La nomina degli amministratori delle s.p.a.

11 Novembre 2024

La norma che attribuisce all'assemblea il potere di nominare gli amministratori è inderogabile; così come inderogabile è il metodo collegiale che l'assemblea deve adottare per la loro nomina.

I membri del consiglio di amministrazione di una s.p.a. devono essere nominati inderogabilmente dall'assemblea con metodo collegiale?

L'art. 2383 c.c. (rubricato “Nomina e revoca degli amministratori”) prevede che la nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono nominati nell'atto costitutivo, e salvo il disposto degli articoli 2351, 2449 e 2450 c.c. La dottrina prevalente (Spiotta, Bonelli) ha chiarito che gli amministratori sono un organo indefettibile della società che traggono i loro poteri direttamente dalla legge e non sono derivati dall'assemblea: trattasi, invero, di poteri-doveri originari (da qualificarsi come poteri-doveri). Di conseguenza, secondo alcuni autori (Abriani) l'atto di nomina degli amministratori da parte dell'assemblea dei soci non va inteso come un negozio attributivo di poteri, bensì come un atto di designazione di soggetti necessari ex lege o necessari in quanto previsti come tali dall'atto costitutivo.

Secondo la dottrina (Caselli, Spiotta) e la giurisprudenza prevalente la nomina da parte dell'assemblea è inderogabile. La Corte di Cassazione e la giurisprudenza di merito hanno già da tempo chiarito che la norma che riserva all'assemblea la nomina e la revoca degli amministratori è inderogabile e che le deliberazioni dell'assemblea debbono essere inderogabilmente prese con l'osservanza del metodo collegiale (Cass. Civ., n. 12820/1995; Trib. Verona, 18 dicembre 1987). Viepiù, la suprema Corte ha specificato che la norma che riserva all'assemblea la nomina e la revoca degli amministratori è inderogabile, in quanto di ordine pubblico per la sua incidenza su interessi generali della collettività, e che le deliberazioni dell'assemblea debbono essere inderogabilmente prese con l'osservanza del metodo collegiale. Non può ammettersi che, attraverso singole clausole contrattuali, le parti possano giungere, di fatto, a svuotare la portata di tali principi (Cass. Civ., Sez. I, n. 14695/2017). Dunque, non solo la nomina da parte dell'assemblea è inderogabile, ma lo è anche il metodo collegiale che questa deve adottare. Ciò a differenza che delle s.r.l., dove è consentito il metodo per referendum (artt. 2475, comma 1, c.c.; 2479, comma 3, c.c.).

È vero, tuttavia, che la prassi ha visto alcune mutazioni del metodo collegiale. Si pensi, per citare la più rilevante, al patto parasociale col quale viene attribuito ad alcuni gruppi di soci il potere di designare i candidati alla nomina di amministratori. Tale possibilità, molto contrastata in ambito giurisprudenziale, viene adesso sostanzialmente ammessa se prevede la possibilità di recesso o comunque il risarcimento del danno per violazione del patto (Cass. Civ., Sez. I, n. 14865/2001; Cass. Civ., n. 6898/2010). Secondo la giurisprudenza di merito (Trib. Milano, 20 settembre 2007) quando è previsto dallo statuto di società per azioni un meccanismo di voto di lista finalizzato a garantire la rappresentanza della minoranza in seno al consiglio di amministrazione, detto meccanismo deve operare, non solo alla scadenza naturale della carica del consiglio di amministrazione, ma anche nel caso di sostituzione del consigliere decaduto (G. Dongiacomo U. Macrì L. Nazzicone E. Quaranta, Società di capitali, diretta da Renato Rudorf - Organi sociali, responsabilità e controlli, 2019, Giuffrè Francis Lefebvre). In generale si tende ad ammettere quei sistemi di voto che garantiscono gruppi di minoranze o quote di genere.

Va per completezza segnalato che l'art. 2449 c.c. (Società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici), novellato dall'art. 13, comma 1, l. 25 febbraio 2008, n. 34, a seguito della Sentenza della Corte di Giustizia UE del 6 dicembre 2007, prevede che lo statuto possa conferire allo Stato o ad enti pubblici, soci di una s.p.a. che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, la facoltà di nominare un numero di amministratori e sindaci, o di componenti del consiglio di sorveglianza, proporzionale alla loro partecipazione al capitale sociale.

In conclusione, la norma che attribuisce all'assemblea il potere di nominare gli amministratori è inderogabile; così come inderogabile è il metodo collegiale che l'assemblea deve adottare per la loro nomina. Nella prassi osserviamo comunque l'adozione di sistemi di voto che consentono a singoli gruppi di minoranza di avere dei propri rappresentanti in seno al consiglio di amministrazione. E del resto la stessa legge prevede specifici meccanismi di voto per le società quotate a tutela sia delle minoranze che delle quote di genere. L'effettiva libertà di voto viene tuttavia sacrificata nelle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici posto che lo statuto può riservare direttamente ad essi la nomina degli amministratori.

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