Il rifiuto della parte a conciliare non opera automaticamente sulla condanna alle spese, ma va valutata nel merito

La Redazione
27 Febbraio 2025

Tizio, mentre percorreva una strada con la propria mountain bike, perdeva il controllo a causa delle pessime condizioni della strada, cadendo a terra e riportando lesioni. Citava in giudizio l'ente deputato alla manutenzione della strada in qualità di responsabile ex art. 2051 c.c. Il Tribunale rigettava le domande attoree e Tizio proponeva appello, per ciò che qui rileva, censurando la condanna alle spese secondo il principio di soccombenza, nonostante avesse tentato di esperire la negoziazione assistita obbligatoria, che dava esito negativo a causa del disinteresse di controparte.

La Corte territoriale ha rigettato il motivo in quanto infondato, poiché è vero che il comportamento della parte invitata alla negoziazione assistita che non risponde entro il termine di 30 giorni dall’invito può essere valutato dal giudice ai fini dell’applicazione della disciplina della responsabilità aggravata, ma è sempre concessa una giustificazione per dimostrare che il silenzio, di fronte all’invito, è stato giustificato da valide ragioni. Vanno dunque valutate nel merito le ragioni che spingono la parte a non conciliare: difatti, se la sua domanda è potenzialmente fondata o comunque non temeraria, è suo diritto non aderire all’offerta di conciliazione senza che ciò abbia conseguenze sul profilo della condanna.

Nel caso di specie, la convenuta non ha aderito alla negoziazione assistita sapendo che non vi era spazio per una soluzione conciliativa della vertenza e ha avuto ragione alla luce di quanto emerso in causa.

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