Il ruolo del commissario giudiziale nel PRO: un tentativo di analisi differenziale con il concordato preventivo

02 Gennaio 2025

Seppure il “PRO” sia principalmente disciplinato dalle norme del concordato preventivo, la mancanza dello spossessamento attenuato comporta che il ruolo del commissario giudiziale sia più critico, comportando una maggiore attività di verifica sugli atti dell’imprenditore. Particolare attenzione deve altresì essere prestata ai criteri di formazione delle classi ed all’eventuale rappresentazione dell’alternativa liquidatoria.

Sintesi delle caratteristiche principali dello strumento

Con il d.lgs. n. 83/2022 il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza è stato arricchito di un nuovo strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza. Si tratta del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (“PRO”).

La disciplina del PRO è contenuta negli articoli dal 64-bis al 64-quater c.c.i.i., con richiami alquanto significativi a norme della disciplina concordataria “in quanto compatibili”. Tra le caratteristiche che accomunano entrambi gli istituti, e che assume maggiore rilievo in questa sede, vi è la nomina obbligatoria del commissario giudiziale, anche nel caso in cui la domanda venga presentata ai sensi dell'art. 44 c.c.i.i., ossia con riserva di successivo deposito del piano e della proposta definitiva. Ciononostante, nei pochi articoli dedicati al PRO sono altresì presenti significative differenze tra i due strumenti, che impattano, direttamente o indirettamente, sul ruolo del commissario.

Vista la novità dello strumento ed il suo poco utilizzo ad oggi, ricordiamo che le sue principali caratteristiche sono:

  1. la obbligatoria suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;
  2. la libera distribuibilità del “valore generato dal piano” (art. 64-bis, comma 1, c.c.i.i.), anche in deroga agli art. 2740 e 2741 c.c. (e quindi agli art. 2777 e ss. c.c.), fatta eccezione per i creditori privilegiati ex art. 2751-bis n. 1 c.c. In questo contesto, infatti, il PRO è stato introdotto per rispondere all'interrogativo su quale possa essere il contenuto del piano che il debitore propone ai creditori quando ipotizzi di poter ottenere l'unanimità di voto delle classi e, pertanto, non debba ricorrere alla regola della ristrutturazione trasversale prevista dall'art. 11 della direttiva (UE) 2019/1023 cross class cram down) recepita nell'ordinamento italiano all'art. 112 c.c.i.i. in tema di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale;
  3. l'approvazione unanime da parte di tutte le classi formate in base alla specifica disciplina del PRO (maggioranza dei crediti ammessi al voto – ossia il 50% + 1 centesimo di euro –, oppure, in mancanza, i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché votino almeno il 50% dei crediti della medesima classe). L'unanimità delle classi rappresenta la condizione che legittima la distribuzione del valore in modo totalmente libero, ferma la tutela del creditore dissenziente di cui infra;
  4. nessuno “spossessamento attenuato”, previsto storicamente nella disciplina del concordato preventivo, ma mantenimento della gestione ordinaria e straordinaria in capo all'imprenditore, seppure nell'interesse prioritario dei creditori;
  5. una disciplina degli atti di straordinaria amministrazione e dei pagamenti non coerenti con il piano di ristrutturazione dettata sulla falsariga di quella della composizione negoziata di cui all'art. 21 c.c.i.i., con il ruolo dell'esperto che viene tuttavia ricoperto dal commissario giudiziale.

La vicinanza all'istituto del concordato preventivo

Il PRO, nonostante preveda un procedimento principalmente disciplinato dalle norme dettate in materia di concordato preventivo, vede una caratteristica che lo accomuna indiscutibilmente agli accordi di ristrutturazione, ossia la possibilità di distribuire le risorse a servizio del piano senza seguire le norme sulle legittime cause di prelazione, neppure nella forma attenuata della relative priority rule, purché vi sia l'approvazione unanime delle classi. Tuttavia, al principio di negoziazione presente negli accordi di ristrutturazione, si sostituisce la caratteristica tipica del concordato preventivo, ossia la presenza di un'unica proposta che diventa coattiva anche per i non aderenti laddove si raggiunga l'unanimità delle classi. Invero, in questo contesto, il PRO si colloca in una posizione intermedia tra il concordato preventivo, da cui si distanzia per l'assenza di una regola distributiva del valore, e l'accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa, da cui si distanzia in quanto non impone il soddisfacimento integrale dei creditori estranei e non deriva da un processo adesivo, bensì da quello deliberativo secondo le proprie regole.

L'unica tutela a favore dei creditori dissenzienti è quella contenuta all'art. 64-bis, comma 8, c.c.i.i., laddove è previsto che un creditore dissenziente possa eccepire il difetto di convenienza della proposta; in tal caso, il tribunale procede comunque all'omologa purché il suo credito risulti soddisfatto dalla proposta in misura non inferiore a quanto potrebbe ricevere in caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data della domanda di omologazione. Si tratta, tuttavia, di un limite di omologabilità del PRO e non di un limite di ammissibilità come nel concordato preventivo, ove il creditore privilegiato non può ricevere meno di quanto ricaverebbe dalla liquidazione del cespite cui è annessa la garanzia; ciò si desume dal mancato richiamo agli artt. 84, comma 5, e 87, comma 3, c.c.i.i.

La circostanza per cui risulta mancante, nel PRO, una norma analoga all'art. 84, comma 5, c.c.i.i. dettata in materia di concordato preventivo – secondo cui la proposta di concordato deve essere confezionata, pena inammissibilità della stessa ex art. 47 c.c.i.i., in modo tale da attribuire ai creditori privilegiati almeno il valore di liquidazione della pretesa – potrebbe rappresentare un elemento che distingue il PRO dal concordato preventivo in continuità aziendale approvato da tutte le classi. Interpretando tale norma in termini di condizione di ritualità/ammissibilità della proposta, ne discende che il ricorrente potrebbe proporre con il PRO ad un creditore privilegiato, senza incorrere nel rischio di irritualità/inammissibilità, anche una soddisfazione inferiore rispetto a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale. Tuttavia, come detto, ciò non sottrae il creditore (dissenziente) dalla possibilità di proporre opposizione in sede di omologazione per far valere la sua pretesa (individuale) sul valore di liquidazione eccependo il difetto di convenienza della proposta.

La vicinanza genetica all'istituto concordatario è evidente anche dalla disciplina della conversione del PRO in concordato preventivo di cui all'art 64-quater c.c.i.i., per i casi in cui il debitore si rende conto che possa non ottenere, o già sa che non ha ottenuto, l'approvazione unanime delle classi, prevedendo quindi la possibilità di convertire la propria domanda in concordato.

Da tale somiglianza con lo strumento del concordato deriva ovviamente che il ruolo del commissario giudiziale nel PRO sia in larga parte sovrapponibile a quello ricoperto nel concordato preventivo, con l'eccezione delle conseguenze derivanti dalla specificità dello strumento, principalmente individuabili nella mancanza di spossessamento attenuato, e altre particolarità che possono influire parzialmente sul ruolo della professionista nominato dal tribunale.

D'altronde, per la figura del commissario si applica l'espresso rimando all'art. 92 c.c.i.i.disciplinante il ruolo dello stesso nel concordato preventivo, che i) è pubblico ufficiale, ii) vede l'applicazione delle norme relative al curatore per la nomina, l'accettazione, il reclamo contro i suoi atti, i casi di revoca e sostituzione, iii) svolge attività di vigilanza sul debitore e fornisce informazioni ai creditori per la presentazione di offerte concorrenti, nonché affianca il debitore nella negoziazione del piano che preveda la continuità aziendale, in caso di domanda con riserva, iv) comunica senza ritardo al PM i fatti rilevanti ai fini delle indagini preliminari in sede penale e di cui viene a conoscenza nello svolgimento delle sue funzioni.

Ai fini delle funzioni espletate dal commissario si ritiene utile procedere alla suddivisione per fasi.

Il ruolo del commissario giudiziale nella fase con riserva

La domanda di ammissione è presentata nelle forme dell'art. 40 c.c.i.i., fatta salva la possibilità di richiedere l'accesso con riserva ex art. 44 c.c.i.i. In tal caso il tribunale nomina il commissario giudiziale affinché riferisca sugli eventuali atti in frode ai creditori non dichiarati in domanda, ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore che possano pregiudicare una soluzione efficace della crisi. Tale disposizione non lascia spazio ad alcuna interpretazione, confermando che, in caso di presentazione della domanda con riserva, la nomina del commissario giudiziale è obbligatoria. Invero, tale obbligatorietà si rinviene altresì dalla previsione di cui alla lett. c) della medesima disposizione, che, in tema di obblighi informativi, prevede che il procedimento si svolga «sotto la vigilanza del commissario giudiziale». Invero, in questa fase il commissario vigila anche sull'adempimento degli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all'attività compiuta ai fini della predisposizione del piano di ristrutturazione, e può segnalare quei comportamenti che giustificano la revoca del provvedimento di cui all'art. 44, comma 2, c.c.i.i.

È già in questa fase che si esemplifica una delle principali differenze tra la disciplina del concordato preventivo rispetto a quella del PRO:

  1. nel PRO la gestione sia ordinaria che straordinaria resta completamente nelle mani dell'imprenditore, pur se la stessa deve essere orientata all'«interesse prevalente dei creditori» (art. 64–bis, comma 5, c.c.i.i.), con conseguente responsabilità per gli atti compiuti che si rivelino pregiudizievoli. Gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti non coerenti rispetto al piano di ristrutturazione devono essere segnalati al commissario, in sostanziale analogia a quanto previsto nella composizione negoziata con l'esperto (art. 21 c.c.i.i.). Il commissario giudiziale, una volta ricevuta l'informativa, qualora ritenga che l'atto possa arrecare pregiudizio ai creditori o non sia coerente rispetto al piano, è tenuto a segnalarlo all'organo amministrativo e, ove nominato, all'organo di controllo. La ratio di tale disposizione si rinviene nel tentativo di dissuadere l'imprenditore dal porre in essere l'atto. Nel caso in cui il debitore, nonostante la segnalazione, ritenga di compiere l'atto, il commissario giudiziale, anziché provvedere a iscrivere il proprio eventuale dissenso nel Registro delle imprese come nella composizione negoziata, lo segnala al tribunale «ai fini di cui all'articolo 106» (art. 64-bis, comma 6), ossia per l'apertura del procedimento di revoca. Le conseguenze della mancata ottemperanza alle indicazioni del commissario giudiziale sono, pertanto, molto più gravi nel PRO rispetto a quelle previste in caso di composizione negoziata. L'esperto, infatti, può annotare il proprio dissenso sul Registro delle imprese con conseguenze soltanto reputazionali per l'imprenditore, mentre l'informativa del commissario giudiziale al tribunale può determinare la revoca dell'ammissione alla procedura e, ove siano pendenti istanze in tal senso, l'apertura della liquidazione giudiziale;
  2. nel concordato invece si attua il c.d. “spossessamento attenuato”: l'imprenditore conserva la gestione ordinaria dell'impresa, ma gli atti straordinari sono inefficaci se non previamente autorizzati dal giudice delegato o dal tribunale, e possono costituire causa di revoca.

Si assiste quindi ad un'inversione sull'efficacia degli atti di straordinaria amministrazione: anziché essere privi di efficacia ab origine in mancanza di autorizzazione, lo sono nella misura in cui il commissario ha prima segnalato per iscritto il rischio di pregiudizio, previa disclosure circa l'atto da parte dell'imprenditore stesso, e poi informato il tribunale per disporre la revoca della procedura (sul punto cfr. D. Portinaro, I controlli del commissario giudiziale sulla gestione dell'impresa nel PROe, in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista).

Se è chiaro l'intento del legislatore di congegnare una procedura più snella e priva di vincoli, è altresì chiaro che il commissario sostituisca, non senza significative criticità, il tribunale nel regime autorizzativo degli atti di straordinaria amministrazione, in quanto spetta a tale figura il compito di rilevare il pregiudizio, con conseguenze superiori rispetto a quelle della composizione negoziata. Infatti, la norma contenuta all'art. 64-bis, comma 6, c.c.i.i. non sembra lasciare alternative all'apertura di un procedimento ex art. 106 c.c.i.i. per la revoca dell'atto, con tutti gli adempimenti in tale articolo richiesti. Laddove la revoca sia effettivamente dichiarata, è ragionevole ritenere l'inefficacia di tali atti, pur se si entra in un campo attualmente inesplorato. Si potrebbe ritenere che, in caso di revoca o di diniego di omologazione, non si produca l'effetto esonerativo per le azioni revocatorie ex art. 166, comma 3, lett. e), c.c.i.i.; se, invece, nonostante il dissenso del commissario giudiziale, il procedimento prosegue e giunge all'omologazione, il dissenso non impedisce, di per sé, l'effetto esonerativo. Invero, tale effetto riguarda unicamente gli atti compiuti in esecuzione del piano omologato e non anche quelli compiuti nel periodo compreso tra la domanda e il provvedimento di omologazione, a differenza del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, in virtù del diverso regime autorizzativo.

Sempre sul punto autorevole dottrina, segnalando la lacuna normativa e riferendosi anche agli atti non segnalati al commissario giudiziale, ritiene possa trattarsi di atti efficaci ma privi della prededucibilità (Panzani, Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, in Ristr. Aziend.), e certamente revocabili in forza del contenuto dell'art. 166, comma 3, lett. e), c.c.i.i.

Ad ogni modo, la principale criticità nel ribaltamento del regime di efficacia degli atti di straordinaria amministrazione (e dei pagamenti non coerenti con il piano) si ravvisa nel comportamento tenuto dall'imprenditore: laddove sia trasparente, il potere dissuasivo del commissario e la sua funzione di presidio dei creditori (e del tribunale) potranno essere efficaci, mentre in caso di comportamenti omissivi da parte del debitore la funzione del commissario rischia di essere inefficace, nonché apre una seria criticità sulla sorte di tali atti, come sopra esposto. Peraltro, ulteriore problematica nella funzione svolta dal commissario è che in tale fase una bozza di piano potrebbe non essere ancora stata predisposta, comportando difficoltà a esprimere una valutazione sulla coerenza dell'atto o del pagamento e sull'opportunità di compierlo.

Non si può non sottolineare, peraltro, che, seppur il regime di assenso/dissenso sia mutuato dalla composizione negoziata della crisi, restano evidenti i netti confini di demarcazione tra le figure dell'esperto e del commissario; il primo è figura terza e indipendente rispetto alle parti e dovrebbe svolgere il ruolo di facilitatore nella composizione, mentre il secondo viene nominato dal tribunale, con ovvie conseguenze in termini di obblighi fiduciari nei confronti dell'organo nominante e di conseguenze derivanti dalla sua figura di pubblico ufficiale, con particolare riguardo anche ai doveri di segnalazione al PM. La nuova disciplina dettata in materia di concordato preventivo prevede che il commissario affianchi il debitore e i creditori nella negoziazione del piano formulando, ove occorra, suggerimenti per la sua redazione, come previsto all'art. 92, comma 3, c.c.i.i. richiamato dall'art. 64-bis, comma 9, c.c.i.i.; tuttavia, tale norma sembra essere stata più introdotta per evitare che l'individuazione di macro-criticità risulti tardiva e ostativa nella riuscita dello strumento individuato per la risoluzione della crisi. Invero, la previsione di tale potere, seppur rispondente alla prescrizione recata dall'art. 5, par. 3, della Direttiva Insolvency, non deve generare da parte del commissario giudiziale alcuna ingerenza nella conduzione dell'impresa e nelle scelte gestionali durante la fase che conduce alla predisposizione del piano di ristrutturazione. In ogni caso, il richiamo operato dall'art. 64-bis c.c.i.i. giustifica l'attribuzione al commissario giudiziale anche nel piano soggetto ad omologazione del compito di facilitatore, a condizione naturalmente che la domanda ipotizzi la prosecuzione dell'attività d'impresa.

Si segnala altresì che, in forza del richiamo dell'art. 49, comma 3, lett. f), il tribunale autorizza il commissario giudiziale ad acquisire la medesima documentazione prevista nel caso di apertura di concordato preventivo (e liquidazione giudiziale); tale documentazione ha un evidente contenuto precettivo che genera a carico del commissario giudiziale un preciso obbligo di attivazione, consentendo allo stesso  di riferire più compiutamente sulla condotta del debitore e sull'eventuale sussistenza di atti in frode o pagamenti non coerenti.

Il ruolo del commissario giudiziale nella fase di ammissione 

L'art. 64-bis, comma 4, c.c.i.i. dispone che, a seguito della presentazione del ricorso per l'ammissione al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, il tribunale valuta la «mera ritualità della proposta» e verifica «la correttezza dei criteri di formazione delle classi», procedendo poi, in caso di esito positivo, alla nomina del giudice delegato e del commissario giudiziale, anche confermando quello eventualmente nominato durante la fase con riserva, nonché adotta i provvedimenti di cui alle lett. c) e d) del secondo comma dell'art. 47 c.c.i.i., che riguardano, rispettivamente, l'attività propedeutica alla votazione e la costituzione del fondo spese.

L'art. 64-bis, comma 4, c.c.i.i., che disciplina nel PRO quanto previsto dall'art. 47, comma 1, per l'ammissione del ricorso nel concordato preventivo, non menziona l'acquisizione del parere del commissario giudiziale già nominato nella fase con riserva. Non è noto se tale mancanza sia ascrivibile ad un difetto di coordinamento ovvero ad una chiara intenzione del legislatore. Poiché i requisiti del piano della «non manifesta inattitudine» a raggiungere gli obiettivi prefissati in uno scenario liquidatorio o della non «manifesta inidoneità della proposta del debitore alla soddisfazione dei creditori» in caso di continuità aziendale possono scorgersi anche con riferimento al PRO, è ragionevole ritenere che il tribunale richieda il parere del commissario già nominato per la fase prenotativa, circostanza che appare confermata da alcuni decreti di ammissione (es. Trib. Prato 7 giugno 2023, ove si legge che il commissario giudiziale ha rilasciato un parere positivo «in merito all'ammissibilità della proposta avendone riscontrata una fattibilità prima facie dell'annesso piano che, ai sensi dell'art. 7 c.c.i.i., non appare manifestatamente inadeguato a raggiungere gli obiettivi prefissati»; Trib. Modena 26 luglio 2023, ove si evince che, in sede di concessione dei termini per l'integrazione del piano e della proposta, il tribunale dà atto di aver «letto il parere del Commissario giudiziale», nonché di aver ricevuto parere favorevole del commissario giudiziale in ordine alla richiesta di proroga delle misure protettive; Trib. Modena 3 luglio 2024, ove si evince, in sede di provvedimento di ammissione, il rilascio del parere favorevole da parte del commissario giudiziale; Trib. Brescia 25 luglio 2024, ove si legge che il «commissario giudiziale ha espresso parere positivo all'apertura della procedura», oltre che aver espresso parere favorevole in ordine all'autorizzazione a contrarre un finanziamento prededucibile).

Nella fase di ammissione si palesa uno dei passaggi critici per la riuscita dello strumento, ossia la verifica da parte del tribunale della correttezza dei criteri di formazione delle classi, nonché della “mera ritualità” della proposta. Difatti, se lo scoglio principale per l'omologa del PRO è rappresentato dall'approvazione da parte di tutte le classi, è quantomai opportuna l'adeguata verifica in questa fase dei criteri di formazione delle stesse, onde evitare fenomeni di premeditata composizione non omogenea delle stesse al precipuo fine di ottenere la maggioranza in ogni classe (c'è chi sul punto ha utilizzato più che opportunamente il concetto di gerrymandering: cfr. Lerner G. e Bottai L.A., Prime applicazioni del PRO: la realtà supera le attese, in dirittodellacrisi.it). Sul punto appare quanto mai opportuno rimandare al decreto del 28 febbraio 2024 di apertura di una procedura di PRO da parte del tribunale di Monza (commentato in IUS Crisi d'impresa (ius.giuffrefl.it) - ilfallimentarista da Tamborino, I poteri del tribunale nel “PRO”. Controllo di ritualità e controllo di fattibilità; si rimanda altresì, sempre su questo portale, a Bosticco, Obbligatorietà e funzione della formazione delle classi dei creditori nel Concordato Preventivo e nel PRO), che a sua volta cita sul punto l'ordinanza della Cass. civ., sez. I, 16 aprile 2018, n. 9378, sull'analisi del concetto di omogeneità giuridica ed economica.

Laddove sia richiesto un parere prodromico all'ammissione al commissario già nominato, è allora opportuno soffermarsi principalmente sulla non manifesta inattuabilità del piano e sui criteri di formazione delle classi, ben enucleati nella richiamata ordinanza, oltre ovviamente sulla completezza documentale. Su tale ultimo punto si ricorda che, in base al rimando presente all'art. 64-bis, comma 9, c.c.i.i., la documentazione da depositare è la stessa prevista per il concordato preventivo all'art. 87, comma 1, c.c.i.i.

Il ruolo del commissario giudiziale nella fase successiva all'ammissione

Fermo restando che in vigenza della procedura continua ad applicarsi il regime di gestione dell'impresa analizzato nella fase con riserva, la fase di ammissione non presenta ulteriori differenze significative rispetto alla disciplina del concordato.

In virtù dei rimandi contenuti nell'art. 64-bis, comma 9, c.c.i.i., ai fini delle incombenze del commissario si applicano le norme riguardanti il regime delle proposte concorrenti (art. 90 c.c.i.i.), delle offerte concorrenti (art. 91 c.c.i.i.), pubblicità del decreto (art. 93 c.c.i.i.), contratti con la pubblica amministrazione (art. 95 c.c.i.i.), finanziamenti prededucibili (art. 99 c.c.i.i.) in quanto compatibili. La disciplina dei finanziamenti prededucibili deve essere coniugata in virtù del particolare regime gestorio previsto nel PRO; pertanto, è ragionevole ritenere che con riferimento ai finanziamenti prededucibili sia di competenza del tribunale l'autorizzazione a contrarre gli stessi e che l'assenso del commissario non possa surrogarsi a quest'ultimo. Ne discende che eventuali finanziamenti stipulati dall'imprenditore in mancanza di autorizzazione dovrebbero essere efficaci ma non prededucibili.

Si applicano altresì integralmente le norme sui provvedimenti immediati (annotazione sulle scritture contabili, convocazione dei creditori, operazioni e relazione del commissario e gli atti in frode). 

In virtù del richiamo operato dall'art. 64-bis, comma 7, c.c.i.i. le operazioni di voto si svolgono con le medesime modalità organizzative previste nel concordato preventivo; il voto viene espresso dopo che il commissario giudiziale ha depositato la propria relazione ex art. 105 c.c.i.i. e dopo lo scambio incrociato tra creditori, debitore e commissario giudiziale, ai sensi dell'art. 107 c.c.i.i..

Nella relazione il commissario dovrà anche esprimere un proprio giudizio sulle utilità apportabili in caso di liquidazione giudiziale, ed il passaggio rischia di essere quanto mai critico: sulla base di tale giudizio prognostico ragionevolmente si misurerà l'unica tutela esercitabile dai creditori dissenzienti di cui all'art. 64-bis, comma 8, c.c.i.i., di cui sopra. Risulta allora chiaro che, non essendo richiesto all'attestatore di esprimersi sulla non deteriorità di trattamento ricevuto dai creditori, in un'ottica di informativa completa ai creditori, potrebbe risultare opportuna, se non doverosa, una simulazione sull'ipotetico trattamento che riceverebbero i creditori in caso di liquidazione giudiziale, anche per mettere in pre-allarme il debitore sul rischio di non ottenere l'approvazione da parte di tutte le classi e quindi sull'opportunità di virare sullo strumento concordatario in base all'art. 64-quater c.c.i.i.

Qualora un creditore dissenziente dovesse contestare la richiesta di omologazione mediante la presentazione di un'opposizione entro dieci giorni antecedenti all'udienza fissata, il ruolo del commissario giudiziale è quello di depositare il proprio parere finale entro cinque giorni dall'udienza medesima, in coerenza con quanto previsto nell'ambito del concordato preventivo.

Infine, un tema che si è posto in dottrina e giurisprudenza concerne la possibilità di ricorrere al PRO esclusivamente in funzione del risanamento in continuità aziendale oppure se anche in funzione della liquidazione del complesso aziendale di un'impresa decotta. Tale questione rileva in questa sede in quanto permette di valutare l'eventuale possibilità di attribuire al commissario giudiziale anche poteri liquidatori, in luogo della nomina giudiziale di un liquidatore. Sul tema è intervenuto Trib. di Vicenza 17 febbraio 2023 che, con il provvedimento di omologazione del PRO, ha nominato un commissario giudiziale cui ha attribuito ab initio, all'occorrenza, anche il ruolo cumulativo di eventuale liquidatore. Si tratterebbe, a tutti gli effetti, di un forte distacco rispetto alla disciplina del concordato preventivo (sia in continuità sia liquidatorio), ove non è mai consentito di riconoscere poteri liquidatori al commissario giudiziale (artt. 114 e 114-bis c.c.i.i.). Sul punto, si è altresì espresso Trib. Modena 24 ottobre 2023 (provvedimento emesso prima del d.lgs. n. 136/2024), che, in sede di procedimento competitivo volto alla vendita del complesso immobiliare a fronte di una offerta irrevocabile pervenuta al debitore, ha disposto “la vendita competitiva del complesso immobiliare , demandando al Commissario giudiziale i compiti di liquidazione, da porre in esecuzione previa informativa al Giudice delegato”.

Conclusioni

Il PRO è uno strumento nuovo nel panorama della legislazione concorsuale italiana. L'istituto, per espresso rimando normativo, è principalmente disciplinato dalle norme del concordato preventivo, dove, pertanto, vengono dettagliati i doveri e le responsabilità del commissario giudiziale. Tuttavia, nel PRO si assiste ad un'inversione del regime di efficacia degli atti di straordinaria amministrazione, in quanto la gestione ordinaria e straordinaria resta integralmente in capo all'imprenditore, cui incombono solo obblighi informativi verso il commissario. La disciplina dell'assenso/dissenso del commissario rispetto a tali atti è prevista sulla falsariga di quella dettata nella composizione negoziata per la figura dell'esperto, e  tuttavia l'automatica apertura del procedimento ex art. 106 c.c.i.i., prevista nel PRO, deve ritenersi in grado di svolgere adeguata funzione dissuasiva, purché il comportamento dell'imprenditore sia trasparente. Ovviamente a tale funzione di presidio svolto dal commissario conseguono maggiori responsabilità in capo allo stesso, dovendo sostanzialmente sostituire il tribunale nel regime autorizzativo. Resta la criticità rappresentata dall'apparente vuoto normativo per gli atti non oggetto di informativa da parte del debitore, in termini di prededucibilità e revocabilità.

Vista la peculiarità dello strumento e il passaggio significativo rappresentato dalla formazione delle classi, laddove sia richiesto un parere prodromico all'ammissione, circostanza non menzionata nella norma, è quantomai opportuno che il commissario supporti il tribunale nella valutazione dei criteri di formazione delle classi, mentre nella relazione ex art. 105 c.c.i.i. particolare attenzione deve essere prestata al trattamento alternativo in favore dei creditori in caso di apertura della liquidazione giudiziale. Tale analisi, pur se non espressamente richiesta, permetterebbe anche al debitore di appurare con tempestività l'opportunità di convertire la domanda in concordato preventivo.

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