Diritto di cronaca: il giudice deve valutare gli «espedienti stilistici»
12 Novembre 2024
Il nome di Tizio veniva citato in un articolo di giornale e accostato ad uno scandalo avente ad oggetto un’operazione “losca” tra società, che aveva visto coinvolti anche numerosi esponenti politici. Sentendosi diffamato, Tizio dapprima esperiva un tentativo di mediazione, che aveva esito negativo, dopodiché instaurava un procedimento per diffamazione, chiedendo la condanna del giornalista che aveva scritto l’articolo al risarcimento danni. Sia il Tribunale che, successivamente, la Corte d’appello competenti avevano rigettato la domanda dell’attore, così questo era ricorso in Cassazione, lamentando l’omessa valutazione da parte della sentenza impugnata della denigrazione indiretta, mediante accostamento e collegamento del suo nome alla vicenda scandalistica. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, sostenendo che, nel caso di specie, l’articolo giornalistico non avesse accertato la verità oggettiva, ma ne avesse meramente insinuato in modo suggestivo l’illiceità. Di conseguenza, secondo la Corte, l’accostamento del nome di Tizio a dette vicende con attribuzione di un ruolo non marginale era suscettibile di recare nocumento alla reputazione di Tizio, essendo il suo nome avvicinato a fattispecie di cui si postulava la rilevanza penale, pur essendo egli del tutto estraneo ad esse. Difatti, il giudice di legittimità ha affermato il seguente principio di diritto: «L’esercizio del diritto di cronaca può ritenersi legittimo quando sia riportata la verità oggettiva (o anche solo putativa) della notizia, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca dei fatti esposti (il cui onere probatorio, in sede processuale, grava sul giornalista, unitamente a quello del riscontro delle fonti utilizzate) … a questo fine, pertanto, il giudizio di liceità sull’esplicazione del diritto di cronaca non può limitarsi ad una valutazione degli elementi formali ed estrinseci, ma deve estendersi anche ad un esame dell’uso di espedienti stilistici, che possono trasmettere al lettore, anche al di là di una formale – ed apparente – correttezza espositiva, giudizi negativi sulla persona che si mira a mettere in cattiva luce, per cui, in definitiva, ogni accostamento di notizie vere può considerarsi lecito se esso non produce un ulteriore significato che le trascenda e che abbia autonoma attitudine lesiva». |