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Reati tributari e particolare tenuità del fatto

14 Marzo 2025

Prime pronunce sull'art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74/2000.

Massima

L'art. 13, comma 3-ter, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f), n. 3), d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87) è norma sostanziale più favorevole, suscettibile, in virtù del principio generale sancito dall'art. 2, comma 4, c.p., di applicazione retroattiva anche a fattispecie delittuose commesse in epoca antecedente la sua entrata in vigore (29 giugno 2024).

Laddove l'art. 13, comma 3-ter, lett. c), d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 menziona la “rateizzazione”, quale modalità di pagamento attraverso la quale il debito tributario è in corso di estinzione, a rilevare è anche il piano rateale previsto dall'art. 1, commi da 186 a 205, legge 29 dicembre 2022, n. 197 (c.d. “definizione agevolata della lite tributaria pendente”)

Il caso

La Corte di appello confermava, quanto alla responsabilità penale, la sentenza del Tribunale con la quale l'imputato, all'esito di giudizio abbreviato, era stato condannato per il reato di cui all'art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per avere, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, indicato, nella dichiarazione annuale relativa a dette imposte, elementi passivi fittizi.

L'imputato interponeva ricorso per cassazione e, ai fini che qui interessano, denunciava, anche formulando “motivi aggiunti”, la violazione degli artt. 2 e 13, comma 3-bis (per come introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f) d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87), d.lgs. n. 74/2000 e 131-bis c.p., evidenziando l'esiguità dell'importo dell'imposta sul valore aggiunto da ritenersi evasa (euro 9.705,00), addirittura inferiore alla soglia (di 100.000 euro) prevista dall'art. 2, comma 2-bis, d.lgs. n. 74/2000, nonché, con riguardo alla “condotta susseguente al reato”, l'intervenuta adesione, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, alla procedura di definizione della lite pendente in sede tributaria ed il puntuale pagamento di ogni singola rata fino ad allora dovuta (con conseguente incidenza sull'ammontare del debito residuo pari ad euro 7.550,09).

La questione

Chiaro l'accertamento devoluto al giudice di legittimità, chiamato, ai fini che qui interessano, a pronunciarsi in merito alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p. e al suo concreto atteggiarsi in abito penal-tributario, ove, come noto, per effetto delle innovazioni introdotte dall'art. 1, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 87/2024, v'è una disposizione, l'art. 13, comma 3-ter, d.lgs. 74/2000, a tenore della quale «Ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all' articolo 131-bis del codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: a) l'entità dello scostamento dell'imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto al comma 1, l'avvenuto adempimento integrale dell'obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l'amministrazione finanziaria; c) l'entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14».

Le soluzioni giuridiche

In accoglimento delle doglianze difensive, il giudice di legittimità ha annullato l'impugnata sentenza limitatamente al punto concernente l'applicabilità dell'art. 131-bis c.p., con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello territorialmente competente.

In particolare, la S.C. ha precisato che:

a) «i giudici dell'appello (…) hanno omesso l'analisi della fattispecie in relazione all'eventuale sussistenza dei presupposti previsti dal citato art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74/2000, il quale, costituendo norma sostanziale più favorevole - come tale suscettibile di applicazione retroattiva in virtù del principio generale sancito dall'art. 2, comma 4, c.p. - trova applicazione anche nella fattispecie, benché il fatto sia stato commesso in epoca antecedente»;

b) «La sentenza impugnata, nello specifico, ha mancato di confrontarsi con le censure, avanzate dalla difesa - sul rilievo della avvenuta adesione dell'imputato alla procedura di definizione della lite pendente in sede tributaria, ai sensi della legge n. 197/2022 - inerenti all'entità del debito tributario residuo, pari ad euro 7.550,09, per l'intervenuto pagamento delle prime dodici rate previste, per un ammontare complessivo, sinora versato, di euro 2.156,88».

Osservazioni

La decisione in commento, certamente corretta nelle sue premesse di principio e nei suoi epiloghi concreti, offre taluni spunti di approfondimento, connessi ad alcune (delle tante) modifiche apportate dall'evocato d.lgs. n. 87/2024 alle disposizioni dettate dal d.lgs. n. 74/2000.

Al riguardo, sono di sicuro rilievo, almeno ai fini che qui interessano, le innovazioni introdotte, nel corpo dell'art. 13 d.lgs. n. 74/2000, dal citato art. 1, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 87/2024: tutte afferenti all'ambito di rilevanza dell'estinzione del debito tributario quale accadimento idoneo ad integrare una causa di non punibilità.

Nel dettaglio, nella sua attuale formulazione l'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 – di cui risulta modificata anche la rubrica (non più “Causa di non punibilità …”, ma “Cause di non punibilità …”) – prevede:

a) come in passato, la non punibilità dei reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, d.lgs. n. 74/2000 (comma 1) e dei reati di cui agli artt. 2,3,4 e 5 d.lgs. n. 74/2000 (comma 2), se il debito tributario è estinto nei tempi e nei modi all'uopo indicati;

b) con statuizione di nuovo conio, la non punibilità di taluni reati riscossivi (“Omesso versamento di ritenute certificateex art. 10-bis d.lgs. 74/2000 e “Omesso versamento di IVAex art. 10-ter d.lgs. 74/2000), allorquando il mancato pagamento del debito tributario sia dovuto a “crisi di liquidità” (comma 3-bis);

c) con statuizione parimenti innovativa (che tiene conto del particolarismo caratterizzante la materia penal-tributaria), specifiche regole di accertamento della particolare tenuità del fatto, quale causa di non punibilità regolamentata dall'art. 131-bis c.p., ai fini della cui sussistenza è demandato al giudice di valutare “in modo prevalente” – e non quindi esclusivo rispetto ai criteri dettati dalla citata disposizione codicistica –«“uno o più dei seguenti indici: a) l'entità dello scostamento dell'imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto al comma 1, l'avvenuto adempimento integrale dell'obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l'amministrazione finanziaria; c) l'entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14» (comma 3-ter).

Rispetto alla concreta operatività di tale ultima disposizione, la sentenza in commento offre due importanti indicazioni che concorrono a meglio delimitarne l'ambito.

Anzitutto, il giudice di legittimità ha chiarito che l'art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74/2000 – riferibile a tutte le fattispecie incriminatrici contemplate dal d.lgs. n. 74/2000 e quindi, pur se nei limiti (anche di cornice edittale) previsti dall'art. 131-bis c.p., anche ai “reati dichiarativi” (che, per vero, non sono stati espressamente estromessi dal relativo ambito di operatività) – è «norma sostanziale più favorevole» come tale «suscettibile di applicazione retroattiva in virtù del principio generale sancito dall'art. 2, comma 4, c.p.» e che, quindi, è destinata ad operare anche laddove «il fatto sia stato commesso in epoca antecedente» alla data (29 giugno 2024) della sua entrata in vigore.

Non solo.

Ma l'attenta lettura dalla motivazione della sentenza in commento legittima l'ulteriore precisazione per cui, laddove il citato art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74/2000 contiene riferimento alla “rateizzazione” [quale modalità di pagamento attraverso la quale il debito tributario è stato estinto (art. 13, comma 3-ter, lett. b), d.lgs. n. 74/2000), ovvero è in corso di estinzione (art. 13, comma 3-ter, lett. c), d.lgs. n. 74/2000)], a rilevare è qualsivoglia “piano rateale” accordato, anche in ossequio a disposizioni previste da norme tributarie di natura “condonistica”, dall'Amministrazione Finanziaria.

Sia, quindi, il piano rateale eventualmente concordato con l'Ente Impositore (come è a dirsi, ad esempio, nei fatti oggetto della pronuncia in commento) ai sensi dell'art. 1, commi da 186 a 205, legge n. 197/2022 (c.d. “definizione agevolata della lite pendente”); sia il piano rateale eventualmente concordato con l'Agente della Riscossione [come è a dirsi, ad esempio, nei fatti oggetto di altra recente pronuncia del giudice di legittimità (Cass. pen., sez. III, 31 gennaio 2025, n. 4145] ai sensi dell'art. 1, commi da 231 a 252, legge n. 197/2022 (c.d. “definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione”).

E tanto, bene si badi, pur se, in entrambe le fattispecie indicate, il relativo piano di rateizzazione postula (in ciò manifestandosi le peculiarità delle citate disposizioni di legge) la corresponsione di quanto dovuto a titolo di imposta e di interesse, ma non di quanto dovuto a titolo di sanzione tributaria.

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