Calcolo dei contratti a termine per il rispetto del limite di 36 mesi
17 Febbraio 2025
La vicenda che coinvolge l'orchestra del Teatro di Messina e l'Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina (EAR) ruota attorno alla contestazione della validità dei contratti a tempo determinato stipulati a partire dal 1997. La ricorrente ha avviato un'azione legale per chiarire l'illegittimità di tali contratti, richiedendo la trasformazione in contratti a tempo indeterminato, la stabilizzazione e il risarcimento dei danni dovuti alla presunta violazione delle regole sui contratti a termine. Inizialmente, il Tribunale di Messina ha parzialmente accolto le richieste della ricorrente, constatando che alcuni contratti superavano il limite di 36 mesi stabilito per i contratti a termine dal comma 4-bis dell'art. 5 del d.lgs. n. 368/2001. La stabilizzazione non è stata accordata, ma l'Ente è stato condannato a risarcire la ricorrente con sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. La Corte d'Appello ha poi ribaltato la decisione, respingendo le richieste della ricorrente. Ha evidenziato l'impossibilità di convertire i contratti a causa della natura pubblica dell'Ente e delle specifiche normative ad esso applicabili. Inoltre, ha escluso la violazione del limite di 36 mesi, ritenendo inapplicabili alcuni periodi lavorativi precedenti al 2001 e tra il 2008 e il 2009. La ricorrente ha presentato ricorso in Cassazione, basato su due motivi. Il primo sosteneva che la Corte d'Appello non avesse considerato correttamente i contratti stipulati tra il 1997 e il 2001 nel computo dei 36 mesi massimi previsti dalla legge. Il secondo motivo riguardava la non valutazione dei periodi lavorativi tra il 2008 e il 2009. La Corte Suprema ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendo che tutti i contratti a termine successivi tra lo stesso lavoratore e datore di lavoro, inclusi quelli pregressi al 2001, debbano essere considerati per verificare il superamento del limite di durata. Tuttavia, il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile, confermando la decisione della Corte d'Appello in merito al regime transitorio. La Corte Suprema ha sottolineato che, in caso di sequenza di contratti a termine per mansioni equivalenti tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso dipendente, è necessario includere nel termine massimo di 36 mesi anche i contratti conclusi prima dell'emanazione del comma 4-bis dell'art. 5 del d.lgs. n. 368/2001, modificato dalla legge n. 247/2007. Questa disposizione è stata ratificata dalla stessa legge (art. 1, comma 43, legge n. 247/2007), che li considera nel computo totale della durata contrattuale. In sintesi, tutti i precedenti contratti a termine, compresi quelli conclusi prima dell'introduzione della suddetta norma, devono essere inclusi nel calcolo del limite di 36 mesi se rientrano in una specifica sequenza di contratti tra lo stesso lavoratore e lo stesso datore di lavoro. Questo approccio è cruciale per prevenire abusi nell'utilizzo dei contratti a termine e per garantire la tutela dei diritti dei dipendenti.In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza della Corte d'Appello, confermando la decisione di primo grado del Tribunale di Messina e condannando l'Ente al risarcimento della ricorrente. Bussole di inquadramento |