Tributario

Attività finanziarie in Paesi Black list e rilevanza delle presunzioni semplici nel processo tributario

Giovambattista Palumbo
12 Febbraio 2025

La Corte di Cassazione, con l'Ordinanza in commento, ha chiarito il valore probatorio delle presunzioni semplici nell'ambito del processo tributario, con particolare riferimento alla disciplina degli investimenti in Paesi considerati paradisi fiscali.

Massima

Nell'ambito del processo tributario diviene legittima l'utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale. La prova della esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti in maniera occulta in Paesi c.d. black list, può essere fornita non solo mediante la presunzione legale ex art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009, ma anche per mezzo di un'unica presunzione semplice, purché grave e precisa.

Il caso

L'Agenzia delle Entrate aveva notificato al contribuente un avviso di accertamento, con il quale aveva determinato un maggior reddito per l'anno d'imposta 2006 per l'omessa dichiarazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi relativamente a investimenti all'estero o attività di natura finanziaria detenute all'estero.

Tale atto era stato emesso a seguito a seguito di attività di verifica effettuata dalla Guardia di Finanza, che, a sua volta, traeva origine dalle informazioni riguardanti il contribuente, acquisite presso l'Amministrazione fiscale francese mediante i canali di collaborazione informativa internazionale previsti dalla Direttive 77/799/CEE del Consiglio del 19 dicembre 1977 e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia, sulla base di una lista di persone fisiche (c.d. lista Falciani) detentrici di disponibilità finanziarie presso una Banca svizzera.

Nell'ambito di tali indagini, era stata infatti accertata la disponibilità, da parte del contribuente, risultato intestatario di conti correnti presso la citata Banca svizzera, della somma di Euro 1.975.785,37, che, in assenza di indicazioni sulla fonte di produzione, era stata imputata alla categoria dei redditi di capitale, con conseguente ricalcolo dell'IRPEF in Euro 848.374,00, oltre addizionali, interessi e sanzioni.

L'avviso di accertamento veniva impugnato dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale rigettava il ricorso con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale.

Il contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo, per quanto di interesse, che la CTR aveva omesso di accertare l'esistenza, la veridicità e la completezza della documentazione che aveva dato origine alla verifica fiscale, di cui lo stesso ricorrente aveva contestato in giudizio la indeterminabilità della provenienza e la insuscettibilità di essere utilizzata quale prova documentale.

Con un secondo motivo di impugnazione, il ricorrente eccepiva poi la violazione dell'art. 2727 c.c. e dell'art. 111 Cost., assumendo che l'esistenza dei conti a lui riferiti e della c.d. Lista Falciani non avrebbe comunque potuto essere considerata un fatto noto al fine dell'applicazione delle presunzioni rilevanti ai fini tributari, non risultando garantito, al riguardo, il giusto processo.

Infine, con un'ulteriore censura, il contribuente deduceva la violazione dell'art. 12, comma 2, d.l. 1 luglio 2009, n. 78, conv. dalla l. 3 agosto 2009, n. 102, rilevando, in particolare, che i giudici di merito avevano errato nell'applicare retroattivamente la presunzione prevista dalla norma richiamata, introdotta a decorrere dal 1 luglio 2009, secondo la quale gli investimenti e le attività finanziarie detenute in paesi c.d. Black list, in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale, si presumono costituiti, ai soli fini fiscali, mediante redditi sottratti a tassazione.

La questione

La presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall'art. 12, comma 2, del d.l. n. 78/2009, conv., con modif., dalla l. n. 102/2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile, e anche considerato che una differente interpretazione potrebbe - in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. - pregiudicare l'effettività del diritto di difesa del contribuente (cfr., Cass., n. 2662/2018).

Tuttavia, la circostanza che la presunzione legale di evasione, stabilita dall'art.12 cit. non sia suscettibile di applicazione retroattiva agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore non preclude all'Ufficio di provare l'esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti occultamente in paesi a fiscalità privilegiata, anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, anche non facendo ricorso alla presunzione legale in oggetto.

Quanto a quali Paesi possano essere considerati “paradisi fiscali” si evidenzia che la Black list è stata costantemente modificata nel corso degli ultimi anni, laddove, con decisione dell'8 ottobre 2024, il Consiglio UE ha aggiornato la Black list dell'Unione Europea, esaminandone la posizione alla luce dei seguenti criteri:

  • trasparenza fiscale e scambio di informazioni;
  • presenza di regimi fiscali privilegiati e non necessità dei requisiti di sostanza economica delle attività;
  • sistemi con imposizione inconsistente o uguale a zero.

I Paesi indicati nella nuova Black list UE sono dunque i seguenti: 

  • Samoa americane
  • Anguilla
  • Figi
  • Guam
  • Palau
  • Panama
  • Russia
  • Samoa
  • Trinidad e Tobago
  • Isole Vergini degli Stati Uniti
  • Vanuatu

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte riteneva il ricorso infondato.

I giudici di legittimità rilevavano, in particolare, che, a parte vari profili di inammissibilità, il tema riguardante la disciplina delle presunzioni nell'ambito delle disposizioni relative al monitoraggio fiscale ha trovato oramai composizione nell'indirizzo della giurisprudenza della Cassazione (v. le ordinanze "gemelle" del 28 aprile 2015 nn. 8605 e 8606, nonché l'ordinanza n. 9670 del 13 maggio 2015 e le sentenze del 19 agosto 2015 nn. 16950 e 16951), che ha ammesso l'utilizzabilità probatoria delle informazioni contenute nella c.d. lista Falciani (così detta dal nome dell'ingegnere informatico che nel 2008 ha “trafugato” l'intero archivio informatico della HSBC Private Bank), formulando alcuni principi di carattere generale (cfr., ex multis, Cass. 28 febbraio 2022, n. 6509; Cass. 19 dicembre 2019, n. 33893; Cass. 5 dicembre 2019, n. 31779), tra cui l'efficacia probatoria degli elementi evidenziati dalle schede clienti (fiche) della banca.

In tema di presunzioni, rileva la Suprema Corte, bisogna infatti evidenziare che, sia in materia di imposte dirette che di IVA, è consentito l'ingresso nell'accertamento fiscale, prima, e nel processo tributario, poi, di elementi comunque acquisiti e, dunque, anche di prove atipiche, ovvero di dati acquisiti in forme diverse da quelle regolamentate, secondo i canoni propri della prova per presunzioni.

In sostanza, qualunque cosa, documento o dichiarazione può costituire la base per una inferenza presuntiva idonea a produrre conclusioni probatorie circa i fatti della causa, potendosi dunque ravvisare nella categoria delle presunzioni semplici (salvo i limiti di cui all'art. 2729 c.c.), la via attraverso la quale le prove atipiche possono entrate nel processo civile.

I requisiti caratteristici delle presunzioni semplici utilizzabili ai fini probatori, che non possono essere stabiliti a priori essendo ad essi immanenti la valutazione del caso concreto, si ritrovano pertanto nella gravità, precisione e concordanza, che, se sussistenti, attribuiscono all'indizio pieno valore probatorio.

Applicando tali principi al caso concreto, secondo la Cassazione, la valutazione dell'intero compendio logico e circostanziale offerto dall'Agenzia delle Entrate ed il ragionamento inferenziale che ne conseguiva, consentiva senz'altro di affermare che i nomi dei soggetti sottoposti ad accertamento non erano finiti "accidentalmente" nella lista, avendo il materiale indiziario rinvenuto nell'archivio informatico un valore indiziario forte, idoneo a configurare l'ipotesi elusiva del trasferimento all'estero di capitali italiani scudati, salvo l'eventualità di elementi di controprova, nella specie non presenti, che sconfessassero quegli stessi elementi.

Osservazioni

In sostanza, è legittima l'utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale.

Ne consegue dunque che sono utilizzabili ai fini della pretesa fiscale anche i dati bancari trasmessi dall'autorità finanziaria francese a quella italiana, ai sensi della direttiva 77/799/CEE, senza onere di preventiva verifica da parte dell'autorità destinataria, anche laddove acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria, dovendo peraltro ribadirsi il principio secondo cui la prova della esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti in maniera occulta in Paesi c.d. black list, può essere fornita non solo mediante la presunzione legale ex art. 12, comma 2, del D.L. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102/2009 (non applicabile comunque, ratione temporis, alla fattispecie), ma anche per mezzo di un'unica presunzione semplice, purché grave e precisa.

Gli elementi di prova in tema di presunzioni semplici non devono infatti essere necessariamente molteplici, potendo il giudice fondare il suo convincimento anche su un solo elemento, purché, per l'appunto, grave e preciso, laddove il requisito della concordanza assume rilievo solamente in presenza di più elementi presuntivi.

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