Vietata l’attività di B&B gestita dal conduttore
07 Febbraio 2025
La vicenda Nel caso in oggetto, il condominio citava in giudizio Tizia (locatrice) e Caio (conduttore) della medesima unità immobiliare in forza di contratto di locazione ad uso abitativo. In particolare, il condominio aveva chiesto la cessazione dell'attività di “Bed & Breakfast” intrapresa dal citato conduttore nell'appartamento, in quanto contrastante con il regolamento condominiale contrattuale. I giudici di merito confermavano la violazione del regolamento e, di conseguenza, condannavano i convenuti alla chiusura dell'esercizio. Avverso il provvedimento in commento, il conduttore propose ricorso in Cassazione, eccependo la inopponibilità al ricorrente della clausola limitativa del regolamento condominiale; inoltre, secondo parte ricorrente, l'attività di B&B non era ontologicamente sovrapponibile a quella di “casa alloggio”. I legittimati passivi dell'azione confessoria servitutis L'azione intentata dal condominio non poteva proporsi nei confronti del solo conduttore, essendo la proprietaria dell'unità immobiliare, litisconsorte necessaria in un tale giudizio. A tal proposito, secondo la Suprema Corte, l'azione del condominio diretta a curare l'osservanza del regolamento ed a far riconoscere in giudizio l'esistenza della servitù che limiti la facoltà del proprietario della singola unità di adibire il suo immobile a determinate destinazioni, si configura come confessoria servitutis. Perciò, in tale contesto, il legittimato dal lato passivo è in primo luogo colui che, oltre a contestare l'esistenza della servitù, abbia un rapporto attuale con il fondo servente (proprietario, comproprietario, titolare di un diritto reale sul fondo o possessore suo nomine), potendo solo nei confronti di tali soggetti esser fatto valere il giudicato di accertamento, contenente, anche implicitamente, l'ordine di astenersi da qualsiasi turbativa nei confronti del titolare della servitù o di rimessione in pristino. Gli autori materiali della lesione del diritto di servitù, invece, possono essere “eventualmente chiamati” in giudizio quali destinatari dell'azione ex art. 1079 c.c., ove la loro condotta si sia posta a titolo di concorso con quella di uno dei predetti soggetti o abbia comunque implicato la contestazione della servitù. La richiesta di cessazione dell'attività nei confronti del conduttore Il condominio, sempre che sia provata l'operatività della clausola limitativa, ovvero la sua opponibilità al condomino locatore, può chiedere anche nei diretti confronti del conduttore la cessazione della destinazione abusiva e l'osservanza in forma specifica delle istituite limitazioni. In tal caso, il conduttore non può venire a trovarsi, rispetto al condominio, in posizione diversa da quella del condomino suo locatore, il quale, a sua volta, è tenuto ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento, a prevenirne le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto di locazione. L'interesse del conduttore al giudizio intentato dal condominio Il condominio che faccia valere nei confronti del conduttore la violazione del divieto contenuto nel regolamento condominiale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva a determinati usi e richieda la cessazione della destinazione abusiva al conduttore, deduce, d'altro canto, l'esistenza di servitù gravanti sulla cosa locata, le quali menomano il diritto del conduttore, e ciò implica l'applicabilità dell'art. 1586 c.c. con riguardo al rapporto locativo. Il conduttore convenuto dal condominio, ove si opponga alla pretesa di quest'ultimo, dimostra comunque di avere interesse a rimanere nella lite, agli effetti del secondo comma del citato art. 1586 c.c. La condivisa esigenza di chiarezza e di univocità che devono rivelare i divieti ed i limiti regolamentari di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva, coerente con la loro natura di servitù reciproche, comporta che il contenuto e la portata di detti divieti e limiti vengano determinati fondandosi in primo luogo sulle espressioni letterali usate. Il divieto di casa alloggio si estende all'attività di Bed and Breakfast Nella vicenda in commento, l'appellante aveva fondato le sue critiche sugli elementi che caratterizzano di norma l'attività dei B&B, senza allegare e provare nulla in ordine all'attività da lui effettivamente esercitata. Premesso ciò, secondo la S.C., l'interpretazione prescelta dalla Corte territoriale in ordine al divieto, dettato dal regolamento condominiale, di destinare le unità immobiliari a “casa di alloggio”, come preclusivo anche dell'attività di B&B, non era in contrasto con il significato lessicale delle espressioni adoperate nel testo negoziale, né confliggente con l'intenzione comune dei condomini ricostruita dai giudici del merito, rimanendo comunque sottratta al sindacato di legittimità l'interpretazione degli atti di autonomia privata. I B&B sono, secondo comune accezione, strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati in forma non imprenditoriale, che forniscono, per l'appunto “alloggio” (e prima colazione) utilizzando parti della stessa unità immobiliare. In conclusione, il ricorso è stato rigettato. (fonte: dirittoegiustizia.it) |