Relazione di notificazione

Mauro Di Marzio
28 Marzo 2018

La relazione di notificazione, la quale va stesa per iscritto sia in calce all'originale che alla copia dell'atto da notificare, deve essere sottoscritta e datata dall'ufficiale giudiziario redigente e deve indicare la persona alla quale è stata consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure i motivi della mancata consegna, le ricerche, anche anagrafiche, effettuate e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatari.
Inquadramento

La fase di documentazione delle attività svolte in funzione della notificazione è disciplinata dall'art. 148 c.p.c., dedicato alla relazione (o, come pure si suol dire nella pratica, della relata) di notificazione. Il riscontro della conformità di dette attività alla previsione legale si effettua dunque attraverso la relazione di notificazione, la quale va stesa per iscritto sia in calce all'originale che alla copia dell'atto da notificare. Essa (che non deve essere di necessità interamente olografa: Cass. civ., 18 luglio 1997, n. 6643) deve essere sottoscritta e datata dall'ufficiale giudiziario redigente e deve indicare la persona alla quale è stata consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure i motivi della mancata consegna, le ricerche, anche anagrafiche, effettuate e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario (Punzi, 1518; Frassinetti, 97).

In giurisprudenza si afferma conformemente che l'attività di notificazione svolta dall'ufficiale giudiziario deve trovare indicazione e riscontro unicamente nella relazione prevista dall'art. 148 c.p.c., senza che le risultanze della relazione in questione possano essere integrate da successive dichiarazioni del notificatore ovvero da annotazioni sul registro cronologico dell'ufficio notifiche (Cass. civ., 4 luglio 2017, n. 16451). E così, in caso di notificazione eseguita ai sensi dell'art. 139 c.p.c. (dunque di notificazione effettuata presso la residenza, dimora o domicilio del notificando, a mani di uno dei possibili consegnatari ivi menzionati (v. M. Di Marzio, Notificazione alla residenza, in www.ilProcessoCivile.it), l'ufficiale notificante deve identificare il consegnatario, anche se l'identificazione può non essere nominativa (Cass. civ., 24 novembre 1979, n. 6164, per il caso di notificazione a persona indicata soltanto come «moglie»). Non è viceversa necessario che sia specificato il grado di parentela (Cass. civ., 21 febbraio 1995, n. 1873), e, in ogni caso, l'erronea indicazione del nominativo non assume alcun rilievo fintanto che essa non ingeneri incertezza assoluta sull'identità del consegnatario (Cass. civ., 22 ottobre 1991, n. 11200, per l'indicazione di un prenome non corrispondente a quello anagrafico della consegnataria; analogamente Cass. civ., 7 febbraio 2000, n. 1313; v. pure Cass. civ., 10 febbraio 1987, n. 1428, per l'indicazione del consegnatario come moglie anziché madre).

La relazione di notificazione costituisce elemento essenziale ed insostituibile della notificazione (Cass.civ., 18 settembre 2007, n. 19358; Cass. civ., 25 giugno 2004, n. 11853; Cass. civ., 5 luglio 2003, n. 10636), non surrogabile con atti equipollenti: perciò la mancanza della relazione determina l'inesistenza della notificazione (Cass. civ., 5 aprile 2011, n. 7761; ma v. infra per l'ipotesi di mancanza della relata sulla sola copia consegnata al destinatario).

Efficacia probatoria della relazione di notificazione

La disciplina delle notificazioni pone sovente la questione dell'efficacia probatoria della relata di notificazione.

In proposito si trova costantemente ripetuto che la relata di notificazione di un atto, che è atto pubblico dotato dell'efficacia probatoria di cui all'art. 2700 c.c., fa fede fino a querela di falso soltanto di quanto l'ufficiale giudiziario attesta essere avvenuto in sua presenza o da lui compiuto (Cass. civ., 27 ottobre 2008, n. 25860; Cass. civ., 21 maggio 2001, n. 6906; Cass. civ., 11 aprile 2000, n. 4590). Ciò significa, per quanto attiene alle dichiarazioni ricevute dalle persone cui l'atto è stato consegnato, che la relata di notificazione fa fede soltanto della circostanza che tali dichiarazioni all'ufficiale giudiziario sono state effettivamente rese. Viceversa la relata di notifica è priva di efficacia fidefacente per quanto attiene alla veridicità delle informazioni assunte dall'ufficiale giudiziario nonché delle dichiarazioni rilasciategli. In altri termini, mentre la relata fa prova sino a querela di falso in ordine alle attestazioni riguardanti le attività svolte dall'ufficiale giudiziario, i fatti avvenuti in sua presenza ed il contenuto estrinseco delle dichiarazioni a lui rese (ad es.: attestazione di mancato rinvenimento del destinatario della notifica perché trasferitosi altrove, come da notizia appresa dai vicini del destinatario della notifica: v. Cass. civ., 22 febbraio 2010, n. 4193; Cass. civ., 1° agosto 2013, n. 18427), fanno, invece, fede sino a prova contraria le altre circostanze menzionate nella stessa che l'ufficiale giudiziario riferisce non quale risultato di una sua immediata conoscenza dei fatti, ma come suo giudizio personale sugli stessi, espresso in base a dichiarazioni ricevute o ad informazioni da lui assunte (ad. es.: contenuto intrinseco della notizia appresa dai vicini, in quanto terzi rispetto alle parti dell'atto da notificare: Cass. civ., 27 ottobre 2008, n. 25860; Cass. civ., 12 marzo 2012, n. 3906; attestazione che il luogo di notifica corrisponda a quello di residenza del destinatario: Cass.civ., 8 agosto 2013, n. 19021). In definitiva, la relazione dell'ufficiale notificante non fornisce la prova della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dal destinatario ovvero consegnatario dell'atto notificato, sicché, ad esempio, le enunciazioni relative ai rapporti tra quest'ultimo e la persona cui l'atto è destinato, o circa la verità intrinseca delle dichiarazioni ricevute dall'ufficiale giudiziario notificante, fanno fede fino a prova contraria, con la conseguenza che in relazione a queste la parte interessata può fornire la prova della loro intrinseca inesattezza con tutti i mezzi consentiti, senza dover ricorrere alla querela di falso (Cass. civ., 13 dicembre 2017, n. 29974).

È essenziale notare, tuttavia, che, secondo l'opinione giurisprudenziale del tutto prevalente, la relata di notificazione è assistita da una presunzione di veridicità anche per quanto attiene alle informazioni e dichiarazioni raccolte dall'ufficiale giudiziario (Cass. civ., 11 aprile 2000, n. 4590; Cass. civ., 26 febbraio 1981, n. 1188; contra, secondo un indirizzo minoritario, Cass. civ., 23 febbraio 1978, n. 911). La menzionata opinione si fonda, in buona sostanza, sull'assunto che le persone rinvenute dall'ufficiale giudiziario nel luogo di effettuazione della notifica sarebbero di regola indotte a dire il vero, in ragione della qualifica di pubblico ufficiale dell'ufficiale giudiziario, con le conseguenti sanzioni previste per le dichiarazioni false.

Così, il destinatario dell'atto notificato è ammesso a provare ed è al tempo stesso onerato di provare — senza dover ricorrere alla querela di falso e potendo avvalersi di ogni mezzo di prova, ivi comprese le presunzioni (Cass. civ., 9 giugno 1987, n. 5040; Cass. civ., 5 maggio 1978, n. 2129; Cass. civ., 29 settembre 1975, n. 3082) — ad esempio, in caso di notificazione eseguita ai sensi dell'art. 139, che il consegnatario, ad esempio, non è suo parente né è addetto all'ufficio o al luogo di esercizio dell'industria o del commercio, ovvero portiere o vicino.

Le risultanze della relazione, come si è accennato in apertura, non possono essere integrate da successive dichiarazioni del notificatore ovvero da annotazioni sul registro cronologico dell'ufficio notifiche, le quali, estranee al procedimento di notificazione, sono prescritte al diverso fine di assicurare la quotidiana e fedele registrazione degli atti compiuti, mentre l'attestazione con la quale l'ufficiale giudiziario, ai sensi della disposizione in esame, dà atto dell'avvenuta notificazione, apponendovi la data e la firma, costituisce attività direttamente compiuta dal medesimo ufficiale giudiziario, senza alcun margine di apprezzamento discrezionale o di libera valutazione (Cass. civ., 18 settembre 2003, n. 13748).

Vizi della relata

In generale, la relazione di notificazione, come sì è detto, va stesa in calce all'atto notificato. È stato detto tuttavia che la notifica dell'avviso di accertamento, la cui relata sia stata apposta sul frontespizio di quest'ultimo anziché in calce ad esso, non può dichiararsi nulla qualora non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell'atto notificato contenente, in ogni foglio, il numero della pagina e l'indicazione del numero complessivo di esse, atteso che, in tale modo, viene garantita all'interessato l'integrità dell'atto notificato, con il conseguente prodursi degli effetti sananti del raggiungimento dello scopo (Cass. civ., 14 novembre 2016, n. 23175).

L'omessa riproduzione della relazione di notifica nella copia consegnata al destinatario non comporta l'inesistenza della notificazione, ove non sorgano contestazioni circa l'esecuzione della stessa come indicata nell'originale dell'atto, né la nullità, prevista, invece, nella diversa ipotesi di difformità del contenuto delle due relate, bensì una mera irregolarità (Cass. civ., 5 maggio 2017, n. 11134). Si è però anche detto che, in caso di omessa sottoscrizione dell'ufficiale giudiziario in calce alla relata la notificazione è inesistente e non è conseguentemente suscettibile di sanatoria mediante rinnovazione (Cass. civ., 26 novembre 1988, n. 6377). Anche qualora, in esito a querela di falso, sia dichiarata la falsità della firma in calce alla relazione di notificazione, in quanto apposta da un soggetto sostituitosi nell'attività notificatoria al pubblico ufficiale indicato in detta relazione come procedente, resta esclusa la possibilità di riferire quell'attività alla persona qualificata che ne viene indicata come autrice, e si verifica, pertanto, un'ipotesi di omessa notificazione (Cass. civ., 5 giugno 1984, n. 3362). Si ritiene invece che l'illeggibilità della firma dell'ufficiale giudiziario che ha eseguito la notificazione comporta nullità della notificazione stessa soltanto nel caso di impossibilità oggettiva di individuare l'identità del firmatario (Cass. civ., 3 novembre 2003, n. 16407; Cass. civ., 17 aprile 2015, n. 7838), mentre nullità non si ritiene sussistere nel caso in cui l'identificazione delle sue generalità sia possibile attraverso il timbro e nessuna prova sia stata offerta contro la presunzione di appartenenza del notificante all'ufficio competente (Cass. civ., 11 settembre 1978, n. 4100).

Ai fini della ritualità della notificazione, l'ufficiale giudiziario non è tenuto ad indicare nella relata l'iter che lo ha indotto ad effettuare la consegna in uno dei modi previsti e non in un altro, in quanto la menzione delle ricerche eseguite va fatta, ai sensi dell'art. 148 c.p.c., solo nell'ipotesi di mancata consegna (v. Cass. civ., 3 aprile 2017, n. 8638). Peraltro, per giurisprudenza costante, viene ritenuta nulla la notificazione effettuata al portiere dello stabile del destinatario qualora l'ufficiale giudiziario si limiti ad attestare la precaria assenza dell'intimato senza attestare anche il mancato rinvenimento delle ulteriori persone abilitate a ricevere l'atto (Cass. civ.,Sez.Un., 30 maggio 2005, n. 11332; Cass. civ., 27 settembre 2013, n. 22151).

La mancata indicazione della data dell'eseguita notifica nella copia dell'atto consegnata al destinatario comporta nullità della notificazione e, in particolare, assume rilievo, concretando nullità insanabile, nel caso in cui dalla notificazione decorra un termine perentorio entro il quale il destinatario deve esercitare determinati diritti; nel caso, invece, in cui essa afferisca ad un atto d'impugnazione, non determina alcuna nullità, avendo il notificante il solo onere di fornire la prova della tempestiva notificazione dell'impugnazione, esibendo l'originale corredato dall'attestazione di notificazione redatta dall'ufficiale giudiziario (Cass. civ., 25 novembre 2002, n. 16578).

L'omessa indicazione della data nella relata di notifica dell'atto di appello determina l'inammissibilità del gravame, trattandosi di un elemento essenziale ai fini dell'accertamento del rispetto del termine perentorio per l'impugnazione, che deve aver luogo esclusivamente in base all'esame della relata di notifica o dell'atto notificato nel suo complesso, e non potendo sopperirsi alla sua mancanza mediante il ricorso ad altre fonti di prova (Cass. civ., 13 novembre 2009, n. 24124/2009).

Non è prescritto che oltre alla data debba essere indicata anche l'ora della notificazione.

La mancata indicazione del luogo della notifica non comporta nullità, bensì mera irregolarità, potendo il luogo essere desunto implicitamente dalla relativa indicazione contenuta nell'istanza di notifica, a cui questa fa riferimento, o quando il complessivo contenuto della relazione stessa sia idoneo a fornire notizia di detto luogo (Cass. civ., 3 marzo 2010, n. 5079), come si verifica in caso di effettuazione di quella consegna a mani di familiare convivente, cioè di persona munita di qualità necessariamente implicanti la stabile presenza nella dimora abituale del destinatario.

La mancata indicazione nella relata di notifica della persona ad istanza della quale viene eseguita la notificazione della sentenza non determina nullità della notifica stessa qualora dall'atto notificato sia possibile desumere le generalità del soggetto che l'ha richiesta (Cass.civ., 31 ottobre 2012, n. 18705).

La mancata specificazione, nella relata di notificazione dell'ufficiale giudiziario, delle generalità complete e dell'indirizzo del destinatario non incide sulla validità della notificazione medesima, ove tali dati siano indicati nell'atto da notificare, dovendosi ritenere, fino a querela di falso, che essa sia stata effettuata in conformità di tali indicazioni (Cass. civ., 25 settembre 1999, n. 10630; Cass. civ., 8 gennaio 2002, n. 127). Allo stesso modo l'errore sulle generalità del convenuto nella relata di notificazione non comporta nullità qualora sia possibile identificare con certezza il reale destinatario sulla scorta degli elementi contenuti nell'atto da notificare o nella relata (Cass. civ., n. 9928/2005; Cass. civ., 1° agosto 2013, n. 18427). Viceversa costituisce causa di nullità l'assoluta incertezza sulla persona cui l'atto da notificare è indirizzato (Cass.civ., 19 dicembre 2013, n. 28451).

Questione ricorrente è pure quella della possibile difformità tra originale e copia notificata dell'atto. Essa può in linea generale porsi sotto due distinti profili:

a) difformità tra l'atto in originale ed in copia (ad esempio perché la copia è incompleta, mancando di una o più pagine, ovvero perché difforme è il contenuto dell'uno e dell'altra);

b) difformità tra le relate di notifica apposta in calce all'originale e alla copia dell'atto (ad esempio perché vi è difformità nella data, ovvero perché le formalità espletate risultano indicate nel solo originale o nella sola copia).

In prevalenza la giurisprudenza tende a ritenere che la copia notificata prevale sull'originale, data l'imprescindibile esigenza di garantire l'affidamento del destinatario della notificazione. Tuttavia non mancano pronunce le quali consentono che la difformità sia aggredita mediante la querela di falso, ad opera — si badi — del notificante.

In generale, si trova cioè puramente e semplicemente affermato che prevale, in caso di discordanza, ciò che risulta dalla copia notificata e non già quanto risulta dall'originale restituito al notificante (Cass. civ., 14 novembre 1985, n. 5580).

È stato però detto che, nell'ipotesi in cui la relazione di notificazione dell'atto di impugnazione esistente sull'originale e quella redatta sulla copia notificata indichino due date diverse (la prima successiva alla scadenza del termine per l'impugnazione), si verifica un conflitto tra due atti pubblici, aventi entrambi piena efficacia probatoria, suscettibile di essere eliminato con la querela di falso. Ove questa non venga proposta, tale conflitto va risolto in senso sfavorevole, non già al destinatario della notificazione, il quale, al fine di far valere la data risultante dalla copia notificatagli, non è tenuto a provarne l'esattezza, bensì a colui che eccepisce la decadenza della controparte dal potere d'impugnazione e che è tenuto ad assolvere al relativo onere probatorio (Cass. civ., 1° febbraio 1995, n. 1157). Più di recente si è precisato che in mancanza della querela di falso, per stabilire se si sia verificata una decadenza, deve aversi riguardo all'originale restituito al notificante, ovvero alla copia in possesso del destinatario, a seconda che tale decadenza riguardi il primo o il secondo (Cass. civ., 14 giugno 2017, n. 14781, la quale ha ritenuto che il controricorrente, che aveva contestato la tardività del deposito del ricorso sulla base della data risultante dalla relata di notifica apposta sulla copia notificatagli, fosse tenuto a proporre querela di falso per accertare la falsità, in parte qua, della relata unita all'originale dell'atto restituito al ricorrente). Incombe cioè a colui che intenda valersi delle conseguenze della difformità confrontare gli atti e proporre querela di falso al fine di provare la falsità dei dati risultanti dal documento in possesso della controparte (Cass. civ., 17 febbraio 1983, n. 1216).

Sono consentite correzioni apportate dall'ufficiale giudiziario alla relata. Egli può cioè correggere gli eventuali errori materiali commessi, purché tali correzioni, in applicazione dei principi generali operanti in materia di atti pubblici, vengano eseguite in modo da consentire la lettura del testo modificato, e scrivendo come postilla la parola o le parole cancellate e quelle aggiunte o sostituite in calce all'atto prima della sottoscrizione. L'inosservanza di dette modalità di correzione comporta la nullità dell'atto, e, quindi, della notificazione, solo quando si traduca in motivo di assoluta incertezza sul dato corretto, nel senso che il suo reale contenuto non sia evincibile alla stregua del complessivo tenore dell'atto stesso, con l'ausilio dei comuni criteri di logica ed esperienza (Cass. civ., 13 giugno 1978, n. 2935; Cass. civ., 15 ottobre 1991, n. 10847; Cass. civ., 4 maggio 2002, n. 6425).

Si presenta sovente, ancora, il caso della incompletezza o erroneità della copia notificata.

È stato sostenuto, al riguardo, che la parte la quale si duole dell'incompletezza o erroneità debba proporre querela di falso contro l'attestazione dell'eseguita consegna della «copia» dell'atto da parte dell'ufficiale giudiziario (Cass. civ., 11 gennaio 1994, n. 224; Cass.civ., 1° agosto 2002, n. 11482; Cass. civ., 6 giugno 2011, n. 12197), dovendosi ritenere, in difetto di tale querela, che detta attestazione, per effetto di tale locuzione, sia estesa alla conformità della copia consegnata all'originale completo, ciò ricavandosi dal combinato disposto degli artt. 137, comma 2, e 148. Per altro verso, il vizio della notificazione (nel caso considerato notificazione della sentenza, in copia priva di una o più pagine) non rileva di per sé, ma dà luogo a nullità, in difetto di una espressa comminatoria della nullità medesima, solo se il destinatario deduca e dimostri che detta incompletezza gli abbia precluso la compiuta conoscenza dell'atto e quindi abbia inciso negativamente sul pieno esercizio della facoltà di impugnazione dello stesso (Cass. civ., Sez. Un., 15 giugno 1989, n. 391; Cass. civ., 25 luglio 2003, n. 11528; Cass. civ., 22 giugno 2012, n. 10488). Ma è stato anche affermato che la consegna al destinatario di copia incompleta della sentenza non dà luogo a nullità della notificazione, in mancanza della relativa comminatoria nell'art. 160 ma al compimento di un atto irrilevante o inefficiente, siccome sostanzialmente diverso da quello dovuto secondo l'art. 137, con conseguente inidoneità a far decorrere il termine d'impugnazione di cui agli artt. 325 e 326 (Cass. civ., 16 giugno 1983, n. 4140).

In altre occasioni la Suprema Corte è pervenuta a diversa soluzione, affermando che le dichiarazioni dell'ufficiale giudiziario non fanno fede della verità e della regolarità degli atti ricevuti per procedere alla notifica e, in particolare, non attestano la corrispondenza della copia rispetto all'originale, sicché l'eventuale discordanza fra la copia e l'originale si risolve alla stregua del principio secondo cui la copia prevale sull'originale, senza necessità d'impugnare di falso la relata posta su quest'ultimo, dovendo la parte interessata fare affidamento sull'atto scritto che le è stato consegnato (Cass. civ., 6 dicembre 1995, n. 12575; Cass. civ., 25 giugno 2007, n. 14686). E si è infine aggiunto che la mancanza, nella copia notificata del ricorso per cassazione, il cui originale risulti tempestivamente depositato, di una o più pagine non comporta l'inammissibilità del ricorso, ma costituisce vizio della notifica, sanabile, con efficacia ex tunc, mediante nuova notifica di una copia integrale, su iniziativa dello stesso ricorrente, o entro un termine fissato dalla Corte di cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell'intimato, salva la possibile concessione di un termine per integrare le difese (Cass. civ., 23 giugno 2017, n. 15757; Cass. civ., Sez. Un., 14 settembre 2016, n. 18121).

Riferimenti
  • Frassinetti, La notificazione nel processo civile, Milano, 2012;
  • Matteini Chiari-Di Marzio, Le notificazioni e i termini nel processo civile, Milano, 2014;
  • Punzi, Notificazione (dir. proc. civ.), in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978.