03 Maggio 2016

Il programma di liquidazione rappresenta l'atto fondamentale di pianificazione ed indirizzo dell'attività liquidatoria da parte del curatore, il quale, ai sensi dell'art. 104-ter l. fall., deve predisporre tale documento entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario e, comunque, non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento. 

Inquadramento

Il programma di liquidazione rappresenta l'atto fondamentale di pianificazione ed indirizzo dell'attività liquidatoria da parte del curatore, il quale, ai sensi dell'art. 104-ter l. fall., deve predisporre tale documento entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario e, comunque, non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento.

Il programma di liquidazione, da sottoporre all'approvazione del comitato dei creditori ed alla successiva comunicazione al giudice delegato, che autorizza l'esecuzione degli atti allo stesso conformi, deve contemplare tutte le attività volte alla realizzazione dell'attivo concernenti la vendita di beni mobili e immobili, all'esercizio di diritti, al recupero dei crediti ed a qualsiasi altra azione che conduca al realizzo di risorse finanziarie.

Ognuna di queste attività liquidatorie/recuperatorie dovrà essere descritta analiticamente nelle modalità, tempistiche e prospettive di attuazione all'interno del programma di liquidazione stesso.

Funzione del programma di liquidazione e collocazione temporale

L'art. 104-ter, comma 1,l. fall., impone al curatore di predisporre, entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario e, comunque, non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, il programma di liquidazione, che rappresenta l'atto fondamentale di pianificazione ed indirizzo dell'attività liquidatoria da parte della curatela, annoverato peraltro dall'art. 32 l. fall. tra gli atti non delegabili a terzi.

Tale documento, da sottoporre all'approvazione del comitato dei creditori ed alla successiva comunicazione al giudice delegato - che poi autorizzerà l'esecuzione degli atti allo stesso conformi - deve contemplare tutte le attività volte alla realizzazione dell'attivo inerenti alla vendita di beni mobili e immobili, all'esercizio di diritti, al recupero dei crediti ed a qualsiasi altra azione che conduca al realizzo di risorse finanziarie(per Trib. Roma 28 aprile 2009, deve ritenersi che la legge non preveda la possibilità di una approvazione parziale del programma da parte del comitato dei creditori, atteso che la ragione fondante dell'istituto va rinvenuta nell'esigenza di pianificazione dell'attività di recupero e di liquidazione onde sottrarla alla improvvisazione ed alla occasionalità, che, nel tempo, ne hanno compromesso tempestività e risultati; questione, questa, che investe il controllo di legalità della fattispecie rimesso al giudice).

La completezza e l'analiticità del piano sono anche fondamentali a posteriori, sia quando il comitato svolgerà il proprio compito direttivo e di controllo sull'organo gestorio della procedura, sia quando il giudice delegato dovrà operare una verifica di coerenza tra l'attività del curatore ed il programma di liquidazione autorizzato.

La norma di riferimento è posta nel citato art. 104-ter l. fall., che fissa il principio secondo cui il programma di liquidazione integra un atto programmatico unitario, provvisto altresì di una valenza giuridica peculiare, atteso che esso comporta una vera e propria assunzione di responsabilità del curatore rispetto ai creditori. Il programma costituisce, dunque, ove risultino disattese le previsioni in esso formulate, oltre che una possibile fonte di responsabilità per danni cagionati dalla curatela, un decisivo parametro di valutazione della diligenza dell'organo gestorio nella gestione della procedura.

Da un punto di vista pratico, tale istituto ha riscontrato evidenti limiti soprattutto sotto il profilo temporale, dal momento che l'anzidetto art. 104-ter l. fall. ancorava il termine per la predisposizione del programma di liquidazione alla redazione dell'inventario, trascurando, tuttavia, che per quest'ultimo adempimento non era previsto alcun termine (salva la previsione generale di cui all'art. 87, comma 1, l. fall., secondo cui l'inventario deve redigersi “nel più breve tempo possibile”).

Il dies a quo era cioè mobile, in quanto ricollegato ad un'attività - quella di redazione dell'inventario - di durata variabile a seconda della tipologia, delle caratteristiche e della complessità della singola procedura, legittimando, nella pratica, una generalizzata ed ingiustificata dilatazione dei tempi di redazione del programma.

Nei casi di procedure prive di beni mobili inventariabili, si poneva inoltre la questione dei criteri per l'individuazione del termine in questione. In tale ottica, si è ritenuto doversi far riferimento al documento con cui il curatore attestasse la mancanza di beni, cioè il verbale di ricognizione negativo (sul tema, M. Vitiello, Atti del convegno Le nuove modalità e i tempi della liquidazione dell'attivo, Milano, 23 novembre 2015).

Da qui la scelta del legislatore che, attraverso la modifica del primo comma dell'art. 104-ter l. fall. (operata con l'art. 6, comma 1, D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132), è intervenuto sui tempi di redazione ed attuazione del programma di liquidazione, stabilendo che il curatore, già tenuto a predisporre il programma entro sessanta giorni dalla redazione dell'inventario, non possa in ogni caso superare i centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento.

Per la predisposizione del programma di liquidazione operano, quindi, due termini concorrenti:

  • il primo, più breve, di sessanta giorni, che vale quale termine massimo decorrente dalla data dell'inventario che, a sua volta, è però mobile ed indefinito;
  • il secondo, più lungo, di centottanta giorni dalla sentenza di fallimento, che vale come limite massimo invalicabile anche qualora, per qualsiasi ragione, l'inventario sia stato redatto con notevole ritardo (F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, in Il Civilista, Milano, 2015, 83 ss.).

Conseguenze del mancato rispetto del termine di centottanta giorni

Con riferimento al nuovo termine di centottanta giorni, il D.L. 83/2015 espressamente dispone che la mancata osservanza del medesimo “senza giustificato motivo” costituisca “giusta causa di revoca del curatore”. In altri termini, la predisposizione del programma oltre i centottanta giorni, ove non preceduta da conforme autorizzazione del giudice delegato o quantomeno da una successiva ratifica, oltre a rappresentare elemento di giudizio negativo dell'operato del curatore, potrà configurare, nei casi più gravi, motivo per la richiesta della sua revoca e sostituzione, ai sensi di quanto disposto dall'art. 104-ter, comma 1, secondo periodo, l. fall. (nel testo novellato dall'art. 6, comma 1, D.L. 83/2015).

In questa situazione, troverà applicazione il procedimento previsto dall'art. 37 l. fall., il quale consente, salvo il rispetto del contraddittorio, che la revoca dell'incarico di curatore possa essere disposta con decreto motivato anche d'ufficio; decreto reclamabile, ai sensi dell'art. 26 l. fall., avanti la Corte d'Appello entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento.

In evidenza: Cass. 13 marzo 2015, n. 5094

Per i giudici di legittimità, il provvedimento di revoca non sarebbe reclamabile in cassazione, dal momento che il curatore non è portatore di un proprio interesse alla conservazione dell'incarico, ma esercita un munus publicum. In particolare, per la S.C., “la nomina a curatore del fallimento ed il mantenimento dell'incarico rispondono all'esigenza, super individuale e non riconducibile al mero rapporto con i creditori, del corretto svolgimento e del buon esito della procedura, non essendo configurabile una posizione giuridicamente rilevante del curatore alla quale corrisponde la natura meramente ordinatoria e non decisoria tanto del decreto di accoglimento o di rigetto dell'istanza di revoca dall'ufficio, quanto del provvedimento di conferma o di riforma del decreto emesso dalla corte di appello in sede di reclamo”.

* Il D.L. 3 maggio 2016, n. 59, recante «Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione», pubblicato in G.U. n. 102 del 3 maggio 2016 è intervenuto in merito alla disciplina del programma di liquidazione, modificando l'art. 104-ter l. fall. prevedendo che, in presenza di somme disponibili per la ripartizione, il mancato rispetto dell'obbligo di cui all'art. 110, comma 1, costituisce giusta causa di revoca del curatore (art. 6, comma 1, lett. c ).

Contenuto del programma di liquidazione

Il secondo comma dell'art. 104-ter l. fall., evidenzia il contenuto minimo obbligatorio del programma di liquidazione. In particolare, tale documento deve specificare:

  • l'opportunità di disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell'art. 104 l. fall.;
  • ovvero l'opportunità di autorizzare l'affitto dell'azienda, o di rami, a terzi ex art. 104-bis;
  • la sussistenza di proposte di concordato fallimentare ed il loro contenuto;
  • le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito;
  • le possibilità di cessione unitaria dell'azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;
  • le condizioni della vendita dei singoli cespiti;
  • il termine entro il quale sarà completata la liquidazione dell'attivo [lettera f) del secondo comma dell'art. 104-ter l. fall., aggiunta dall'art. 6, comma 1, D.L. 83/2015].

Tra le azioni risarcitorie e recuperatorie rientrano senza dubbio anche le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, dei liquidatori, del collegio sindacale e dei direttori generali ex art. 146, comma 2, lett. a), l. fall.; quelle verso la società di revisione (o il revisore persona fisica); nonché l'azione di cui all'art. 2476, comma 7, nei confronti dei soci di s.r.l. (art. 146, comma 2, lett. b).

Per ciò che attiene alle condizioni di vendita dei singoli cespiti, il programma dovrà indicare le modalità di liquidazione dei medesimi, quindi: il tipo di procedura competitiva da adottare; la pubblicità che si intende utilizzare al fine di assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati all'acquisto del bene; l'eventuale ricorso alla vendita a trattativa privata (consigliabile, tuttavia, esclusivamente per i beni di modesto valore). Nel documento in esame il curatore potrà altresì prevedere che le vendite dei beni immobili, mobili registrati e mobili vengano effettuate dal giudice delegato in base alle disposizioni del codice di procedura civile, ove compatibili, ex art. 107, comma 3, l. fall.

La curatela, inoltre, fermo restando quanto disposto dal predetto art. 107 l. fall., può essere autorizzata dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti o società specializzate alcune incombenze della procedura di liquidazione dell'attivo (art. 104-ter ,comma 4, l. fall.).

In relazione al novellato punto di cui alla lett. f) dell'art. 104-ter ,comma 2, l. fall., giova evidenziare che il legislatore non è intervenuto solo sul termine di redazione del programma di liquidazione, ma, in maniera più ampia, anche sulla durata stessa prevista per il compimento della fase della liquidazione.

Il terzo comma dell'art. 104-ter l. fall., anch'esso di nuova introduzione, stabilisce a sua volta che il predetto termine non può essere superiore a due anni dal deposito della sentenza di fallimento . Tale terminepuò essere derogato nell'ipotesi in cui, limitatamente a determinati cespiti, il curatore reputi necessario un termine maggiore, a condizione che motivi specificamente le ragioni del previsto ritardo per le quali propone la deroga.

Il D.L. 83/2015 ha quindi ampliato il contenuto minimo obbligatorio del programma di liquidazione, richiedendo l'espressa indicazione del termine entro cui ultimare le operazioni di liquidazione dell'attivo e precisando che tale termine non possa, in linea di principio, eccedere i due anni dalla sentenza di fallimento. In buona sostanza, viene codificata la presunzione che l'attività liquidatoria possa concludersi nei due anni, fatti salvi i casi in cui il curatore ritenga necessario un termine maggiore con riferimento a determinati cespiti dell'attivo.

Il concetto di liquidazione dell'attivo

Con specifico riferimento al concetto di “liquidazione dell'attivo”, attività per il cui completamento il legislatore impone il termine biennale, la lettura sistematica del nuovo art. 104-ter comma 3,, ult. periodo,l. fall, nel quale il legislatore utilizza il termine “cespiti”, parrebbe indurre ad attribuire al concetto di liquidazione una portata restrittiva (cfr. F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, cit., 84 ss.; A. Farolfi, Fallimento: le novità di agosto, in questo portale). Tale tesi fonda la propria ratio sul fatto che il legislatore circoscrive la possibilità di superare il termine biennale avendo riguardo ai soli “cespiti”, restrizione che non avrebbe senso qualora l'insieme delle attività oggetto della liquidazione dovesse ritenersi esteso anche alle azioni recuperatorie, revocatorie, risarcitorie et similia.

In buona sostanza, il non aver previsto che il differimento del completamento della liquidazione possa dipendere anche dal ritardo nella conclusione di tali azioni, sembra presupporre che queste ultime azioni non debbano rientrare nell'insieme delle attività da liquidare rilevanti ai fini della norma in esame. Con la conclusione che l'insieme dell'attivo da liquidare nel termine biennale pare comprendere i soli beni specifici inventariati che, proprio con la liquidazione, saranno trasformati nell'equivalente monetario costituito dal prezzo di vendita.

Il termine biennale di cui al primo periodo dell'art. 104-ter, comma 3,l. fall. costituisce la regola generale, derogabile in casi particolari e limitatamente a determinati cespiti dell'attivo, ai sensi del successivo periodo della norma. Sulla questione, è importante sottolineare, in primo luogo, che la necessità di un maggior termine deve essere circoscritta alla specifica attività di realizzo di cespiti determinati e non alla liquidazione in generale. Limitazione che dovrebbe portare ad escludere comportamenti dilatori motivati con ragioni non specifiche e circostanziate. Certamente saranno rilevanti nella fattispecie le particolari condizioni dei beni da liquidare o del mercato di riferimento, tali per cui la loro monetizzazione possa risultare impossibile, o comunque assolutamente non conveniente, nel termine biennale.

In secondo luogo, al curatore incombe l'obbligo di motivare specificamente le ragioni del previsto ritardo per le quali propone la deroga, già al momento di redazione del programma. Sulla bontà delle ragioni - e quindi sulla eventuale pretestuosità delle medesime - vi sarà l'immediato sindacato del comitato dei creditori e del giudice delegato, con tutte le spiacevoli conseguenze del caso. Deve comunque ritenersi ammissibile che eventuali ritardi dovuti ad oggettivi motivi non prevedibili al momento della redazione del programma possano giustificare il mancato rispetto del termine biennale - o di quello diverso indicato nel programma - da parte del curatore, a prescindere dalla mancata previsione delle difficoltà di vendita all'interno dello stesso .

In questo senso, le note condizioni di crisi del mercato immobiliare potranno rivelarsi condizionanti nella definizione delle tempistiche del programma di liquidazione. I ritardi dovuti all'assenza di compratori saranno presumibilmente da ritenersi quali giustificati motivi di differimento, ovviamente per quanto riguarda i beni immobili.

Sull'argomento, giova infine segnalare che l'art. 6, comma 1, lett. e), D.L. 83/2015 ha aggiunto all'art. 104-ter l. fall., il comma 9 che recita: “il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione senza giustificato motivo è giusta causa di revoca del curatore”. Viene così codificata un'ulteriore giusta causa di revoca del curatore, che si aggiunge a quella, sopra trattata, introdotta dal primo comma, consistente nel mancato rispetto del termine previsto per la redazione del programma di liquidazione.

La centralità di tale documento viene in tal modo enfatizzata, prevedendosi una “sanzione” indubbiamente importante per il mancato rispetto di entrambi i termini ad esso collegati: i) il documento deve essere ultimato, al più tardi, entro centottanta giorni dalla sentenza di fallimento; ii) l'attività di liquidazione dovrà essere realizzata entro due anni, salve motivate e specifiche eccezioni.

Il contenuto eventuale del programma di liquidazione

L'elencazione di cui al secondo comma del più volte citato art. 104-ter l. fall. non è tassativa, “lasciando spazio a contenuti non espressamente contemplati, ma il cui inserimento nel documento programmatico deve ritenersi opportuno e coerente con la funzione svolta dal programma” (M. Vitiello, Atti del convegno Le nuove modalità e i tempi della liquidazione dell'attivo, cit.).

In altri termini, il programma di liquidazione può avere anche un contenuto atipico, estendendo la sua funzione informativa ad elementi diversi da quelli indicati dal predetto art. 104-ter l. fall.

Il contenuto eventuale del programma è molto ampio, dal momento che lo stesso, quale atto di pianificazione, deve contenere tutti i dati sulla base dei quali sono state assunte le decisioni volte ad individuare la strategia di affronto della crisi, e, può spaziare, a titolo esemplificativo, dall'approfondimento delle ragioni e delle motivazioni delle scelte, al suggerimento di soluzioni di superamento della crisi, ivi compresa l'ipotesi di alienazione mediante conferimento di quote.

In tale documento può essere adottata qualsiasi scelta liquidatoria coerente con le premesse illustrate nel programma stesso, che costituisce un elaborato che deve essere connotato concettualmente dalla elasticità e dalla flessibilità (così R. Fontana, Il programma di liquidazione, in AA.VV., Le nuove procedure concorsuali. Dalla riforma organica al decreto correttivo, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2008, 236).

L'atipicità del contenuto incontra il solo limite degli elementi che, per ragioni di riservatezza, non possano essere divulgati, tenendo presente che è comunque possibile, e nella prassi è frequente, il ricorso allo strumento della secretazione, previa adozione di uno specifico provvedimento da parte del giudice delegato, da adottarsi d'ufficio o a seguito di sollecitazione del curatore (sul punto, S. Bonfatti, La liquidazione dell'attivo, in Manuale di diritto fallimentare, a cura di S.Bonfatti, P.F. Censoni, Padova, 2011, 331).

I beni da abbandonare

Il programma di liquidazione può altresì prevedere il c.d. abbandono di beni (derelictio) ex art. 104-ter, comma 8, l. fall., che consente al curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, di “non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l'attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente”.

L'abbandono dei beni di proprietà del soggetto fallito ricorre in tutti le ipotesi in cui la loro acquisizione o liquidazione risulti troppo onerosa, e quindi non conveniente per i creditori, a beneficio dei quali è comunque prevista una clausola di salvaguardia, consistente nella previsione dell'obbligo, per il curatore che voglia avvalersi della possibilità di non liquidare, di darne comunicazione a ciascun creditore, perché questi sia messo in condizione di esercitare azioni esecutive o cautelari individuali sui beni rimessi nella disponibilità del debitore, in deroga al principio previsto dall'art. 51 l. fall. (cfr. F. Fimmanò, C. Esposito, La liquidazione dell'attivo, Milano, 2006, 289).

Da un punto di vista procedurale, giova far presente che la facoltà di abbandonare i beni può essere manifestata nel programma di liquidazione, o può essere oggetto di separata istanza di autorizzazione al comitato dei creditori (al giudice delegato nel caso di sostituzione ex art. 41, comma 4, l. fall.).

Il supplemento del piano di liquidazione

Al curatore è concessa inoltre la possibilità di presentare un supplemento del piano di liquidazione per “sopravvenute esigenze, a norma del sesto comma dell'art. 104-ter l. fall. nelle ipotesi in cui viene a conoscenza, successivamente alla predisposizione del programma, di nuovi elementi, il cui procedimento di approvazione è lo stesso di quello del programma di liquidazione.

Per sopravvenute esigenze devono intendersi sia il cambiamento delle condizioni già previste nel programma, sia il manifestarsi di fatti del tutto nuovi o prima non conosciuti. Non v'è dubbio che, nel caso in cui la procedura fallimentare sia particolarmente complessa, il curatore potrebbe riservarsi, nel programma, di completarne alcune parti, eventualmente e preferibilmente indicando il termine entro il quale presenterà l'integrazione (R. Fontana, Il programma di liquidazione, cit., 224).

L'ipotesi più frequente di predisposizione del supplemento del programma è rappresentata dall'insuccesso della soluzione liquidatoria originariamente individuata, come, a titolo esemplificativo, l'impossibilità di realizzare la vendita unitaria dell'azienda a causa dell'inadempimento dell'offerente che era stato reperito, e l'impossibilità di individuarne uno nuovo (sul tema, cfr. A. Paluchowski, Commento sub art. 104-ter, in AA.VV., Codice Commentato del Fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2008, 970).

Il programma di liquidazione negativo

Si può discutere sulla necessità di redigere il programma di liquidazione c.d. negativo. Al riguardo, si registra anche l'opinione secondo cui il programma non deve essere redatto nell'ipotesi in cui non vi sia attivo da distribuire ad alcuno dei creditori, salva la soddisfazione delle spese in prededuzione e delle spese della procedura (M. Vitiello, Il programma di liquidazione nelle prassi applicative dei tribunali, in AA.VV., La crisi d'impresa. Questioni controverse del nuovo diritto fallimentare, a cura di F. Di Marzio, Padova, 2010, 188 ss.). In tale ottica, è stato affermato che la relazione negativa sulle prospettive di liquidazione di cui all'art. 102 l. fall., è equiparabile ad un programma di liquidazione negativo, consentendo di evitare il procedimento volto all'accertamento del passivo o, nel caso in cui sia già iniziato, la fine del medesimo.

Come noto, ai sensi del sopramenzionato art. 102 l. fall., il tribunale - con decreto motivato da adottarsi prima dell'udienza per l'esame dello stato passivo, su istanza della curatela depositata almeno venti giorni prima dell'udienza medesima , corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e dal parere del comitato dei creditori, sentito il fallito - dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l'ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura (sul tema, v. App. Torino 16 aprile 2014).

Presupposto di tale provvedimento è la previsione di insufficiente realizzo, previsione che potrà giustificare l'arresto della procedura anche ad esame del passivo già iniziato e non ultimato, nel caso di rinvio della verifica delle domande di insinuazione ad una successiva verifica.

Il procedimento di approvazione

Secondo quanto previsto dal primo comma dell'art. 104-ter l. fall., il programma di liquidazione deve essere approvato dal comitato dei creditori e successivamente comunicato al giudice delegato, che autorizzerà l'esecuzione degli atti ad esso conformi.

Nel sistema dei rapporti tra gli organi (come delineato dal decreto correttivo di cui al D. Lgs. 169/2007), il comitato dei creditori assume quindi il ruolo di co-gestore, con il curatore, della procedura fallimentare ed il giudice delegato svolge la funzione di controllo sulla regolarità della procedura, oltre alla generale funzione di vigilanza sulla condotta del curatore.

Il legislatore, tuttavia, nulla dispone con riferimento alle modalità di funzionamento del comitato dei creditori, neanche con riguardo all'approvazione del programma di liquidazione. Nella prassi, i componenti dell'organo collegiale si esprimono tramite pec o a mezzo fax, preferibilmente all'esito di un'apposita riunione collegiale .

Il comitato dei creditori, che delibera a maggioranza dei votanti, deve esprimere il proprio voto entro quindici giorni, decorrenti dal momento in cui la richiesta è pervenuta al presidente (art. 41, comma 3, l. fall.). Nell'ipotesi di inerzia, provvede il giudice delegato ai sensi del successivo quarto comma dell'art. 41.

Il comitato dei creditori può proporre al curatore di apportare modifiche al programma di liquidazione presentato, e quest'ultimo, che ne conserva la paternità, è obbligato a recepire tali indicazioni e conseguentemente a modificare il programma.

Il curatore, per poter dare avvio alla fase esecutiva della liquidazione, una volta ottenuta l'approvazione del comitato dei creditori, deve comunque presentare al giudice delegato la richiesta di autorizzazione dei singoli atti, evidenziandone la conformità e coerenza con il programma. L'autorizzazione da parte del giudice delegato non è, infatti, un atto dovuto ed automatico, conseguente all'approvazione espressa dal comitato dei creditori.

Alla ricezione dell'istanza di autorizzazione dei singoli atti liquidatori il giudice delegato, oltre a verificarne di volta in volta la coerenza con le previsioni del programma, è tenuto a riscontrarne la legittimità. Al giudice delegato compete, pertanto, un controllo di legittimità dell'intero programma, che deve corrispondere ai principi e alle regole della legge fallimentare.

In coerenza con questa funzione di controllo, la valutazione del giudice delegato avrà ad oggetto il rispetto dei due principi cardine della liquidazione dell'attivo: quello che rende obbligatoria la competitività delle procedure di vendita e quello che impone che le vendite siano precedute da forme di pubblicità idonee a garantire che la notizia della liquidazione venga conosciuta da un numero il più ampio possibile di soggetti potenzialmente interessati all'acquisto (cfr. Cass. 4 agosto 2000, n. 10266; Cass. 15 settembre 2000, n. 12164).

L'eventuale mancata indicazione, all'interno del programma, dell'atto di liquidazione sottoposto all'autorizzazione del giudice delegato, comporterà la necessità che il curatore predisponga un supplemento del piano, affinché il comitato dei creditori possa essere messo in condizione di partecipare alla scelta gestoria.

Riferimenti

Normativi

  • art. 37 l. fall.
  • art. 104 l. fall.
  • art. 104-bis l. fall.
  • art. 104-ter l. fall.
  • art. 107 l. fall.
  • art. 146 l. fall.

Giurisprudenza

  • Cass. 13 marzo 2015, n. 5094;
  • Cass. 4 agosto 2000, n. 10266;
  • App. Torino 16 aprile 2014.

Bibliografia

  • F. Lamanna, La legge fallimentare dopo la miniriforma del D.L. n. 83/2015, in Il Civilista, Milano, 2015, 83 ss.;
  • Bonfatti, La liquidazione dell'attivo, in Manuale di diritto fallimentare, a cura di S.Bonfatti, P.F. Censoni, Padova, 2011, 331;
  • M. Vitiello, Il programma di liquidazione nelle prassi applicative dei tribunali, in AA.VV., La crisi d'impresa. Questioni controverse del nuovo diritto fallimentare, a cura diF. Di Marzio, Padova, 2010, 188 ss.;
  • A. Paluchowski, Commento sub art. 104-ter, in AA.VV., Codice Commentato del Fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2008, 970;
  • R. Fontana, Il programma di liquidazione, in AA.VV., Le nuove procedure concorsuali. Dalla riforma organica al decreto correttivo, a cura di S. Ambrosini, Bologna, 2008, 236.
Sommario