20 Settembre 2023

Ogni condomino può liberamente disporre della propria unità immobiliare purché ne faccia un uso non vietato dal regolamento di condominio o che non crei particolari problemi agli altri condomini. In tale più ampia ottica va allora valutata l'attività di bed and breakfast che il condomino intendere svolgere nel proprio appartamento, attività che va ben al di là della mera ospitalità concessa saltuariamente ad amici e conoscenti e che, come tale, spesso è incompatibile con le esigenze dei condomini di tranquillità, di sicurezza e, in generale, di godimento pacifico del proprio bene. Per la Cassazione non è paragonale ad un uso abitativo e dunque può essere vietato da un regolamento che inibisca al condomino un uso del bene diverso.

Inquadramento

 L'uso dell'inglesismo “bed and breakfast” (il cui significato letterale è “letto e prima colazione”) è entrato ormai prepotentemente nel linguaggio comune. È una locuzione che indica una forma di dimora particolare ed informale. La prestazione fornita consiste nel pernottamento e nella prima colazione, in ciò differenziandosi dall'affittacamere. È un'attività caratterizzata dalla perdurante coabitazione dei proprietari con gli ospiti, anche se spesso nasconde invece l'esercizio vero e proprio di un'attività alberghiera. È praticata per lo più in via non professionale da famiglie che dispongono di un appartamento con più camere, alcune delle quali vengono messe a disposizione di turisti o di ospiti occasionali: non a caso trova disciplina prevalentemente nelle leggi regionali che, direttamente o meno, si riportano poi alla l. n. 135/2001 dettata in tema di “riforma della legislazione nazionale del turismo”.

Ad impedirne lo svolgimento di tale attività in un edificio condominiale, al pari di quella di affittacamere, è sufficiente la previsione nel regolamento di natura contrattuale del divieto di adibire le singole unità immobiliare a pensioni, locande o simili, trovando tali divieti fondamento nell'esigenza di evitare utilizzi contrastanti con la tranquillità e sicurezza dei condomini.

Nella recente giurisprudenza di legittimità si è per il vero creato un non tanto velato contrasto in tema di efficacia della trascrizione di simili regolamenti ai fini della loro opponibilità ai terzi acquirenti della singola unità immobiliare. Si attendono dunque ulteriori chiarimenti, ma la strada sembra comunque tracciata.

Se ci fermiamo, superficialmente, ai titoli delle riviste specializzate o dei quotidiani generalisti che, di recente e sempre più spesso - stante appunto il dilagarsi del fenomeno - si sono occupati dell'argomento, c'è da rimanere sinceramente disorientati: “consentito il B&B nel condominio” o “vietato adibire l'unità immobiliare a B&B”, ossia soluzioni diametralmente opposte riguardanti la stessa figura giuridica nella stessa realtà edilizia.

In realtà - oltre al rispetto della normativa, specie di matrice regionale, non sempre collimante, che disciplina l'esercizio di tale attività - bisogna fare i conti con l'osservanza delle disposizioni del regolamento di condominio, che è lo statuto di “quella” collettività condominiale, con il rischio (verificatosi in concreto) che analoghe situazioni siano state considerate lecite in un palazzo e illecite in quello vicino.

Purtroppo, a fronte della latitanza delle Autorità preposte alla vigilanza e controllo di questo genere di iniziative, l'arma del regolamento di condominio si presenta sovente spuntata, perché, nella maggior parte dei casi, essendo di antica redazione, i regolamenti non potevano contemplare questo recente fenomeno lato sensu alberghiero - nel novero dei divieti, si registrano infatti locuzioni desuete - mentre le espressioni come “lesione della quiete e del decoro” rischiano di risolversi in mere formulette di stile.

Concetto e caratteristiche del bed and breakfast

La crisi economica degli ultimi anni ha indotto molti proprietari di casa a valorizzare il proprio immobile con l'esercizio del bed and breakfast, intravvedendo in tali attività una forma di guadagno abbastanza alettante e, soprattutto, svincolata dalle rigide regole dettate per la locazione.

È un'attività che consiste nel concedere a terzi l'uso di una o più camere del proprio appartamento verso un determinato corrispettivo e per un periodo più o meno breve, tenuto presente il particolare settore in cui tali contratti trovano applicazione e del tipo di soggiorno per lo più precario e mai stabile nel tempo.

Colui che affitta le camere per un fine speculativo e professionale lo fa per periodi di tempo non eccessivamente prolungati, erogando nel contempo una serie di servizi, dai più ovvi, quali la somministrazione delle utenze di luce, acqua e riscaldamento, a quelli più specifici , come la fornitura della prima colazione ( appunto breakfast ), la biancheria, la la pulizia e il riassetto giornaliero della camera.

Trovando sotto tale profilo applicazione le norme dettate dal codice civile in tema di somministrazione di servizi e di prestazione d'opera, è lasciata facoltà alle parti di decidere la tipologia e la modalità dei servizi che si intendono includere nel contratto.

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Le prestazioni accessorie, prima tra tutte la colazione, rappresentano invero l'elemento indispensabile non solo per configurare l'attività di B&B, ma anche per contraddistinguerla dalla normale locazione dell'alloggio, dove la persona del locatore, a differenza della prima, resta assolutamente estranea alla vita del conduttore.

Si deve trattare in ogni caso di una attività a conduzione familiare, condotta cioè da privati all'interno della propria abitazione e dimora, ovvero del luogo in cui si vive abitualmente.

All'assenza di una precisa disciplina a livello nazionale e di una tipica e definizione di tale attività, soccorrono le varie normative regionali . E così, secondo la l.r. Campania n. 5/2001, il bed & breakfast altro non è se non l'offerta di alloggio e prima colazione esercitata, con carattere saltuario e non professionale, da un nucleo familiare che, ad integrazione del proprio reddito, utilizza parte della propria abitazione. Per la l.r. Lombardia n. 27/2015 ( art. 29) trattasi di una attività svolta a conduzione familiare in forma non imprenditoriale da chi, in maniera non continuativa e presso il numero civico della propria residenza anagrafica, fornisce alloggio e prima colazione in non più di quattro camere con un massimo di dodici posti letto, avvalendosi della normale organizzazione familiare, ivi compresa l'eventuale presenza di collaboratori domestici della famiglia. C'è poi la l.r. Piemonte n. 20/2000 che definisce il B&B come l'attività svolta da privati che, avvalendosi della loro normale organizzazione familiare ed utilizzando parte della propria abitazione, offrono saltuariamente un servizio di alloggio e prima colazione. E infine , secondo la l.r. Liguria n. 31/2014, è quella svolta in ”strutture ricettive in cui è fornito l'alloggio e il servizio di prima colazione in un'unità immobiliare di civile abitazione da parte del titolare che dimora stabilmente nella stessa durante i periodi di apertura della struttura”, con la precisazione che l'alloggio può essere effettuato in non più di quattro camere” e che deve essere presente una camera ad uso esclusivo del titolare della struttura ricettiva.

Deve trattarsi -in buona sostanza- di un'attività saltuaria e non continuativa, e che, comunque, non integri attività professionale. Ed è proprio tale caratteristica che consente di distinguere l'attività di bed & breakfast da altre simili, prima tra tutte quella di affittacamere, che presuppongono invece un'organizzazione di mezzi e di persone tale da configurare attività imprenditoriale ai sensi dell'art. 2082 c.c..

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Anche le superfici delle camere sono disposte dalle leggi regionali. Vanno naturalmente rispettati requisiti igienico-sanitari e bisogna essere in possesso del certificato di abitabilità e di conformità di tutti gli impianti alle norme vigenti in materia.

Le attività similari: l'airbnb

Trattasi di una modalità di locazione molto simile al B&B, ma mentre questo è identificato come una categoria di locazione che oltre all'alloggio include la colazione, nell'airbnb questo servizio è decisamente escluso. Le offerte includono stanze private o interi appartamenti.

Il nome airbnb si può dividere in due parti, dove “air” vuole indicare la modalità on line del social network, che fa incontrare virtualmente persone che cercano alloggio con altre persone che lo offrono. La seconda parte del nome riproduce il concetto di bed&breakfast ma in modo sottile, accaparrando le associazioni positive che il concetto di B&B ha costruito nel tempo.

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Si tratta di una community on line che permette a chi viaggia di trovare una sistemazione più economica del tradizionale albergo e, a chi ha una casa con determinate caratteristiche, di offrire una stanza o l'intero alloggio in affitto per brevi periodi.

La soluzione, sotto tale profilo, è ottimale per entrambe le parti contraenti, per il conduttore perché può disporre di un alloggio, totale o parziale, a costi limitati e per i locatori perché, proprio in conseguenza della continua rotazione degli occupanti, potenzialmente percepisce dal bene un reddito sicuramente maggiore di quello che potrebbe ricevere da una normale locazione abitativa.

I problemi sorgono però per il condominio in conseguenza dei disagi che comporta la presenza in condominio di un numero elevato di persone, non sempre rispettose delle primarie regole di convivenza e che fanno a volte anche arbitrario uso delle parti e dei servizi comuni.

In questi casi possono allora più facilmente trovare applicazione quelle clausole del regolamento poste a salvaguardia della tranquillità e della sicurezza dei condomini, proprio perché questo particolare turnover di persone nell'uso anche di una sola unità immobiliare costituisce un innegabile attacco al pacifico godimento dei propri beni da parte degli altri condomini.

L'attività di affittacamere

La materia è attualmente regolata dalla l. n. 217/83 che la definisce come «struttura composta da non più di 6 camere ( comunque non più di dodici posti letto, altrimenti si passa all'attività alberghiera) ubicate in non più di 2 appartamenti ammobiliati in uno stesso stabile, nei quali sono forniti alloggio ed eventualmente servizi complementari» ma trova più specifica disciplina nelle leggi regionali che integrano la disciplina nazionale e che prevedono altri requisiti in tema di qualità del servizio, degli arredi, dei servizi igienici, dell'impiantistica e di quant'altro. Le Regioni si limitano comunque a definire i requisiti minimi per l'esercizio dell'attività e a prevedere che nel prezzo di affitto dei locali siano comprese la pulizia, la fornitura dell'energia elettrica il cambio della biancheria.

L'attività di affittacamere è in genere un'attività imprenditoriale che, a ben vedere, differisce da quella alberghiera soltanto per le sue modeste dimensioni.

La natura precaria della prestazione rende peraltro superflua la stipula tra le parti di un contratto scritto, essendo semplicemente richiesta la registrazione del cliente ai fini degli opportuni controlli da parte della pubblica autorità. E' fatto peraltro obbligo agli affittacamere di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza le generalità delle persone alloggiate, entro le ventiquattro ore dal loro arrivo. Il tutto mediante consegna di apposita scheda (art. 5 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) ovvero con invio dei relativi dati alle questure territorialmente competenti con mezzi telematici o via fax.

Detta attività può essere svolta sia a livello professionale, con obbligo di aprire partita Iva, sia a livello non professionale, ovvero in maniera del tutto occasionale, quando cioè l'attività viene esercitata nell'abitazione ove è situata la residenza o il domicilio del soggetto che intende svolgerla.

Se svolta invece professionalmente, il contratto con cui viene concesso in locazione l'immobile da adibire ad attività di affittacamere resta comunque disciplinato dalla normativa dettata per le locazioni alberghiere, con una durata quindi novennale e con un canone soggetto ad aggiornamento nella misura prevista dalla legge.

Nulla impedisce peraltro a colui che svolge l'attività di affittacamere di adibire parte dell'immobile anche a propria abitazione. Vale in tal caso, ai fini dell'individuazione del regime da applicare, il criterio della prevalenza dell'uso dettato dall'art. 80, comma 2, della l. n. 392/1978, con ciò non escludendo che, qualora beni con diversa destinazione siano dedotti in un contratto di locazione formalmente unico e con la previsione di un corrispettivo unitario, il rapporto debba necessariamente considerarsi inscindibile anche da un punto di vista sostanziale, essendo al contrario possibile che i beni distinti seguano una diversa regolamentazione e costituire rapporti locativi distinti.

Ai fini della corretta applicazione dell'una o dell'altra disciplina al contratto considerato, non è sufficiente il semplice raffronto delle superfici dell'immobile rispettivamente destinate all'uno o all'altro uso, ma è necessario accertare se il bene concesso a terzi sia in funzione dello svolgimento dell'attività di affittacamere oppure se tale attività resti del tutto marginale rispetto al primario uso di abitazione che viene fatto dell'immobile da parte del conduttore.

Sotto tale profilo è bene sottolineare che l'attività di affittacamere, pur differenziandosi da quella alberghiera per le sue modeste dimensioni, richiede non solo la cessione del godimento di locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno; in difetto della prestazione di detti servizi, pertanto, quella cessione non può essere ricondotta nell'ambito dell'attività di affittacamere, né quindi sottratta alla disciplina della locazione ad uso abitativo.

I limiti previsti nel regolamento

L'espansione dell'attività di bed and breakfast ed il sempre maggior utilizzo di tale formula, in alternativa alle tradizionali strutture turistiche e ricettive, ha portato, parallelamente, ad un aumento del contenzioso concernente la legittimità o meno del suo esercizio all'interno dello stabile condominiale.
Se da un lato, infatti l'attività di bed & breakfast in ambito condominiale non può considerarsi di per sé illecita, tuttavia il relativo divieto, al pari di ogni altra limitazione all'utilizzo delle proprietà esclusive, può essere contenuto negli atti di acquisto oppure nel regolamento condominiale, ove quest'ultimo abbia natura contrattuale: l'assemblea dei condomini non ha altri poteri rispetto a quelli fissati tassativamente dal codice e non può dunque portare limitazioni alla sfera di proprietà dei singoli condomini.

Mancando uno specifico divieto contenuto nel regolamento, è data possibilità all'assemblea dei condomini di valutare se detta attività sia compatibile con le loro esigenze di tranquillità, di sicurezza e, in generale, di godimento pacifico del proprio bene. In presenza invece del divieto solo il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio può superare il divieto regolamentare e consentire in tal modo l'esercizio di simili attività, tenuto comunque presente che ciò comporterà senza dubbio un maggior uso dei beni e dei servizi comuni: dagli ascensori alle scale, all'androne o al servizio di portineria. Si dovrà pertanto provvedere a modificare i valori millesimali di gestione ed i riparti delle spese riguardanti tali servizi, salvo che l'autore del mutamento d'uso accetti di maggiormente concorrere a tali spese in misura forfetaria: il tutto sempre che si verifichi in concreto una notevole alterazione nell'uso dei beni e dei servizi comuni.

I limiti che il regolamento di condominio pone all'uso delle proprietà esclusive incidono soprattutto su queste nuove forme di locazione che si sono di recente presentate sul mercato, affiancandosi alle ormai note locazioni transitorie e per studenti universitari. Oltre al bed & breakfast e all'affittacamere ci sono le locazioni turistiche e, come si è visto, l'airbnb , attività tutte svolte anche da privati che in tal modo offrono in godimento a terzi il propri immobile, creando a volte, , non poco pregiudizio agli altri abitanti del palazzo condominiale in tema di sicurezza, di tranquillità e di immissioni di rumore, diretta conseguenza della continua alternanza delle persone nell'uso del bene locato, non sempre peraltro rispettosa nemmeno delle più elementari regole del buon vivere civile e di vicinato.

Il regolamento di condominio, d'altro canto, si configura come lo statuto della collettività condominiale, come un atto diretto ad incidere, con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i condomini, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico e si pone come fonte di obblighi e di diritti non tanto per la collettività come tale quanto, soprattutto, per i singoli condomini. Non può liberamente derogare alle disposizioni imperative dettate dalla legge e gli è impedito di limitare i diritti che risultano attribuiti a ciascun condomino dagli atti di acquisto.

Anche se non materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita, esso diviene comunque parte integrante del medesimo purché venga espressamente richiamato e approvato di modo che le sue clausole rientrano comunque nel contenuto dei singoli contratti d'acquisto e vincolano gli acquirenti (Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2001, n. 13164).

Il regolamento c.d. esterno, potendo imporre limiti ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle singole unità immobiliari, deve contenere clausole enunciate in modo chiaro ed esplicito ed il loro potere vincolante è subordinato al verificarsi di due alternative condizioni: il regolamento deve essere trascritte nei registri immobiliari oppure nel titolo di acquisto deve esserne fatto espresso riferimento , pur senza ritrascriverlo materialmente per intero, in maniera che esso possa ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo operato nel contratto, trattandosi comunque di integrare il contenuto di un negozio soggetto a forma scritta essenziale. La stessa Corte costituzionale (sent. 14 novembre 2008, n. 369), nel dichiarare l'illegittimità dell'art. 45, comma 4, della l.r.Lombardia n.15/07, aveva avuto modo di affermare che “ l'assemblea non può porre limitazioni alla sfera di proprietà dei singoli condomini, a meno che le predette limitazioni non siano specificatamente accettate o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio”.

Le clausole del regolamento contrattuale entrano quindi a far parte integrante del contenuto dei singoli contratti di acquisto e la loro validità deriva proprio dal fatto che entrambi i contraenti (venditore e acquirente) ne fanno espresso richiamo (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2017, n. 4432). Ciò giustifica ancor più la necessità che i vincoli all'uso delle proprietà esclusive, o anche dei beni comuni da parte del singolo, stabiliti dalle clausole contrattuali del regolamento siano inequivocabilmente determinati, affinché l'oggetto dell'obbligazione del singolo sia conforme alla fondamentale esigenza di concretezza dell'atto contrattuale stipulato, con particolare riferimento all'impegno dal medesimo assunto. Essi devono pertanto risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze. Il che comporta che l'individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l'ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale e sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti (Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 2016, n. 21307). Difettando simili presupposti, deve ritenersi legittima l'esercizio dell'attività di bed & breakfast (Cass. civ., sez. II, 20 novembre 2014, n. 24707). In tal senso si sono pronunciati anche i giudizi di merito (Trib.Roma 18 gennaio 2017), che hanno annullato la delibera con cui l'assemblea aveva proibito al proprietario esclusivo di utilizzare come bed & breakfast l'unità abitativa all'interno dello stabile: ciò sul presupposto che l'imposizione di limiti di destinazione alla facoltà di godimento dei condomini sulle proprietà immobiliari in esclusiva proprietà può avvenire mediante l'elencazione delle attività vietate, oppure con riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare, talché, qualora il regolamento condominiale di natura contrattuale contenga una specifica inibizione solo con riferimento ad una determinata attività ( es: attività ad uso di gabinetti di cura o ambulatori), non è consentita l'inibizione di una attività del tutto diversa. Tanto meno l'attività di B&B può ritenersi contraria alla tranquillità, all'igiene, alla sicurezza, alla decenza, alla più rigida moralità ed al buon nome del condominio (contra,Trib. Roma 23 gennaio 2015).

Per contro, è abbastanza tipica la previsione nel regolamento del divieto di usare le singole unità immobiliari a tutto ciò di diverso dall'abitazione , quale, ad esempio, di studio medico, di pubblici uffici in genere, di case di alloggio, oppure per uso comunque contrario al decoro, alla tranquillità, alla decenza ovvero al buon nome del fabbricato”.

In presenza di simile clausola, benché generica nel suo contenuto, è stato ritenuta contraria al regolamento l'esercizio dell'attività di B&B in quanto simile a quella di affittacamere o addirittura di albergo, comunque in totale contrapposizione con l'uso abitativo, unico ad essere permesso dal regolamento (Cass. civ., sez. II, 7 gennaio 2016, n.109).

Si pensi, poi, all'opinabilità di un regolamento condominiale che disponga il “divieto di destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione” (o ad uso residenziale), o alla clausola secondo cui “i proprietari del fabbricato si impegnano a destinare esclusivamente ad abitazione i singoli appartamenti, impegnandosi a non modificare tale destinazione”, oppure alle ipotesi in cui il regolamento vieti espressamente solo la destinazione dei locali ad attività alberghiera o di pensione.

A ben vedere, tutto si gioca nell'interpretare il divieto di questo “uso abitativo” (esclusivamente consentito) o “uso non abitativo” (assolutamente vietato), ossia se tale espressione intenda un utilizzo come dimora stabile ed abituale, e quindi precluda quella transitoria del B&B, oppure debba ritenersi come contrapposto soltanto alla destinazione dell'unità immobiliare a finalità commerciali, o ad uso ufficio o per studio professionale, oppure per attività lato sensu imprenditoriali, e quindi consenta l'utilizzo del B&B.

Ferma dunque ipotesi della presenza di uno specifico divieto contenuto nel regolamento di natura contrattuale, il problema del B&B deve essere affrontato non in astratto ma con riferimento a ciascun condominio, verificando se tale attività sia menzionata o, comunque, rientri in una delle fattispecie vietate dal regolamento oppure possa creare, comunque, pregiudizio alla collettività condominiale.

In quest'ottica, si dovrebbe allegare e provare che l'attività di bed and breakfast comporti conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini - turbamento della quiete e della tranquillità dei condomini, alla signorilità ed al decoro dell'edificio, ecc. - indicando specificamente la capacità ricettiva delle singole unità di proprietà esclusiva nelle quali si svolgeva la suddetta attività, nonché l'ubicazione nel condominio di tali unità abitative di proprietà esclusiva.

A questo punto, la criticità si sposta sul terreno giudiziario e, in particolare, sul versante probatorio, perché, oltre alla difficoltà della prova in sé, di solito, ad assistere a tali situazioni sono solo i condomini che, però, come tali, in quanto non “terzi” rispetto al condominio che agisce in giudizio, non sono capaci a testimoniare ai sensi dell'art. 246 c.p.c. (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 23 agosto 2007, n. 17925), di qui l'ulteriore difficoltà di trovare altre persone a conoscenza dei fatti, salvo valutarne, in concreto, l'attendibilità della deposizione.

La trascrizione del regolamento

Le clausole del regolamento che contengono limitazioni ai diritti dei condomini su cose di proprietà esclusiva devono formare oggetto della particolare forma di pubblicità prevista dall'art. 2643 c.c. che si attua con la formalità della nota di trascrizione) e consente di verificare, attraverso i Pubblici Registri Immobiliari, l'esistenza di limiti al godimento o all'utilizzo della singola porzione immobiliare.

L'omessa trascrizione non va comunque ad influire sulla validità e sull'efficacia del regolamento, ma determina solo l'inopponibilità ai singoli successivi acquirenti delle eventuali clausole limitative dei poteri e delle facoltà che ciascun condomino ha sulla sua proprietà esclusiva.

Sull'estensione dell'efficacia della trascrizione del regolamento la giurisprudenza più recente ha avuto per il vero un orientamento oscillante .

Si è dapprima affermato che le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale che impongono limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle loro proprietà esclusiva sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione nell'atto di acquisto, si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che - seppure non inserito materialmente - deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2016, n. 19212).

Si è successivamente sostenuto che non basta un generico riferimento al regolamento di condominio, ma occorre indicare espressamente le clausole di esso che vanno ad incidere, limitandoli, sui diritti che normalmente hanno i condomini di liberamente disporre di quanto in loro proprietà: l'inesattezza della trascrizione comporta, come logica conseguenza, l'invalidità della stessa qualora induca ad incertezze sul contenuto del vincolo che si è inteso tutelare (Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 2016, n. 21307). Dette clausole incidono invero non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino, talché devono essere ricondotte alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem. In quanto tali, affinché detti limiti possano rendersi opponibili ai terzi acquirenti, occorre che nella nota di trascrizione dell'atto di acquisto venga indicato non solo il regolamento, ma espressamente le clausole limitative (Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 2016, n. 21024).

E' stato infine ritenuto sufficiente, ai fini di rendere vincolanti per gli acquirenti le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, indipendentemente dalla trascrizione, il riferimento nell'atto di acquisto del regolamento di condominio (Cass. civ., sez. II, 3 novembre 2016, n. 22310).

TRASCRIZIONE OPPONIBILE A TERZI: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

È sufficiente la trascrizione del regolamento

Le clausole del regolamento sono in ogni caso opponibili al terzo acquirente qualora anche non vengano espressamente trascritte nell'atto di compravendita (Cass. civ., sez. II, 31 luglio 2009, n.17886)

Serve la trascrizione della singola clausola

Le clausole che pongono limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, affinché detti limiti possano rendersi opponibili ai terzi acquirenti, occorre che nella nota di trascrizione dell'atto di acquisto venga indicato non solo il regolamento, ma espressamente le clausole limitative (Cass. civ.,sez. II, 18 ottobre 2016,n.21024).

La trascrizione non è invece necessaria per i condomini che hanno approvato il regolamento e tra questi vanno anche ricompresi coloro che, pur avendo acquistato in tempi successivi, hanno dichiarato nel relativo atto di essere a conoscenza dei precisi limiti previsti nel regolamento e di approvarne il contenuto.

La tutela in via d'urgenza

Il condominio è legittimato ad agire in giudizio per chiedere il rispetto da parte dei singoli partecipanti delle norme contenute nel regolamento, sia esso assembleare o contrattuale: è questa una delle principali attribuzioni che la legge, con l'art.1130 c.c., riconosce all'amministratore. Può chiedere tutela anche in via d'urgenza, qualora il pregiudizio che ritiene di subire dall'intervenuta violazione del regolamento sia imminente e grave. Il che significa che il ricorso alla particolare ed aperta tutela prevista dall'art. 700 c.p.c. si basa sulla minaccia di un pregiudizio di tale gravità da giustificare la pretesa di ottenere nell'immediato un provvedimento provvisorio.

Il nostro legislatore, con il testo dell'art. 700 c.p.c., manifesta infatti la volontà di predeterminare i confini della tutela d'urgenza, limitandola, attraverso la tipica nozione del periculum in mora, alla presenza di una minaccia di un pregiudizio grave, imminente ed irreparabile in danno delle parti richiedenti
Sotto tale profilo, l'avvio di attività di bed and breakfast o di affittacamere non rappresenta affatto un pregiudizio in re ipsa per gli altri condomini, non ritenendosi decisivo in tal senso nemmeno il divieto contenuto nel regolamento condominiale di adibire l'unità immobiliare ad usi diversi da quello di abitazione (Trib. Milano10 febbraio 2016).

A giustificare l'emissione di un provvedimento urgente di interruzione di tale attività occorre infatti dimostrare l'esistenza concreta ed effettiva di un pregiudizio grave ed irreparabile alla tranquillità e alla sicurezza dei condomini. Non basta dunque affermare l'avvenuta violazione di un divieto previsto nel regolamento, ma occorre provare, in sede di procedimento cautelare, che da tale inosservanza consegua un pericolo per i condomini talmente imminente da non potere attendere l'esito del giudizio di merito.

In evidenza


Sorge invero il dubbio se la lesione del diritto alla tranquillità e alla sicurezza dei condomini negli spazi comuni, in quanto di natura non patrimoniale, meriti di per sé una pronta tutela perché già espressione della pericolosità del pregiudizio irreparabile nel momento stesso in cui si verifica la lesione dell'interesse protetto.

Sembra invece pacifico che sia il solo condominio – e non già il condominio - legittimato ad agire in via d'urgenza a tutela della tranquillità e sicurezza all'interno degli spazi comuni , a presidio di beni giuridici spettanti ai singoli compartecipi.
Non può infatti negarsi che il titolare del diritto alla sicurezza ed alla tranquillità sia necessariamente quel soggetto al quale si riconosce il diritto.

Casistica

CASISTICA


Clausole delimitative di poteri e facoltà dei singoli condomini sulle proprietà esclusive

La previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull'estensione ma sull'esercizio del diritto di ciascun condomino, va ricondotta alla categoria delle servitù atipiche e non delle obbligazioni propter rem, difettando il presupposto dell'agere necesse nel soddisfacimento d'un corrispondente interesse creditorio; ne consegue che l'opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l'indicazione, nella nota di trascrizione, delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2), e 2665 c.c., non essendo invece sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale (Cass. civ., sez.II, 18ottobre 2016, n.21024).

Regolamento da predisporre in futuro

L'obbligo, assunto con il contratto di acquisto di un'unità immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio che sarà predisposto dal costruttore non vale a conferire a quest'ultimo il potere di redigere un qualunque regolamento, né può comportare l'approvazione di un regolamento attualmente inesistente, atteso che solo il concreto richiamo nel singolo atto d'acquisto di uno specifico regolamento, già esistente, consente di considerarlo, per relationem, parte di tale atto (Cass. civ., sez.II, 20 marzo 2015, n.5657).

Opponibilità del regolamento a successivi acquirenti

Il regolamento di un supercondominio, predisposto dall'originario unico proprietario del complesso di edifici, accettato dagli acquirenti nei singoli atti di acquisto e trascritto nei registri immobiliari, in virtù del suo carattere convenzionale, vincola tutti i successivi acquirenti senza limiti di tempo, non solo relativamente alle clausole che disciplinano l'uso ed il godimento dei servizi e delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca (Cass. civ., sez.II,13 giugno 2013, n. 14898).

Divieti e limiti alle proprietà esclusive

I divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze; pertanto, l'individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l'ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti (nella specie, si era riformata la decisione impugnata che, dalla presenza di una clausola del regolamento di condominio espressamente limitativa della destinazione d'uso dei soli locali cantinati e terranei a specifiche attività non abitative, aveva tratto l'esistenza di un vincolo implicito di destinazione, a carattere esclusivamente abitativo, per gli appartamenti sovrastanti, uno dei quali era stato invece adibito a ristorante-pizzeria, mediante scala di collegamento interna ad un vano ubicato al piano terra) (Cass. civ., sez.II, 20 ottobre 2016, n.21307).

Il bed & breakfast è consentito

L'esercizio dell'attività di affittacamere non modifica la destinazione d'uso a civile abitazione degli appartamenti in cui è condotta. Conseguentemente, anche in presenza di regolamento condominiale che vieti di destinare gli appartamenti “ad uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato”, l'attività di bed & breakfast è da ritenersi consentita, essendo inammissibile un'interpretazione estensiva della suddetta norma regolamentare che riservi ai soli proprietari, ai loro congiunti e ai singoli professionisti il godimento delle unità immobiliari site nel condominio (Cass. civ., sez.II, 20 novembre 2014, n.24707)

Requisiti di chiarezza del divieto

Il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In questo ultimo caso, peraltro, per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela (Cass. civ., sez.VI/II, 11settembre 2014, n. 19229).

Regolamento predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio – Opponibilità

Il regolamento di condominio, predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio, vincola chi abbia acquistato le singole unità immobiliari successivamente alla sua predisposizione purché richiamato ed approvato nei singoli atti di proprietà, in modo da far parte per relationem del loro contenuto (nella specie, si è escluso che fosse opponibile a tutti i condomini un regolamento che si trovava depositato presso uno studio notarile e che non risultava neppure trascritto nel registro di cui all'art. 1138, comma 2, c.c. secondo la formulazione ratione temporis applicabile) (Cass. civ., sez.II, 19 settembre 2014, n.19798).

Pagamento di una penale in caso di inosservanza

La condanna a cessare immediatamente, cioè a non continuare lo svolgimento dell'attività di bed & breakfast esercitata da un condomino all'interno della propria unità immobiliare, è riconducibile alla categoria delle obbligazioni di non fare o negative, in cui la prestazione consiste in un comportamento di astensione dell'obbligato dal compiere determinate attività; se l'attività svolta nell'immobile è assimilabile a quella di pensione o affittacamere, vietata dal regolamento contrattuale, deve ritenersi illegittima per violazione della norma regolamentare (fattispecie in materia di opposizione a precetto, avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro a titolo di astreinte ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c., come modificato dalla legge n. 132/2015) (App. Milano 23 febbraio 2022).

Guida all'approfondimento

Tortorici, Bed and breakfast in condominio, in Amministr. immobili, 2018, fasc. 12, 12;

Triola, Opponibilità delle limitazioni alla destinazione delle unità immobiliari, in Amministr. immobili, fasc. 2, 2017;

Salciarini, Bed & breakfast e regolamento di condominio, in Immob. & proprietà, 2015, 151;

Rispoli, Regolamento condominiale contrattuale ed esercizio di attività di bed and breakfast, in Riv. it. dir. turismo, 2015, 23;

Appiano, in Affittacamere, B&B e regolamento in In Condominio, 2016;

Benoit Torsegno, L'attività di bed & berakfast in condominio, in In Condominio, 2016;

Celeste, Novità in materia di attività extralberghiere, in Novità Condominio, febb. 2016;

Terlizzi, Il bed & breakfast e il condominio: problemi di convivenza, in Giur. it., 2011, 104;

Valenti, Regolamento contrattuale di condominio e svolgimento di un'attività di bed and breakfast: interpretazione storicistica dei divieti di destinazione, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 892;

Rezzonico, Il bed and breakfast in condominio e l'approvazione dell'assemblea, in Immob. & diritto, 2009, fasc. 1, 14.

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