Whistleblowing, mobbing e interesse personale del segnalante
Domenico Tambasco
25 Febbraio 2025
Qual è il perimetro del whistleblowing? È possibile veicolare le denunce di condotte lavorative ostili e persecutorie (mobbing, straining, violenze e molestie, etc.) nell’alveo di questo innovativo e, per molti versi, ancora poco conosciuto istituto di importazione?
Inquadramento
Si tratta di domande sempre più frequenti nella prassi operativa, alle quali la pronuncia in commento (Cass. 27 gennaio 2025, n. 1880) cerca di fornire una risposta che tuttavia -anticipiamo le conclusioni- non pare cogliere la complessità del fenomeno in esame.
In apparenza, la soluzione elaborata dal diritto vivente -nel cui solco si colloca la sentenza in esame- sembrerebbe univoca: “l'istituto del cd. whistleblowing non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori. Questo tipo di conflitti infatti sono disciplinati da altre normative e da altre procedure” (cfr. Cass. 27 gennaio 2025, n. 1880, cit.; conf. Cass. 27 giugno 2024, n. 17715; Consiglio di Stato sez. II, 17 luglio 2023, n. 7002; T.A.R. Roma, Lazio, sez. I, 7 gennaio 2023, n. 236; T.A.R. Napoli, Campania, sez. VI, 6 febbraio 2020, n. 580).
Formula tralatizia che, nella sua concreta declinazione pratica, ha portato la giurisprudenza di merito a disconoscere la natura di segnalazione di whistleblowing (negando la correlativa tutela) alla comunicazione della lavoratrice che aveva denunciato “doglianze di carattere personale e rivendicazioni che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro ed ai rapporti della propalante con superiori gerarchici, che non rientrano nell'ambito dell'applicazione delle norme sul whistleblowing” (Trib. Milano, sez. lav., 6 febbraio 2025, n. 604).
D'altronde, anche il dettato normativo recentemente introdotto dal d.lgs. 24/2023 non parrebbe lasciare adito a dubbi; infatti, tra le ipotesi di espressa deroga all'applicazione della disciplina, l'art. 1, comma 2, lett. a) del decreto attuativo prevede proprio le “contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia all'autorità giudiziaria o contabile che attengono esclusivamente ai propri rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico, ovvero inerenti ai propri rapporti di lavoro o di impiego pubblico con le figure gerarchicamente sovraordinate”.
Si tratta di deroga, è opportuno precisarlo, frutto della scelta esercitata dal legislatore nazionale sulla base dell'opzione concessa dalla Direttiva 2019/1937, il cui considerando n. 22 stabilisce che “Gli Stati membri potrebbero decidere di prevedere la possibilità che le segnalazioni riguardanti vertenze interpersonali che interessano esclusivamente la persona segnalante, in particolare vertenze riguardanti conflitti interpersonali tra la persona segnalante e un altro lavoratore, possano essere trattate nell'ambito di altre procedure disponibili”.
Whistleblower ed egoistic blower, ovvero la differenza tra interesse collettivo e interesse individuale
La questione sembrerebbe, quindi, molto chiara: al di fuori della segnalazione o della denuncia presentata nell’interesse pubblico o al fine di tutelare l’integrità dell’amministrazione o dell’ente privato di appartenenza, non può parlarsi di whistleblowing. Viceversa, le rivendicazioni o le contestazioni che attengano al rapporto di lavoro e che, di fatto, abbiano quale fondamento un’istanza eminentemente personale, individuano un soggetto definibile quale “egoistic blower” che, in quanto tale, non può rivendicare le tutele previste dalla speciale normativa di derivazione eurounitaria.
D’altro canto, la distinzione rispecchia la dicotomia tra interesse collettivo (sotteso all’azione del whistleblower) e interesse individuale (proprio dei contenziosi inerenti al singolo rapporto di lavoro), che sembra richiamare l’animus del segnalante, che manifesta tratti tipicamente “altruistici” nel whistleblowing e per converso “egoistici” nelle rivendicazioni giuslavoristiche (sia consentito rimandare a D. Tambasco, divieto di misure ritorsive e condotte persecutorie sul lavoroIl divieto di misure ritorsive e le condotte persecutorie sul lavoro, in R. Cantone, N. Parisi, D. Tambasco (a cura di), Whistleblowing. Commento sistematico del decreto legislativo n. 24/2023, Milano, Giuffrè Lefebvre, 2025, in corso di pubblicazione).
La risposta alle domande poste in apertura sembrerebbe quindi già scritta: il whistleblowing non può che riguardare violazioni segnalate o denunciate dal propalante nell’interesse dell’ente di appartenenza, a prescindere da qualsivoglia rivendicazione di tipo personale. In questa cornice normativa, pertanto, la denuncia di condotte persecutorie (mobbing, straining, work stalking, etc.) subite ad opera del datore di lavoro, del superiore gerarchico o dei colleghi parrebbe non avere spazio alcuno. Veicolare contenuti di questo tipo all’interno dei canali di segnalazione comporterebbe, in definitiva, l’inevitabile “espulsione” dei materiali considerati estranei al circuito del whistleblowing.
Una precisazione è d’obbligo, per evitare fraintendimenti: se nella fase iniziale (cd. “genetica”) della segnalazione la preclusione alle rivendicazioni individualistiche è netta, non altrettanto si può dire nella successiva ed eventuale “fase ritorsiva”, in cui l’ordinamento espressamente prevede il diritto dei whistleblowers (e, più in generale, delle persone di cui all’art. 3 del decreto attuativo) di denunciare gli atti e le rappresaglie lavorative subite in conseguenza della propalazione di illeciti. Se si guarda alla lista delle ritorsioni elencate nell’art. 17, d.lgs. 24/2023, infatti, si potrà notare che esse coincidono con le condotte e gli atti che, tipicamente, integrano le fattispecie moleste e persecutorie sul lavoro. Il contenzioso individuale fa quindi il suo ingresso in questa seconda fase, tanto da divenire l’oggetto delle misure di protezione previste in chiave deterrente dal capo III del decreto attuativo.
In sintesi, le rivendicazioni concernenti il rapporto di lavoro individuale non possono in nessun modo entrare nella prima fase di segnalazione/denuncia di illeciti lavorativi ma soltanto nella seconda -e ipotetica- fase, allorché abbiano ad oggetto l’illegittima reazione datoriale alla propalazione effettuata dal dipendente. In questo caso, il whistleblower vittima di rappresaglie potrà legittimamente presentare tanto la “comunicazioni di ritorsioni” ai sensi dell’art. 19, comma 1, d.lgs. 24, cit., per attivare il procedimento sanzionatorio dinanzi ad ANAC, quanto l’azione per la tutela dei propri diritti dinanzi all’autorità giudiziaria (art. 19 comma 4 d.lgs. 24, cit.).
Sembrerebbe tutto chiaro e scontato, se non fosse per l’avverbio “esclusivamente” inserito dal legislatore, che rimette tutto in gioco: vediamo come.
L'interesse misto: la denuncia di condotte persecutorie o di situazioni stressogene che coinvolgono anche altre persone
Tanto il decreto attuativo quanto la direttiva europea, nel prevedere la deroga all'applicazione della disciplina nel caso di segnalazioni concernenti contenziosi lavorativi individuali, utilizzano l'avverbio “esclusivamente”, sebbene con formulazioni parzialmente differenti (“contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale…che attengono esclusivamente ai propri rapporti individuali di lavoro o di impiego pubblico”, cfr. art. 1 comma 2, lett. a) d.lgs. 24/2023; “segnalazioni riguardanti vertenze interpersonali che interessano esclusivamente la persona segnalante”, cfr. considerando n. 22 Dir. Ue 2019/1937).
In linea di massima, le disposizioni in esame paiono limitare l'eccezione soltanto nel caso in cui le vertenze lavorative interpersonali concernano in modo esclusivo l'interesse del segnalante. Il che implica, a contrario, che l'ordinamento non esclude affatto la possibilità di canalizzare nei circuiti di segnalazione e denuncia anche le rivendicazioni lavorative individuali, quando all'interesse squisitamente personale coesista anche un interesse collettivo, proprio dell'ente di appartenenza. Interpretazione, questa, già espressa da tempo sia da ANAC (prima con delibera n. 782/2019 e poi con le Linee Guida approvate con delibera 9 giugno 2021, n. 469), sia dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I-quater, 7 gennaio 2023, n. 236), sia da parte della dottrina (cfr. A. Ubaldi, Ambito di applicazione oggettivo e soggettivo della nuova disciplina del whistleblowing, in D. Tambasco (a cura di), La nuova disciplina del whistleblowing dopo il d.lgs. n. 24/2023, Milano, Giuffrè Lefebvre, p.12).
In particolare, sebbene con riferimento alla previgente -e omologa- disciplina, “Se…è vero che le garanzie previste dall'art. 54-bis, d.lgs. n. 165 del 2001 devono essere riservate alle sole segnalazioni che abbiano ad oggetto condotte lesive di un interesse collettivo o diffuso, a esclusione, quindi, di tutte quelle che riferiscono comportamenti lesivi di interessi meramente personali (egoistic blowers), è condivisibile quanto affermato da ANAC — prima con la Delib. n. 782 del 2019 e poi ancora con le Linee Guida approvate con Delib. 9 giugno 2021, n. 469 — in ordine al fatto che l'art. 54-bis non richiede che la segnalazione avvenga nell'esclusivo della p.a. e che, quindi, le tutele previste nella citata disposizione trovano applicazione anche quando l'interesse all'integrità della p.a. coincide o si accompagna con l'interesse privato del segnalante” (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I-quater, 7 gennaio 2023, n. 236, cit.).
D'altro canto, “l'eventuale sussistenza e portata di interessi personali del segnalante andrà valutata ad esempio, tenendo conto che lamentele di carattere personale come contestazioni, rivendicazioni o richieste che attengono alla disciplina del rapporto di lavoro o ai rapporti con superiori gerarchici o colleghi non possono generalmente essere considerate segnalazioni di whistleblowing, a meno che esse non siano collegate o collegabili alla violazione di regole procedimentali interne all'amministrazione che siano sintomo di un malfunzionamento della stessa. Resta fermo, infatti, che, alla luce della ratio che ispira la legislazione in materia di prevenzione della corruzione, non si possano escludere dalla tutela ex art. 54-bis le segnalazioni nelle quali un interesse personale concorra con quello della salvaguardia dell'integrità della pubblica amministrazione” (cfr. ANAC, Linee Guida 2021, p. 14-15).
In definitiva, “se anche coesistesse un interesse personale del segnalante, ciò non varrebbe di per sé ad escludere l'applicazione delle tutele di cui all'art. 54 bis d.lgs. 165/01. La norma, infatti, non richiede che la segnalazione avvenga nell'interesse esclusivo della p.a; ciò significa che le tutele trovano applicazione anche quando l'interesse all'integrità della p.a. coincide o si accompagna con l'interesse privato del segnalante” (delibera ANAC n. 782 del 4 settembre 2019, p. 10).
Quelli ora enunciati sono principi che, sebbene si riferiscano al previgente art. 54-bis del d.lgs. 165/2001, si possono totalmente sovrapporre alla disciplina attuale che, come abbiamo appena visto, esplicita la necessaria “esclusività” dell'interesse personale al fine di rendere inapplicabile la protezione legislativa.
Ciò significherà, in concreto, che nel caso in cui un dipendente denunci episodi di mobbing, di violenza e molestie lavorative o di conflittualità stressogena (il cd.“Eristress”, cfr. EGE, Eristress, lo stress da conflittualità, Milano, Franco Angeli, 2024) aventi quali vittime anche o soltanto altri colleghi, in questa ipotesi la segnalazione o la denuncia dovrà considerarsi presentata ritualmente, concorrendo insieme all'interesse personale anche quello collettivo rappresentato, nel caso di specie, dalla tutela della salute e della sicurezza nell'ambiente di lavoro (cfr. F. Marinelli, Whistleblowing e Mobbing: un connubio possibile nel pubblico impiego?, Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 4/2023, p. 685).
L'interesse misto: la violazione del Modello 231 e del Codice Etico
Le criticità non si esauriscono nell'applicazione del dettato normativo ma, al contrario, si moltiplicano a contatto con la governance aziendale e, in particolar modo, con il complesso e articolato sistema della compliance interna. Si fa riferimento, in particolar modo, alla regolamentazione contenuta nei Modelli di Organizzazione e Gestione previsti dal d.lgs. 231/2001 e alle prescrizioni ricomprese nei Codici Etici che ne sono parte integrante. Infatti, possono essere oggetto di segnalazione interna di whistleblowing ai sensi degli artt. 4 e ss. d.lgs. 24, cit., oltre alle violazioni concernenti i reati presupposto della responsabilità dell'ente, anche le « violazioni dei modelli di organizzazione e gestione » (art. 2, comma 1, lett. a), n. 2, d.lgs. n. 24/2023), incluse quindi le infrazioni del codice etico, le cui disposizioni -come detto- sono da ritenersi incorporate nel modello organizzativo, in quanto « comportamenti, atti od omissioni che ledono l'interesse pubblico o l'integrità [...] dell'ente privato » (art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 24/2023).
Come acutamente osservato a livello dottrinale (cfr. M. Chilosi, M. Riccardi, La governance interna all'ente privato: Compliance e modello 231, codici etici e di comportamento, in R. Cantone, N. Parisi, D. Tambasco (a cura di), Whistleblowing. Commento sistematico del decreto legislativo n. 24/2023, cit.), l'ambito delle violazioni veicolabili nel sistema interno di whistleblowing può essere costruito proprio attraverso il codice etico. Ne deriva che l'ente, proprio per mezzo delle previsioni del codice etico, “è in grado concretamente di plasmare, ex ante e dall'esterno (rispetto al dettato normativo), il perimetro delle segnalazioni pertinenti e, dunque, suscettibili di trattazione ai sensi del d.lgs. n. 24/2023, ampliando o riducendo i confini delle « violazioni » rilevanti” (M. Chilosi, M. Riccardi, La governance interna all'ente privato: Compliance e modello 231, codici etici e di comportamento, cit.).
Potranno così assumere rilevanza, nella prospettiva che ci occupa, anche quelle condotte rientranti nei già citati fenomeni del mobbing, dello straining, dello stalking occupazionale, dell'eristress o delle molestie, per il solo fatto di integrare una o più violazioni del codice etico interno (nella parte in cui il documento prescriva, ad esempio, il divieto di adottare condotte vessatorie o stressogene, ovvero qualsiasi comportamento idoneo a compromettere un ambiente rispettoso della salute e della sicurezza lavorativa).
Ne deriva conseguentemente che, nel caso in cui il dipendente segnali attraverso il canale interno una questione lavorativa personale che al contempo integri una violazione del codice etico aziendale, la propalazione dovrà considerarsi rilevante ai fini della disciplina whistleblowing, non potendo essere archiviata o dichiarata inammissibile per il semplice fatto di riguardare un rapporto individuale di lavoro o una controversia giuslavoristica. Del resto, anche in questo caso il gestore non potrà non ravvisare la sussistenza di un “interesse misto”.
Alcune linee guida
Come si declinano nella prassi applicativa i principi appena enunciati?
Potrà essere d’aiuto, soprattutto per i gestori dei canali di segnalazione, tracciare alcune linee guida di massima. In prima battuta, si dovranno distinguere tre ipotesi alternative:
La segnalazione riguarda esclusivamente violazioni o illeciti nell’interesse dell’integrità dell’azienda o dell’ente: è rilevante;
La segnalazione concerne espressamente sia violazioni o illeciti nell’interesse dell’integrità dell’azienda o dell’ente, sia un rapporto di lavoro individuale o un contenzioso interpersonale: è rilevante;
La segnalazione concerne esclusivamente violazioni o illeciti commessi in relazione ad un rapporto di lavoro individuale o a un contenzioso interpersonale: da approfondire.
In sede di approfondimento della terza ipotesi, il gestore potrà utilizzare la seguente check list:
Le violazioni e/o gli illeciti segnalati concernono anche una o più disposizioni del Codice Etico Aziendale? Rilevante se risposta positiva/Inammissibile se negativa
Il Codice Etico Aziendale è richiamato nel Modello Organizzativo 231 interno? Rilevante se risposta positiva/Inammissibile se negativa
È prevista una procedura speciale (distinta rispetto al whistleblowing) per le violazioni del codice etico interno (es., procedura “speak up” nel caso di molestie sessuali), che non è stata seguita nello specifico caso? Inammissibile se risposta positiva/Rilevante se negativa
È comunque allegata documentazione che concerne illeciti o violazioni che hanno rilievo per l’integrità aziendale? Rilevante se risposta positiva/Inammissibile se negativa
Conclusioni
L'analisi, che ha preso avvio dal commento della recente sentenza della Cassazione n. 1880/2025, ha tracciato un percorso diverso rispetto al cammino inizialmente prevedibile.
Ciò che possiamo desumere dai principi enucleati, in particolare, è che tanto il gestore in sede di esame della segnalazione interna quanto l'operatore del diritto in sede di valutazione contenziosa (o pre-contenziosa), dovranno rifuggire da comodi -e fallaci- automatismi: non sempre, come abbiamo appena visto, la denuncia di una violazione concernente il rapporto di lavoro individuale può essere archiviata “a cuor leggero”, soprattutto se l'organizzazione prevede al suo interno un articolato sistema di Compliance. Al contrario, sarà sempre utile operare un attento scrutinio dei flussi informativi, filtrando “al microscopio” gli interessi personali e quelli collettivi, alla luce non solo della legislazione ma anche e soprattutto delle disposizioni regolamentari interne, Codici Etici in primis.
Si tratta di uno scrutinio, è il caso di evidenziarlo a chiare lettere, che non potrà mai rivolgersi all'animus del segnalante, pena la violazione del cogente precetto delineato dall'art. 16, comma 2 d.lgs. 24/2023, secondo cui “I motivi che hanno indotto la persona a segnalare o denunciare o divulgare pubblicamente sono irrilevanti ai fini della sua protezione”.
L'analisi della propalazione effettuata dal whistleblower, in definitiva, dovrà svolgersi in modo oggettivo, andando anche oltre il tenore testuale della segnalazione stessa: decisiva, in tal senso, sarà l'opera di corretta ricostruzione e -se necessario- di riqualificazione del flusso informativo nella fase di gestione del procedimento whistleblowing, che avrà ricadute rilevanti sulla successiva -ed eventuale- applicazione delle misure di protezione anti-retaliation.