Amministratore (nomina giudiziale)

Alberto Celeste
06 Aprile 2018

Nel caso specifico del ricorso per la nomina dell'amministratore da parte del magistrato, l'oggetto del giudizio non è tanto l'istituzione dell'organo - già obbligatorio in forza dell'art. 1129, comma 1, c.c., che si pone quale fonte genetica, giustificativa della nomina medesima - quanto la designazione concreta della persona che deve provvedere all'amministrazione, e, in proposito, nulla vieta che il ricorrente possa indicare il soggetto che reputi più idoneo ad essere designato...
Inquadramento

L'art. 1129, comma 1, c.c. prevede che, quando i condomini sono più di otto - soglia raddoppiata rispetto a quella originaria a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 220/2012 - «se l'assemblea non provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario».

Va, innanzitutto, evidenziato il carattere, per così dire, permanente di tale disposto, poiché contiene una normativa che non è limitata alla prima nomina dell'amministratore, ma, tenuto conto dell'obbligo dell'assemblea di procedere alla predetta nomina (allorché i condomini siano almeno nove) e dell'annualità (tendenziale) del mandato, tende a disciplinare il predetto procedimento di nomina per tutta la durata della vita del condominio.

Dunque, l'art. 1129, comma 1, c.c. ritiene necessaria la nomina di un amministratore nel condominio quando i partecipanti siano più di otto, mentre la rimette alla libertà degli stessi allorché siano in numero inferiore.

Il Legislatore non ha, pertanto, imposto la presenza dell'amministratore in ogni condominio: i motivi che hanno indotto il Legislatore a pretendere tale presenza quando la comunione edilizia raggiunge una certa dimensione prescindono così dall'interesse dei singoli proprietari, e tendono a realizzare un interesse di carattere sociale (si pensi allo sviluppo del nuovo regime della proprietà edilizia, nonché alla necessità di prevenire la litigiosità insita nella convivenza all'interno degli edifici urbani).

L'obbligo da parte del supremo organo gestorio

A questo punto, sorge spontaneo l'interrogativo se esista un obbligo, da parte dell'assemblea di un condominio composto da più di nove condomini, di nominare un amministratore, o la nomina costituisca una semplice facoltà; in altri termini, se dato il prescritto requisito numerico, un amministratore vi debba pur sempre essere, o l'assemblea sia discrezionalmente libera di non nominarne alcuno.

In effetti, l'art. 1129 c.c. cit. non impone un obbligo di amministrare vero e proprio, come non prevede alcun tipo di sanzione qualora ne risulti eluso il disposto; i condomini - quando sono di numero ridotto (ad esempio, dieci) - potrebbero andare perfettamente d'accordo, risolvendo agevolmente i problemi della gestione condominiale man mano che si presentano; a ben vedere, pur in mancanza di un amministratore, l'assemblea potrebbe egualmente essere convocata (ad iniziativa di ciascun condomino ex art. 66, comma 2, disp. att. c.c.) e, in quella sede, essere utilizzata per “conguagliare” i reciproci rapporti di debito-credito che siano sorti da un'amministrazione disgiunta, senza escludere la possibilità di dare mandato ad uno dei partecipanti di interessarsi di un dato problema una volta che lo stesso si presenti.

Tuttavia, la legge conferisce all'assemblea dei condomini (e a essa sola) l'attribuzione di eleggere un amministratore, il quale, una volta investito della carica, esercita funzioni e prerogative nell'interesse di coloro (anche della minoranza) che lo hanno nominato; la nomina assembleare, quindi, permette la scelta più congrua, assumendo un rapporto tra mezzo e fine, in relazione alle circostanze e alle esigenze dell'edificio, e quello dell'assemblea rappresenta un potere-dovere, a carattere funzionale, non delegabile, né abdicabile.

In quest'ordine di concetti, qualora un'assemblea formata dalla totalità dei condomini decida di non eleggere l'amministratore - ad esempio, perché non vuole gravarsi della relativa spesa - tale rinuncia, se rinnegata, non dovrebbe causare alcuna conseguenza per il condomino che ha mutato avviso, perché egli non farebbe altro che esercitare legittimamente un proprio diritto potestativo, non disponibile e inderogabile dal regolamento, dalle convenzioni e dall'atto di acquisto, stante anche il richiamo dell'art. 1138 c.c. all'art. 1129 c.c.; qualora, invece, sia la maggioranza di cui all'art. 1136 c.c. a rinunziarvi, la minoranza dissenziente potrebbe comunque sempre rimediare ricorrendo all'autorità giudiziaria, mediante impugnazione della delibera per contrarietà alla legge.

Le peculiarità dell'intervento del giudice

Il carattere prettamente amministrativo (e non contenzioso) del provvedimento ex art. 1129, comma 1, c.c. si evince, da un lato, dai presupposti sostanziali che legittimano il ricorso, e, dall'altro lato, dalle finalità dell'intervento giudiziale e dagli stessi aspetti del modus procedendi.

Sotto il primo profilo, la domanda del condomino di nomina dell'amministratore non è intesa a contrastare o a impedire un comportamento lesivo di un proprio diritto, ma a salvaguardare la propria sfera di interessi, inerenti alla qualifica di condomino, attraverso la tutela di un interesse anche più generale, che investe la totalità dei condomini; in altri termini, l'interesse del singolo, qualificato dal fatto che questi rimane senza dubbio pregiudicato da una disordinata amministrazione, assume rilevanza processuale solo in coincidenza con l'interesse del condominio.

Sotto il secondo profilo, l'intervento del giudice, pur condizionato dalla denuncia di uno dei condomini, si svolge in una progressione del tutto svincolata da ogni impulso di parte, e si esplica in una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti esposti, esaurendosi in un provvedimento diretto alla preservazione di un interesse di evidente carattere pubblicistico; il decreto, in pratica, si risolve in una vera e propria manifestazione di volontà sostitutiva dell'assemblea, rimasta inerte di fronte ad una situazione pregiudizievole nella gestione della cosa comune, ed in questa facoltà sostitutiva si delinea un rapporto di collaborazione della volontà del giudice nell'ambito dell'amministrazione condominiale.

In quest'ordine di concetti, l'amministratore nominato dal Tribunale ex art. 1129 c.c., in sostituzione dell'assemblea che non vi provvede, sebbene non rivesta la qualità di ausiliario del giudice ma instauri, con i condomini, un rapporto di mandato, non può essere equiparato all'amministratore nominato dall'assemblea, in quanto la sua nomina non trova fondamento in un atto fiduciario dei condomini ma nell'esigenza di ovviare all'inerzia del condominio ed è finalizzata al mero compimento degli atti o dell'attività non compiuta; pertanto, il termine di un anno previsto dall'art.1129 c.c. non costituisce il limite minimo di durata del suo incarico, ma piuttosto il limite massimo di durata dell'ufficio, il quale può cessare anche prima se vengono meno le ragioni presiedenti la nomina (nella specie, per l'avvenuta nomina dell'amministratore fiduciario), restando applicabile, ai fini della determinazione del compenso, l'art.1709 c.c. (Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2021, n. 11717).

Dunque, la ratio dell'art. 1129, comma 1, c.c. deve essere individuata nella necessità di non lasciare un condominio senza amministratore, all'evidente scopo di evitare che la mancanza di un soggetto che organizzi e gestisca lo svolgimento della vita condominiale conduca alla paralisi di ogni attività ad essa connessa, con conseguenti gravi danni per la collettività.

Occorre, quindi, fare attenzione a che non venga dedotto, come presupposto del ricorso al giudice ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c., un determinato vizio che avrebbe inficiato la delibera assembleare che ha provveduto all'elezione dell'amministratore - ad esempio, nomina ex novo o conferma dell'amministratore uscente con una maggioranza inferiore a quella prescritta o in presenza di altra irregolarità invalidante - in quanto si deve escludere che possano venire in rilievo questioni di natura tipicamente contenziosa nell'àmbito del procedimento di volontaria giurisdizione.

In quest'ottica, non è possibile che il giudice camerale conosca in via incidentale della nullità o annullabilità della delibera di nomina, poiché la questione sulla validità della stessa delibera trascende le sue attribuzioni, trattandosi di vera e propria controversia che, nel contrasto degli interessi tra i partecipanti al condominio, postula una risoluzione in sede contenziosa a massima garanzia di una completa e migliore valutazione degli interessi confliggenti.

La pretesa invalidità della nomina (o della conferma) dell'amministratore, anche nei casi in cui la stessa è di tutta evidenza, non può, dunque, autorizzare l'immediata presentazione al giudice del ricorso ex art. 1129, comma 1, c.c., in quanto lo stesso ricorso dovrà essere necessariamente preceduto dall'impugnazione della relativa delibera fatta nei modi di cui all'art. 1137 c.c.; solamente dopo che l'autorità giudiziaria, in sede contenziosa, avrà annullato il provvedimento dell'assemblea o avrà sospeso preliminarmente l'efficacia della delibera impugnata, allora potrà parlarsi di ricorrenza dei presupposti che rendono ammissibile il ricorso per la nomina dell'amministratore di condominio da parte del magistrato.

La legittimazione in capo al condomino

L'art. 1129, comma 1, c.c., qualora l'assemblea non provveda alla nomina dell'amministratore, ammette la possibilità di adire il giudice per tale incombente, «su ricorso di uno o più condomini».

Resta inteso che, per l'intervento dell'autorità giudiziaria, non è sufficiente l'evidente impossibilità per l'assemblea di riunirsi o l'oggettivo disaccordo dei condomini circa la nomina dell'amministratore, poiché è necessaria pur sempre l'istanza della parte interessata, dovendosi, quindi, escludere ogni intervento ex officio (i casi in cui il pubblico ministero esercita l'azione civile sono tassativi in forza dell'art. 69 c.p.c., e le norme contemplate dagli artt. 78-80 c.p.c. menzionano soltanto l'incapace, la persona giuridica e l'associazione non riconosciuta).

Premesso ciò, si rileva, innanzitutto, che la legittimazione alla proposizione dell'istanza per la nomina dell'amministratore giudiziario spetta ad ogni condomino, in quanto il semplice status di partecipante al condominio - purché composto da almeno nove condomini - autorizza il singolo a ricorrere all'autorità giudiziaria; peraltro, la qualità di condomino è agevolmente dimostrabile attraverso la produzione del titolo di proprietà, e, per reputare realizzata la condizione voluta dalla legge, è sufficiente che il trasferimento delle diverse porzioni sia avvenuto secondo le forme prescritte (atto pubblico o scrittura privata).

Inoltre, trattasi di una legittimazione plurima e disgiunta, nel senso che la facoltà è attribuita ad uno o più condomini, ma al tempo stessa esclusiva, in quanto solo i condomini, e non gli estranei alla comunione dell'edificio, sono ammessi al ricorso all'autorità giudiziaria (pur se interessato in prima persona, l'inquilino potrà al più sollecitare il proprio locatore perché si attivi in tal senso).

Non sembra che il condomino ricorrente debba dimostrare un qualche specifico interesse, oltre alla sua qualità, e neppure un'eventuale posizione negativa da lui precedentemente assunta in sede assembleare appare preclusiva del ricorso giudiziale (v., in motivazione, Corte Cost. 27 novembre 1974, n. 267).

Il giudice dovrà solo appurare che un amministratore non affianca l'assemblea condominiale, sicché non è necessaria alcuna motivazione a monte della richiesta di nomina ex art. 1129, comma 1, c.c., visto che l'assenza dell'amministratore è fatto che urta contro l'inderogabilità della legge che dispone il contrario; la domanda sarà accolta senza nessuna indagine del perché ci si è rivolti al giudice e dei motivi che hanno impedito all'assemblea di eleggere il proprio amministratore: basta, dunque, una domanda e basta una nomina, perché l'ordine voluto dalla legge, per dare validità giuridica alla vita condominiale, sia ristabilito.

La legittimazione in capo all'amministratore

Prima della Riforma del 2013, la legittimazione in oggetto era stata riconosciuta anche all'amministratore che, ovviamente, non rivesta nel contempo la qualità di condomino, che di per sé giustificherebbe la proposizione del predetto ricorso.

Invero, anche se la norma si riferiva esclusivamente ai condomini, quando l'assemblea non avesse provveduto alla nomina ex novo dell'amministratore o alla conferma di quello uscente, si riteneva che il medesimo amministratore in carica, in virtù dell'operatività del principio della prorogatio continuava ad atteggiarsi, fino a che non sia sostituito da altro amministratore, quale rappresentante dei condomini in relazione alla generale sfera dei poteri-doveri attribuitigli dall'art. 1131 c.c., nel cui àmbito era corretto ricondurre l'attivarsi ai fini dell'eliminazione di una situazione di incertezza oggettivamente pregiudizievole per la tutela degli interessi comuni.

Tale soluzione non poteva essere messa in dubbio dalla considerazione che, molte volte, l'amministratore dimissionario agisca, oltre che nell'interesse del condominio, anche a soddisfacimento di un proprio interesse (l'eventuale coincidenza d'interessi non poteva risolversi in un ostacolo alla legittimazione a presentare il ricorso).

In queste ipotesi, appariva corretto ammettere la legittimazione alla nomina giudiziale ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c. in capo all'amministratore, considerando, da un lato, che quest'ultimo conservava ad interim i suoi poteri di rappresentanza di tutti i condomini, per cui era tenuto a procedere ad ogni iniziativa, anche giudiziaria, atta a tutelare le esigenze comuni dei condomini e il ricorso avrebbe potuto costituire appunto un mezzo per ovviare alla situazione di carenza dell'organismo amministrativo, nell'interesse del condominio e dei suoi partecipanti, e, dall'altro lato, che lo stesso amministratore, protraendosi i doveri discendenti dalla sua nomina, continuava ad essere responsabile sotto i vari profili civili, penali, amministrativi, fiscali, ecc. (si pensi, ad esempio, all'imputabilità per la rovina del cornicione dell'edificio condominiale).

Né sembrava porsi in tale ipotesi alcun problema relativo alla notificazione del ricorso agli eventuali controinteressati: infatti, considerando che la nomina dell'amministratore, nei condominii con più di (allora) quattro partecipanti, era un atto “dovuto” per il condominio, nel senso che la presenza dell'organismo esecutivo del complesso era richiesta obbligatoriamente dall'art. 1129, comma 1, c.c., a tutela di un medesimo interesse di cui tutti i partecipanti erano titolari, doveva necessariamente escludersi che, nel procedimento de quo, potesse esistere alcuna contrapposizione tra i condomini o tra costoro e il ricorrente, né che vi fossero soggetti portatori o titolari di posizioni giuridiche atte a risentire direttamente degli effetti del provvedimento richiesto, non sussistendo, nel condominio degli edifici, un diritto dei partecipanti «di concorrere all'amministrazione della cosa comune» (come previsto, invece, nel caso di comunione semplice).

In evidenza

Tutte le suesposte considerazioni hanno trovato attualmente un avallo normativo nel nuovo testo del comma 1 dell'art. 1129 c.c., il quale legittima espressamente l'amministratore “dimissionario” ad adire il magistrato per la nomina di un amministratore in sua vece.

La sollecitazione assembleare

Sebbene l'art. 1129, comma 1, c.c. non lo dica espressamente, costituisce ulteriore presupposto necessario del ricorso al giudice per la nomina dell'amministratore, oltre l'articolazione della proprietà condominiale in almeno nove quote distinte e l'inesistenza del rappresentante, la mancata adozione del provvedimento di nomina in sede assembleare.

Del resto, dall'espressione «se l'assemblea non provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria», si evince che la sede deputata alla predetta nomina è l'assemblea, sicché la previa convocazione della stessa per statuire in proposito è condizione indefettibile di esperibilità del ricorso giudiziale.

In altri termini, stante che l'intervento del giudice nella nomina dell'amministratore di condominio ha carattere sussidiario e residuale rispetto al potere-dovere dell'assemblea, è necessario sempre che sia sollecitata sul punto la volontà dei condomini che si manifesta attraverso l'organismo assembleare, e, pertanto, si potrà adire il giudice soltanto se consti l'inutile convocazione dell'assemblea per deliberare su tale argomento, o, una volta convocata l'assemblea, l'impossibilità di addivenire alla nomina dell'amministratore.

Se l'amministratore manca ab origine, l'art. 66, comma 2, c.c. autorizza il singolo condomino a convocare direttamente l'assemblea sul punto, invitando gli altri condomini alla riunione; qualora, invece, vi sia l'amministratore e questi abbia convocato la riunione dei condomini con all'ordine del giorno la nomina del successore, la nomina giudiziaria è condizionata ad una reiterata mancata statuizione al riguardo, nel senso che non è sufficiente che l'assemblea non sia stata in grado di provvedere per mancanza occasionale e temporanea della maggioranza richiesta, ma occorre che l'impossibilità di provvedere risulti consolidata a seguito di ulteriori inutili convocazioni o/e delibere.

In pratica, per dimostrare di avere esperito invano azioni positive per stimolare l'assemblea a statuire sulla nomina dell'amministratore, basterà allegare al ricorso introduttivo le copie dei verbali delle assemblee da cui si desuma l'impossibilità di pervenire alla predetta nomina in sede assembleare, in quanto rivelatrice di una situazione di impasse, per le più svariate cause: perché le riunioni siano andate costantemente deserte, o per la mancata presenza del numero minimo di condomini richiesto per la regolare costituzione dell'assemblea, o perché quelli presenti rappresentano millesimi insufficienti ai fini elettivi, o per la mancata convergenza del consenso dei partecipanti intervenuti nei confronti di un solo nominativo o perché l'argomento, sebbene posto all'ordine del giorno, non sia discusso.

In effetti, è solo l'assemblea l'organo cui compete, in via primaria, la predetta nomina, e l'intervento giudiziale in proposito, in linea con i caratteri propri del procedimento di volontaria giurisdizione in materia condominiale, ha esclusivamente finalità suppletive.

In quest'ordine di concetti, deve darsi risposta negativa al quesito se l'assemblea possa (in modo espresso o implicito) devolvere direttamente all'autorità giudiziaria la nomina dell'amministratore, senza preventivamente accertare la possibilità della formazione di una maggioranza nel suo àmbito; perciò, la semplice inerzia dell'assemblea non legittima ex se il ricorso al giudice, che è ammissibile solo quando la stessa assemblea non sia in grado di provvedere alla nomina, in quanto, all'uopo convocata, abbia trascurato o abbia omesso di provvedere.

Il testo di legge, nella parte in cui prevede l'intervento giudiziale «se l'assemblea non provvede», deve essere interpretato ponendolo in relazione all'obbligo imposto all'assemblea di nominare l'amministratore; del resto, tale nomina, per la particolare delicatezza ed importanza delle funzioni che detto soggetto deve svolgere nell'àmbito del condominio, è stata affidata dalla legge proprio all'assemblea dei condomini, a coloro, cioè, nel cui interesse dette funzioni devono essere esercitate, al fine appunto di permettere che la scelta cada sulla persona più idonea in relazione alle concrete esigenze del condominio.

Trattasi, in altri termini, di un potere-dovere funzionale dell'assemblea, sicché l'autorità giudiziaria può eccezionalmente sostituirsi soltanto quando consti, in concreto, l'impossibilità, da parte della stessa assemblea, di provvedere alla predetta nomina; ammettendosi, invece, la possibilità di una preventiva rinuncia dell'assemblea a provvedere sulla nomina dell'amministratore si elude non solo il disposto di cui all'art. 1129, comma 1, c.c., ma si viola anche il principio fondamentale che regola la formazione della volontà degli organi collegiali, escludendosi ex ante che, mediante la discussione dei condomini, possa formarsi la maggioranza richiesta per la nomina de qua.

Né potrebbe giustificare il ricorso diretto al giudice per la nomina dell'amministratore, paventando a priori una probabile impossibilità dell'assemblea di deliberare sul punto a causa dell'atteggiamento asseritamente ostruzionistico di uno o più condomini, poiché tale atteggiamento sarà valutato in sede giudiziaria solo dopo la convocazione dell'assemblea e la constatazione dell'omessa nomina; e ciò in linea con la ritenuta invalidità della delibera assembleare derivante dalla mancanza dell'invito anche di uno solo dei condomini, pur se la mancata partecipazione dello stesso non abbia influito sulla formazione della maggioranza (Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 1990 n. 11947), e pur se il condomino non convocato sia titolare di una quota millesimale ininfluente per il raggiungimento del quorum richiesto dalla legge (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1993, n. 1780).

La richiesta da parte del Sindaco per gli edifici degradati

La tematica della nomina “esterna” dell'amministratore di condominio, da parte dell'Autorità giudiziaria - ossia non proveniente dall'assemblea, organismo istituzionalmente deputato a tale incombente - si è arricchita, di recente, di una particolare fattispecie: invero, l'art. 5-sexies, comma 1, della l. 14 giugno 2019, n. 55, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 17 giugno 2019, n. 140, di conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, c.d. decreto sblocca cantieri (recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), ha previsto, per gli edifici condominiali degradati o ubicati in aree degradate, la possibilità, per il Sindaco del relativo Comune, di richiedere direttamente la nomina di un amministratore giudiziario, che assuma le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell'assemblea condominiale.

Tale richiesta può essere effettuata ove ricorrano le condizioni indicate dall'art. 1105, comma 4, c.c. e, quindi, nelle situazioni in cui non si prendano i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si formi una maggioranza, oppure se la deliberazione adottata non venga eseguita.

Il comma 2 aggiunge che le dichiarazioni di degrado degli edifici condominiali (adottate in base al comma 1) sono effettuate dal Sindaco con ordinanza resa in base all'art. 50, comma 5, del Testo unico degli enti locali (d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) nel quadro della disciplina in materia di sicurezza delle città, come previsto dal d.l. 20 marzo 2017, n. 14, convertito il l. 18 aprile 2017, n. 48.

Casistica

CASISTICA

Natura amministrativa del provvedimento

La nomina dell'amministratore, da parte del giudice, qualora il condominio ne sia sprovvisto, costituisce attività di carattere amministrativo e non giurisdizionale, non essendo diretta a risolvere un conflitto di interessi, ma solo ad assicurare al condominio (composto da un numero di condomini superiore a quattro) l'esistenza del rappresentante necessario per l'espletamento delle incombenze demandate dalla legge; il fatto che il provvedimento non sia reclamabile, come si desume dall'assenza di ogni riferimento a tale mezzo di impugnazione, previsto invece dall'art. 64, comma 1, disp. att. c.c. per il diverso procedimento di cui al comma 2 dell'art. 1129 c.c., sottolinea che la funzione del provvedimento è solo quella di evitare che, per la mancanza di un organo necessario alla sua gestione, il condominio rimanga nell'impossibilità di agire, per cui esso prescinde dall'eventuale esistenza di conflitti che esso non è diretto a risolvere e che in astratto non potrebbero mancare, sia all'interno del condominio, da parte di quei condomini che ritengono che l'amministratore sia stato già eletto, sia all'esterno da parte di chi sostenga di essere stato investito validamente dell'ufficio di amministratore; se tali conflitti sussistano e non vengano risolti nella sede assembleare mediante i provvedimenti adottati con le maggioranze prescritte, lo strumento per risolverli è quello giurisdizionale secondo le regole ordinarie, rispetto al quale il provvedimento del giudice ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c.adempie soltanto una funzione eventualmente interinale e provvisoria, in attesa che la fase contenziosa, se promossa, giunga alla conclusione definitiva con la pronuncia giudiziale; ne discende che il provvedimento del tribunale con il quale era stato nominato l'amministratore non era reclamabile davanti alla corte d'appello e questa bene ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto contro il decreto (Cass. civ., sez. II, 13 novembre 1996, n. 9942).

Inammissibilità del ricorso per cassazione

È inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.nei confronti del provvedimento, pronunciato in sede di volontaria giurisdizione, con il quale la corte d'appello decide sul reclamo proposto contro il decreto del tribunale di nomina di amministratore giudiziario di condominio ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c., trattandosi di atto inidoneo alla formazione del giudicato e non destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo perché modificabile e revocabile in ogni tempo anche con efficacia ex tunc; tale inammissibilità non subisce deroghe neanche nei casi in cui vengano denunciati vizi in procedendo, ovvero difetto di giurisdizione o di competenza, in quanto il carattere non definitivo del decreto di cui si tratta si estende necessariamente alla definizione di ogni questione inerente al procedimento nel quale esso viene reso (Cass. civ., sez. II, 21febbraio 2001, n. 2517).

Difetto di legittimazione in capo al conduttore

Il conduttore di un'unità immobiliare di un edificio in condominio, ancorché abbia diritto a norma dell'art. 10 della l. 392/1978 a partecipare all'assemblea - con diritto di voto, in luogo del proprietario dell'appartamento locatogli, nelle delibere relative alle spese e alle modalità di gestione del servizio di riscaldamento e di condizionamento d'aria, e, con il solo intervento, nelle delibere concernenti la modificazione degli altri servizi comuni - non è legittimato, in caso di mancata nomina dell'amministratore, a proporre il ricorso all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129, comma 1, c.c. diretto ad ottenere la nomina dell'amministratore, configurandosi una negotiorum gestio di carattere processuale non consentita, anche in materia di volontaria giurisdizione, dall'ordinamento, con conseguente inesistenza di un suo diritto al rimborso delle spese sostenute (Cass. civ., sez. II, 17 giugno1991, n. 6843).

Determinazione del compenso

In tema di condominio negli edifici, l'amministratore nominato dal Tribunale ex art. 1129, comma 1, c.c., in sostituzione dell'assemblea che non vi provvede, non riveste la qualità di ausiliario del giudice né muta la propria posizione rispetto ai condomini, con i quali instaura, benché designato dall'autorità giudiziaria, un rapporto di mandato: in conseguenza, lo stesso deve rendere conto del proprio operato soltanto all'assemblea e la determinazione del suo compenso rimane regolata dall'art. 1709 c.c. (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto legittima la deliberazione assembleare di approvazione, tra le voci del rendiconto consuntivo, del compenso in favore dell'amministratore nominato dal Tribunale). (Cass. civ., sez. II, 21 settembre 2017, n. 21966).

Riferimenti

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Celeste, La volontaria giurisdizione in materia condominiale, Milano, 2000, 8;

Nicoletti, Amministratore giudiziario e volontaria giurisdizione nel condominio, in Rass. loc. e cond., 1995, 177;

Bucci, Della comunione e del condominio, Padova, 1992, 82;

Crescenzi, Le controversie condominiali, Padova, 1991, 257;

De Renzis, L'amministratore del condominio degli edifici, Padova, 1991, 48;

Zaccagnini - Palatiello, L'amministratore giudiziario nella comunione e nel condominio di edifici, Napoli, 1983, 46;

Lazzaro - Stingardini, L'amministratore del condominio, Milano, 1982, 16;

Zaccagnini, L'amministrazione giudiziaria nel condominio, Piacenza, 1970, 39.

Sommario