Il mancato deposito della relata di notifica della sentenza impugnata comporta l’improcedibilità del ricorso per Cassazione
05 Novembre 2024
Massima L'assenza nel fascicolo telematico di alcun documento che dimostri l'avvenuta notificazione della sentenza impugnata comporta la dichiarazione di improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 369 c.p.c. dal momento che, in tale circostanza, è impossibile per la Suprema Corte verificare l'effettivo rispetto dei termini di impugnazione nella fase iniziale del procedimento. Il caso La fattispecie da cui origina il provvedimento in commento attiene l'opposizione agli atti esecutivi presentata dalla debitrice ai sensi dell'art. 617 c.p.c. rispetto al decreto con il quale il bene immobile pignorato era stato trasferito a seguito di aggiudicazione. La Corte d'Appello aveva respinto il reclamo avanzato della debitrice esecutata che, a sua volta, aveva proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Per ciò che qui interessa, la fattispecie del caso concreto che ha condotto alla pronuncia della Suprema Corte non assume rilevanza: d'altra parte, sono gli stessi Giudici ad esplicitare che «è superfluo illustrare i motivi dell'impugnazione, perché il ricorso è improcedibile e, comunque, inammissibile». La questione La principale questione giuridica affrontata dalla Corte è relativa alla eventuale dichiarazione di improcedibilità e/o inammissibilità del ricorso per Cassazione dal cui deposito nel fascicolo telematico non risulti in alcun modo la relata di notifica della sentenza che con lo stesso si impugna. Le soluzioni giuridiche I Giudici hanno dapprima rilevato la totale assenza, per mancato inserimento da entrambe le parti, di alcun documento volto a dimostrare quanto sostenuto dalla ricorrente circa l'avvenuta notificazione della sentenza impugnata, considerando tale circostanza quale violazione dell'art. 369 c.p.c. da cui deriva l'improcedibilità del ricorso. In tal senso, la Corte ha richiamato precedente giurisprudenza a Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 6 luglio 2022, n. 21349) secondo la quale la dichiarazione del ricorrente che la sentenza impugnata sia stata notificata in una certa data con il deposito della copia autentica della stessa, in assenza del deposito della relata di notifica, non consente alla Suprema Corte la verifica della tempestività dell'esercizio del diritto di impugnazione. Per converso, le stesse Sezioni Unite hanno escluso l'applicabilità della sanzione dell'improcedibilità del ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente allo stesso, la relata di notifica o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, qualora la notificazione sia avvenuta a mezzo PEC, ove queste siano prodotte dalla parte controricorrente o siano eventualmente acquisite e risultino, dunque, nella disponibilità del giudice. Parimenti, i Giudici hanno fatto riferimento alla sentenza Corte EDU, 23 maggio 2024 (Patricolo et al. c. Italia) per la quale la violazione dell'art. 369 c.p.c. conduce ad una impossibilità per la Cassazione di verificare l'osservanza dei termini di impugnazione nella fase iniziale del procedimento. Né, d'altra parte, specifica la stessa Corte europea, si potrebbe rimediare a tale circostanza accettando un deposito della relazione di notificazione in una fase successiva che, altrimenti, vanificherebbe l'obiettivo di assicurare il rapido svolgimento del procedimento, impedendo alla Cassazione di pronunciarsi sulla procedibilità del ricorso senza ulteriori passaggi e ritardi. In questo senso, dunque, la sanzione dell'improcedibilità risultava adeguata rispetto alla realizzazione del legittimo fine perseguito ed era da escludersi che la decisione della Corte potesse rappresentare un impedimento sproporzionato tale da compromettere la sostanza stessa del diritto dei ricorrenti ad un equo processo garantito dall'art. 6 CEDU. Nel caso di specie è, altresì, da escludersi il principio elaborato dalla stessa Suprema Corte (Cass. civ., sez. VI, 10 luglio 2013, n. 17066) per cui non opera la sanzione dell'improcedibilità qualora la sentenza impugnata sia stata pubblicata comunque non oltre sessanta giorni prima della notifica del ricorso: ed infatti, la pubblicazione della sentenza è del 14 marzo 2022 e la notifica del ricorso è avvenuta soltanto in data 1° giugno 2022, oltretutto tardivamente. Stante l'improcedibilità del ricorso, dunque, è precluso il rilievo inerente all'originaria improponibilità della domanda (cfr. Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2024, n. 6873 secondo cui l'improcedibilità del processo di espropriazione forzata in conseguenza dell'omessa o tardiva trascrizione del pignoramento o dell'omesso o tardivo deposito del documento che la dimostra configura una ipotesi di estinzione c.d. atipica e, quindi, il provvedimento che dispone la chiusura anticipata non può essere impugnato con il reclamo ai sensi dell'art. 630 c.p.c.). Osservazioni Ai sensi dell'art. 369 c.p.c., il deposito nella Cancelleria della Corte di cassazione del relativo ricorso deve avvenire, a pena di improcedibilità, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è stato proposto. Per il secondo comma della stessa disposizione - tra i documenti che devono essere depositati unitamente al ricorso - vi è la «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta» e ciò a pena di improcedibilità del ricorso stesso che, pertanto, ha la finalità di sanzionare l'omesso compimento di una delle attività processuali da effettuare a seguito della proposizione del gravame. In questo senso, è evidente che l'onere di depositare la copia autentica della decisione impugnata corredata dalla corrispondente relata di notifica abbia lo scopo di consentire la verifica della tempestività dell'impugnazione che non potrebbe essere realizzata diversamente. Ed infatti, a seguito dell'avvenuta notifica della sentenza, il ricorrente che vuole esercitare il proprio diritto di impugnazione è obbligato al rispetto del c.d. termine breve per l'impugnazione stessa del provvedimento; ciò a tutela dell'esigenza avente carattere pubblicistico ed indisponibile per le parti del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale (Cass. civ., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005; Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 2015, n. 1443). Ai fini del controllo della tempestività dell'impugnazione assumono rilievo le allegazioni delle parti: pertanto, ove il ricorrente non abbia indicato che la sentenza impugnata gli è stata notificata, si presume che il diritto di impugnazione sia stato esercitato entro il c.d. termine lungo ai sensi dell'art. 327 c.p.c. Al contrario, qualora l'impugnante abbia allegato in modo espresso o tacito che la sentenza contro cui ricorre gli sia stata notificata ai fini del decorso del termine breve, troverà applicazione il termine di cui all'art. 325 c.p.c. In questo caso, grava sul ricorrente l'onere di depositare la copia autentica della sentenza impugnata e la sua relata di notificazione entro il termine di cui all'art. 369, comma 1, c.p.c. Al mancato rispetto di tale incombenza seguirà l'improcedibilità del ricorso a meno che la notificazione di quest'ultimo venga effettuata prima della scadenza del termine breve decorrente dalla pubblicazione del provvedimento impugnato e salva l'ipotesi in cui la relata risulti presente nel fascicolo d'ufficio. Ed infatti, è principio consolidato che sia inapplicabile la sanzione dell'improcedibilità del ricorso notificato in forma telematica contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato anche la relata nel particolare caso in cui quest'ultima sia comunque disponibile al giudice o perché prodotta dalla parte controricorrente oppure perché acquisita mediante l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio. In una siffatta ipotesi, invero, la ratio che giustifica la previsione della predetta improcedibilità non rileva poiché la verifica della tempestività dell'impugnazione risulta comunque realizzabile. Si segnala, infine, che il predetto e consolidato orientamento viene mitigato nella sola ipotesi di ricorso o di sentenza impugnata notificati a mezzo PEC e della mancata attestazione di conformità delle copie depositate dal ricorrente: in tal caso, le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 25 marzo 2019, n. 8312) hanno affermato che, al fine di verificare d'ufficio la tempestività del ricorso, è sufficiente il deposito della decisione notificata al ricorrente a mezzo PEC da parte della Cancelleria, purché nel suo testo integrale. Con riferimento alla procedibilità del ricorso, se la decisione non risulti autenticata ai sensi della l. n. 53/1994, è necessario che il controricorrente, al momento della sua costituzione, depositi a sua volta una copia analogica della decisione ritualmente autenticata oppure che non disconosca la conformità della copia stessa; invece, qualora lo stesso controricorrente sia rimasto soltanto intimato oppure abbia effettivamente disconosciuto la predetta conformità, il ricorrente deposita l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio. Riferimenti
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