Procedura principale e secondaria

21 Marzo 2016

Tanto nel Regolamento n. 1346/2000 quanto nel più recente Regolamento n. 848/2015 il legislatore europeo, attraverso la previsione di una procedura principale di insolvenza e di una o più procedure secondarie ha inteso attuare il principio della c.d. universalità limitata. Da un lato, infatti, la procedura principale di insolvenza, che può essere aperta dai giudici dello Stato membro in cui si trova il centro degli interessi principali del debitore (c.d. Center Of Main Interests – COMI), ha ad oggetto l'intero patrimonio del debitore a prescindere dall'effettiva localizzazione dei beni; dall'altro lato, invece, è prevista la possibilità di aprire, in aggiunta alla procedura principale, una o più procedure secondarie ad opera dei giudici degli Stati membri nei cui territori il debitore possiede una dipendenza.
Inquadramento

Tanto nel Regolamento n. 1346/2000 quanto nel più recente Regolamento n. 848/2015 il legislatore europeo, attraverso la previsione di una procedura principale di insolvenza e di una o più procedure secondarie ha inteso attuare il principio della c.d. universalità limitata.

Da un lato, infatti, la procedura principale di insolvenza, che può essere aperta dai giudici dello Stato membro in cui si trova il centro degli interessi principali del debitore (c.d. Center Of Main Interests – COMI), ha ad oggetto l'intero patrimonio del debitore a prescindere dall'effettiva localizzazione dei beni; dall'altro lato, invece, è prevista la possibilità di aprire, in aggiunta alla procedura principale, una o più procedure secondarie ad opera dei giudici degli Stati membri nei cui territori il debitore possiede una dipendenza, fermo restando il fatto che tali procedure secondarie hanno ad oggetto unicamente i beni situati nello Stato membro in cui la procedura secondaria viene aperta.

Per tale via il legislatore europeo ha inteso operare un compromesso tra il principio c.d. di territorialità (in base al quale la procedura di insolvenza aperta all'interno del territorio di uno Stato membro non può in nessun caso estendere i propri effetti oltre i confini dello Stato membro in questione) e il principio c.d. di universalità (in base al quale, per contro, l'apertura di una procedura di insolvenza in uno Stato membro impedisce l'apertura di altre procedure di insolvenza in altri Stati membri).

In tale contesto, la previsione della possibilità che siano aperte più procedure di insolvenza ha imposto al legislatore europeo, da un lato, di sancire apertamente la prevalenza e centralità della procedura principale rispetto alle procedure secondarie e, dall'altro lato, di adottare apposite misure finalizzate ad assicurare il coordinamento tra la procedura principale e le eventuali procedure secondarie.

Una premessa: dal Regolamento n. 1346/2000 al Regolamento n. 848/2015

Dalla data della sua entrata in vigore (31 maggio 2002) il Regolamento n. 1346/2000 aveva subito numerose modifiche e la sua portata era stata spesso integrata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Dovendosi procedere ad ulteriori modifiche al fine di rendere lo strumento legislativo più efficiente ed adeguato alla nuova realtà, per motivi di chiarezza il legislatore europeo ha deciso di procedere ad un suo complessivo aggiornamento.

E' stato, pertanto, adottato il Regolamento n. 848/2015, che integra le precedenti modifiche, apporta nuove e ulteriori modifiche e, infine, comporta l'abrogazione del Regolamento n. 1346/2000. Il Regolamento n. 848/2015, infatti, è entrato in vigore il 25 giugno 2015 e da questa data il Regolamento n. 1346/2000 deve intendersi abrogato. Tuttavia, ai sensi dell'art. 92 del Regolamento n. 848/2015, esso si applica soltanto a decorrere dal 26 giugno 2017.

Infatti, l'art. 84, comma 1, del Regolamento n. 848/2015 stabilisce che le nuove disposizioni si applicano soltanto alle procedure di insolvenza aperte successivamente al 26 giugno 2017 e che gli atti compiuti dal debitore prima di tale data continuano ad essere disciplinati dalla legge ad essi applicabile al momento del loro compimento. Inoltre, ai sensi del secondo comma della norma in esame, il Regolamento n. 1346/2000 continua ad applicarsi alle procedure di insolvenza aperte anteriormente al 26 giugno 2017.

La nozione di procedura principale di insolvenza e il c.d. COMI

In entrambi i regolamenti la nozione di procedura principale di insolvenza è strettamente legata al concetto di COMI, posto che per procedura principale di insolvenza si intende quella procedura aperta dai giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, vale a dire il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.

Facendo tesoro delle iniziali difficoltà applicative della nozione di COMI e dell'apporto nomofilattico della giurisprudenza della Corte di Giustizia, il nuovo Regolamento ha introdotto una serie di presunzioni circa il luogo che può essere considerato come COMI. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede legale. Per le persone fisiche che esercitano un'attività imprenditoriale o professionale indipendente, invece, si presume, fino a prova contraria, che il centro degli interessi principali sia il luogo in cui si trova la sede principale di attività. Per le altre persone fisiche, infine, si presume, fino a prova contraria, che il centro degli interessi principali sia il luogo in cui la persona ha la residenza abituale. In tutti i casi, tuttavia, tali presunzioni si applicano solo se la sede legale, la sede principale o la residenza abituale non siano state spostate in un altro Stato membro entro il periodo di sei mesi precedente la domanda di apertura della procedura d'insolvenza.

La portata universale, ancorché attenuata, della procedura principale di insolvenza trova espresso riconoscimento negli artt. 19, comma 1 e 20, comma 1 del Regolamento n. 848/2015 (sostanzialmente analoghi agli artt. 16, comma 1 e 17, comma 1 del Regolamento n. 1346/2000): in base alla prima disposizione, la decisione di apertura di una procedura principale di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri dal momento in cui essa produce effetto nello Stato di apertura, anche nel caso in cui il debitore, per la sua qualità, non può essere assoggettato ad una procedura di insolvenza negli altri Stati membri; in base alla seconda disposizione, invece, la decisione di apertura di una procedura principale di insolvenza produce in ogni altro Stato membro, senza altra formalità, gli effetti previsti dalla legge dello Stato di apertura ove non disposto diversamente dal Regolamento stesso e fintantoché non venga aperta una procedura di insolvenza secondaria in tale altro Stato membro.

Nella sentenza MG Probud Gdynia sp. z.o.o. la Corte di Giustizia ha precisato che la procedura principale di insolvenza produce effetti universali, poiché si applica ai beni del debitore situati in tutti gli Stati membri destinatari del Regolamento. È inerente al principio della mutua fiducia tra i fori dei vari Stati membri che sia il giudice dello Stato membro investito della domanda di apertura di una procedura principale ad accertare se sussiste la propria competenza e che i giudici degli altri Stati membri riconoscano la sua decisione di apertura senza sindacare sulle valutazioni svolte a monte (Corte UE, 21 gennaio 2010, causa C- 444/07).

Come precisato in precedenza dalla Corte di Giustizia nella sentenza Eurofood, infatti, la procedura di insolvenza principale aperta da un giudice di uno Stato membro deve essere riconosciuta dai giudici degli altri Stati membri senza possibilità per questi ultimi di controllare la competenza del giudice dello Stato di apertura. Infatti, se una parte interessata, ritenendo che il centro degli interessi principali del debitore sia situato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata aperta la procedura di insolvenza principale, intende contestare la competenza del giudice che ha aperto la procedura, può utilizzare, davanti ai giudici dello Stato membro in cui la procedura principale è stata aperta, i mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale di tale Stato membro (Corte CE, 2 maggio 2006, causa C-341/04, in Raccolta, p. I-3813, punti 43-44).

In evidenza: Cass. 14 aprile 2008, n. 9743

La Corte di Cassazione ha chiarito che, in tema di dichiarazione di insolvenza da parte di giudice straniero ai sensi dell'art. 3, comma 1 del Regolamento n. 1346/2000, l'apertura della procedura concorsuale principale è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui la dichiarazione è avvenuta, senza che ai giudici degli altri Stati membri sia data la possibilità di sottoporla a valutazione; ne consegue che la prova di tale pronuncia, dimostrando la sopravvenuta formazione di una regula iuris cui il giudice ha il dovere di conformarsi nel caso concreto, non dissimilmente dalla sopravvenienza di un giudicato esterno, attiene all'ammissibilità del ricorso e può, pertanto, essere fornita nel giudizio di cassazione fino all'udienza di discussione e prima dell'inizio della relazione, ove la suddetta pronuncia sia stata emanata dopo l'adozione del provvedimento impugnato e dopo il deposito del controricorso. Sulla base del suddetto principio, la Corte di Cassazione ha dichiarato l'inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse (avuto riguardo alla sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal giudice belga e prodotta nei termini per il deposito delle memorie ex art. 378 c.p.c.), del ricorso promosso, ex art. 111 Cost., contro il decreto di non ammissione della domanda di concordato preventivo, pronunciato dal tribunale italiano che aveva negato la propria giurisdizione.

La nozione di procedura secondaria di insolvenza e il concetto di dipendenza

All'interno della disciplina europea sull'insolvenza transfrontaliera la previsione della possibilità di aprire, oltre ad una procedura principale di insolvenza, una o più procedure secondarie di insolvenza concorre a realizzare il principio dell'universalità limitata in precedenza accennato. Ai sensi dell'art. 3, comma 2 del Regolamento n. 848/2015, se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro, ma gli effetti di tale procedura sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio. Tale procedura, ove aperta successivamente all'apertura di una procedura principale, deve intendersi come procedura secondaria.

E' previsto, peraltro, che tale procedura territoriale di insolvenza possa essere aperta anche prima dell'apertura di una procedura principale nei seguenti casi: a) se, in forza delle condizioni previste dalla legislazione dello Stato membro nel cui territorio si trova il centro di interessi principali del debitore, non può essere aperta una procedura principale; b) se la procedura territoriale di insolvenza è richiesta da un creditore il cui credito deriva o è legato all'esercizio di una dipendenza situata nel territorio dello Stato membro in cui è richiesta l'apertura della procedura territoriale, oppure da un'autorità pubblica che, in base al diritto dello Stato membro nel cui territorio si trova la dipendenza del debitore, ha il diritto di chiedere l'apertura della procedura di insolvenza.

Anche in questi casi, tuttavia, se in seguito viene aperta una procedura principale di insolvenza, la procedura territoriale diventa una procedura secondaria.

Innovando rispetto alla disciplina previgente, non è più previsto che la procedura secondaria sia necessariamente una procedura di liquidazione.

Per quanto riguarda la nozione di dipendenza, essa si identifica con qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita o ha esercitato nel periodo di tre mesi anteriori alla richiesta di apertura della procedura principale di insolvenza, in maniera non transitoria, un'attività economica con mezzi umani e beni.

La Corte di Giustizia ha chiarito che la nozione di dipendenza è da intendersi come nozione autonoma, che deve essere interpretata prescindendo dalle varie definizioni presenti all'interno dei singoli ordinamenti giuridici nazionali. In tale contesto, la Corte di Giustizia ha precisato che il fatto che la nozione di dipendenza contemplata dal Regolamento colleghi l'esercizio di un'attività economica alla presenza di risorse umane sta a dimostrare che la mera presenza sul territorio di uno Stato membro di singoli beni o di conti bancari non è sufficiente ad integrare i requisiti necessari ai fini della qualificazione come “dipendenza” (Corte CE, 20 ottobre 2011, causa C-396/09, Interedil, in Raccolta, p. I-671, punto 62).

Nulla esclude, inoltre, che la dipendenza possa coincidere con la sede legale della società, a patto che siano soddisfatti i requisiti previsti dal Regolamento. Nella vicenda Burgo, infatti, la Corte di Giustizia ha stabilito che, in caso di messa in liquidazione di una società in uno Stato membro diverso da quello dove essa ha la sua sede legale, tale società può essere oggetto anche di una procedura secondaria in un altro Stato membro dove essa ha la sua sede legale (Corte CE, 4 settembre 2014, causa C-327/13, Burgo Group SpA, in Raccolta, p. I-2158). Ad analoga conclusione sono giunte anche le Sezioni Unite della Corte di cassazione, secondo cui l'apertura di una procedura principale di insolvenza in Francia, centro degli interessi principali del debitore, non impedisce, nei confronti di una società con sede statutaria e struttura operativa in Italia, di aprire in Italia una procedura secondaria (Cass. S.U. 29 ottobre 2015, n. 22093, anche in IlFallimentarista.it).

In evidenza: Corte UE, 11 giugno 2015, causa C-649/13

Nella sentenza Comité d'entreprise de Nortel Networks SA e altri c. Cosme Rogeau la Corte di Giustizia ha chiarito che i giudici dello Stato membro di apertura di una procedura secondaria d'insolvenza sono competenti, in via alternativa con i giudici dello Stato membro di apertura della procedura principale, a statuire sulla determinazione dei beni del debitore che ricadono nella sfera degli effetti di tale procedura secondaria.

Apertura della procedura secondaria di insolvenza, legittimati attivi e legge applicabile

Fatte salve le ipotesi eccezionali espressamente previste, nelle quali la procedura di insolvenza territoriale (ossia limitata ai beni del debitore presenti nel territorio dello Stato membro in cui il debitore ha una dipendenza) può essere aperta prima dell'apertura di una procedura principale, di regola le procedure territoriali si presentano come procedure secondarie, vale a dire vengono aperte dopo l'apertura di una procedura principale. Infatti, se la procedura principale di insolvenza è stata aperta dal giudice di uno Stato membro e riconosciuta in un altro Stato membro, il giudice di tale altro Stato membro può aprire una procedura secondaria di insolvenza, e se la procedura principale presupponeva l'insolvenza del debitore, la situazione di insolvenza non è riesaminata nello Stato membro in cui può essere aperta la procedura secondaria.

Legittimati a richiedere l'apertura di una procedura secondaria sono: a) l'amministratore della procedura principale; b) qualsiasi altra persona o autorità legittimata a chiedere l'apertura di una procedura di insolvenza secondo la legge dello Stato membro nel cui territorio è chiesta l'apertura della procedura secondaria di insolvenza. A tale proposito, nella sentenza Burgo Group SpA la Corte di Giustizia ha stabilito che, sebbene il diritto di chiedere l'apertura di una procedura secondaria debba essere valutato sulla base del diritto nazionale in questione, gli Stati membri sono tenuti a garantire l'effetto utile della disciplina europea. Conseguentemente, la Corte di Giustizia ha chiarito che il diritto di chiedere l'apertura di una procedura secondaria non può essere limitato ai soli creditori domiciliati o aventi la loro sede sociale nello Stato membro nel quale si trova la dipendenza in questione, ovvero ai soli creditori il cui credito derivi dall'esercizio di tale dipendenza (Corte CE, 4 settembre 2014, causa C-327/13, Burgo Group SpA, cit.).

E' espressamente previsto, infine, che alla procedura secondaria si applichi la legge dello Stato membro nel cui territorio tale procedura è aperta.

Il problema delle azioni che derivano direttamente dalla procedura di insolvenza e che vi si inseriscono strettamente

Il Regolamento n. 1346/2000 non conteneva alcuna disposizione in ordine alla competenza giurisdizionale in materia di azioni derivanti dal fallimento. Per quanto deprecabile, il silenzio su tale punto da parte del legislatore europeo sembra doversi giustificare alla luce delle profonde differenze che si registrano all'interno dei singoli ordinamenti giuridici nazionali in ordine al principio della c.d. vis attractiva concursus. Prima dell'intervento della Corte di Giustizia, la dottrina aveva dato al tema in esame soluzioni differenti. Secondo alcuni, la mancata previsione di una norma ad hoc nel Regolamento n. 1346/2000 stava ad indicare che tali azioni dovevano ritenersi assoggettate alle leggi nazionali dei singoli Stati membri (De Cesari, Giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni nel Regolamento comunitario relativo alle procedure di insolvenza, in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, 68; Corsini, Revocatoria fallimentare e giurisdizione nelle fonti comunitarie: la parola passa alla Corte di Giustizia, in Riv. dir. int. priv. proc., 2008, 429; C. Dordi, La convenzione dell'Unione europea sulle procedure di insolvenza, Riv. dir. int. priv. proc., 1997, 348). Secondo altri, invece, tali azioni avrebbero dovuto essere assoggettate al Regolamento n. 1346/2000 in nome del principio della vis attractiva concursus (L. Carballo Pineiro, Acciones de reintegración de la masa y Derecho concursal internacional, Colección De Conflictu Legum, Santiago de Compostela; D. Leipold, Zuständigkeitslücken im neuen Europäischen Insolvenzrecht, in G. Lüke, T. Mikami, H. Prüttin, Festschrift für A. Ishikawa, de Gruyter, Berlín-New York, 2001, 221).

In tale contesto, nella sentenza Seagon c. Deko Marty Belgium del 2009 la Corte di Giustizia ha richiamato il proprio orientamento elaborato in materia di competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale ricordando che un'azione si riconnette ad una procedura fallimentare quando deriva direttamente dal fallimento e si inserisce strettamente nell'ambito del procedimento (v. sentenza 22 febbraio 1979, causa 133/78, Gourdain, in Raccolta, 733, punto 4) e che una simile azione non rientra pertanto nell'ambito di applicazione della (allora) Convenzione di Bruxelles del 1968. Ciò detto, e rilevato altresì che in base al sesto considerando del Regolamento n. 1346/2000 la disciplina in esso contenuta dovrebbe limitarsi a prevedere disposizioni che disciplinino la competenza ai fini dell'avvio delle procedure di insolvenza e dell'adozione delle decisioni che derivano direttamente dalla procedura d'insolvenza e vi si inseriscono strettamente, la Corte di Giustizia ha stabilito che la competenza ad aprire una procedura di insolvenza deve intendersi estesa anche a tutte le azioni che derivano direttamente da detta procedura e che vi si inseriscono strettamente. Tale concentrazione di tutte le azioni direttamente legate all'insolvenza di un'impresa dinanzi ai giudici dello Stato membro competente per l'avvio della procedura di insolvenza risulta anche conforme all'obiettivo del miglioramento dell'efficacia e della rapidità delle procedure di insolvenza che presentano effetti transfrontalieri. In seguito la Corte di Giustizia ha ribadito la propria giurisprudenza nelle sentenze SCT Industri AB i likvidation c. Alpenblume (Corte CE 2 luglio 2009, causa C-111/08, in Raccolta, p. I-5655), German Graphics Maschinen GmbH (Corte CE, 10 settembre 2009, causa C-292/08, in Raccolta, p. I-8421) e F-Tex SIA (Corte UE 19 aprile 2012, causa C-213/10, consultabile su http://eur-lex.europa.eu).

Raccogliendo gli insegnamenti della giurisprudenza della Corte di Giustizia, il Regolamento n. 848/2105 prevede espressamente che i giudici dello Stato membro nel cui territorio è aperta una procedura di insolvenza sono competenti a conoscere delle azioni che derivano direttamente dalla procedura e vi si inseriscono strettamente, come le azioni revocatorie. Tale principio si applica anche al debitore non spossessato purché il diritto nazionale gli consenta di promuovere azioni nell'interesse della massa fallimentare. Inoltre è previsto che se un'azione che deriva direttamente dalla procedura di insolvenza è connessa ad un'altra azione in materia civile e commerciale contro lo stesso debitore, l'amministratore delle procedure di insolvenza può ottenere la riunione delle due azioni davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio il convenuto ha il domicilio, oppure, nel caso in cui l'azione sia promossa contro più convenuti, davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio uno dei convenuti ha il domicilio, purché tali giudici siano competenti ai sensi del Regolamento n. 1215/2012.

La cooperazione tra le procedure di insolvenza e la prevalenza della procedura principale

L'attuazione del principio della c.d. universalità limitata ha come naturale corollario la possibilità che contro il medesimo debitore siano aperte una pluralità di procedure di insolvenza, sebbene con effetti diversi. In tale contesto il legislatore europeo ha inteso, da un lato, assicurare un elevato grado di cooperazione tra le varie procedure di insolvenza e, dall'altro lato, ribadire la centralità e prevalenza della procedura principale. Nel Regolamento n. 848/2015 l'obiettivo del coordinamento tra le varie procedure di insolvenza è affidato alla cooperazione: a) tra amministratori delle procedure di insolvenza; b) tra giudici; c) tra amministratori delle procedure di insolvenza e giudici.

Per quanto riguarda la cooperazione tra gli amministratori delle procedure di insolvenza, l'art. 41 prevede che l'amministratore della procedura principale di insolvenza e l'amministratore o gli amministratori delle procedure secondarie di insolvenza riguardanti lo stesso debitore cooperino tra loro nella misura in cui tale cooperazione non sia incompatibile con le norme applicabili alle rispettive procedure. Nell'attuare tale cooperazione gli amministratori delle procedure di insolvenza sono tenuti a scambiarsi le informazioni potenzialmente utili all'altra procedura (ad esempio, la situazione circa l'insinuazione dei crediti e i crediti ammessi, tutti i provvedimenti volti a salvare o ristrutturare il debitore o a chiudere la procedura), purché siano presi opportuni accorgimenti per proteggere le informazioni riservate; a verificare la possibilità di una ristrutturazione del debitore e, ove sussista una siffatta possibilità, a coordinarsi per l'elaborazione e l'attuazione del relativo piano; a coordinarsi per la gestione del realizzo o dell'utilizzo di beni e affari del debitore.

Per quanto riguarda, invece, la cooperazione tra i giudici, l'art. 42 stabilisce che il giudice dinanzi al quale è pendente la domanda di apertura di una procedura d'insolvenza, ovvero che l'ha aperta, coopera con qualunque altro giudice dinanzi al quale sia pendente una domanda di apertura di una procedura d'insolvenza o che l'abbia aperta, nella misura in cui tale cooperazione non sia incompatibile con le norme applicabili a ciascuna procedura. Nell'attuare tale cooperazione i giudici possono comunicare direttamente tra loro o chiedersi direttamente informazioni o assistenza, purché tale comunicazione rispetti i diritti procedurali delle parti e la riservatezza delle informazioni. A mero titolo di esempio, la cooperazione tra i giudici può riguardare il coordinamento nella nomina degli amministratori delle procedure di insolvenza, la comunicazione delle informazioni con i mezzi ritenuti appropriati dal giudice, il coordinamento della gestione e della sorveglianza dei beni e degli affari del debitore e il coordinamento della tenuta delle audizioni. Infine, con riferimento alla cooperazione tra gli amministratori delle procedure e i giudici, l'art. 43 stabilisce che l'amministratore della procedura principale di insolvenza cooperi e comunichi con qualunque giudice dinanzi al quale è pendente la domanda volta all'apertura di una procedura secondaria di insolvenza o che l'ha aperta; che l'amministratore della procedura territoriale o secondaria cooperi e comunichi con il giudice dinanzi al quale è pendente la domanda volta all'apertura di una procedura principale di insolvenza o che l'ha aperta; e che l'amministratore della procedura territoriale o secondaria cooperi e comunichi con il giudice dinanzi al quale è pendente la domanda volta all'apertura di un'altra procedura territoriale o secondaria di insolvenza o che l'ha aperta. Tale cooperazione, peraltro, è possibile soltanto nella misura in cui tale scambio di informazioni non sia incompatibile con le norme applicabili a ciascuna procedura e non comporti conflitto di interesse.

La prevalenza e centralità della procedura principale di insolvenza, già presente nella disciplina di cui al Regolamento n. 1346/2000, emerge da numerose disposizioni contenute del Regolamento n. 848/2015. Innanzitutto, l'art. 36 che consente all'amministratore della procedura principale di insolvenza di impedire l'apertura di una procedura secondaria. La norma in esame, infatti, stabilisce che, al fine di evitare l'apertura della procedura secondaria di insolvenza, l'amministratore della procedura principale di insolvenza può contrarre un impegno unilaterale relativamente ai beni situati nello Stato membro in cui potrebbe essere aperta la procedura secondaria di insolvenza, in base al quale, nel ripartire tali beni o il ricavato del loro realizzo, rispetterà i diritti nella ripartizione dei beni e i diritti di prelazione previsti dal diritto nazionale di cui avrebbero goduto i creditori se fosse stata aperta una procedura secondaria di insolvenza in quello Stato membro. In una simile ipotesi, la legge applicabile alla ripartizione del ricavato del realizzo dei beni, al grado dei crediti e ai diritti dei creditori relativamente ai beni, è la legge dello Stato membro in cui si sarebbe potuta aprire la procedura secondaria di insolvenza. In secondo luogo, la prevalenza della procedura principale di insolvenza trova conferma nell'art. 38, secondo cui un giudice investito di una domanda di apertura di una procedura secondaria di insolvenza deve informare immediatamente l'amministratore delle procedure di insolvenza o il debitore non spossessato della procedura principale di insolvenza dando a questi l'opportunità di essere sentito sulla domanda. Inoltre, qualora l'amministratore della procedura principale di insolvenza abbia contratto un impegno a norma dell'art. 36, il giudice investito di una domanda di apertura di una procedura secondaria di insolvenza, su istanza dell'amministratore delle procedure di insolvenza, non apre la procedura secondaria di insolvenza se ritiene che l'impegno tuteli adeguatamente gli interessi generali dei creditori locali. L'art. 39, inoltre, attribuisce all'amministratore della procedura principale di insolvenza il diritto impugnare la decisione di apertura della procedura secondaria di insolvenza dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui è stata aperta la procedura secondaria di insolvenza qualora ritenga che il giudice non abbia rispettato le condizioni e i requisiti di cui all'art. 38.

Da ultimo, si sottolinea che l'art. 51 prevede che, su istanza dell'amministratore della procedura principale di insolvenza, il giudice dello Stato membro in cui è stata aperta la procedura secondaria di insolvenza può disporne la conversione in un altro tipo di procedura d'insolvenza elencato all'allegato A, a patto che siano soddisfatte le condizioni per l'apertura di tale altro tipo di procedura a norma del diritto nazionale, e che questo altro tipo di procedura sia quello più idoneo con riguardo agli interessi dei creditori locali e della coerenza tra la procedura principale e quella secondaria.

Riferimenti

Normativi

  • Regolamento n. 1346/2000
  • Regolamento n. 848/2015

Giurisprudenza

  • Corte CE, 2 maggio 2006, causa C-341/04, Eurofood
  • Corte CE 2 luglio 2009, causa C-111/08, SCT Industri AB i likvidation c. Alpenblume
  • Corte CE, 10 settembre 2009, causa C-292/08, German Graphics Maschinen GmbH
  • Corte UE 19 aprile 2012, causa C-213/10, F-Tex SIA
  • Cass. 14 aprile 2008, n. 9743
Sommario