Crisi d'impresa
IlFallimentarista

Il concordato semplificato e le novità apportate dal Correttivo-ter

19 Marzo 2025

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio rappresenta uno strumento di nuovo conio rivolto agli imprenditori in crisi o insolventi, che è stato oggetto delle recenti modifiche introdotte dal d.lgs. n. 136 del 13 settembre 2024 (c.d. Correttivo-ter al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza).

Inquadramento

Lo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio nasce nel contesto della crisi pandemica da Covid-19 e rappresenta una procedura concorsuale finalizzata a non incappare nel fallimento, oggi procedura di liquidazione giudiziale.

La novità in esame è stata apportata dagli artt. 18 e 19 del d.l. n. 118 del 24 agosto 2021, convertito con modificazioni dalla Legge del 21 ottobre 2021, n. 147, recante «Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia».

Siffatto strumento costituisce uno dei mezzi di regolazione della crisi e dell'insolvenza afferente alla categoria delle procedure concorsuali di natura concordataria, subordinato al previo esperimento della composizione negoziata con esito negativo.

La disciplina è collocata agli artt. 25-sexies e septies c.c.i.i., recentemente novellati dal d.lgs. n. 136 del 13 settembre 2024.

L'istituto e il confronto con il concordato preventivo

Il concordato semplificato si caratterizza per il coinvolgimento di tutti i creditori dell'imprenditore, ai quali deve essere garantita la par condicio creditorum. Ad attestare la concorsualità dell'istituto vi è anche la limitazione dei poteri gestori in capo all'imprenditore e la stretta interlocuzione con l'autorità giudiziaria.

Prima di soffermarsi diffusamente sull'analisi del concordato semplificato, è doveroso chiarire come esso non sia una mera species della procedura di concordato preventivo. Invero, sebbene i due istituti abbiano in comune lo scopo di scongiurare la temuta procedura di liquidazione giudiziale, il concordato semplificato assume una propria autonomia, caratterizzandosi per alcune peculiarità che la contraddistinguono dal contiguo istituto.

La prima differenza attiene ai destinatari degli istituti: mentre al concordato preventivo può accedere solo chi sia assoggettabile alla procedura di liquidazione giudiziale, il concordato semplificato è fruibile da tutti gli imprenditori, agricoli o commerciali, anche di piccole dimensioni, purché iscritti al registro delle imprese.

Un altro distinguo riguarda il fatto che il concordato semplificato si connota per una maggiore snellezza. Invero, mentre il concordato preventivo consta di tre fasi (proposta, votazione e omologazione), nel concordato semplificato difetta lo step della votazione dei creditori, i quali, de facto, vengono in parte soppiantati dal tribunale, il quale svolge un ruolo preminente in questa procedura.

Un ulteriore elemento distintivo risiede nel fatto che la disciplina del concordato semplificato non prevede la possibilità di dare corso a una continuità aziendale, data la sua natura prettamente liquidatoria, come è evincibile fin dalla rubrica dell'art. 25-sexies che testualmente recita «concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio».

A ciò si aggiunge che solo per l'accesso al concordato semplificato è necessario aver previamente esperito in modo infruttuoso un tentativo di composizione negoziata della crisi.

Cionondimeno, nonostante l'autonomia delle procedure, la disciplina del concordato semplificato offre puntuali rimandi alla normativa del concordato preventivo.

Di converso, manca una norma di chiusura che effettui un rinvio generalizzato, per quanto non appositamente disciplinato negli artt. 25-sexies e septies c.c.i.i., alla disciplina del concordato preventivo. Questa assenza viene giustificata, per l'appunto, dalla diversità strutturale delle due procedure, tale da escludere una norma di rinvio generalizzato.

Sul punto, emergono alcuni problemi - di tipo interpretativo - originati dalle esigue disposizioni dettate per il concordato semplificato. Ebbene, alla luce della contiguità delle due procedure e della sussistenza di taluni punti di contatto, una soluzione ragionevole potrebbe essere l'applicazione analogica, ove possibile, delle disposizioni previste per il concordato preventivo (analogia legis).

Similmente, potrebbero anche essere applicati i principi che governano l'istituto del concordato preventivo mediante un'operazione di analogia juris.

In merito, tuttavia, sono emerse voci dottrinali dissenzienti che ricavano, dall'assenza di una norma generale di rinvio, l'inapplicabilità analogica delle disposizioni relative al concordato preventivo, in ragione di una presunta volontà legislativa sfavorevole a siffatto rimando. Tra le argomentazioni utilizzate, si sottolinea la differente disciplina prevista per il concordato minore, laddove, al contrario, è stato previsto un rinvio generale al concordato preventivo (art. 74 c.c.i.i.); da ciò si deduce che l'assenza di un espresso rinvio non sia una mera dimenticanza da colmare mediante applicazione analogica, bensì l'espressione di una non equivoca volontà di escludere un rimando generalizzato.

La procedura (fasi e soggetti)

I requisiti

Come anticipato, al concordato semplificato hanno accesso tutti coloro che abbiano la qualità di imprenditore, sia commerciale sia agricolo, ad esclusione degli enti pubblici, e che siano in stato di crisi o di insolvenza (requisito soggettivo).

Altro requisito - di tipo oggettivo - per accedere al concordato semplificato è l'aver esperito infruttuosamente il tentativo di composizione negoziata della crisi (artt. 12 ss. c.c.i.i.).

Un'altra condizione essenziale di accesso è lo svolgimento delle trattative di composizione negoziata secondo correttezza e buona fede. Ciò implica che l'imprenditore attui un comportamento trasparente, ad esempio rappresentando in modo esaustivo la situazione aziendale e svolgendo le trattative nel prevalente interesse dei creditori.

Alcuni dubbi, tuttavia, potrebbero emergere quando il buon comportamento attuato durante la fase delle trattative sia preceduto da condotte scorrette preordinate a una favorevole – per l'imprenditore – composizione negoziata della crisi. In quest'ultima ipotesi, a voler essere estremamente rigorosi, potrebbe ritenersi affetta da scorrettezza anche la fase successiva di composizione negoziata in quanto viziata “a cascata” dalle antecedenti condotte.

Il ricorso

L'art. 25-sexies c.c.i.i. prevede che la domanda di concordato semplificato possa essere proposta unicamente dal debitore, mediante ricorso, nei sessanta giorni successivi alla ricezione della comunicazione della relazione finale redatta dall'esperto incaricato di presiedere le trattative relative alla composizione negoziata della crisi.

Alla proposta di concordato devono essere allegati il piano di liquidazione e i documenti indicati all'art. 39 del Codice; tuttavia, il Correttivo-ter ha reso possibile, al pari di quanto previsto per il concordato preventivo (art 44 c.c.i.i.), la possibilità di presentare la domanda di concordato semplificato con riserva di deposito della proposta e del piano. Si tratta, in sostanza, di un concordato “in bianco” che l'imprenditore dovrà, giocoforza, integrare con la documentazione mancante nel termine fissato dal tribunale.

Si rammenta anche che, al momento della domanda, l'imprenditore potrà richiedere al tribunale la concessione di misure protettive o cautelari idonee a preservare il patrimonio del debitore e conseguentemente a garantire il buon esito della procedura di composizione della crisi. Tra le misure richiedibili vi è la nomina di un custode dell'azienda o del patrimonio e viene altresì previsto che – là dove il debitore ne faccia domanda - dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese i creditori non possano iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul suo patrimonio.

L'imprenditore, dunque, chiede l'omologazione del concordato semplificato mediante ricorso da presentarsi dinanzi al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la sede principale, ossia il centro preminente dei suoi interessi. Il ricorso viene comunicato al pubblico ministero e pubblicato nel registro delle imprese entro il giorno successivo alla data di deposito in cancelleria. Da questo momento si producono alcuni effetti, quali la prededuzione dei crediti indicati dalla legge, lo “spossessamento attenuato” del debitore - posto che, per compiere atti straordinari, questi deve chiedere l'autorizzazione al tribunale - e il divieto per i creditori di acquistare diritti di prelazione.

Per ragioni di completezza si evidenzia che, quando lo stato di crisi o di insolvenza investa una società, l'accesso al concordato semplificato è subordinato alla decisione esclusiva degli amministratori, i quali sono altresì investiti del compito di definire il contenuto della proposta e le condizioni del piano. In ossequio a quanto disposto dall'art. 120-bis c.c.i.i., la decisione di accesso al concordato deve risultare da verbale redatto da notaio e deve essere depositata e iscritta nel registro delle imprese. Nonostante il ruolo cruciale degli amministratori nell'esprimere la volontà societaria, la domanda di concordato semplificato abbisogna comunque della sottoscrizione del rappresentante legale dell'ente.

Il piano

La domanda di concordato semplificato deve essere corredata da un piano che riporta le modalità e i tempi di adempimento della proposta.

L'imprenditore gode di elevata autonomia nella sua formulazione che, a differenza di quanto avviene nel concordato preventivo, non deve necessariamente incontrare il favore della maggioranza dei creditori. A questi ultimi, infatti, non sono attribuiti i diritti di voto e di presentare controproposte, ma è consentito, come unica forma di tutela, l'opposizione all'omologazione.

Come suggerito dal titolo della rubrica, si tratta di un piano necessariamente liquidatorio che comporta la cessione dei beni. Cionondimeno, la liquidazione non deve essere per forza atomistica, potendo consistere anche nel trasferimento dell'intera azienda o di suoi rami in capo a un terzo, in modo tale da evitare il suo smembramento.

È chiara l'utilità di questa operazione che, malgrado non permetta al debitore di mantenere il possesso del suo patrimonio, consente comunque di realizzare una continuità aziendale di tipo indiretto.

Quanto ai contenuti del piano, le disposizioni sono davvero scarne. Tra le poche, viene prevista la facoltà di suddividere i creditori in classi che, ai sensi dell'art. 2, lett. r), c.c.i.i., riuniscono i creditori accomunati dalla medesima posizione giuridica e da interessi economici omogenei.

Ad ogni buon conto, si ritiene che il piano debba essere ben determinato e preciso. Esso deve essere strutturato in modo dettagliato indicando con precisione gli obiettivi, le modalità e le tempistiche di raggiungimento degli stessi, le varie fasi attuative, anche intermedie, prospettando le eventuali criticità che potrebbero frapporsi al raggiungimento degli scopi.

Del resto, solo in presenza di un piano analitico il tribunale è messo nelle condizioni di valutarne la bontà, confrontando i possibili esiti con quelli ottenibili dalla procedura di liquidazione giudiziale. A tal fine, il tribunale si avvale anche delle valutazioni emergenti dalla relazione finale dell'esperto e dal suo parere, oltre che dalla relazione dell'ausiliario; tali valutazioni, tuttavia, non lo vincolano, essendo legittimato a discostarsene.

L'esame di ammissibilità

Una volta pervenuta la domanda di concordato semplificato, il tribunale valuta se aprire la procedura, verificando in primis se il richiedente abbia osservato le condizioni previste dalla legge. Si tratta essenzialmente di un vaglio di ammissibilità del concordato.

Tale controllo si appunta sulla sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi della domanda (vale a dire sulla qualifica di imprenditore e sul previo esperimento di un infruttuoso tentativo di composizione della crisi), sulla competenza territoriale, sulla tempestività della domanda, sul contenuto essenzialmente liquidatorio della proposta e sulla corretta formazione delle classi dei creditori.

In seguito, nonostante il codice taccia sul punto, taluni ritengono che il tribunale possa effettuare anche una valutazione di merito, vagliando la fattibilità del piano. Secondo quest'ultima prospettazione, il giudizio del tribunale non si limiterebbe a verificare la ritualità della domanda, ma affronterebbe finanche le questioni di merito, con la possibilità di decretarne l'inammissibilità, qualora il piano appaia inadeguato a fronteggiare gli obiettivi anelati dall'imprenditore. In questo caso, il tribunale adotta un provvedimento di inammissibilità con cui dichiara cessati gli effetti derivanti dalla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.

Viceversa, qualora il piano superi il vaglio di ammissibilità della proposta concordataria, il tribunale emette il decreto di apertura della procedura, ordina che la proposta, unitamente al piano e alle relazioni di cui sopra, vengano comunicati ai creditori a cura del debitore e fissa la data dell'udienza di omologazione.  

Figure di rilievo - l'esperto

Alla procedura in esame partecipa anche l'esperto, il quale rappresenta la figura di spicco della composizione negoziata. Egli ha il ruolo di facilitatore delle trattative tra l'imprenditore e i creditori; è il professionista che presiede la fase preliminare di composizione della crisi all'esito della quale, in caso di insuccesso, attesta, mediante apposita relazione finale, l'irrealizzabilità degli esiti previsti dall'art. 23 c.c.i.i.

Detta attestazione è imprescindibile per accedere al concordato semplificato.

L'esperto, inoltre, è chiamato a elaborare un parere con riguardo «ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte».

Si tratta di una relazione tecnica finalizzata a dotare il tribunale degli strumenti per decidere sull'omologazione.

Come per la relazione dell'ausiliario, il giudizio può essere favorevole o sfavorevole, con l'eventuale indicazione di modifiche del piano.

Il parere dell'esperto, tuttavia, si focalizza unicamente sulle prospettive liquidatorie ed effettua un giudizio prognostico sulla fattibilità del piano, ossia sul soddisfacimento dei creditori in ossequio a quanto preventivato.

Figure di rilievo - l'ausiliario

Con il decreto di apertura della procedura, il tribunale nomina l'ausiliario, che deve far pervenire l'accettazione dell'incarico entro tre giorni.

Egli è una figura assimilabile a quella del commissario giudiziale nel concordato preventivo; in particolare, trattasi di un professionista indipendente che svolge una serie di compiti, tra i quali vigilare sull'amministrazione dei beni del debitore fino all'omologazione e monitorare la corretta esecuzione del concordato.

Un'altra rilevante incombenza posta in capo all'esperto consiste nella predisposizione di un parere, da rendere al tribunale nel termine prefissato, nel quale l'ausiliario si esprime sul contenuto del piano e sulla sua fattibilità. Con riferimento a quest'ultimo profilo, l'ausiliario potrebbe esprimersi in senso favorevole ovvero in senso sfavorevole, proponendo, in quest'ultima ipotesi, modifiche o integrazioni.

Come già anticipato, le indicazioni fornite dall'ausiliario assumono una valenza di prim'ordine ai fini della decisione assunta dal tribunale, sebbene quest'ultimo, in quanto peritus peritorum, possa discostarsene. Il parere, inoltre, potrebbe giocare un ruolo dirimente anche per l'imprenditore che, dinanzi al giudizio negativo dell'ausiliario, potrebbe approfittarne per integrare il piano, conformandolo alle sue indicazioni, sì da scongiurare il rischio che il tribunale neghi l'omologazione.

L'omologazione

Tra la scadenza concessa all'ausiliario per rendere il parere e l'udienza di omologazione devono decorrere non meno di quarantacinque giorni.

In questa fase, i creditori possono opporsi all'omologazione costituendosi non oltre dieci giorni prima dell'udienza. In tal modo, i creditori opponenti possono evidenziare i profili di illegittimità che inficiano il piano e la proposta, evidenziando altresì l'inettitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Ebbene, giunti a questa fase, il tribunale omologa il concordato se riscontra le seguenti condizioni: la corretta instaurazione del contraddittorio, il rispetto delle cause di prelazione, la fattibilità del piano di liquidazione e la tutela dei diritti dei creditori.

Quest'ultima verifica viene espletata mediante un giudizio prognostico, di tipo comparativo, con cui il tribunale è chiamato a verificare se il piano di liquidazione apporti benefici inferiori o superiori a quelli ricavabili dalla procedura di liquidazione giudiziale.

Solo qualora la liquidazione giudiziale tuteli maggiormente le prerogative dei creditori, il tribunale sarà costretto a negare l'omologazione del concordato.

Viceversa, l'omologazione viene disposta mediante decreto, immediatamente esecutivo, avverso il quale può essere proposto reclamo, entro 30 giorni, innanzi alla Corte d'Appello. Parimenti, il decreto della corte d'appello può essere oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione.

Liquidazione

Una volta omologato il concordato, si apre la fase della liquidazione, presieduta dalla figura del liquidatore, nominato con il decreto di omologazione.

In merito a questa fase, gli art. 25-sexies e septies c.c.i.i. rinviano, in sostanza, alle disposizioni dettate dal legislatore in merito all'esecuzione e alla risoluzione del concordato preventivo.

In ultimo, si ritiene che anche dal concordato semplificato possa scaturire il beneficio dell'esdebitazione in ragione dell'esplicito richiamo dell'art. 25-sexies, ult. cpv., all'art. 117 c.c.i.i. (ex art 184 l. fall.) nel quale viene prescritta l'obbligatorietà del concordato omologato per i creditori, fatti salvi i diritti di questi ultimi nei confronti dei coobbligati, dei fidejussori e degli obbligati in via di regresso.

Le novità del Correttivo-ter al Codice

Il d.lgs. n. 136 del 13 settembre 2024 ha apportato significative modifiche alla disciplina del concordato semplificato.

Tra le novità passate in rassegna, si rammenta l'introduzione della facoltà di proporre una domanda “prenotativa” di concordato semplificato, con riserva di presentare il piano in un momento successivo (art. 25-sexies, comma 1, ultimo periodo, c.c.i.i.).

Un'altra novità consiste nell'inserimento della c.d. falcidia dei creditori privilegiati mediante il richiamo all'art. 84, comma 5, c.c.i.i. La disposizione prevede che tale categoria di creditori possa anche non essere integralmente soddisfatta, salvo il diritto a ricevere un quantum non inferiore alla somma ottenibile dalla liquidazione del bene su cui insiste la causa di prelazione.

Viene, altresì, previsto il controllo del tribunale sulla corretta formazione delle classi dei creditori e la possibilità per l'imprenditore di integrare il piano presentato.

Ne deriva che in tale eventualità, con riferimento alla suddivisione in classi, il piano concordatario dovrà fornire specifica indicazione della soddisfazione prevista anche per i privilegiati degradati al chirografo.

Un'altra modifica ha riguardato l'art. 54 c.c.i.i., nel quale ora si prevede espressamente, anche per la procedura di concordato semplificato, la possibilità di ottenere misure protettive e/o cautelari al fine di tutelare il buon esito della composizione della crisi.

Il Correttivo ha modificato, altresì, il comma 3 dell'art. 25-sexies, ampliando la serie di elementi oggetto di valutazione del tribunale con il c.d. vaglio di ritualità sopra esaminato.

Infine, la modifica dell'art. 25-septies, comma 1, c.c.i.i., rinviando all'art. 115 c.c.i.i., incide sui poteri assegnati al liquidatore.

A questi viene attribuito il potere di esercitare qualsiasi azione prevista dalla legge per recuperare i beni dell'imprenditore – quale, ad esempio, la revocatoria ordinaria – oltre al potere di promuovere o continuare un'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci della società.

Conclusioni

In conclusione, si ritiene che il concordato semplificato rappresenti una novità apprezzabile nel panorama del diritto della crisi d’impresa, giacché ha fornito all’imprenditore uno strumento ulteriore di regolazione della crisi connotato da un’accentuata snellezza.

Nonostante il giudizio complessivamente positivo, permangono alcuni aspetti critici che stimolano una riflessione negli operatori del diritto e che, in prospettiva, potrebbero anche indurre a un ripensamento dell’istituto.

In particolare, ci si interroga sulla scarsa regolamentazione della procedura, la cui disciplina si incentra in soli due articoli, i quali, per buona parte, effettuano una serie di rinvii chirurgici. Il vero problema si pone nelle ipotesi in cui difetti una disciplina apposita o un rinvio, sicché ci si domanda quali disposizioni debbano essere applicate. Siffatta operazione interpretativa potrebbe essere non agevole e foriera di dubbi, essendoci somiglianze, ma anche differenze tra gli istituti dai quali eventualmente trarre in via analogica le norme da applicare; di talché, il legislatore avrebbe dovuto essere più chiaro, a parere di chi scrive, disciplinando in modo più puntuale l’istituto.

Pertanto, in prospettiva de iure condendo, il legislatore potrebbe pensare a una riformulazione dell’istituto mediante l’impiego di un complesso normativo più dettagliato e completo. In alternativa, non potremo che attendere i principali orientamenti interpretativi degli operatori del diritto.

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