La responsabilità ex art. 2395 c.c. per delibera assembleare “palesemente pretestuosa”
Cass. civ., sez. I, sent. 3 settembre 2024, n. 23557
La responsabilità ex art. 2395 c.c. può essere accertata dal giudice di merito in capo agli amministratori qualora questi abbiano dato esecuzione ad una delibera «palesemente pretestuosa», essendo – come nel caso di specie – chiaramente diretta ad aggirare l'ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Milano, che peraltro il giorno successivo aveva sospeso l'esecuzione con decreto inaudita altera parte. Gli amministratori, infatti, per la loro posizione, non possono essere inconsapevoli dei provvedimenti assunti dal Tribunale in merito ad una delibera impugnata.
Incidente stradale e cessione del credito: profili risarcitori e integrazione del contraddittorio
Cass. civ., sez. III, sent. 4 settembre 2024, n. 23809
In materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, nella procedura di risarcimento diretto di cui all'art. 149 del d.lgs. n. 209/2005, promossa dal danneggiato nei confronti del proprio assicuratore, sussiste litisconsorzio necessario rispetto al danneggiante responsabile, posto che anche l'azione del danneggiato nei confronti dell'assicurazione del veicolo da lui condotto presuppone un accertamento in ordine alla responsabilità del soggetto che ha causato il danno.
Tale accertamento non può non produrre i propri effetti vincolanti anche nei confronti del soggetto della cui responsabilità si tratta (ex multis, Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2023, n. 4994; conformi Cass. civ., sez. VI, 06 dicembre 2021, n. 38458; Cass. civ., sez. VI, 28 settembre 2021, n. 26232; Cass. civ., sez. III, 08 aprile 2020). La conseguenza è che l'omessa integrazione del contraddittorio, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo, comporta l'annullamento della sentenza, ai sensi dell'art. 383, comma 3, c.p.c. (Nel caso di specie non essendo stato integrato il contraddittorio, viene pronunciata la nullità della sentenza impugnata con rinvio al giudice di primo grado).
Prelievi fraudolenti: quando la banca deve risarcire il cliente?
Cass. civ., sez. I, sent. 4 settembre 2024, n. 23683
La diligenza posta a carico del professionista, per quanto concerne i servizi posti in essere in favore del cliente, ha natura tecnica e deve valutarsi tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento assumendo come parametro quello dell'accorto banchiere; dunque, la diligenza della banca va a coprire operazioni che devono essere ricondotte nella sua sfera di controllo tecnico, sulla base anche di una valutazione di prevedibilità ed evitabilità tale che la condotta, per esonerare il debitore, la cui responsabilità contrattuale è presunta, deve porsi al di là delle possibilità esigibili della sua sfera di controllo. Dunque, la banca per liberarsi dalla propria responsabilità, deve dimostrare la sopravvenienza di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore. (Nel caso specifico Tizia citava la banca per avere subito prelievi fraudolenti dal proprio conto a causa, a suo dire, della negligenza della convenuta che non aveva adottato le idonee cautele a scongiurare operazioni illecite ad opera di terzi. Sia il Tribunale che la Corte di appello avevano rigettato la domanda di Tizia. Di diverso avviso i Giudici di legittimità).
Intervento e successivo ricovero per infezione: due prestazioni diverse che presuppongono inadempimenti diversi
Cass. civ., sez. III, sent.13 settembre 2024, n. 24656
Se una paziente chiede l'accertamento della responsabilità dei sanitari per un intervento e non per il successivo ricovero, ma l'inadempimento è riferibile solo al successivo ricovero, la paziente ha diritto al risarcimento? La Cassazione ha qui ritenuto il ricorso infondato perché il primo ricovero, in cui la paziente è stata sottoposta ad un intervento, risponde ad un preciso contratto con la struttura, con cui quest'ultima si è impegnata ad effettuare la prestazione chirurgica. Tutto ciò che è relativo, strumentale, accessorio a quella prestazione rientra nel medesimo “fatto”, ossia fonda il contenuto dell'obbligazione assunta. Se poi la paziente – come nel caso di specie – stipula un contratto diverso e ulteriore con la struttura, ad un mese di distanza, che ha ad oggetto la cura di un'infezione in corso, l'inadempimento di tale contratto non può essere ricondotto al primo. Quindi, intervento e successivo ricovero per un'infezione sono due prestazioni diverse che rispondono a due contratti diversi tra le stesse parti non collegati.
Sinistro stradale causato da conducente ubriaco: valutazione del concorso di colpa del trasportato danneggiato
Cass. civ., sez. III, 17 settembre 2024, n. 24920
L'accertamento della esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d'un sinistro stradale, è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se rispettoso dei parametri dettati dal primo comma dell'art. 1227 c.c.
L'art. 1227, comma 1, c.c., interpretato in senso coerente con la direttiva 2009/103, non consente di ritenere, in via generale ed astratta, che sia sempre e necessariamente in colpa la persona la quale, dopo aver accettato di essere trasportata a bordo d'un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza, rimanga coinvolta in un sinistro stradale ascrivibile a responsabilità del conducente. Una simile interpretazione, infatti, contrasterebbe con l'art. 13, paragrafo 3, direttiva 2009/103, nella parte in cui vieta agli Stati membri di considerare "senza effetto", rispetto all'azione risarcitoria spettante al trasportato, «qualsiasi disposizione di legge (…) che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell'alcol». Spetterà dunque al giudice di merito valutare in concreto, secondo tutte le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell'assicuratore del vettore. (Tizio aveva accettato un passaggio in auto dal conducente pur sapendo che fosse ubriaco e nei cui confronti aveva intentato una causa di risarcimento danni a seguito di incidente stradale).
Morte da folgorazione sul lampione: profili di responsabilità civile
Cass. civ., sez. III, ord. 19 settembre 2024, n. 25200
Ai sensi dell'art. 2051 c.c. in tema di riparto del risarcimento, non è sufficiente, ed è anzi del tutto irrilevante, la dimostrazione dell'assenza di colpa da parte del custode, ma si richiede la prova positiva della causa esterna (fatto materiale, fatto del terzo, fatto dello stesso danneggiato) che - quanto ai fatti materiali e del terzo, per imprevedibilità, eccezionalità, inevitabilità, nonché, quanto a quelli del danneggiato, per anche sola sua colpa - sia completamente estranea alla sfera di controllo del custode, restando così a carico di quest'ultimo anche il danno derivante da causa rimasta ignota. (La fattispecie è relativa alla riconosciuta responsabilità di un Comune per la morte di un ragazzo morto folgorato per essersi appoggiato ad un lampione per andare a recuperare il pallone da calcio).
Danno da "vita malformata": competenza territoriale della domanda di risarcimento danni
Cass. civ., sez. III, ord., 19 settembre 2024, n. 25153
Con l'avvento del regolamento CE n. 1215 del 2012, è stata dettata una disciplina che non si limita ad individuare l'ordinamento munito di giurisdizione, ma identifica anche il giudice che, all'interno di esso, ha la competenza per la decisione della causa, la quale permette di affermare che in materia di illeciti civili dolosi o colposi, la competenza va individuata in favore dell'autorità giurisdizionale del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire (nella specie, relativa alla domanda risarcitoria proposta, nei confronti di una società tedesca, da diversi soggetti, i quali lamentavano di aver riportato danni a seguito dell'assunzione, da parte delle rispettive madri, mentre erano in gravidanza, di un farmaco contenente il principio attivo talidomide, la Corte ha accolto il regolamento individuando i Tribunali competenti in quelli nei cui circondari rientravano i luoghi di nascita di ciascuno degli attori, così come indicato dagli stessi nell'atto di citazione).
Responsabilità degli amministratori e ripartizione dell'onere di prova
Cass. civ., sez. II, 20 settembre 2024, n. 25260
Qualora i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano vietati dalla legge o dallo statuto, la condotta dell'amministratore è illegittima se omette di adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati; in tal caso l'attore ha l'onere di provare tutti gli elementi di fatto dai quali è possibile dedurre la violazione dell'obbligo di lealtà e di diligenza. (Nel caso in oggetto una società si opponeva al decreto ingiuntivo con cui il Tribunale ordinava il pagamento di una somma in favore dell'ing. Tizio come compenso per l'attività di progettazione e direzione dei lavori relativa a due immobili di proprietà della società attrice che inoltre chiedeva la condanna di Tizio al risarcimento dei danni per mala gestio, nella sua veste di amministratore della società. La Cassazione ha ritenuto il motivo di ricorso fondato e cassato la Corte di merito, che si è limitata ad affermare l'insindacabilità delle scelte gestionali dell'amministratore, senza verificare se il non essersi attivato per concedere in locazione gli immobili della società, utilizzandoli gratuitamente, costituisse violazione del dovere di diligenza).
Vittime di reati violenti: a chi spetta l'indennizzo?
Cass. civ., sez. III, ord. interlocutoria, 27 settembre 2024, n. 25872
Alla Corte di giustizia UE pronunciarsi in via pregiudiziale sulla seguente questione: se - con riguardo alla situazione di intempestivo (e/o incompleto) recepimento nell'ordinamento interno della direttiva 2004/80/Ce del Consiglio del 29 aprile 2004, «relativa all'indennizzo delle vittime del reato», non self executing, quanto alla istituzione, da essa imposta, di un sistema di indennizzo delle vittime di reati violenti residenti in uno Stato membro dell'Unione, che fa sorgere la responsabilità risarcitoria dello Stato stesso, in forza dei principi enunciati dalla giurisprudenza della CGUE (cfr., con specifico riferimento alla direttiva suddetta, la sentenza della Grande Sezione del 16 luglio 2020, in C-129/19, in particolare § 56) - il diritto dell'Unione imponga che tale responsabilità risarcitoria sia affermata nei confronti di ogni familiare di una persona la cui morte sia stata causata da un reato siffatto, purché abbia subito un danno in conseguenza del decesso di tale persona, neppure esclusi gli ascendenti diversi dai genitori, nonché i fratelli e/o sorelle e ogni altro parente in via collaterale, diversamente da quanto previsto dall'art. 11, comma 2-bis, l. 7 luglio 2016, n. 122, secondo cui, «in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l'indennizzo è corrisposto in favore del coniuge superstite e dei figli», nonché, ma solo «in mancanza del coniuge e dei figli», ai genitori e, in assenza anche di costoro, ai fratelli e alle sorelle, per questi ultimi, però, solo alla duplice condizione che fossero conviventi con il defunto, nonché a carico dello stesso al momento della commissione del delitto.