Mutuo e tasso Euribor. La parola alle Sezioni unite

12 Novembre 2024

Con l’ordinanza interlocutoria in commento, la Cassazione ha trasmesso il ricorso alla Prima Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite di alcune questioni relative ai profili di invalidità di un contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi, a fronte dell’accertata manipolazione dell’Euribor, utilizzato quale parametro di determinazione.

Massima

Vanno rimesse alla prima presidente della Corte di cassazione, per l'eventuale assegnazione alle sezioni unite, le seguenti questioni:

- se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi parametrata all'indice Euribor costituisca un negozio «a valle» rispetto all'intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla commissione dell'Unione europea con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, o se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa o dalla sua conoscenza dell'esistenza di tale intesa e dell'intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti;

- se la alterazione dell'Euribor a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo parametrata su tale indice per indeterminabilità dell'oggetto o piuttosto costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell'ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni.

Il caso

A seguito della notificazione di un decreto ingiuntivo con il quale un istituto di credito chiedeva la condanna al pagamento di un precedente finanziamento, la società mutuataria e i garanti proponevano opposizione, rilevando, tra l'altro, la nullità della clausola di determinazione degli interessi mediante l'applicazione del parametro Euribor del quale, come noto, la Commissione dell'Unione Europea, con decisione del 4 dicembre 2013, aveva accertato l'illecita alterazione per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008.

Tanto il Tribunale che la Corte di appello di Cagliari rigettavano l'opposizione al decreto ingiuntivo, rilevando, quanto alla questione della validità del tasso di interessi, che la società finanziatrice era totalmente estranea al cartello manipolativo dell'Euribor. Pertanto, gli originari opponenti proponevano ricorso per cassazione ribadendo l'illegittimità della clausola determinativa degli interessi corrispettivi: in particolare, secondo i ricorrenti, l'accertata illecita alterazione dell'Euribor avrebbe quale suo effetto la nullità della contestata clausola che a tale parametro faceva riferimento, con conseguente sostituzione del tasso di interesse così pattuito con il tasso di interesse legale.

La Prima sezione della Corte di cassazione, così investita della problematica, dopo avere ripercorso criticamente le motivazioni poste a fondamento dell'orientamento formatosi, all'interno della Terza sezione della Corte, a partire da Cass., 13 dicembre 2023, n. 34889 e poi puntualizzato da Cass., 3 maggio 2024, n. 12007, ha rimesso gli atti alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite per la decisione delle questioni concernenti, da un lato, la qualificazione in termini di negozio «a valle», rispetto ad una intesa anticompetitiva, di un contratto di mutuo che contenga una clausola che, per determinare gli interessi corrispettivi, faccia riferimento all'indice Euribor e, dall'altro, se la alterazione dell'Euribor medesimo per fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità di quella stessa clausola.

Le questioni giuridiche

La Commissione Europea, con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, ha accertato che, tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008, alcuni istituti di credito avevano proceduto a porre una intesa restrittiva della concorrenza allo scopo di manipolare le risultanze del tasso Euribor.

Sulla reale portata di tali decisioni si tornerà immediatamente infra; quello che occorre adesso esaminare in via prioritaria riguarda gli orientamenti giurisprudenziali che, a seguito di quelle decisioni, sono sorti con riferimento ai contratti di mutuo facenti riferimento all'Euribor per la determinazione del tasso di interessi applicabile.

Secondo un primo intervento della giurisprudenza di legittimità (Cass., sez. III, 13 dicembre 2023, n. 34889, in Foro it., 2024, 2, I, 493 con nota di S. Pagliantini, D. Santarpia, Un'aberratio ictus bella e buona: Euribor manipolato e nullità parziale dei contratti indicizzati), le intese vietate ai sensi dell'art. 2 della l. n. 287 del 1990 (cd. legge antitrust) non sono soltanto quelle trasfuse in contratti o negozi giuridici in senso tecnico, ma anche quelle veicolate da comportamenti o condotte non negoziali che, con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, restringano o falsino, in qualsiasi forma e in modo consistente, la concorrenza all'interno del mercato; ne conseguono, da un lato, la riconducibilità alla citata nozione normativa dell'accordo manipolativo del tasso Euribor accertato dalla Commissione Europea con decisione del 4 dicembre 2013 e, dall'altro, la nullità dei contratti a valle che si richiamino per relationem al tasso manipolato, assurgendo la predetta decisione a prova privilegiata di un'intesa illecita, alla quale è irrilevante che non abbia preso parte l'istituto bancario contraente.

Anche in dottrina questo orientamento è stato sostenuto. Si è rilevato, infatti, che «quella di stipulare, in base all'intesa, una serie di contratti (c.d. ‘a valle') attuativi non è forse una prassi? E non è trasparentemente anticompetitiva? E non è evidente che poggiando sull'intesa è concordata? Dunque, è in quella parte degli artt. 101 TFUE e 2L. n. 287/1990 che reca la comminatoria di nullità delle prassi anticompetitive concordate la disposizione che tecnicamente statuisce la nullità dei contratti a valle, qui appropriata perché la prassi è appunto di concludere contratti e dunque è negoziale» (A. Gentili, Sulla tutela del cliente nel ‘contratto a valle' (il caso Euribor), in Riv. dir. banc., 2024, 1, II, 19, spec. 22; A.A. Dolmetta, Euribor manipolato e contratti «a valle». Questioni, in Riv. dir. banc., 2024, 1, II, 1, spec. 7 ss.).

Né assumerebbe rilievo la circostanza che la banca mutuataria non abbia preso parte all'intesa illecita. Infatti, quando il contratto a valle attua l'intesa e restringe la concorrenza, se l'impresa colpevole sia formalmente parte del cartello o solo vi aderisca con la sua prassi sono cose che si equivalgono, rilevando soltanto che, attraverso il comportamento dell'impresa, l'intesa produca anche in quel caso effetti anticompetitivi. Del resto, le intese non sono necessariamente costituite da contratti formali, con la conseguenza che l'impresa che, pur non avendo partecipato con il proprio comportamento all'intesa, vi si conforma compie una sostanziale adesione all'accordo anticompetitivo (A. Gentili, Sulla tutela del cliente nel ‘contratto a valle' (il caso Euribor), cit., 23). Secondo tale ricostruzione, dunque, la nullità (parziale) del contratto (nel caso di specie, della clausola determinativa del tasso di interesse) potrà essere predicata anche ove l'istituto di credito mutuante non sia stato parte dell'intesa restrittiva del mercato (così, anche, A.A. Dolmetta, Euribor manipolato e contratti «a valle». Questioni, cit., 8, secondo il quale la nullità dei contratti a valle si verifica in ragione del fatto oggettivo che, nel testo dei contratti predisposti dalla banca, è stata prevista la clausola «parametro euribor» e che, nel relativo periodo di riferimento, questa clausola, come «eterointegrata in modo illecito», ha poi trovato effettiva e reale applicazione anche nell'operatività della detta banca).

Tale orientamento, tuttavia, è stato subito puntualizzato da un successivo intervento della medesima terza sezione della Corte di cassazione (Cass., sez. III, 3 maggio 2024, n. 12007, in Foro it., 2024, 5, I, 1439 con nota di S. Pagliantini, R. Pardolesi, Nullità da Euribor manipolato alla fiera degli equivoci). Richiamando un noto precedente delle Sezioni unite della Corte (Cass., 30 dicembre 2021, n. 41994), la decisione da ultimo menzionata ha ricordato che la dichiarazione di nullità di un contratto concluso «a valle» di un'intesa (o pratica non negoziale) restrittiva della concorrenza presuppone che lo stesso costituisca «applicazione» dell'illecita medesima e, dunque, che almeno uno dei contraenti sia a conoscenza dell'esistenza di quella determinata intesa con un determinato oggetto e un determinato scopo e intenda avvalersi del risultato oggettivo della stessa. In difetto, ha aggiunto, gli effetti distorsivi del mercato derivanti dalle intese o pratiche illecite volte ad alterare l'Euribor potranno essere eliminati attraverso gli ordinari rimedi negoziali.

Sulla base di tale considerazione, la Corte ha concluso che i contratti di mutuo contenenti clausole che, al fine di determinare la misura di un tasso d'interesse, fanno riferimento all'Euribor, stipulati da parti estranee ad eventuali intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza dirette alla manipolazione dei tassi sulla scorta dei quali viene determinato il predetto indice, non possono considerarsi contratti stipulati in applicazione delle suddette pratiche o intese, in mancanza della prova della conoscenza di queste ultime da parte di almeno uno dei contraenti (anche a prescindere dalla consapevolezza della loro illiceità) e dell'intento di conformare oggettivamente il regolamento contrattuale al risultato delle medesime intese o pratiche; pertanto, va esclusa la sussistenza della nullità delle specifiche clausole di tali contratti contenenti il riferimento all'Euribor, ai sensi dell'art. 2 della l. n. 287 del 1990 e/o dell'art. 101 del TFUE.

Sotto all'ulteriore profilo concernente le conseguenze, in termini di eventuale nullità parziale delle clausole determinative degli interessi, la sentenza ha stabilito che le clausole dei contratti di mutuo che, al fine di determinare la misura di un tasso d'interesse, fanno riferimento all'Euribor, possono ritenersi viziate da parziale nullità (originaria o sopravvenuta), per l'impossibilità anche solo temporanea di determinazione del loro oggetto, ove sia provato che la determinazione dell'Euribor sia stata oggetto, per un certo periodo, di intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza e a tal fine è necessario che sia fornita la prova che quel parametro, almeno per un determinato periodo, sia stato oggettivamente, effettivamente e significativamente alterato in concreto, in virtù delle condotte illecite dei terzi, al punto da non potere svolgere la funzione obbiettiva ad esso assegnata di efficace strumento di determinazione dell'oggetto della clausola sul tasso di interesse; in tale ultimo caso (ferme, ricorrendone tutti i presupposti, le eventuali azioni risarcitorie nei confronti dei responsabili del danno, da parte del contraente in concreto danneggiato), le conseguenze della parziale nullità della clausola che richiama l'Euribor (per il solo periodo in cui sia accertata l'alterazione concreta di quel parametro) e, prima fra quelle, la possibilità di una sua sostituzione in via normativa, laddove non sia possibile ricostruirne il valore genuino, cioè depurato dell'abusiva alterazione, andranno valutate secondo i principi generali dell'ordinamento.

Tale orientamento non è stato seguito dalla giurisprudenza di merito che ha continuato ad affermare che il contratto di mutuo, nel quale la determinazione dei tassi di interesse rinvia al parametro euribor manipolato, non può ritenersi un contratto a valle dell'intesa anticoncorrenziale relativa a pratiche collusive finalizzate a distorcere il prezzo dei prodotti finanziari Eird nel periodo 2005-2008, e la clausola relativa agli interessi non può considerarsi nulla, in quanto le condotte anticoncorrenziali sanzionate dalla commissione Ue avevano ad oggetto un distinto mercato di peculiari prodotti finanziari, non erano in alcun modo dirette a favorire le banche nell'erogazione dei mutui, gli operatori coinvolti avevano di volta in volta comunicato e/o ricevuto preferenze per un fixing invariato, basso o elevato di determinate scadenze dell'euribor, con un potenziale ma non accertato effetto di manipolazione che poteva risolversi a seconda dei casi anche in un pregiudizio per la stessa banca mutuante (così, App. Firenze, 15 aprile 2024; Trib. Nola, 28 febbraio 2024; Trib. Milano, 21 febbraio 2024; Trib. Livorno, 29 gennaio 2024, tutte in Foro it., 2024, 4, I, 1233 con nota di D. Santarpia, La saga dell'Euribor e gli spettri di una tutela massiva; nel medesimo senso, Trib. Torino, 29 gennaio 2024, in Foroplus).

Ebbene, la Prima sezione della Corte, con il provvedimento che si annota, ha proceduto ad una serrata critica dell'orientamento seguito dalla Terza sezione della Corte, rimettendo poi la questione, di massima importanza, alle Sezioni unite.

Osservazioni

Le decisioni della Commissione europea

Al fine di una migliore comprensione della vicenda, occorre muovere dall'esame della decisione della Commissione europea in ordine alla manipolazione del tasso Euribor, per verificare se i contratti di mutuo che facciano riferimento, al fine di determinare la misura degli interessi, a quel tasso si possano effettivamente considerare quali contratti «a valle» dell'intesa (o della pratica) restrittiva della concorrenza.

Va premesso che l'Euribor è un tasso di interesse di riferimento ampiamente utilizzato sui mercati monetari internazionali e il cui scopo è rispecchiare il costo dei prestiti interbancari in euro. L'euribor, definito come un indice del «tasso al quale sono offerti depositi a termine in euro nel mercato interbancario da una banca primaria a un'altra banca primaria all'interno della zona euro», si basa sulle quotazioni individuali dei tassi ai quali ciascuna delle banche del panel ritiene che un'ipotetica banca primaria presterebbe fondi a un'altra banca primaria. L'Euribor è calcolato in base alle comunicazioni inviate dalle «banche del panel» partecipanti ogni giorno di negoziazione.

La Commissione Europea, con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, ha stabilito che, tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008, alcune banche avevano partecipato a un'infrazione unica e continuata all'art. 101 TFUE, avente a oggetto la restrizione e/o la distorsione della concorrenza nel settore dei derivati sui tassi di interesse in Euro collegati all'Euribor (Euro Interbank Offered Rate) e/o all'EONIA (Euro Over-Night Index Average) («EIRD»). In particolare, la Commissione Europea ha accertato che l'intesa restringeva la concorrenza mediante la creazione di un'asimmetria informativa tra gli operatori del mercato, dal momento che i partecipanti all'infrazione, da un lato, si trovavano nella posizione migliore per conoscere in anticipo, con una certa precisione, il livello al quale l'Euribor sarebbe stato fissato o doveva essere fissato dai loro concorrenti che agivano in collusione e, dall'altro, sapevano se l'Euribor in una data specifica sarebbe stato fissato o meno a un livello artificioso. La accertata intesa restrittiva era orientata alla riduzione dei flussi di cassa, che i partecipanti avrebbero dovuto pagare a titolo degli «EIRD» o dall'aumento di quelli che essi dovevano ricevere a tale titolo e ha, dunque, riguardato un mercato, quello degli «EIRD», che sono derivati finanziari.

In altre parole, come osservato in dottrina (G. Guizzi, Manipolazione dell'Euribor e nullità dei contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, in Riv. dir. banc., 2024, 1, II, 29, spec., 33), la Commissione ha accertato e sanzionato «un reiterato scambio di informazioni tra banche, nell'ambito di rapporti in genere bilaterali, ma assunti da ciascun cartellista nella consapevolezza dell'esistenza di una rete analoga di rapporti bilaterali tra altri cartellisti, e che riguardavano ora (i) le reciproche esigenze di fissazione di un certo livello dell'Euribor - al fine di ottimizzare, a determinate scadenze, il risultato delle posizioni detenute in relazione al portafoglio complessivo dei derivati - per poi cercare di farle recepire in sede di meccanismo di definizione del medesimo (e su questo punto tornerò tra poco), ora (ii) più in generale di informazioni utili a rendere trasparenti e prevedibili i prezzi di negoziazione dei Derivati su tassi, i c.d. EIRD, rispetto ai quali le banche cartelliste operavano tutte anche come market maker».

L'oggetto della intesa non era, dunque, la manipolazione dell'Euribor in quanto tale, ma i fattori di incertezza nel posizionamento sul mercato degli EIRD, dove appunto tutte le banche cartelliste operavano quali market maker, e poi di ottimizzare i profitti a determinate scadenze tenuto conto della composizione del proprio portafoglio di derivati (così, anche S. Pagliantini, R. Pardolesi, Nullità da Euribor manipolato: alla fiera degli equivoci, in Foro it., 2024, I, 1421, spec., 1442).

Peraltro, come esposto nella stessa decisione della Commissione europea, secondo la varietà delle posizioni assunte, in operazioni di credito e/o derivati su tassi, «una banca può avere un interesse per un fixing Euribor elevato (quando riceve un importo calcolato in base all'Euribor), basso (quando deve pagare un importo calcolato in base all' Euribor) o forfettario (quando non ha una posizione significativa in nessuna delle due direzioni)» (decisione Commissione, punto 5 della motivazione; sul punto, si veda anche Trib. Torino, 29 gennaio 2024, cit., e, in dottrina, G. Guizzi, 35).

In definitiva - come pure è stato efficacemente affermato tanto in dottrina (G. Guizzi, Manipolazione dell'Euribor e nullità dei contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, cit., 40) quanto in giurisprudenza (Trib. Torino, 29 gennaio 2024, cit.) - l'intesa accertata dalla Commissione riguardava «l'acquisizione da parte delle banche cartelliste di un vantaggio competitivo illecito sul mercato dei derivati» ed era specificatamente orientata «ad ottenere un vantaggio rispetto alle proprie controparti in tali contratti, giacché influenzando, con un comportamento manipolativo, il processo di fixing dell'Euribor, le banche cartelliste hanno spostato a loro favore gli equilibri di contratti derivati già conclusi». In altre parole, manca un nesso di consequenzialità tra l'intesa ed i contratti di finanziamento a tasso variabile che assumono l'Euribor come parametro di riferimento (ancora, G. Guizzi, ivi). 

Una ipotesi ricostruttiva

Alla luce di una corretta lettura delle decisioni della Commissione europea, le pratiche collusive sanzionate non erano in alcun modo dirette a favorire le banche nell'erogazione dei mutui a tasso variabile.

Ma se così è, allora, appare davvero un salto logico ritenere che i contratti di mutuo che facciano riferimento al tasso Euribor per la determinazione degli interessi corrispettivi costituiscano contratti «a valle» dell'intesa o della pratica restrittiva: i mutui ipotecari non si presentano, infatti, in alcun modo in collegamento funzionale con la volontà anticompetitiva a monte. Se tale impostazione risulta corretta, dunque, consegue l'impossibilità di predicare una nullità parziale dei contratti di finanziamento e, quindi, una sostituzione automatica della clausola determinativa degli interessi con i soli interessi legali (sul punto, Trib. Milano, 21 febbraio 2024, in Foro it., 2024, 4, I, 1233; in dottrina, G. Guizzi, Manipolazione dell'Euribor e nullità dei contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, cit., 40 secondo il quale, se si tiene presente la natura dell'intesa accertata dalla Commissione che riguarda l'acquisizione da parte delle banche cartelliste di un vantaggio competitivo illecito sul mercato dei derivati, e poi più specificamente orientata ad ottenere un vantaggio rispetto alle proprie controparti in tali contratti, spostando a loro favore gli equilibri di contratti derivati già conclusi, emerge con chiarezza come non ci sia un nesso di consequenzialità tra l'intesa e i contratti di finanziamento a tasso variabile che assumono l'Euribor come parametro di riferimento neppure rispetto alle imprese che hanno realizzato il cartello).

In questa prospettiva, dunque, deve essere offerta una interpretazione restrittiva della conclusione cui erano giunte le Sezioni unite del 2021 (Cass., sez. un., 30 dicembre 2021, n. 41994) allorquando avvertivano, correttamente, che il contratto a valle «costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne gli effetti» (così, G. Guizzi, Manipolazione dell'Euribor e nullità dei contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, cit., 41). Un contratto potrà dirsi «a valle» dell'intesa restrittiva (solo) se costituisce specifica attuazione di tale intesa e ciò presuppone, quanto meno, che il contratto a valle si muova nello stesso perimetro o, meglio, nello stesso settore nel quale si è verificata l'intesa anticompetitiva. Il che, nel caso di specie, non sembra essere avvenuta, in quanto l'intesa illecita, per come accertata dalla Commissione europea, aveva ad oggetto della manipolazione del tasso Euribor nell'ambito dei contratti derivati, mentre i contratti a valle sarebbero costituiti dai contratti di mutuo stipulati dagli istituti di credito (anche quelli estranei alla intesa sanzionata).

Come evidenziato anche nella giurisprudenza di merito, il riferimento, quanto al tasso variabile, al parametro Euribor non è dunque in collegamento esecutivo con l'accertata condotta anti-competitiva, né è diretto a realizzarne gli scopi illeciti e non vi è ragione alcuna per la sanzione di invalidità «derivata». In tale contesto, del resto, la sostituzione dei tassi di interesse convenuti con quelli inferiori ex art. 1284 c.c. ovvero ex art. 117 t.u.b. si tradurrebbe in un ingiustificato vantaggio per il mutuatario ed in un altrettanto ingiustificato pregiudizio ai danni del mutuante, potenzialmente vittima dell'illecito anticoncorrenziale, esattamente al pari della controparte (così, App. Firenze, 15 aprile 2024, in Foro it., 2024, 4, I, 1233 secondo il quale al limite, ove vi fosse prova di una effettiva e misurabile alterazione, in un senso o nell'altro del parametro Euribor (circostanza che nella fattispecie non ricorre in base alle decisioni della commissione), il tasso sostitutivo dovrebbe essere quello convenuto depurato dalla «interferenza manipolatoria», secondo il criterio normativo del «sovrapprezzo», ovvero «la differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il prezzo che sarebbe altrimenti prevalso in assenza di una violazione del diritto della concorrenza»).

Una ulteriore considerazione è poi svolta nell'ordinanza interlocutoria in commento. Si afferma, infatti, che l'Euribor non è il tasso di interesse applicato in contratto, ma un mero indice di mercato impiegato quale fattore di calcolo della misura del tasso di interesse, con la conseguenza che l'accordo contrattuale si forma - e, in tal senso, si obiettivizza - sull'applicazione dell'indice Euribor, così come ufficialmente stabilito e dunque inteso nel suo dato formale, indipendentemente dalla correttezza del procedimento seguito per la sua rilevazione (in dottrina, G. Guizzi, Manipolazione dell'Euribor e nullità dei contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, cit., 43, secondo il quale, in una clausola che stabilisca il saggio degli interessi rapportandolo all'andamento di un determinato parametro, il requisito della determinatezza è pienamente soddisfatto nel momento in cui è oggettivamente determinato il parametro di riferimento, a prescindere da ogni considerazione di quale sia il suo concreto valore: l'esigenza della determinatezza del tasso è soddisfatta dalla univocità del riferimento all'Euribor quale indice per il calcolo degli interessi dovuti; determinatezza che non può essere, allora, messa in discussione da un eventuale successivo accertamento che il valore che quel parametro di volta in volta esprime non costituisce sempre il “vero” prezzo del denaro sul mercato interbancario secondo la legge della domanda e dell'offerta, a causa di una condotta di manipolazione del suo processo formativo. Nel medesimo senso, M.F. Campagna, Osservazioni a valle dell'intesa sull'Euribor, in Foro it., 2024, I, 1421, spec., 1453, secondo il quale l'Euribor è un indice del mercato, ma non è il tasso di interesse del contratto. Contra, A.A. Dolmetta, Euribor manipolato e contratti «a valle». Questioni, cit., 7, secondo il quale non può negarsi che la misura dell'Euribor fissata tempo per tempo sia parte costitutiva del tasso d'interessi pattuito nel contratto «a valle», la relativa clausola risultando, appunto, così eterointegrata, e applicato nel rapporto relativo. Né che si tratti di una componente determinante pure sotto il profilo quantitativo: nella pratica, il parametro euribor funge da componente base della misura del tasso). In altre parole, le parti si limitano a richiamare, volendo guardare realisticamente al tema, non già la complessa formula di calcolo dell'Euribor, plausibilmente ignota al mutuatario, e non di rado forsanche al mutuante, bensì un fatto esterno al contratto che è assunto nel regolamento negoziale nella sua oggettività, per come risultante dal dato numerico ufficiale che ne esprime il significato, ossia il suo valore.

Conclusioni

La rimessione delle questioni ora brevemente trattate al massimo organo nomofilattico appare assai opportuna, potendo l'incertezza interpretativa oggi sussistente, anche nella giurisprudenza di merito, generare un contenzioso infinito.

Ai fini della corretta impostazione del problema occorre muovere, da un lato, da una esatta considerazione delle decisioni della Commissione europea che, nel sanzionare la pratica restrittiva, avevano di mira il mercato dei derivati e non quello dei mutui indicizzati sulla base dell'Euribor e, dall'altra, da una lettura (restrittiva) del precedente rappresentato da Cass., sez. un., 30 dicembre 2021, n. 41994 in materia di fideiussioni omnibus.

Tale ultima decisione ebbe modo di chiarire che i contratti di fideiussione conclusi «a valle» di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a), della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3, della legge citata e dell'art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa vietata - perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti. Come si è visto nel testo, dunque, secondo tale importante intervento nomofilattico, il contratto a valle «costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne gli effetti».

Seppure non possano sottacersi neppure le differenze tra la tematica oggi in esame e quella riguardante lo schema delle fideiussioni omnibus raccomandato dall'ABI alla generalità delle banche aderenti e da queste volontariamente adottato - differenze correttamente poste in evidenza dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale esse riguardano essenzialmente due aspetti: (1) manca l'intervento di un ente esponenziale degli interessi dell'intero ceto bancario; (2) manca altresì una posizione collettiva comune all'intero ceto bancario nei confronti della clientela (così, Trib. Torino, 29 gennaio 2024, cit.) - appare certamente valido l'insegnamento che richiede una qualche conseguenzialità tra l'intesa o la pratica anticoncorrenziale ed i contratti stipulati dagli imprenditori (coinvolti in quella intesa o in quella pratica) al fine di potere in qualche modo «trasferire» su questi ultimi il giudizio di invalidità che caratterizza le prime.

E, alla luce di quanto sopra esposto, in ragione del diverso ambito applicativo delle decisioni della Commissione europea, nel caso di specie, non sembra sussistere la possibilità di trasferire il giudizio di invalidità della pratica anticoncorrenziale alle clausole, previste nei contratti di mutuo, che facevano riferimento all'indice Euribor per la determinazione del tasso di interesse applicabile.

La decisione delle Sezioni unite della Corte di cassazione costituirà, dunque, l'occasione per mettere a fuoco e risolvere numerosi profili che, anche a livello sistematico, si agitano in tale complessa materia.

Guida all'approfondimento

S. Pagliantini, D. Santarpia, Un'aberratio ictus bella e buona: Euribor manipolato e nullità parziale dei contratti indicizzati, in Foro it., 2024, 2, I, 493 (nota a Cass., sez. III, 13 dicembre 2023, n. 34889);

G. Guizzi, Manipolazione dell'Euribor e nullità dei contratti di finanziamento a tasso variabile: “ci risiamo”!, in Riv. dir. banc., 2024, 1, II, 29;

A.A. Dolmetta, Euribor manipolato e contratti «a valle». Questioni, in Riv. dir. banc., 2024, 1, II, 1;

A. Gentili, Sulla tutela del cliente nel ‘contratto a valle' (il caso Euribor), in Riv. dir. banc., 2024, 1, II, 19;

S. Pagliantini, R. Pardolesi, Nullità da Euribor manipolato: alla fiera degli equivoci, in Foro it., 2024, I, 1421 (nota a Cass., 3 maggio 2024, n. 12007);

M.F. Campagna, Osservazioni a valle dell'intesa sull'Euribor, in Foro it., 2024, I, 1421 (nota a Cass., 3 maggio 2024, n. 12007);

S. De Marco, Clausola Euribor e alea contrattuale: presagi di un contenzioso infinito dall'esperienza dell'anatocismo bancario, in Foro it., 2024, I, 1421 (nota a Cass., 3 maggio 2024, n. 12007).

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