La variante dilatoria (imperfetta) del concordato preventivo
Filippo Lamanna
20 Ottobre 2014
Nel regime normativo ante-riforma il concordato preventivo assolveva ad una funzione tipicamente esedebitatoria e solo in taluni casi, ed in senso solo relativo, una funzione anche dilatoria, che invece veniva assolta in modo tipico e fisiologico dall'amministrazione controllata. Eliminata quest'ultima procedura in sede di riforma e dato ingresso alla possibilità di una più elastica conformazione della proposta di concordato, questo è divenuto l'unica procedura concorsuale utilizzabile (“anche”) con finalità dilatorie, anche se ancor oggi la legge fallimentare non contempla affatto il caso-limite in cui il debitore concordatario, avendo il solo interesse a fruire di una moratoria per superare un momentaneo stato di illiquidità, intenda proporre ai creditori l'integrale pagamento di tutti i suoi debiti, sia per capitale, che per interessi. Lo dimostra indirettamente, ma chiaramente, l'art. 169 l.fall. laddove richiama l'art. 55 l.fall..
Nel regime normativo ante-riforma il concordato preventivo assolveva ad una funzione tipicamente esedebitatoria e solo in taluni casi, ed in senso solo relativo, una funzione anche dilatoria, che invece veniva assolta in modo tipico e fisiologico dall'amministrazione controllata. Eliminata quest'ultima procedura in sede di riforma e dato ingresso alla possibilità di una più elastica conformazione della proposta di concordato, questo è divenuto l'unica procedura concorsuale utilizzabile (“anche”) con finalità dilatorie, anche se ancor oggi la legge fallimentare non contempla affatto il caso-limite in cui il debitore concordatario, avendo il solo interesse a fruire di una moratoria per superare un momentaneo stato di illiquidità, intenda proporre ai creditori l'integrale pagamento di tutti i suoi debiti, sia per capitale, che per interessi. Lo dimostra indirettamente, ma chiaramente, l'art. 169 l.fall. laddove richiama l'art. 55 l.fall.. Tale ultima norma, infatti, statuisce che la dichiarazione di fallimento sospende - agli effetti del concorso - il corso degli interessi sui crediti concorsuali pecuniari chirografari, siano essi convenzionali o legali, fino alla chiusura del fallimento. La norma (che è indubbiamente di carattere imperativo) impone dunque un effetto sospensivo ex lege, in ragione del quale possono essere ammessi al passivo solo gli interessi ante-fallimentari relativi ai crediti chirografari, mentre, quanto agli interessi endo-fallimentari inerenti a tali crediti, essi restano sospesi e non possono essere ammessi al passivo. Siccome tale norma si applica anche al concordato preventivo, ne risulta per ciò stesso dimostrato che in tale procedura per definizione non è previsto il pagamento integrale dei debiti, perché comunque, qualunque sia l'entità del patrimonio del debitore assoggettato alla procedura, almeno gli interessi endoconcorsuali sui crediti chirografari non possono (e non devono) essere pagati, situazione che invece non si verificava nell'amministrazione controllata, cui l'art. 55 non era applicabile in coerenza con la natura essenzialmente “moratoria” dell'istituto, conseguendone che, all'esito della stessa, il debitore doveva pagare per intero i suoi debiti, per capitale ed interessi, compresi quelli maturati nel frattempo. Si può naturalmente discutere su che cosa debba intendersi per interessi “endo-concorsuali”. Se, infatti, l'art. 55 l.fall. precisa che la sospensione opera solo “agli effetti del concorso”, il che implica, nel fallimento, che gli interessi endo-concorsuali siano solo quelli maturati tra la dichiarazione di fallimento e la sua chiusura e possano comunque essere fatti valere, in difetto di esdebitazione, solo dopo la chiusura stessa (cfr. Trib. Milano 10 maggio 2012, in ilFallimentarista.it, 20 luglio 2012, con commento di Inzitari, Interessi endofallimentari: inammissibile la domanda di insinuazione, vanno azionati dopo la chiusura della procedura), ciò deriva dal fatto che nel fallimento è immaginabile una fase procedimentale (il fallimento vero e proprio), che realizza la sua funzione tipica prima, appunto, del momento della chiusura del procedimento, momento dopo il quale il debitore fallito ritorna in bonis non esdebitato (quanto meno normalmente). Di converso, nel concordato preventivo la fase procedimentale che arriva fino all'omologa, momento in cui la procedura si chiude, non ha una propria autonoma funzione esecutiva, ma mero carattere preparatorio, giacché l'esecuzione, e tramite essa la realizzazione dei fini concordatari, si avrà solo nella fase post-omologa. Il “concorso”, ai cui effetti si verifica la sospensione degli interessi ex art. 55, è perciò da intendersi riferito, in tal caso, all'intero arco di durata del concordato, ossia fino all'esaurimento della fase esecutiva. In sostanza, qualunque sia il contenuto della proposta, l'effetto sospensivo di cui all'art. 55 l.fall. perdurerà anche per tutta la relativa fase di esecuzione post-omologa, traducendosi, come una parte auterovole della dottrina ha sempre opinato (v. per tutti Cuneo, Le procedure concorsuali, 1431), in interruzione, o, ancor meglio, in estinzione definitiva degli interessi stessi. In sostanza, seguendo questa tesi, che pienamente condivido, una volta eseguito il concordato, non vi sarà mai spazio per una reviviscenza degli interessi sospesi, visto che la loro sospensione è finalizzata giustappunto a consentire tale esecuzione e per tale motivo essa diventa – quale mezzo al fine – parte necessaria dello stesso contenuto della proposta e del piano. Questa tesi, come qualcuno ricorderà, fu fatta propria anche dalla Corte costituzionale con la pronuncia 30 dicembre 1994, n. 471, allorchè giudicò non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 169 l.fall. nella parte in cui, richiamando l'art. 55, prevede la sospensione del decorso degli interessi sui crediti chirografari durante lo svolgimento della procedura concorsuale anche nel caso in cui dal ricavato della vendita dei beni oggetto del concordato preventivo sia avanzato un residuo (ipotesi in cui quest'ultimo va restituito al debitore). Evidenziò, infatti, la Corte che nel concordato preventivo “viene pur sempre a stabilirsi un equilibrio dei vantaggi e dei rischi delle due parti: da un lato il debitore, cedendo tutti i suoi beni, mira a non incorrere nelle gravi conseguenze civili e penali del fallimento chiudendo subito e definitivamente la sua situazione debitoria senza ulteriori strascichi circa le richieste di capitale o interessi; e, dall'altro, i creditori accettano di realizzare rapidamente, in tutto o in parte, le loro ragioni attraverso l'immediata disponibilità di quei beni. Una pretesa successiva all'adempimento del concordato, avente ad oggetto gli interessi "sospesi" (o, come si sostiene in dottrina "estinti" per effetto della omologazione che ha cristallizzato definitivamente tutto quanto dovuto, sia per capitale che per interessi), snaturerebbe questa figura concorsuale, alterando il predetto equilibrio”. Invece, secondo una tesi diversa prospettata in epoca post-riforma (Filocamo, in Commentario Ferro, 1276), tesi che di fatto ridimensiona la natura naturaliter esdebitatoria del concordato preventivo, in mancanza di specifica e diversa indicazione della proposta (che però potrebbe anche prevederne l'estinzione) gli interessi riprenderebbero a decorrere dalla data dell'omologazione. La tesi però non convince, anche perché finisce per interpretare in tal caso il concetto di “concorso”, ai cui effetti si verifica la sospensione degli interessi ex art. 55, come riferito alla sola fase andante fino all'omologa, conclusione inaccettabile poiché semmai è nella fase esecutivo-satisfattiva che nel concordato preventivo il concorso ha modo di realizzarsi concretamente. Come che sia, credo però che sia comunque incontestabile che siano non più dovuti quanto meno gli interessi (sospesi) maturati dalla presentazione della domanda fino all'omologa. Il che implica che nel concordato preventivo, in ogni caso, una parte del debito (a seconda della tesi che si preferisce, i soli interessi sospesi fino all'omologa o anche quelli successivi) non è più dovuta. Tale disciplina finisce conseguentemente per conformare in modo del tutto peculiare quella residuale funzione di “moratoria” che il debitore può comunque voler perseguire (e che era la funzione prima assolta fisiologicamente dall'amministrazione controllata). Il legislatore, infatti, non esclude che il concordato possa essere piegato anche al perseguimento di tale semplice funzione dilatoria, ma la tipizza ex ante in modo duplice ed imperfetto: reputa cioè che l'interesse del debitore non possa essere solo quello di pagare con ritardo i crediti chirografari, ma che necessariamente debba essere anche quello di non pagare affatto gli interessi che maturano sui crediti chirografari durante il procedimento di concordato. E siccome l'interesse prefigurato dal legislatore è sempre duplice, nei termini appena detti, ne consegue che il concordato preventivo, anche quando sia finalizzato nelle intenzioni del debitore solo ad una dilazione, potrà realizzarla solo in modo imperfetto, poiché esso sarà sempre e comunque anche di carattere esdebitatorio, quantomeno rispetto al suddetto debito per interessi. Da tale impostazione discende un'ulteriore spiegazione del perché sussista sempre un interesse dei creditori chirografari alle sorti del concordato, interesse appunto motivato dalla inevitabile perdita – quanto meno - dei detti interessi endoconcorsuali (oltre che, come più spesso accade, anche dalla perdita di una quota parte della sorte capitale). Da ciò consegue la loro invariabile legittimazione al voto. Viceversa, siccome la sospensione non si applica ai creditori muniti di prelazione, questi, come solitamente si afferma, sono indifferenti al concordato, e da ciò deriva la loro esclusione dal diritto di voto (anche se tale cd. indifferenza va intesa in senso relativo, perché sussiste, secondo la logica di quest'impalcatura normativa, anche se essi verranno pagati comunque con ritardo, ossia non prima che il concordato sia omologato ed addirittura dopo un anno da tale data se sia così concretamente previsto nei concordati con continuità aziendale exart. 186-bis, comma 2, lett. c), o comunque nel variabile periodo di tempo che intercorre fino al momento in cui venga perfezionata la vendita dei beni oggetto di garanzia, allorchè sarà concretamente possibile ripartire le somme realizzate). Resta da stabilire se il debitore in concordato preventivo, pur potendo avvalersi dell'effetto sospensivo/estintivo di cui all'art. 55, possa comunque rinunciarvi in parte, avvalendosi solo provvisoriamente della sospensione, ma offrendo ai creditori chirografari, con riferimento alla fase esecutiva post-omologa, anche il pagamento degli interessi che maturano in corso di procedura. Alla luce di quanto detto fin qui, la risposta non può che essere negativa. Il debitore, infatti, non può formulare una tale offerta nel concorso (chè semmai essa dovrebbe considerarsi una sorta di liberalità extra-concorsuale) semplicemente perché, quando e se sarà pronunciata l'omologa, il debito per i suddetti interessi si estinguerà e in tale prospettiva già la stessa offerta iniziale di pagamento integrale anche degli interessi endoconcorsuali finirebbe per risultare priva di causa. È in ogni caso l'omologa, come già evidenziato dalla Consulta, la condicio sine qua non per il determinarsi dell'estinzione definitiva di tali interessi (anche – secondo la tesi che si predilige – per il periodo successivo), mentre, se l'omologa dovesse mancare, l'effetto estintivo non si produrrebbe, sia ove fosse pronunciato un fallimento consecutivo (nel qual caso la sospensione a causa della “consecutio” proseguirebbe fino alla chiusura del fallimento), sia in mancanza di fallimento e di ritorno in bonis del debitore (caso in cui evidentemente non avrebbe più ragione di perdurare alcun effetto sospensivo finalizzato al concorso).
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