Subentro nell’appalto: in assenza di significativi elementi di discontinuità rispetto all'azienda uscente si configura un trasferimento d’azienda
23 Dicembre 2024
Massima Ai sensi del novellato art. 29 comma 3 d.lgs. 276/2003, l'acquisizione di personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa non integra il trasferimento d'azienda, e dunque l'applicazione della disciplina di maggior tutela dettata dall'art. 2112 c.c., allorquando il complesso degli elementi organizzativi e produttivi introdotti nell'appalto da parte del subentrante è caratterizzato da novità tale da interrompere il nesso funzionale di interdipendenza e complementarietà precedentemente sussistente tra i fattori della produzione che consentivano l'esecuzione dell'appalto. Il caso Quando il cambio d'appalto integra trasferimento d'azienda? A seguito del subentro di una società in appalto avente ad oggetto servizi di vigilanza, accoglienza e portierato presso l'Agenzia delle Entrate di Bologna, una lavoratrice impiegata presso detto appalto passa alle dipendenze della subentrante a condizioni retributive differenti rispetto a quelle pregresse: ricorre in giudizio per chiedere l'applicazione della più favorevole disciplina del trasferimento d'azienda nonché la conseguente condanna della subentrante al pagamento di differenze retributive risultanti dal mantenimento del contratto collettivo già in essere presso il precedente datore di lavoro. Il Tribunale rigetta le sue istanze, ma la Corte d'Appello di Bologna riforma la pronuncia di primo grado, qualificando la fattispecie quale trasferimento d'azienda e, di conseguenza, ritenendo l'applicabilità dell'art. 2112 c.c. In particolare la Corte d'Appello, rilevando che l'art. 29 comma 3 d.lgs. n. 276/2003, come novellato dall'art. 30 L. 122/2016, consente di escludere le tutele di cui all'art. 2112 c.c. solo quando l'impresa subentrante presenti elementi di discontinuità rispetto all'impresa uscente, ritiene che la società subentrante non avesse apportato tali componenti, in quanto si era limitata ad adottare nuove divise di lavoro e cartellini di riconoscimento. Pertanto la Corte d'Appello ritiene legittimo mantenere il contratto collettivo nazionale già in essere presso il precedente appaltatore e, in base a ciò, condanna la società alla corresponsione di differenze retributive. La società subentrante propone ricorso per Cassazione per i seguenti motivi:
La Corte di Cassazione respinge il ricorso. Le questioni Quali sono gli elementi di discontinuità di cui all'art. 29 d.lgs. 276/2003? Quali sono gli elementi di discontinuità che l'azienda subentrante deve introdurre affinché la fattispecie sia qualificabile come cambio d'appalto e non quale trasferimento d'azienda? Le soluzioni giuridiche La ratio della novella legislativa del 2016 Come noto, a seguito della riforma dell'art. 29 comma 3 d.lgs. 276/2003, intervenuta dopo che la Commissione Europea aveva riscontrato un contrasto fra la direttiva 2001/23/CE e la giurisprudenza italiana, ritenuta eccessivamente restringente rispetto all'applicabilità delle tutele di cui all'art. 2112 c.c., i confini fra cambio d'appalto di servizi e trasferimento d'azienda sono più netti. In particolare la norma, nella sua formulazione originaria, prevedeva l'esclusione dell'applicabilità della disciplina del trasferimento d'azienda in caso di cambio d'appalto tout court; in seguito il legislatore ha introdotto quella che la sentenza oggetto del commento definisce una “presunzione di operatività dell'art. 2112 c.c.” per cui la successione nell'appalto di servizi integra trasferimento d'azienda a meno che il subentrante non abbia introdotto degli elementi di discontinuità significativi rispetto alla società uscente, volti a comprovare che non si sia verificato un passaggio di elementi materiali e immateriali tali da consentire la continuità dell'attività. Letteralmente, il nuovo comma 3 dell'art. 29 richiamato recita che “L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda”. La Corte esamina congiuntamente i motivi di ricorso e, nel motivarne il rigetto, rammenta che la ratio della riforma è quella di dare priorità alla continuità della tutela dei diritti dei lavoratori. Specifica, inoltre, che la nuova disposizione determina un'inversione dell'onere della prova rispetto agli elementi di discontinuità, incombente sulla parte che la nega, individuata generalmente nell'imprenditore. La Corte prosegue rilevando che una fattispecie integra cambio d'appalto quando si verifica la sostituzione dell'appaltatore nell'esercizio dell'attività oggetto di appalto, senza che si verifichi altresì un trasferimento di elementi di beni materiali e/o immateriali che siano rilevanti per l'attività stessa. In altre parole, l'appaltatore subentrante deve possedere una struttura organizzativa e produttiva autonoma e assumersene i relativi rischi d'impresa, il che non ricorre quando permangono i medesimi mezzi, beni e rapporti giuridici finalizzati all'esercizio stabile e continuativo dell'attività economica. È essenziale considerare il complesso delle circostanze che caratterizzano l'operazione, ovverosia il tipo di impresa, la cessione degli elementi materiali, il valore degli elementi immateriali al momento della cessione, la riassunzione del personale, il trasferimento della clientela, il grado di analogia delle attività esercitate prima e dopo la cessione, l'eventuale sospensione delle attività. Quanto a dire che se l'attività prosegue in condizione di totale o quasi autonomia operativa, senza che il soggetto subentrante modifichi o integri alcunché, allora trattasi di trasferimento d'azienda o di ramo d'azienda e non di cambio d'appalto. Nel caso concreto, la Cassazione ha giudicato né rilevante né significativo il fatto che la società subentrante abbia adottato nuove divise da lavoro e cartellini di riconoscimento. Osservazioni Altri casi concreti Pare dunque che, a fronte della genericità della lettera della legge, sia la giurisprudenza (anche europea, abbondantemente richiamata da quella nazionale) a colmare di significato l'espressione “elementi di discontinuità”. Si esamini, ad esempio e sempre in tema di portierato (settore tipicamente ad alta intensità di manodopera), la sentenza del 24 settembre 2024 con la quale il Tribunale di Trento ha accertato che l'avvicendamento fra gli appaltatori ha effettivamente integrato un trasferimento d'azienda in quanto la nuova impresa ha assunto il personale precedentemente impiegato presso l'appalto proseguendo l'attività con modalità organizzative sostanzialmente identiche. Il Tribunale ha statuito che la verifica in ordine all'identità o diversità tra le attività esercitate da uscente ed entrante non può risolversi in una comparazione fra le prestazioni svolte prima e dopo l'avvicendamento fra gli imprenditori, ma deve consistere in una valutazione delle loro conseguenze in conformità alla direttiva in materia (direttiva n. 23 del 2001) e alla sua ratio, ovverosia quella di garantire la continuità dei rapporti di lavoro esistenti nell'ambito di un'entità economica, indipendentemente dal mutamento del proprietario. Anche considerato che la maggior parte dei lavoratori sono stati riassunti, che le attività presso l'appalto sono proseguite senza soluzione di continuità e che si è verificato il passaggio dei beni patrimoniali strumentali all'esercizio delle mansioni (quali gli immobili, il mobilio e la strumentazione messi a disposizione dal committente), il Tribunale ha qualificato il caso come trasferimento d'azienda: dunque, i contratti di lavoro sono stati trasferiti alla nuova appaltatrice ai sensi dell'art. 2112 c.c., garantendo ai dipendenti continuità di diritti. Inoltre, il Tribunale ha annullato i licenziamenti collettivi intimati ai dipendenti dall'impresa uscente, considerandoli non giustificati poiché motivati dal trasferimento, evento che di per sé non può costituire giustificato motivo di recesso (come disposto dall'art. 2112 comma 4 c.p.c). Infine, il Giudice ha stabilito che la società subentrante dovrà rispettare il trattamento economico in vigore al momento del trasferimento, compensando le differenze retributive rispetto al CCNL applicato, in ossequio alla normativa di riferimento. Passando ad altro settore (quello della ristorazione) si veda invece la recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 19977 del 19.07.2024. In particolare con tale provvedimento la Cassazione, di fatto qualificando la fattispecie oggetto di causa come trasferimento d'azienda, rammenta che ai fini della configurazione del trasferimento d'azienda non è necessario che fra i due appaltatori vi sia un rapporto contrattuale (il che è tipico nelle ipotesi di successione nell'appalto di servizi, ove è il committente che stipula il contratto d'appalto dapprima con l'appaltatore uscente e, cessato tale rapporto giuridico, con l'imprenditore subentrante): è sufficiente, dunque, che si parli di una successione in senso ampio. Inoltre, la Cassazione evidenzia che il fatto che il nuovo appaltatore utilizzi i mezzi e i beni messi a disposizione dal committente nonché la presenza di clausola sociale di riassorbimento (che impone dunque la riassunzione dei lavoratori impiegati presso l'appalto) non escludono che la fattispecie costituisca trasferimento d'azienda sempre che, come detto, siano presenti elementi di continuità fra l'entità economica dell'appaltatore uscente e di quella del subentrante. La Cassazione precisa, peraltro, che la decisione del giudice del merito ha fondato la sussunzione del caso concreto alla disciplina di cui all'art. 2112 c.c. sulla continuità del servizio appaltato, piuttosto che sulla “misura dell'intensità di manodopera nel caso di specie”. In altre parole, ciò che importa ai fini della tutela ex art. 2112 c.c. è che nella successione fra gli appaltatori si verifichi un vero e proprio trasferimento dell'entità economica del primo al secondo, di modo che tale entità nell'operazione conservi la propria identità, sia che, trattandosi di attività che per sua natura richiede l'utilizzo di rilevanti beni materiali, tale complesso strutturato di beni venga acquisito dall'imprenditore entrante, sia che trattandosi di attività cd. labour intensive, ad essere trasferito sia l'insieme dei lavoratori, dotato di autonoma capacità organizzativa e operativa (e quindi di specifico know-how). Nel caso concreto la Corte esclude che l'introduzione di nuovi piatti nel menu, la riduzione dei fornitori, la razionalizzazione dell'approvvigionamento, l'aumento delle ore lavorative, il coordinamento dell'attività e la differente ripartizione dei turni, possano costituire elementi di discontinuità considerandoli, viceversa, mere migliorie al servizio. In conclusione, dalla disamina della giurisprudenza citata, si evince che, in particolare per determinati settori caratterizzati da un significativo impiego di forza lavoro, è demandato ai giudici il compito di individuare caso per caso gli elementi di discontinuità che consentono di escludere l'applicazione della disciplina dettata dall'art. 2112 c.c., con quella che pare una perigliosa compressione della libertà economica degli imprenditori. |