Quando è applicabile la disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate
24 Febbraio 2025
Massima Ai fini della fattispecie di cui all'articolo 2, d. lgs. n. 81/2015, che prevede l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, non è necessario che quest'ultimo tratto abbia caratterizzato ogni profilo della prestazione essendo sufficienti solo alcuni aspetti della c.d. etero organizzazione. Sono pertanto legittime le sanzioni comminate dall'Ispettorato territoriale del lavoro a seguito dell'accertamento della violazione prevista in caso di omessa registrazione delle prestazioni svolte dai collaboratori nel Libro unico del lavoro. Il caso Il caso scrutinato dal Giudice del lavoro del Tribunale di Gorizia riguardava la sanzione amministrativa adottata dall'Ispettorato territoriale del lavoro di Trieste-Gorizia a seguito dell'accertata la violazione dell'irregolare tenuta del libro unico del lavoro ai sensi degli artt. 39, comma 1, 2 e 7, decreto-legge n. 112/2008 e ss.mm. di tre collaboratrici nonché dell'omessa denuncia nominativa all'Inail sia alle stesse collaboratrici, che dell'amministratore delegato della società prevista dall'art. 23, d.P.R. n. 1124/1965. In particolare, gli ispettori di vigilanza avevano contestato che le tre collaboratrici aveva prestato un'attività riconducibile alle collaborazioni etero-organizzate di cui all'art. 2, d. lgs. n. 81/2015 avendo reso una prestazione personale e continuativa, seguendo pratiche di clienti dalla società, assicurando la loro presenza costante. La società e l'amministratore quale obbligato principale, avevano proposto ricorso in opposizione all'ordinanza ingiunzione dell'ITL ritenendo che non era in discussione la natura personale dell'attività svolta, né la circostanza che la collaborazione sia stata prestata nell'arco di tempo segnalato nel verbale unico. Eccepivano tuttavia che difettavano i presupposti per ricondurre i rapporti nello schema di cui all'art. 2, d. lgs. n. 81/2015, in quanto le collaboratrici avrebbero operato sempre con la massima libertà, scegliendo autonomamente quando e dove lavorare e senza subire alcuna ingerenza funzionale dell'organizzazione. Quanto alla denuncia Inail, la società ricorrente eccepiva che l'amministratore non rientrava in alcuna delle figure cui la disposizione menzionata a riferimento dalla norma che si riteneva violata. La contestazione sarebbe dunque radicalmente infondata. L'ITL chiedeva la reiezione del ricorso. La questione La questione riguarda l'applicazione della tutela del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente prevista dall'articolo 2 del d. lgs. n. 81 del 2015. La fattispecie scrutinata dal Giudice del lavoro ha riguardato l'applicazione della tutela del lavoro subordinato alle collaborazioni coordinate e continuative di cui all'articolo 409 c.p.c. alle quali, in presenza dell'etero organizzazione del committente, a far data dal 1° gennaio 2016, pur rimanendo nell'alveo del lavoro autonomo, si applicano le tutele del lavoro subordinato. La disposizione è stata peraltro modificata dall'art. 1 del d.l. n. 101/2019, che in sede di conv. ad opera della l. n. 128/2019, ha eliminato al primo periodo le parole “anche con riferimento ai tempi e luogo di lavoro”. Il Giudice, peraltro, ha ritenuto tale modificazione non decisiva nella ricostruzione della disciplina. Ma qual è l'elemento dirimente ai fini della qualificazione giuridica della fattispecie? Più in particolare, ai fini dell'accertamento della presenza della modalità organizzativa del committente nel caso concreto, assume rilevanza il luogo in cui viene prestato l'attività oppure che il collaboratore svolga l'attività esclusivamente a favore del committente? Le soluzioni giuridiche La dottrina e la giurisprudenza hanno a lungo dibattuto se la disposizione prevista dall'articolo 2 del d. lgs. n. 81/2015 abbia introdotto un tertium genus e dunque una nuova fattispecie contrattuale ovvero se costituisse una norma di disciplina. A mettere un punto fermo è stata la S.C. di Cassazione che, ribaltando la sentenza della Corte d'Appello di Torino, ha ritenuto che trattasi invece di una norma di disciplina che non crea una nuova fattispecie. Più semplicemente, al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dall'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, la legge ricollega imperativamente l'applicazione della disciplina della subordinazione (Cass. civ., sez. lav., 24 gennaio 2020, n. 1663). Applicando tale principio, il Tribunale di Gorizia in commento ha proceduto all'accertamento dei tre elementi delle collaborazioni soffermandosi sulle modalità di organizzazione della prestazione ai fini di verificare se ricorreva il decisivo connotato delle collaborazioni di cui all'art. 2 cit., ossia l'etero-organizzazione. Il giudice del lavoro, segnatamente, ha chiarito che non assume rilievo decisivo la circostanza per cui le collaboratrici fossero libere di scegliere se lavorare presso gli uffici societari o da casa e di stabilire quando dedicarsi alle attività loro assegnate, come aveva eccepito il ricorrente. Non assume rilievo neanche il fatto che le tre collaboratrici avessero o meno altri clienti avulsi da quelli del committente. Infatti, l'esclusività della prestazione non è stata considerata un tratto cui la legge attribuisce rilevanza ai fini della riconducibilità della stessa alla disciplina di cui all'art. 2. In conclusione, ciò che si è considerato rilevante accertare è stato se le collaboratrici siano state coordinate, secondo il comune accordo delle parti, così mantenendo la loro piena autonomia organizzativa, ciò che condurrebbe a sussumere la vicenda entro la figura di cui all'art. 409, n. 3) c.p.c. oppure se le modalità d'esecuzione della prestazione siano state organizzate dal committente nel senso precisato dalla Cassazione nella sent. n. 1663/2020. Ovvero, se il loro svolgimento sia stato determinato dall'etero-organizzazione, ossia da una «modulazione unilateralmente disposta» dalla società, così che l'operato reso in suo favore potesse «opportunamente inserirsi ed integrarsi con la sua organizzazione di impresa». Sulla base delle risultanze istruttorie raccolte è emerso che le collaboratrici erano obbligate a seguire procedure di lavoro unilateralmente imposte dal committente, non essendo libere di scegliere il software da impiegare. Conclusivamente, il quadro emerso dall'attività giudiziale ha condotto in definitiva ad accertare che le collaborazioni oggetto dell'accertamento sono state personali, continuative ed etero-organizzate. Sebbene quest'ultimo tratto non abbia caratterizzato ogni profilo della prestazione, ma solo alcuni aspetti di essa, la giustapposizione degli spazi di autonomia residui con gli spazi “occupati” dalle scelte unilaterali del creditore implica che, sotto il profilo disciplinare, debba propendersi per l'applicazione dell'art. 2, d. lgs. n. 81/2015, deponendo in tal senso il chiarimento della sentenza della Cassazione già citata per cui, allorché il legislatore ha eliminato dalla disposizione le parole «anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro», ha inteso «rendere più facile l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato…così mostrando chiaramente l'intento di incoraggiare interpretazioni non restrittive» della nozione di etero-organizzazione e, per questa via, dell'art. 2 menzionato. Per tali ragioni è stato respinta l'opposizione del ricorrente. Accolta invece l'opposizione rispetto all'omissione della d.n.a. Inail relativa all'amministratore unico, non socio, poiché l'art. 23, d.P.R. n. 1124/1965 non prevede tale soggetto tra i soggetti per i quali ricorre l'obbligazione di effettuare la comunicazione. Osservazioni Ai fini dell'effettiva sussunzione della fattispecie in quella prevista dall'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015, occorre che la collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409 c.p.c. abbia quel quid pluris che consenta di accertare che vi sia l'etero direzione del committente. In buona sostanza, dalla macrocategoria del lavoro autonomo ex art. 2222 c.c., la presenza degli elementi della continuità della prestazione e del coordinamento conduce all'inquadramento dell'attività svolta dal prestatore di lavoro nella collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 409 c.p.c. A tale ultima fattispecie, c.d. parasubordinazione, si applicano una serie di tutele quali, ad es., tutela assicurativa Inail, contribuzione previdenziale Inps con obbligazione contributiva del committente, trattamento fiscale assimilato al lavoratore dipendente. Inoltre, si applica il rito del lavoro. Laddove le collaborazioni coordinate e continuative siano connotate da una modalità organizzativa del committente (c.d. etero-organizzazione), si applicano le tutele del lavoratore subordinato ai sensi del richiamato d.lgs. n. 81/2015. La giurisprudenza ha ritenuto che il legislatore non abbia introdotto una nuova fattispecie contrattuale nell'ordinamento bensì esteso anche alle suddette collaborazioni le tutele previste per il lavoratore subordinato (Cass. civ., sez. lav., n 1663/2020). L'accertamento spetta al giudice del merito il quale, sulla base della vicenda processuale, dovrà verificare la spazio di autonomia del prestatore nell'organizzare la propria attività e l'invasività, per l'appunto etero-organizzazione, del committente. La sentenza si conforma alla pronuncia della corte di legittimità ritenendo correttamente decisiva l'effettiva etero organizzazione del committente dell'attività delle tre collaboratrici risultando nel caso di specie chiaramente emersa nel corso dell'indagine giudiziale. La norma, pur nella chiara posizione assunta dalla giurisprudenza, rimane comunque non immune da criticità operative. Appare infatti non agevole, una volta accertata la sussunzione nella fattispecie di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 81/2015, individuare quali delle tutele dell'ordinamento previste a favore del lavoratore subordinate possano essere effettivamente applicate al lavoratore autonomo inquadrato nell'alveo della collaborazione coordinata e continuativa etero organizzata. Riferimenti O. Mazzotta, Commentario breve alle Leggi del lavoro, Milano, 2022, pp. 2195 – 2200. Bussole di inquadramento |