24 Febbraio 2025
Con atto di citazione Sp.Ma., ex moglie di Qu.Pa., premettendo che in costanza di matrimonio avevano acquistato in comunione dei beni due appartamenti e un garage, ne chiedeva il rendiconto in ragione della sua quota in comproprietà del 50%, con condanna dell'ex marito alla restituzione delle eventuali somme che fossero risultate illegittimamente detenute dal convenuto. Nel corso del giudizio di primo grado veniva espletata CTU contabile: all'esito della CTU, il convenuto contestava l'acquisizione probatoria compiuta dal consulente in merito agli atti di proprietà ed ai contratti locazione conseguiti dall'Agenzia delle Entrate, sostenendo che era onere dell'attrice provare il fondamento della sua domanda ed i criteri di calcolo adottati. In ogni caso, il Tribunale accoglieva la domanda attorea. La Corte d'appello, adita da Qu.Pa., in totale riforma della prima decisione, respingeva l'originaria domanda proposta da Sp.Ma., oltre che l'appello incidentale, perché riteneva non provato l'incasso di somme da parte di Qu.Pa. in relazione agli immobili in comunione legale. Sp.Ma. proponeva ricorso, chiedendo la cassazione della sentenza d'appello poiché la Corte aveva erroneamente ritenuto la domanda sfornita di prova e che il ctu fosse andato al di là del mandato, quando aveva richiesto i documenti relativi ai contratti di locazione all'agenzia delle Entrate per rispondere ai quesiti del Giudice. La SC ha ritenuto fondati i motivi sopra indicati della ricorrente, ricordando che, in tema di CTU, Cass. civ., sez. un., 1° febbraio 2022, n. 3086, ha affermato: «il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall'attività di allegazione delle parti - non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d'ufficio». Nel caso di specie, le ragioni poste a fondamento della domanda erano state chiaramente formulate sin dal primo grado, ove peraltro era stata avanzata una richiesta di acquisizione di documentazione ex art. 210 c.p.c. presso le amministrazioni pubbliche al fine di assolvere l'onere probatorio gravante sull'attrice, per sopperire all'impossibilità per la parte privata di produrre alcuni documenti a cui essa non poteva avere diretto accesso, non rientrando nella sua sfera giuridica perché in possesso di una Pubblica Amministrazione. Il Tribunale, senza procedere ai sensi dell'art. 210 c.p.c., aveva ritenuto di disporre direttamente la CTU con chiara natura percipiente e tale condotta non merita censura, poiché non esorbita dai limiti nell'ambito dei quali è consentita la consulenza tecnica percipiente giacché non viola l'onere probatorio che grava sulle parti, ove lo stesso risulti assolto, nel rispetto delle preclusioni istruttorie, mediante la tempestiva istanza ex art. 210 c.p.c. Dunque, la Cassazione ha postulato il seguente principio di diritto: «In materia di consulenza tecnica d'ufficio, il consulente tecnico d'ufficio, nei limiti delle indagini commessegli e nell'osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire su incarico del giudice i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, per i quali le parti avevano presentato tempestiva istanza istruttoria richiedendo l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. al fine di provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni, che è onere delle parti provare, senza che tale attività incorra nella sanzione da nullità relativa ex art. 157 c.p.c.». |