Azione revocatoria e accordi tra coniugi aventi ad oggetto un trasferimento immobiliare
17 Ottobre 2024
Questo il principio che si trae dalla pronuncia in esame e che ha portato al rigetto del ricorso. Il caso Un istituto di credito, deducendo di essere creditore, in forza di decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un fideiussore di una s.r.l., conveniva in giudizio quest'ultimo e la di lui moglie, chiedendo che fosse dichiarata l'inefficacia, ai sensi dell'art. 2901 c.c., del verbale di separazione consensuale con assegnazione dei beni da parte del Tribunale, con cui erano stati ceduti alla donna il diritto di abitazione e poi i diritti reali, per la quota del 50%, di un immobile sito in un comune toscano. All'esito del giudizio di primo grado, il Tribunale dichiarava il difetto di legitimatio ad processum in capo all'istituto di credito, per non avere quest'ultimo dimostrato l'inclusione del rapporto sostanziale controverso tra quelli gestiti dall'Ufficio periferico, il cui responsabile aveva rilasciato la procura, in calce all'atto di citazione, al difensore della società attrice. Tale decisione, però, veniva riformata in sede di gravame in quanto, per i giudici di secondo grado, non solo il difetto di rappresentanza era stato sanato mediante la proposizione dell'appello da parte della società, ma l'azione revocatoria era da ritenersi ammissibile in quanto era da escludere che il trasferimento fosse stato effettuato in adempimento dell'obbligo di mantenimento gravante sul fideiussore nei confronti della moglie. Per la Corte di merito, infatti, l'atto dispositivo doveva essere qualificato come a titolo gratuito, essendo irrilevante la consapevolezza, in capo alla moglie, del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie, in quanto, seppure si fosse voluto qualificare l'atto dispositivo come a titolo oneroso, ciò non ostava alla revocabilità del trasferimento, emergendo detta consapevolezza dal ricorso per separazione personale, in cui si dava atto delle difficoltà economiche che stava attraversando il marito. Da qui, quindi, il ricorso in cassazione promosso dal fideiussore. Actio pauliana e accordi in sede di separazione Nell'esaminare il ricorso, la Suprema Corte ricorda come sia ormai costante l'orientamento che riconosce la validità delle clausole dell'accordo di separazione che, nel quadro della complessiva regolamentazione dei rapporti fra i coniugi, prevedano il trasferimento di beni immobili ovvero la costituzione di diritti reali minori, tra cui, in primis, il diritto di abitazione, clausole che presentano, peraltro, una loro propria “individualità”, quali espressioni di libera autonomia contrattuale delle parti interessate, dando vita, nella sostanza, a veri e propri contratti atipici, con particolari presupposti e finalità, non riconducibili né al paradigma delle convenzioni matrimoniali né a quello della donazione, ma diretti comunque a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c. (cfr. Cass. civ., 17 giugno 2004, n. 11342). Al tempo stesso, poi, la Cassazione ribadisce l'ammissibilità dell'azione revocatoria ordinaria del trasferimento di immobile, effettuato da un coniuge in favore dell'altro in ottemperanza ai patti assunti in sede di separazione giudiziale, dal momento che esso trae origine dalla libera determinazione del coniuge, sicché l'accordo costituisce esso stesso parte dell'operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l'applicazione dell'art. 2901, comma 3, c.c. (cfr. Cass. civ., 22 gennaio 2015, n. 1144 e Cass. civ., 6 ottobre 2020, n. 21358). La volontà, infatti, espressa nell'accordo di separazione di trasferire un bene al coniuge, ai fini della revocatoria, va visto come l'atto stesso di disposizione del patrimonio e, dunque, l'atto di trasferimento non è adempimento dell'obbligo assunto con l'accordo di separazione (cfr. Cass. civ., 5 luglio 2018, n. 17612). La soluzione Alla luce dei principi appena ricordati, nel caso di specie, secondo la S.C., il giudice a quo ben ha fatto ad affermare che la sentenza del Tribunale recepiva l'accordo in ordine alle questioni economiche raggiunto tra i coniugi, i quali avevano rassegnato conclusioni conformi, accordo che prevedeva, tra l'altro, l'assegnazione della casa coniugale alla moglie e l'impiego da parte del marito fideiussore a trasferire alla medesima la quota di comproprietà di cui egli era titolare. A nulla rilevava, inoltre, che tale accordo fosse poi confluito, all'esito di un procedimento di separazione giudiziale, nella sentenza che ha definito quel giudizio, stante l'autonomia degli accordi patrimoniali tra coniugi a margine dei giudizi di separazione e divorzio rispetto al provvedimento giudiziale che li recepisce. (fonte: dirittoegiustizia.it) |