Mancata verifica della regolarità del contraddittorio ai sensi dell’art. 171-bis c.p.c.
19 Marzo 2025
Per rispondere adeguatamente al quesito, bisogna premettere che la mancata verifica d'ufficio della regolarità del contraddittorio nei termini previsti dall'art. 171-bis c.p.c. configura un'irregolarità processuale che richiede una valutazione sulle sue conseguenze. A tal proposito, anche a seguito della riforma Cartabia, pare fondamentale far riferimento alla sentenza Corte Cost., 3 giugno 2024, n. 96, la quale ha fornito un'interpretazione che bilancia l'esigenza di concentrazione processuale con il rispetto del contraddittorio, riconoscendo al giudice un margine di discrezionalità nella gestione delle verifiche preliminari: «Non è fondata, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 171-bis c.p.c., nella parte in cui prevede l'emanazione, con decreto, di provvedimenti di carattere interlocutorio fuori udienza e senza alcun contraddittorio preventivo con le parti: l'art. 171-bis c.p.c., infatti, nonostante imponga che il giudice, sin dal decreto di fissazione dell'udienza, indichi alle parti le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione, in modo che le parti siano sollecitate a sviluppare la propria posizione su di esse già nelle memorie di cui al successivo art. 171-ter, non esclude che il giudice - vuoi prima, vuoi dopo l'emanazione del decreto, vuoi d'ufficio, vuoi su richiesta di parte - abbia il potere discrezionale di fissare (eventualmente nelle più agili forme consentite dai collegamenti audiovisivi) un'udienza ad hoc, con eventuale differimento o fissazione di una nuova udienza di comparizione, che non comporta né preclusioni né decadenze per le parti, determinando i punti su cui essa deve svolgersi, fermo restando che, in difetto della fissazione di questa nuova udienza, nell'udienza di trattazione il giudice è tenuto in ogni caso a discutere con le parti circa la legittimità dei provvedimenti ordinatori emessi con il decreto di fissazione dell'udienza, i quali sono, pertanto, suscettibili di essere confermati, modificati o revocati. Ove una parte solleciti il giudice a fissare un'udienza anticipata al fine di realizzare il contraddittorio su una questione di rito, rilevata d'ufficio dal giudice stesso e decisa con decreto, l'ordinanza di conferma adottata nell'udienza di prima comparizione non comporta preclusioni o decadenze per la parte stessa ove quest'ultima non abbia posto in essere l'attività processuale prescritta con decreto». Quindi, a detta della Corte costituzionale, riassumendo l'articolato iter argomentativo della sentenza in questione, nel processo civile ordinario di cognizione, il decreto di fissazione dell'udienza ex art. 171-bis c.p.c., con cui il giudice effettua le verifiche preliminari sulla regolarità del contraddittorio e adotta i conseguenti provvedimenti, deve contemperare l'esigenza di concentrazione processuale con il rispetto del principio del contraddittorio. Tale interpretazione costituzionalmente orientata consente di bilanciare l'obiettivo di concentrazione e speditezza del processo con l'indefettibile garanzia del diritto di difesa, evitando che il canone della ragionevole durata del processo comprima oltre misura il contraddittorio tra le parti. In definitiva, quindi, il giudice mantiene il potere-dovere di procedere alle verifiche anche successivamente al termine dei quindici giorni, potendo fissare un'udienza specifica per consentire l'interlocuzione fra e con le parti. La mancata verifica nei termini non determina automaticamente la nullità del procedimento; questo principio è rafforzato anche dall'ordinanza Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2023, n. 22863, che ribadisce l'obbligo del giudice di sottoporre alle parti qualsiasi questione rilevata d'ufficio, assegnando loro un termine per depositare memorie: «Ai sensi dell'art. 101, comma 2 c.p.c., il giudice, se ritiene "di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione". La norma sancisce il dovere di evitare sentenze adottate in violazione del principio della "parità delle armi", principio già enucleabile dall'art. 183 c.p.c., che al comma 3 (oggi quarto, in virtù di quanto disposto dall'art. 2, comma 3, lett. c-ter),d.l. n. 35/2005, convertito in l. n. 263/2005) fa carico al giudice di indicare, alle parti, "le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione"». Le conseguenze della mancata verifica nei termini, pertanto, variano in base alla concreta lesione del diritto di difesa delle parti. Quindi, qualora una parte solleciti la fissazione di un'udienza per contestare provvedimenti adottati inaudita altera parte, non potranno verificarsi preclusioni o decadenze prima che sia garantito il contraddittorio nell'udienza di trattazione; diversamente, se la parte non sollecita il preventivo contraddittorio, la mancata ottemperanza agli ordini del giudice produrrà gli effetti previsti dalla legge, ferma restando la possibilità di impugnazione ove la mancata osservanza del contraddittorio si tradurrà in un motivo di gravame. Ciò cui bisogna prestare attenzione, quindi, è che non si sia verificata una lesione sostanziale dei diritti processuali delle parti, tenendo presente che il giudice mantiene, infatti, i poteri di direzione del procedimento previsti dall'art. 175 c.p.c., anche e soprattutto a seguito della riforma Cartabia, potendo adottare i provvedimenti necessari per regolarizzare il contraddittorio anche in un momento successivo. |