Condominio e locazione

Amministratore (requisiti e incompatibilità)

Vincenzo Nasini
25 Agosto 2017

La l. n. 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013, richiede particolari requisiti per chi svolge l'attività di amministratore di condominio: sia sotto il profilo morale, sia dal punto di vista della formazione e dell'aggiornamento professionale - eccezion fatta per chi amministri solo il proprio condominio -. Oltre alla carenza di tali requisiti, possono essere di ostacolo allo svolgimento dell'attività anche determinate situazioni di incompatibilità nelle quali il soggetto può venirsi a trovare, soprattutto con riferimento al concorrente svolgimento di altre attività professionali oltre a quella di amministratore.
Inquadramento

Di pari passo con l'evoluzione della figura dell'amministratore di condominio e con l'aumento della sua importanza nella gestione dei patrimoni immobiliari, si è verificata una produzione giurisprudenziale assai rilevante, sia da parte dei giudici di merito che della Corte di Cassazione che è stata in gran parte recepita nella disciplina approvata con la l. n. 220/2012 entrata in vigore il 18 giugno 2013.

Nel frattempo era stata emanata anche la l. n. 4/2013 che detta la disciplina delle professioni non organizzate in ordini e collegi, tra le quali può farsi rientrare anche quella dell'amministratore professionista.

Alla luce del combinato disposto delle due normative possiamo oggi individuare sostanzialmente tre tipologie di amministratori:

a) quella dell'amministratore condomino intendendosi con questa locuzione colui che amministra «solo il condominio nel quale è proprietario» (o usufruttuario) di unità immobiliari, anche se non vi risiede;

b) quella dell'amministratore che gestisca anche un solo condominio nel quale però non rivesta la qualità di condomino nel senso quindi che non sia proprietario o comproprietario, né usufruttuario di unità immobiliari ubicate nel condominio stesso;

c) quella dell'amministratore che amministra più condomìni con caratteristiche di continuità e professionalità e con organizzazione di mezzi.

Fino all'entrata in vigore della l. n. 220/2012 che ha riformato l'istituto e, quindi, fino al 18 giugno 2013 (dopo una vacatio legis di sei mesi) non era previsto dalla legge in modo espresso alcun requisito per svolgere l'attività di amministratore condominiale.

La nuova normativa, ha invece profondamente modificato la situazione poiché chi intenda iniziare ex novo l'attività, dal 18 giugno del 2013 deve necessariamente essere in possesso di requisiti ben precisi anche se taluno auspicava una regolamentazione ancora più severa, restrittiva e selettiva.

Tali requisiti, previsti dalle nuove disposizioni contenute nell'art. 71-bis delle disposizioni di attuazione al codice civile e nelle disposizioni attuative successivamente emanate che andremo a esaminare analiticamente possono essere suddivisi in due gruppi:

a) requisiti afferenti alla moralità e alla capacità d'agire del soggetto: questi requisiti sono richiesti a «qualsiasi soggetto», indipendentemente dalla tipologia di amministratore condominiale;

b) requisiti afferenti la formazione e l'aggiornamento necessari per svolgere l'attività di amministratore, che sono richiesti «solo agli amministratori che amministrino un condominio diverso da quello in cui sono proprietari o usufruttuari di unità immobiliari», indipendentemente dal fatto che vi risiedano o meno.

I requisiti minimi obbligatori per tutti gli amministratori

Un primo gruppo di requisiti minimi, attiene alle qualità morali e civili della persona: si richiede infatti che il soggetto goda dei diritti civili (comma 1, lett. a) e che non sia stato condannato per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio, nonché per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e nel massimo a cinque anni (comma 1, lett. b).

La citata disposizione, nell'individuare i delitti per la cui condanna si versa nella impossibilità di svolgere l'incarico di amministratore, fa riferimento non solo a quelli contemplati dal codice penale, ma più in generale, a quelli previsti dalla legge

Si tratta quindi di un contesto ancora più vasto di quello già ampio della normativa codicistica.

E comunque, anche limitando la disamina ai soli delitti previsti dal codice, è possibile evincere come rientri nella previsione normativa un numero estremamente ampio di delitti molti dei quali hanno ben poca attinenza con l'attività di amministrazione condominiale.

Per la lettera d), dell'art 71-bis disp. att. c.c. non può essere minimato amministratore chi sia interdetto o inabilitato.

Si tratta forse di una previsione superflua, mentre nulla la legge dice a proposito del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno, fattispecie oggi assai più frequente nella prassi

La lettera e) del citato art. 71-bis richiede che il soggetto non risulti annotato nell'elenco dei protesti cambiari.

Si tratta di un requisito non previsto per altre categorie di professionisti

Il soggetto annotato può essere riabilitato una volta estinto il debito con la conseguenza che in caso di cancellazione viene meno l'impedimento alla nomina.

L'amministratore del proprio condominio

La possibilità di nominare amministratore un «condomino dello stabile» (per usare la formulazione letterale della norma) non è certo un fatto nuovo essendo sempre di fatto esistita nella prassi condominiale.

Va precisato che per amministratore del proprio condominio o condomino amministratore si intende solo colui che sia proprietario o usufruttuario di unità immobiliari ubicate nel condominio stesso anche se non vi risieda.

Non rientrano quindi in questa categoria il conduttore o il comodatario che qualora siano nominati amministratori del condominio sono tenuti a possedere tutti i requisiti formativi richiesti agli amministratori esterni.

La novità è costituita dal fatto che ora la legge, e precisamente il secondo comma dell'art 71 bis disp. att.c.c., prevede tale ipotesi in modo espresso.

Lo fa per affermare che l'amministratore-condomino non è tenuto a possedere i requisiti del titolo di studio, della frequenza di corsi di formazione iniziale e dello svolgimento di attività di formazione periodica o di aggiornamento che, come vedremo più avanti, sono invece necessari per l'amministratore non condomino.

Gli unici requisiti dei quali anche questa tipologia di amministratori non può difettare sono pertanto quelli che abbiamo definito come requisiti minimi.

L'amministratore professionista

Per l'amministratore non condomino, l'art 71-bis disp. att. c.c. prevede oltre ai requisiti minimi di cui ai precedenti paragrafi, anche requisiti afferenti alla professionalità del soggetto e alla sua preparazione tecnica specifica, che come già detto, devono sussistere indipendentemente dal numero di condomìni amministrati e dal fatto che l'attività di amministratore venga svolta professionalmente, quindi anche qualora il soggetto amministri un solo condominio che non sia il proprio.

In particolare, l'art 71-bis, comma 1, disp. att. c.c., lettera f), richiede che coloro i quali iniziano ad esercitare l'attività dopo il 18 giugno 2013 abbiano conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado.

L'espressione scuola secondaria superiore non comprende ogni tipo di diploma ottenuto al termine degli studi effettuati da qualunque scuola dopo un corso di studi medi inferiori, ma solo il titolo rilasciato a compimento del positivo superamento di un corso di studi quinquennale che si concluda con un esame di maturità e che apre l'accesso agli studi universitari o abilita all'esercizio di una professione.

E' questa l'interpretazione data dal T.A.R. Lombardia 17 gennaio 2007, n. 54.

La formazione iniziale e l'aggiornamento periodico

In secondo luogo, l'art 71-bis disp. att. c.c., lettera g), richiede al soggetto di avere frequentato un corso di formazione iniziale della durata minima di settantadue ore, un terzo delle quali a carattere pratico.

La formulazione letterale della norma richiede come requisito la frequenza del corso, mentre, per quanto concerne la formazione periodica, si parla di svolgimento di attività di formazione, con una locuzione quindi di più ampia portata rispetto a quella di “frequenza di corsi”.

D'all'altro lato, tale attività formativa deve essere svolta con riferimento alla materia di amministrazione condominiale.

Si tratta di una locuzione che, a differenza di quella usata dall'art 71-quater con riferimento alla mediazione, non è circoscritta alle sole materie relative alle disposizioni del libro terzo, titolo VII, capo II del codice civile e degli artt. da 61 a 72 delle disposizioni di attuazione, ma si estende a tutte le materie che direttamente o indirettamente interessano, nei vari settori, l'amministrazione condominiale e quindi la gestione del condominio.

Essendo il possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento dell'attività di amministratore, l'assemblea convocata ai fini della nomina o della conferma deve verificarne l'esistenza in capo al soggetto candidato.

Tipologie e materie oggetto dei corsi

Il d.m. n. 140/2014 disciplina in concreto all'art. 5, «svolgimento e contenuti dell'attività di formazione e di aggiornamento», le due tipologie di corsi genericamente contemplate dall'art. 71-bis disp. att. c.c.

Il corso di formazione iniziale, destinato, come si evince dalla stessa definizione, a chi inizi ex novo l'attività di amministratore condominiale, deve svolgersi secondo un programma didattico predisposto dal responsabile scientifico in base a quanto specificato al comma 3) dello stesso art. 5, fermo restando che esso deve avere una durata di almeno settantadue ore e deve articolarsi , nella misura di un terzo della sua durata complessiva, secondo moduli che prevedano esercitazioni pratiche.

Per contro, gli obblighi formativi di aggiornamento devono:

a) avere cadenza annuale;

b) avere durata di almeno quindici ore;

c) riguardare elementi in materia di amministrazione condominiale in relazione all'evoluzione normativa, giurisprudenziale e alla risoluzione di casi teorico-pratici.

Il n. 3) dell'art. 5 individua poi i c.d. moduli didattici attinenti le materie di interesse dell'amministratore.

Deve ritenersi, anche se non viene espressamente detto, che le materie ivi elencate debbano essere obbligatoriamente incluse nei programmi dei corsi.

Come già detto, l'obbligo della formazione periodica (o aggiornamento) va assolto con cadenza annuale.

Inizialmente erano sorti dubbi in ordine all'interpretazione di tale previsione normativa: v'era infatti chi sosteneva che la cadenza annuale dovesse intendersi con riferimento all'anno solare, con la conseguenza che chi avesse frequentato il primo corso entro il 31 dicembre 2014 dovesse poi a partire dal 1° gennaio 2015 frequentare il secondo (e così di seguito per gli anni successivi).

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Anche a seguito di richieste di informativa al Ministero dello sviluppo economico è stato invece chiarito che, poiché il dies a quo per il primo corso dall'entrata in vigore del d.m. n. 140/2014 è il 9 ottobre 2014, deve ritenersi che la locuzione “cadenza annuale” si intenda riferita al periodo compreso tra il 9 ottobre di ciascun anno e il 9 (rectius, 8) ottobre dell'anno successivo.

L'attività formativa on line

Come già anticipato, la normativa vigente prevede che i corsi di formazione e di aggiornamento possano essere svolti anche in via telematica, ma in questo caso l'esame finale deve svolgersi nella sede individuata dal responsabile scientifico.

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Da tale previsione si evince che, anche in questo caso, l'esame finale non può essere svolto on line, ma deve avere carattere frontale.

Il pubblico dipendente

Per quanto riguarda le incompatibilità di incarichi, è ancora in vigore (anche se mitigato da successive riforme, il d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 richiamato dal richiamato dall'art. 53 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 in materia di pubblico impiego) un divieto generale per il pubblico dipendente di svolgere attività ulteriori salvo autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza.

Tuttavia detta autorizzazione non è sempre necessaria.

L'art. 53 del citato d.lgs. n. 165/2001, infatti, così testualmente recita:«... i commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quello a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero professionali»

L'agente immobiliare

Il Ministero dello sviluppo economico con decisione datata 14 giugno 2007 aveva posto fine ad una controversia che opponeva la camera di commercio di Torino e una società iscritta al ruolo dei mediatori dedita anche all'amministrazione di condomini. La società era stata cancellata dal ruolo d'ufficio per violazione della l. n. 39/1989 come modificato dalla l. n. 57/2001 che, all'articolo 5 comma 3, stabilisce che l'esercizio dell'attività di mediazione è incompatibile:

a) con l'attività svolta in qualità di dipendente da persone società o enti privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione,

b) con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate.

Secondo la Camera di Commercio quella di amministratore è un'attività imprenditoriale e professionale a tutti gli effetti e come tale incompatibile con quella di mediatore professionale.

Il Ministero dello sviluppo economico ha però contestato questa tesi e, ribadendo un'interpretazione già avanzata con circolare del 4 luglio 2003, ha affermato che quella di amministratore non può essere considerata come una vera e propria professione in quanto non riconosciuta come tale dalla legge aggiungendo che l'iscrizione al registro delle imprese della società era obbligatoria per esercitare l'attività di intermediazione, mentre quella di amministratore condominiale non necessita di alcuna iscrizione.

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In questo contesto è venuto tuttavia inserirsi un nuovo orientamento: la divisione XXI registro delle imprese del MISE ha operato una distinzione tra attività di amministratore di condominio «svolta saltuariamente o a titolo di passatempo» (sic!) e come tale estranea all'ambito di regolamentazione della CCIAA, dall'attività esercitata con un'organizzazione anche minima di mezzi al fine di trarne un utile svolta secondo criteri di professionalità, inquadrando tale seconda ipotesi come una attività di impresa sottoposta agli obblighi di iscrizione al registro imprese con conseguente incompatibilità con l'attività di agente immobiliare in base al citato art. 5, comma 3, della l. n. 39/1989 in quanto, laddove l'amministratore di condomini ha una qualificazione pluridimensionale a seconda della fattispecie, qualora venisse accertato l'esercizio dell'attività in modo professionale e abituale, questa sarebbe incompatibile con l'esercizio dell'attività di agenti di affari in mediazione.

Sarebbe auspicabile che un indirizzo univoco e omogeneo ed una presa di posizione definitiva colmasse questo vuoto legislativo e risolvesse i dubbi interpretativi.

L'avvocato

Questione solo apparentemente analoga, ma in realtà diversa, è quella della compatibilità tra l'attività di amministratore e quella di avvocato.

La questione prende le mosse dal testo dell'art. 18 della l. 31 dicembre 2012, n. 247 (Riforma forense) secondo il quale la professione forense è incompatibile:

a) con qualsiasi attività di lavoro autonomo svolta continuativamente e professionalmente (la norma prevede espressamente alcune deroghe o eccezioni al divieto);

b) con l'esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome e per conto altrui;

c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone aventi quale finalità l'esercizio di attività di impresa commerciale in qualunque forma costituite;

d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato.

In un primo tempo, il Consiglio Nazionale Forense nell'ambito delle cosiddette FAQ (Frequently asked questions) ossia delle domande frequentemente poste da avvocati e CDA a chiarimento dei dubbi emergenti in ordine alla legge di riforma forense (l. n. 247/2012) si era espresso nettamente per la soluzione negativa.

L'ufficio studi del CNF con la FAQ n.32 alla domanda se l'esercizio della professione fosse compatibile con l'attività di amministratore di condominio aveva in un primo tempo risposto negativamente in quanto essa costituisce altra attività di lavoro autonomo svolta necessariamente in modo continuativo e professionale.

Tale circostanza risulterebbe confermata dalla nuova disciplina delle professioni non regolamentate in albi ordini o collegi (l. n. 4/2013) nell'àmbito delle quali rientrerebbe secondo molti anche l'attività di amministratore di condominio.

In evidenza

Successivamente, però la commissione consultiva del CNF, ha mutato completamente orientamento : rispondendo ad un quesito posto dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli in merito alla compatibilità tra l'art. 18 della l. 247/2012 di riforma dell'ordinamento professionale forense e l'esercizio dell'attività di amministratore di condominio, con parere del 20 febbraio 2013, anche alla luce della recente riforma del settore ad opera della l. n. 220/2012, ha escluso l'incompatibilità tra le due attività.

Schema riassuntivo dell'obbligo formativo

Responsabile scientifico e formatore

E' opportuno, anche se non previsto espressamente dalla normativa del d.m. n. 140/2014, che il responsabile scientifico non rivesta contemporaneamente anche la qualità di formatore, atteso che svolgendo egli la funzione di controllo dei requisiti dei formatori potrebbe ravvisarsi una situazione di conflitto di interessi.

Materie oggetto dei corsi

Le materie oggetto dei corsi sia iniziale che periodico devono essere quelle elencate e obbligatoriamente previste dal d.m. n. 140/2014.

Durata dei corsi

La durata minima dei corsi indicata dal decreto (15 ore per i corsi periodici, 72 ore per quelli iniziali) è obbligatoria; può quindi essere prevista una durata maggiore, mai minore.

Prova di esame finale

Il decreto ministeriale non contiene alcuna previsione in ordine alle modalità di svolgimento dei corsi la cui individuazione viene quindi lasciata alla discrezionalità del responsabile scientifico

Guida all'approfondimento

Del Torre, Requisiti e responsabilità dell'amministratore di condominio, in Arch. loc. e cond., 2016, 601;

Garufi, La riforma del 2012 ed il nuovo ruolo dell'amministratore del condominio. Spunti de iure condendo, in Arch. loc. e cond., 2015, 610.

Gallucci, Il condominio negli edifici, Padova, 2013, 280;

Petrelli, L'amministratore del nuovo condominio, Napoli, 2013, 86;

Scarpa, L'amministratore. La riforma del condominio, Milano, 2013, 15;

Nasini, L'amministratore, in Il nuovo condominio, a cura di Triola, Torino, 2012, 751.

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