fattispecie, evidenziando che tanto la tenuta confusa, incompleta, falsificata della contabilità, quanto l'omessa tenuta della stessa – anche solo parziale – ovvero la sottrazione, la distruzione o l'occultamento rilevano in quanto comportano tutte l'impossibilità relativa di ricostruire l'andamento dell'impresa e le scelte imprenditoriali, ma al contempo traccia il confine tra le due figure di reato, sottolineando che le condotte di sottrazione, distruzione, occultamento rilevano ai fini della fattispecie in parola solo laddove sostenute dal dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori ovvero di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto. Tanto premesso, la Corte si sofferma sul versante metodologico dell'accertamento del dolo sotteso alla bancarotta fraudolenta documentale, rilevando che il dolo specifico della prima fattispecie delineata nell'art. 216, comma 1, n. 2 l.f. ed il dolo generico della seconda non possono desumersi dall'elemento oggettivo delle rispettive fattispecie – ossia la scomparsa dei libri contabili e la tenuta degli stessi in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari – bensì devono trarsi da elementi di fatto ulteriori o da elementi di natura logica in grado di far emergere – nella bancarotta fraudolenta documentale specifica – la finalità di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e – in quella generica – la consapevolezza che l'irregolare tenuta dei libri contabili sia in grado di recare pregiudizio ai creditori. Circoscrivendo il ragionamento all'ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale specifica, quindi, la Corte di cassazione conclude che la prova dell'animus nocendi o dell'animus lucrandi deve inferirsi dal reale atteggiamento psichico dell'agente, quale risulta provato da circostanze ed elementi esteriori, eventualmente anche facendo ricorso a massime di esperienza. Nel caso di specie la Corte di legittimità ha ritenuto pienamente conforme a questi insegnamenti l'accertamento di merito compiuto dai giudici territoriali, essendo stato ancorato l'accertamento del dolo specifico ad una pluralità di circostanze distinte ed ulteriori rispetto al mero occultamento delle scritture contabili. Osservazioni La sentenza in commento si pone in continuità con il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, in particolare della stessa Quinta Sezione Penale. Giova subito osservare che i principi di diritto affermati dall'arresto in esame, ancorché formulati con riguardo alla fattispecie di cui all'art. 216, comma 1, n. 2) l.f., conservano immutata validità anche alla luce dell'art. 322 d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che, nel comma 1, lett. b), delinea in termini del tutto sovrapponibili le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. Ciò premesso, come ripercorso nella pronuncia annotata, la norma disciplina due distinte fattispecie, che condividono il medesimo oggetto materiale, in entrambe consistente nei libri e nelle scritture contabili, anche non necessariamente obbligatorie, purché idonee a ricostruire attività e passività dell'impresa. Tale elemento distingue l'ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale dall'omologa ipotesi di bancarotta documentale semplice, in relazione alla quale rilevano solo i libri e le scritture contabili obbligatorie in relazione all'attività di impresa. La prima delle due fattispecie tracciate dalla norma è comunemente individuata come bancarotta documentale specifica e risulta integrata, sul piano oggettivo, dalle condotte di sottrazione, distruzione e falsificazione, anche solo parziale, dei libri e delle altre scritture contabili, e sul piano soggettivo dal dolo specifico dello scopo di recare pregiudizio ai creditori o di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Secondo l'interpretazione condivisa anche nella sentenza in analisi, la condotta di sottrazione comprende non solo l'occultamento materiale dei libri e delle scritture contabili, ma anche l'omessa tenuta delle stesse, muovendo dal presupposto che, essendo sanzionata nella fattispecie in parola anche la tenuta della contabilità in modo tale da rendere relativamente impossibile la ricostruzione dello stato patrimoniale e del volume d'affari, a maggior ragione non può escludersi dal perimetro della fattispecie la mancata istituzione della contabilità, anche solo per una parte della vita dell'impresa (cfr. Cass. pen., sez. V, 8 febbraio 2024, n. 8921). Proprio con riguardo alla omessa tenuta della contabilità è tangibile la valenza del dolo specifico (ossia lo scopo di recare pregiudizio ai creditori), laddove si consideri che è l'elemento differenziale rispetto alla fattispecie di bancarotta documentale semplice di cui all'art. 217, comma 2 l.f., del tutto analoga invece sotto il profilo materiale (cfr. Cass. pen., sez. V, 14 luglio 2023, n. 38747). Il legislatore declina la finalità in cui si sostanzia il dolo specifico in via alternativa quale scopo di recare pregiudizio ai creditori ovvero di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto. Per il vero, sul piano interpretativo non sembrano esservi spazi per ipotizzare casi in cui ricorra il primo senza il secondo, di talchè in genere – e parrebbe essere il caso anche della sentenza in esame – l'alternativa viene interpretata come un'endiadi. La seconda fattispecie delineata nell'art. 216, comma 2, n. 2) l.f. viene definita in genere, specularmente, bancarotta documentale c.d. generica e sanziona – in via residuale e generale rispetto a quella specifica – la tenuta della contabilità in modo tale da rendere relativamente impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. Com'è evidente, quindi, quest'ultima fattispecie punisce a titolo di dolo generico la tenuta fraudolenta dei documenti contabili e pertanto – a differenza dell'ipotesi specifica – presuppone necessariamente l'esistenza della scrittura contabile di riferimento e l'effettuazione di un accertamento sulla stessa (sulla distinzione tra le due fattispecie, la medesima Quinta Sezione Penale si è pronunciata, ex multis, con Cass. pen., sez. V, 8 febbraio 2024, n. 8921; Cass. pen., sez. V, 14 luglio 2023, n. 38747; Cass. pen., sez. V, 7 luglio 2023, n. 42856). Posto tale inquadramento, la Corte di cassazione fissa precise indicazioni metodologiche ai fini dell'accertamento del dolo che, come illustrato, rispettivamente connota le due fattispecie, in consonanza con la giurisprudenza precedente della medesima sezione (cfr. Cass. pen., sez. V, 7 luglio 2023, n. 42856). Secondo quanto argomentato dal Giudice di Legittimità, gli elementi da cui può trarsi la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica e del dolo generico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari: questi ultimi sono semplicemente gli “eventi fenomenici” che integrano l'elemento oggettivo del reato. Il dolo sotteso alla fattispecie – che, come si è visto, assume importanza cruciale ai fini del discrimine rispetto alla fattispecie di bancarotta documentale semplice – deve essere ricavato da circostanze di fatto ulteriori o da elementi di logica idonei a rivelare che sottese ai predetti eventi vi sono la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica; la consapevolezza che l'irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica (cfr. Cass. pen., sez. V, 7 luglio 2023, n. 42856). Tale canone di accertamento di per sé non può che risultare pienamente condivisibile, considerato che pone al riparo dal rischio che l'accertamento del dolo si appiattisca sulla ricostruzione del solo elemento oggettivo ed assuma quindi i connotati del “dolo in re ipsa”. Non del tutto coerente, a livello di principio, risulta invece la sentenza in commento laddove nega rilevanza alle argomentazioni difensive tese a circoscrivere l'effettività dell'attività gestoria svolta dall'imputata, richiamando il principio secondo cui in tema di reati fallimentari l'amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale anche se sia investito solo formalmente dell'amministrazione della società fallita, in ragione del diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le scritture, obbligo che discende ex lege dalla sola formale assunzione delle funzioni gestorie. Al contrario, a parere di chi scrive, la coerente applicazione dei principi affermati in tema di accertamento del dolo tipico della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale dovrebbe portare a ritenere che non possa essere riconosciuta la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell'amministrazione della società fallita sulla base della generica ed astratta violazione dei doveri di vigilanza e controllo che derivano dall'accettazione della carica, ma occorra la prova indefettibile della concreta ed effettiva consapevolezza da parte dell'amministratore di diritto che le scritture contabili dell'impresa versassero in stato tale da impedire la ricostruzione del patrimonio o del volume d'affari della società fallita o tale da poter recare pregiudizio ai creditori. In questo senso militano altri arresti della medesima Quinta Sezione Penale, in cui la Corte di cassazione ha evidenziato che tra le circostanze di fatto da esaminare per valutare la sussistenza del dolo tipico della fattispecie in commento «assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell'impresa» (cfr. Cass. pen., sez. V, 7 luglio 2023, n. 42856). |