Condominio e locazione

Osservatorio immobiliare: le principali questioni della settimana

La Redazione
03 Febbraio 2025

Il presente osservatorio evidenzia le novità normative e giurisprudenziali settimanali. Uno “sguardo” sull'attuale scenario delle dinamiche immobiliari, non solo sul contenzioso (condominio, locazione o compravendita), ma anche sugli aspetti collegati come quelli edilizi e fiscali. Settimana 27-31 gennaio 2025.

Gli aspetti normativi

Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti le principali novità settimanali del settore immobiliare, uno strumento immediato e pensato per l'approfondimento dell'attività professionale.

In materia di edilizia, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha pubblicato integralmente le linee di indirizzo e criteri interpretativi sull'attuazione del d.l. n. 69/2024 (c.d. Decreto Salva Casa), convertito con modificazioni dalla l. n. 105/2024. I chiarimenti sono indirizzati, in primis, agli uffici comunali per la corretta applicazione delle sanatorie semplificate e delle sanzioni, ma interessano da vicino i professionisti tecnici che devono presentare le istanze per conto dei cittadini.

Le questioni della giurisprudenza di legittimità

Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di legittimità.

La legittimazione dell'amministratore alla nomina del difensore del condominio amministrato

Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava il pagamento del compenso della prestazione di patrocinio dell'avvocato Tizio in un processo civile in cui un terzo aveva citato il suddetto condominio per responsabilità ex art. 2051 c.c. Nel caso di specie, i giudici confermano che l'amministratore condominiale ha un'autonoma legittimazione alla nomina del difensore del condominio amministrato, pur in assenza di preventiva autorizzazione assembleare, ove la controversia rientri nell'ambito delle attribuzioni di cui all'art. 1131 c.c., a nulla rilevando il fatto che il terzo abbia invocato la responsabilità extracontrattuale ex art. 2051 c.c. del condominio e non la responsabilità contrattuale dell'amministratore verso i condomini per l'inadempimento delle obbligazioni contrattuali assunte verso di essi, in quanto comunque l'amministratore deve compiere gli atti conservativi dei beni comuni, e nelle liti passive promosse da terzi per il risarcimento dei danni provocati da cose comuni, soggette a quell'obbligo di conservazione, rappresenta i condomini custodi dei beni comuni (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2025, n. 2119).

Il litisconsorzio in caso di costituzione di servitù coattiva di passaggio

Il contesto del presente giudizio riguarda la contestazione dei confini tra le proprietà limitrofe. I ricorrenti, in particolare, ai fini dell'usucapione, sostenevano di aver avuto da sempre accesso alla loro proprietà, anche a mezzo di veicoli, per le necessità della coltivazione, attraverso la strada vicinale spostata verso ovest, al fine di consentire l'accesso al condominio e a quello antistante. Il condominio e una parte dei condomini costituitisi in giudizio, eccepivano che non sussisteva alcuna servitù di passaggio gravante sul fondo condominiale; non sussisteva la prospettata interclusione, in quanto la strada pubblica era raggiungibile attraverso una pista sterrata, realizzata su fondi di terzi. La questione, giunta alle sezioni unite, è stata oggetto di argomentazione in relazione al litisconsorzio. In particolare, la Suprema Corte ha enunciato, nell'interesse della legge, il principio di diritto in base al quale “l'azione per la costituzione di servitù coattiva di passaggio in favore del fondo intercluso deve essere promossa, nella ipotesi in cui si fronteggino più fondi tra quello intercluso e la via pubblica, avuto riguardo a tutti i percorsi concretamente sperimentabili, nei confronti di tutti i proprietari di tali fondi, poiché una tale azione dà vita a un processo litisconsortile per comunanza dei plurimi rapporti bilaterali, strettamente correlati al fine di consentire il soddisfacimento del vantato diritto. Lo stesso principio vale per le ipotesi contemplate dagli artt. 1051, comma 3 e 1052 c.c. In mancanza dell'integrazione del contraddittorio ordinato dal giudice, il processo dovrà essere dichiarato estinto secondo le regole del processo civile, senza che ne derivi il rigetto della domanda” (Cass. civ., sez. un., 27 gennaio 2025, n. 1900).

Il risarcimento per equivalente in caso di impossibilità di abbattimento di albero ad alto fusto nel fondo del vicino

La questione riguardava l'estirpazione degli esemplari di quercia e la riduzione fino all'altezza massima del fabbricato delle piante indicate dal consulente tecnico di ufficio. Premesso ciò, tra i vari aspetti, la Corte di Cassazione sottolinea che per aversi atto emulativo vietato ai sensi dell'art. 833 c.c. è necessario che l'atto di esercizio del diritto sia privo di utilità per chi lo compie e sia posto in essere al solo scopo di nuocere o di recare molestia ad altri. Sicché non è riconducibile (a tale categoria) un atto quale quello di avere sul proprio fondo alberi di alto fusto comunque rispondente ad un generico interesse del proprietario. Invero, ponendosi il carattere emulativo come limite esterno al diritto di proprietà esercitabile dal confinante, lo stesso deve essere valutato in termini restrittivi. Nel caso di specie, la sentenza della Corte d'Appello aveva escluso la condanna a ridurre in altezza gli alberi, ma aveva mantenuto fermo il capo della decisione appellata relativo alla condanna del risarcimento del danno per equivalente. La condanna risarcitoria, confermata anche dalla Suprema Corte, aveva ad oggetto la complessiva situazione di fatto anche in relazione alla violazione delle distanze oltre che alla scarsa manutenzione degli alberi che avevano invaso il fondo vicino (Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2025, n. 1827).

Le questioni della giurisprudenza di merito

Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici di merito.

La revoca dell'amministratore per omessa redazione del rendiconto condominiale annuale

Il Tribunale di Napoli si è occupato di un caso di revoca giudiziale dell'amministratore. In tal contesto, il giudice ha ribadito che la presentazione del rendiconto da parte dell'amministratore del condominio costituisce una delle obbligazioni fondamentali a suo carico, permettendo la verifica, da parte dei condomini, della correttezza della gestione dei fondi del condominio che, come è noto, non è un ente fornito di autonomia patrimoniale, ma attua una gestione collegiale di interessi individuali, con compressione, nell'esercizio di tale gestione, dell'autonomia individuale dei singoli condomini. La norma ex art. 1130, comma 1, n. 10, c.c. pone una precisa cadenza annuale ed un termine massimo per la presentazione del rendiconto. Il rispetto del termine rende possibile, a fronte della compromissione dell'autonomia gestionale dei singoli condomini, un esame tempestivo, completo e sufficientemente approfondito, nel lasso temporale minimo di legge stabilito fra la ricezione della convocazione per l'assemblea condominiale e la sua effettiva riunione, della gestione effettuata, dell'esistenza di idonei riscontri documentali delle spese sostenute e della correttezza del riparto delle spese predisposto. Nel caso di specie, il giudicante ha ritenuto legittima la revoca dell'amministratore (Trib. Napoli 27 gennaio 2025).

La delibera di autotutela non rientra nelle attribuzioni dell'assemblea

Il Tribunale di Como si è occupato di un caso di presunto eccesso di potere da parte dell'assemblea. In tal contesto, il giudice ha ribadito che l'assemblea non ha il potere di imputare a singoli condomini e/o a terzi una particolare spesa anche se li ritiene responsabili del verificarsi di un danno sulle parti comuni oppure in una unità immobiliare di proprietà esclusiva. Esula infatti dalle attribuzioni dell'assemblea quello di porre in essere una sorta di “autotutela privilegiata” rispetto alla posizione di qualsiasi altro creditore. Una delibera di “autotutela” non rientra nelle attribuzioni che l'art. 1135 c.c. assegna all'assemblea e, in quanto tale, si deve ritenere nulla a tutti gli effetti e dunque impugnabile in ogni tempo. L'assemblea, in buona sostanza, non può sostituirsi al giudice nel decidere sul comportamento tenuto dal condomino e/o da terzi in tema di risarcimento del danno, anche se la sua responsabilità sia palese, fatta salva l'ipotesi in cui lo stesso danneggiante la riconosca. Spetta al giudice, e non all'assemblea, il potere di decidere e di quantificare l'eventuale danno subìto dal condominio a causa dell'accertata morosità (Trib. Genova 28 gennaio 2025, n. 243).

La notifica dell'atto di citazione all'amministratore è valida anche in assenza di indicazione esplicita della sua qualità

Il Tribunale di Isernia si è occupato di un caso di contestazione della legittimazione passiva avanzata dalla società convenuta in giudizio in proprio e non quale amministratrice del condominio. In tal contesto, il giudice ha ribadito che l'amministratore di condominio deve ritenersi legittimato passivo esclusivo in ordine alla domanda volta all'accertamento dell'invalidità della delibera assembleare, ove queste attengano a diritti o interessi comuni di tutti i condomini, come nella specie. Pertanto, la notifica dell'atto di citazione all'amministratore è valida anche in assenza dell'indicazione esplicita della qualità, purché vi siano elementi nell'atto che consentano di identificarne inequivocabilmente il destinatario e il soggetto rappresentato (Trib. Isernia 29 gennaio 2025, n. 30).

L'attribuzione delle spese legali ai condomini a seguito di accertamento tecnico preventivo 

Il Tribunale di Milano si è occupato di un caso di illegittimità della delibera assembleare condominiale con riferimento all'attribuzione a carico degli attori delle spese di difesa legale e tecnica del condominio per la procedura di ATP avviata dagli attori contro il condominio stesso. In argomento, il giudice ha precisato che nel caso in esame non appariva sussistente una scissione della compagine condominiale in conseguenza del particolare oggetto della lite, con due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, - che, ove esistente, invece non giustificherebbe l'attribuzione delle spese deliberate dal condominio a carico degli attori -, ma semmai una convergenza dei due gruppi per l'unico interesse comune della tutela delle parti comuni condominiali e dei diritti di tutti i condomini su di esse. Detta attribuzione di spese legali era dunque legittima, potendo trovare applicazione sul punto sia l'art. 1132, comma 3, c.c., sia l'art. 1101, comma, 2 c.c. laddove prevede che “Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote”. In definitiva, non sussisteva alcun vizio di legittimità sollevato con l'impugnativa in esame (Trib. Milano 28 gennaio 2025, n. 751).

La previsione del regolamento non è ostativa allo scioglimento del condominio

Il Tribunale di Pavia si è occupato di un caso di scioglimento del condominio.  Parte convenuta si era opposta allo scioglimento invocando le previsioni del regolamento condominiale richiamate nei singoli contratti di compravendita. In tal contesto, il giudice ha ribadito che la previsione del regolamento non è ostativa allo scioglimento in quanto il rapporto pertinenziale con i beni comuni sussiste rispetto alle singole unità abitative e tale rimane anche dopo lo scioglimento: la creazione di due condomini separati utilizzeranno congiuntamente alcuni beni comuni. Tuttavia, lo scioglimento del condominio non può comportare una modifica degli obblighi convenzionali derivanti in capo agli attori con la previsione contrattuale (Trib. Pavia 29 gennaio 2025, n. 134).

L'individuazione dell'esigenza transitoria del contratto di locazione

Il Tribunale di Bari si è occupato di un caso di riconduzione di un contratto transitorio nell'alveo della fattispecie contrattuale quadriennale. In tal contesto, come precisato nel provvedimento, il Legislatore ha previsto la possibilità per le parti di stipulare un valido ed efficace contratto locatizio ad uso transitorio, in presenza di modalità e sussistenza dei presupposti stabiliti dall'art. 5 della l. n. 431/1998 e dal d.m. 30 dicembre 2002, che costituisce normativa secondaria di attuazione giusta il disposto di cui all'art. 4, comma 2, della l. n. 431/1998, con la conseguenza che, a tal fine, è necessario che l'esigenza transitoria, del conduttore o del locatore, sia specificamente individuata nel contratto al quale deve essere allegata documentazione idonea a comprovare la stessa e che i contraenti, prima della scadenza del termine contrattuale, ne confermino, con lettera raccomandata, la persistenza. Nel caso di specie, in mancanza della conferma dell'esigenza di transitorietà a mezzo di racc. a/r inviata prima della scadenza del termine contrattuale, il contratto è stato ricondotto alla durata ordinaria di cui all'art. 2, comma 1, l. n. 431/1998 ai sensi dell'art. 2, comma 5, d.m. 30 dicembre 2002 (Trib. Bari 29 gennaio 2025, n. 310).

La disdetta del contratto di locazione contenuta nell'intimazione di sfratto

Il Tribunale di Napoli si è occupato di un caso illegittimità e/o l'inefficacia della disdetta intimata per genericità nell'allegazione dei motivi, in violazione del disposto della l. n. 431/1998 circa il diniego di rinnovo del contratto di locazione. In tal contesto, il giudice ha ribadito che anche l'intimazione di sfratto può contenere la disdetta, in quanto da essa si trae l'inequivoca volontà del locatore di non rinnovare il contratto, e che tale intimazione è direttamente riferibile al locatore in virtù della procura al difensore che l'ha sottoscritta, posta a margine della citazione, e dello stesso mandato alle liti, estensibile ad una dichiarazione che, pur avendo natura sostanziale, costituisce il presupposto dell'intimazione di sfratto e vale, quindi, ad integrare una disdetta valida ed efficace (Trib. Napoli 27 gennaio 2025, n. 878).

L'efficacia della compravendita immobiliare con scrittura privata non autenticata

Il Tribunale di Avezzano si è occupato di un giudizio in cui l'attore, con una scrittura privata non autenticata, lamentava l'impossibilità di poter procedere alla stipula dell'atto notarile, in ragione della difficoltà di reperire gran parte della documentazione necessaria in tal senso, tra cui i titoli di proprietà e quindi di procedere alla trascrizione della compravendita immobiliare presso la conservatoria. Il tal contesto, il giudice evidenzia che il contratto di compravendita con scrittura privata non autenticata, pur se idonea a sortire gli effetti di trasferire la proprietà di un bene immobile ai sensi e per gli effetti dell'art. 1350 c.c., tuttavia, non costituisce titolo idoneo per la trascrizione. Nonostante le precisazioni esposte, nel presente giudizio, il convenuto non aveva contestato le allegazioni di parte attorea; anzi, lo stesso aveva aderito integralmente alla domanda di quest'ultimo, riconoscendo in tal modo l'autenticità e la paternità delle firme apposte nella scrittura privata di compravendita immobiliare. Per le ragioni esposte, sussistevano i presupposti per la trascrizione della scrittura privata per cui è causa, subordinatamente al passaggio in giudicato della sentenza (Trib. Avezzano 30 gennaio 2025, n. 51).

La compravendita di immobile privo di abitabilità

Il Tribunale di Milano si è occupato di un caso di risoluzione del contratto di compravendita, in quanto l'appartamento, a seguito della perizia del CTU di una procedura espropriativa immobiliare, non possedeva i requisiti minimi richiesti dalla legge ai fini dell'abitabilità; tant'è che la conservatoria dei registri immobiliari aveva variato d'ufficio la categoria catastale dell'immobile declassandolo da abitazione (cat. A/3) a locale deposito (cat. C/2). Sulla scorta di tali circostanze, il delegato alla vendita notaio aveva provveduto alla vendita all'asta dell'immobile come magazzino. Parte attrice sosteneva che la fattispecie doveva essere inquadrata nell'ipotesi di vendita di aliud pro alio, in quanto le difformità riscontrate non erano in alcun modo sanabili. Tuttavia, secondo il giudicante, essendo la difformità sanabile al momento della vendita, il caso di specie non poteva essere ricondotto alla figura dell'aliud pro alio. Difatti, al momento della vendita, la difformità era sanabile secondo la normativa vigente, sicché, il rischio delle vicende successive relative al mutato regime di sanabilità si era trasferito in capo all'acquirente (Trib. Milano 30 gennaio 2025, n. 843).

Le questioni della giurisprudenza amministrativa

Di seguito le questioni di interesse affrontate dai giudici amministrativi.

L'accertamento della legittimazione passiva dell'amministratore in presenza di abusi edilizi

Il Tribunale Amministrativo si è occupato di un caso di chiusura dell'area ad uso parcheggio a servizio del condominio tramite installazione di una rete metallica e cancello carrabile. Secondo l'amministrazione comunale, nessun titolo era stato presentato dal condominio per assistere il compimento di detti lavori. Tuttavia, in merito alla legittimazione del provvedimento, a parere del Tribunale, il condominio ricorrente non poteva essere destinatario dell'ingiunzione impugnata. Difatti, l'art. 1131, comma 2, c.c., assicura la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio per tutto ciò che concerne le parti comuni dell'edificio condominiale, con la conseguenza che del tutto legittimamente, ove un abuso edilizio concerna dette aree, l'amministrazione comunale può (e deve) notificare gli eventuali provvedimenti di disciplina edilizia all'amministratore condominiale; diversamente, laddove detti abusi riguardino aree non di proprietà comune dei condomini, le misure ripristinatorie devono essere ingiunte ai singoli condomini. Premesso ciò, parte ricorrente aveva, infatti, documentato che l'area in questione non costituiva parte comune del condominio né pertinenza del medesimo (TAR Lazio 29 gennaio 2025, n. 1923).

La demolizione della sbarra automatizzata di accesso al fabbricato

Il Tribunale Amministrativo si è occupato di un caso di demolizione di sbarra automatizzata di accesso installata dai condomini su una strada che costituiva l'unico accesso pedonale e carrabile ai loro fabbricati. In parallelo al giudizio amministrativo, gli appellanti adivano il giudice civile per l'accertamento della natura esclusivamente privata e non a uso pubblico, della strada in questione. Premesso ciò, secondo il giudicante, la fattispecie civile era diversa da quella oggetto del presente giudizio sotto due profili: in primo luogo, solo in questo caso si discuteva di prescrizioni poste dal permesso di costruire quale lex specialis dell'intervento; in secondo luogo, nella fattispecie non vi era l'apposizione di un vincolo di uso su determinate aree, quanto piuttosto la realizzazione di parcheggi che erano fin dall'origine destinati a uso pubblico, proprio in forza del titolo che legittimava l'intera costruzione.  Per queste ragioni, nella specie non occorreva verificare la presenza degli indici di destinazione a uso pubblico dei parcheggi, né era invocabile la prescrizione, perché non veniva in rilievo una servitù, quanto un carattere originario del bene, come configurato dal titolo edilizio che aveva acconsentito la trasformazione. Per i medesimi motivi, il Comune era autorizzato ad adottare i provvedimenti repressivi al fine di ottenere il ripristino dei luoghi in conformità al loro stato legittimo (Cons. Stato 29 gennaio 2025, n. 683).

Riferimenti

Linee guida Salva Casa d.l. n. 69/2024, in Mit.gov.it, 30 gennaio 2025.

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