Efficacia ex nunc della sentenza di revisione delle tabelle millesimali errate

06 Settembre 2017

Una rilevante questione processuale concernente le tabelle millesimali riguarda gli effetti della sentenza conclusiva del giudizio di revisione delle tabelle millesimali, anche se oramai la giurisprudenza di legittimità si sta orientando (discutibilmente) nel senso che la revisione giudiziale delle stesse tabelle spieghi i suoi effetti solo dal passaggio in giudicato della relativa sentenza e, pertanto, operi - non ex tunc, ossia dal momento della domanda introduttiva del giudizio oppure dal momento della commissione dell'errore originario o dalla sopravvenuta opera edilizia, bensì - ex nunc, ossia per quanto concerne la successiva gestione del condominio.
Il quadro normativo

Sembra oramai ius receptum nella giurisprudenza di legittimità che la revisione giudiziale delle tabelle millesimali spieghi i suoi effetti solo dal passaggio in giudicato della relativa sentenza (artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c.) e, pertanto, operi - non ex tunc, ossia dal momento della domanda introduttiva del giudizio oppure dal momento della commissione dell'errore originario o dalla sopravvenuta opera edilizia, bensì - ex nunc, ossia per quanto concerne la successiva gestione del condominio (v., da ultimo, Cass., sez. civ., 24 febbraio 2017, n. 4844).

Tale efficacia valevole solo per il futuro viene giustificata dalla natura «costitutiva» della pronuncia, in quanto volta ad assolvere «la stessa funzione dell'accertamento raggiunto all'unanimità dei condomini» (così Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1994, n. 7696), con la conseguenza che le tabelle pregresse, benché oggetto di revisione da parte del magistrato, conservano efficacia, in mancanza di specifica disposizione di legge contraria, sino alla formazione del giudicato, pienamente fondando la validità delle delibere assembleari medio tempore adottate (Cass. civ., sez. II, 22 novembre 2000, n. 15094; Cass. civ., sez. II, 2 giugno 1999, n. 5399; in ordine all'irretroattività della sentenza in oggetto, v., altresì, nella giurisprudenza di merito, Trib. Roma 9 dicembre 1997).

L'irretroattività della pronuncia

Tale conclusione ha trovato, sia pure incidentalmente, anche l'avallo del supremo organo di nomofilachia (Cass., sez. un., 30 luglio 2007, n. 16794), il quale, in tema di sopraelevazione, ha sottolineato che la modifica delle tabelle, ai sensi dell'art. 69, n. 2), disp. att. c.c. (vecchio testo), non costituisce una conseguenza naturale ed immediata della trasformazione edilizia sopravvenuta, bensì l'effetto di un accertamento, negoziale o giudiziale, che ha natura costitutiva ex art. 2908 c.c. e, quindi, effetto esclusivamente ex nunc, senza possibilità di operatività retroattiva (In senso analogo, si era espressa Cass. civ., sez. II, 11 giugno 1986, n. 3860).

E' stato, in proposito, rilevato che le sentenze volte - non all'attribuzione di un bene dovuto, ma - alla modificazione di rapporti giuridici preesistenti producono effetti solo dal definitivo accertamento del diritto a tale modificazione, e che un'eventuale deroga a tale principio, con eventuale anticipazione degli effetti alla proposizione della domanda, sarebbe in contrasto con l'esigenza di non paralizzare la gestione dei beni e servizi comuni durante il tempo occorrente alla maturazione del giudicato.

Il contemperamento tra i contrapposti interessi

In tal modo, si tenta di trovare un congruo contemperamento tra contrapposti interessi, essenzialmente riconducibili, da un lato, alla speditezza che deve caratterizzare la gestione di un condominio e, dall'altro, alla corrispondenza dei valori millesimali al reale assetto dell'edificio.

Sotto il primo profilo, la speditezza implica che il concorso di ciascun condomino alla formazione delle delibere ed alla provvista dei mezzi per fronteggiare le spese sia agevolmente determinabile mediante il riferimento a parametri certi, non suscettibili di continua revisione a posteriori.

Sotto il secondo profilo, la conformità tra i valori millesimali e l'articolazione effettiva dell'edificio importa, invece, che si dia rilievo all'errore in cui si sia incorsi nella stima ab origine, così come alle trasformazioni sopravvenute che abbiano notevolmente alterato i rapporti tra i valori originari.

In quest'ordine di principi, è apparso, quindi, ragionevole qualificare la sentenza di revisione delle tabelle millesimali come pronuncia costitutiva (e non dichiarativa), poiché volta a produrre le modificazioni dei rapporti sostanziali solo al momento della maturazione del giudicato, al fine di evitare che, da ogni grado di giudizio, possa derivare una diversa ricostruzione delle vicende condominiali.

Si tratterebbe, in buona sostanza, di una scelta meditata perché la gestione del complesso delle attività condominiali - non riconducibili esclusivamente alla ripartizione delle spese, ma coinvolgendo anche l'utilizzazione delle parti comuni, la disposizione dei diritti, la partecipazione alle liti, ecc. - non può rimanere paralizzata per il tempo necessario all'accertamento giudiziale del valore millesimale delle quote dei singoli partecipanti, né direttamente, per l'impossibilità di deliberare validamente, né indirettamente, per il rischio della caducazione successiva delle decisioni adottate medio tempore.

L'azione di arricchimento senza causa

In quest'ordine di concetti, ci si è chiesti, altresì, se possa trovare spazio l'azione di arricchimento senza causa.

In proposito, lascia perplessi quella recente affermazione dei giudici di legittimità, secondo i quali, a fronte dell'efficacia non retroattiva della sentenza di revisione delle tabelle di ripartizione delle spese, «l'unica azione esperibile, da parte dei condomini e, per essi, dell'amministratore, è quella di indebito arricchimento» (così Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2011, n. 5690, precisando che la semplice inerzia del condomino, asseritamente impoverito, ancorché riconducibile a difetto di diligenza nel ridurre la portata della subita diminuzione patrimoniale, non esonera i condomini, eventualmente arricchitisi, dall'obbligo di indennizzare la controparte, né diminuisce l'entità dell'indennizzo dovuto, non trovando applicazione in materia di arricchimento senza causa, per la diversità dei rispettivi presupposti, la norma dettata, in tema di risarcimento del danno, dall'art. 1227 c.c., che impone al danneggiato di attivarsi per evitare le conseguenze ulteriori del fatto dannoso; cui adde Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2007, n. 16643, che distingue la domanda di revisione delle tabelle, volta ad una pronuncia costitutiva, a valere dalla data di definizione del giudizio, dalla domanda di restituzione dell'indebito, diretta ad ottenere la condanna al pagamento di ciò che si è corrisposto in più del dovuto a partire dalla stessa introduzione del giudizio di revisione).

Sembra, quindi, che le utilità economiche eventualmente derivanti a taluni condomini dalle nuove tabelle possano essere conseguite, per il tempo antecedente alla formazione del giudicato, mediante le azioni di cui agli artt. 2036 e 2041 c.c., suscettibili di essere esperite, però, dopo il definitivo accertamento giudiziale; in altri termini, la revisione delle tabelle continuerebbe a spiegare pienezza di effetti solo ex nunc ma non esclude che si realizzi aliunde anche una sorta di efficacia retroattiva, limitata alle conseguenze patrimoniali tra i condomini, attraverso i rimedi generali apprestati dal sistema codicistico (facendo intendere che la decorrenza della maturazione dell'indebito è motivata con l'assunto che, solo dalla domanda di revisione, il condomino ha manifestato una volontà contraria all'accettazione delle originarie tabelle).

Tuttavia, tale conclusione appare fortemente contraddittoria, in quanto, per un verso, si ribadisce che, fino alla formazione del giudicato sulla sentenza di revisione, le pregresse tabelle continuano ad essere applicate, in quanto vigenti a tutti gli effetti - riguardo sia al riparto delle spese (artt. 1123, 1124 e 1126 c.c.) sia ai quorum assembleari (art. 1136 c.c.) - per altro verso, si prospetta che, per il medesimo periodo (anteriore al giudicato), talune attribuzioni patrimoniali possano essere ritenute, in tutto od in parte, indebite benché conseguite in conformità alle tabelle all'epoca operative e pienamente legittime.

Si è correttamente evidenziata l'erroneità del riferimento alla ripetizione dell'indebito: infatti, se si parte dalla premessa secondo la quale la sentenza di revisione delle tabelle millesimali ha natura costitutiva, il condomino che ha pagato in più di quanto avrebbe dovuto, se le medesime tabelle avessero rispecchiato l'effettivo valore dell'unità immobiliare di cui è proprietario esclusivo, in realtà, fino al passaggio in giudicato di tale sentenza, ha pagato quanto dovuto.

Analoghe considerazioni valgono per l'indebito arricchimento, configurato nel risparmio di spesa da parte di quei condomini che si sono avvantaggiati delle tabelle risultate, poi, errate: in tal caso, è difficile individuare l'assenza di giusta causa, atteso che, qualificando la sentenza di revisione come costitutiva, fino al passaggio in giudicato di quest'ultima l'eventuale «arricchimento» dei suddetti condomini (ed il consequenziale depauperamento dei restanti partecipanti) trova, in realtà, una giustificazione giuridicamente valida, intendendo per tale un titolo «legale» - nella specie, le precedenti tabelle - idoneo a sorreggere tale incremento, o diminuzione, patrimoniale.

Comunque, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale come sopra delineato, il condomino, che pur sia risultato vittorioso nel giudizio promosso per affermare il proprio diritto ad una determinata modificazione delle tabelle millesimali, potrà trarre le utilità derivanti dalla revisione - ad esempio, una diversa ripartizione delle spese - solo con riguardo alla gestione successiva alla formazione del giudicato, mentre, per il tempo antecedente, gli atti di gestione restano governati dalle tabelle pregresse, con conseguente soccombenza nell'eventuale giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare imperniato sulla presunta inidoneità delle tabelle stesse.

Sul punto, un'attenta dottrina (Petrolati) ha vagliato la compatibilità dell'efficacia differita della revisione giudiziale delle tabelle millesimali alla luce dei principi informatori del giusto processo, consacrati nell'art. 111, comma 1, Cost., segnatamente avuto riguardo alla direttiva per la quale la durata del giudizio non deve ridondare a detrimento della parte vittoriosa o, detto in altri termini, nuocere al soggetto che abbia ottenuto ragione contro resistenze ingiustificate.

In conclusione

Dunque, atteso che l'art. 69 disp. att. c.c. fonda il diritto di ciascun condomino, nella ricorrenza di determinati presupposti, alla revisione delle tabelle millesimali, si è suggerito di ritenere che il tempo necessario alla formazione del giudicato sia imprescindibile solo ai fini dell'applicazione delle nuove tabelle - nel senso che occorre attendere la definitività della determinazione giudiziale - senza escludere, tuttavia, la decorrenza delle modificazioni sostanziali a partire dal momento in cui il diritto è stato fatto utilmente valere, vale a dire dalla domanda.

Adottando tale soluzione si dovrebbe, inoltre, superare l'ingiustificata resistenza in giudizio dei controinteressati alla revisione, poiché spesso sono proprio i condomini autori delle trasformazioni edilizie poste a fondamento della modificazione delle tabelle ad avere interesse a differire nel tempo la vigenza delle nuove carature millesimali, confidando nell'efficacia della sentenza solo per il periodo successivo alla maturazione del giudicato, il quale interviene sovente a distanza di anni dall'instaurazione del giudizio.

Si puntualizza, però, che tale retroattività della revisione non debba risalire addirittura fino al tempo in cui si è verificato il presupposto che ha dato origine alla modificazione delle tabelle, vale a dire l'errore di stima originario o le sopravvenute trasformazioni nell'assetto dell'edificio: invero, l'esigenza che ogni atto di gestione trovi - come si è detto - ragione giustificatrice nei valori relativi delle singole proprietà immobiliari deve, almeno in parte, cedere rispetto alla concorrente esigenza di certezza e speditezza nella formazione dei quorum e nella ripartizione delle spese, con conseguente decorrenza della revisione alla data univoca dell'introduzione del giudizio piuttosto che a quella, di non agevole accertamento, relativa ad un presupposto storico di ordine sostanziale, spesso complesso e diversamente articolato nel tempo.

Tuttavia, il Supremo Collegio appare fermo nel ritenere che la sentenza che accoglie la domanda di revisione o modifica dei valori proporzionali di piano nei casi previsti dall'art. 69 disp. att. c.c., avendo natura costitutiva, non ha efficacia retroattiva e, pertanto, non consente di ricalcolare la ripartizione delle spese pregresse tra i condomini, ai quali, invece, va riconosciuta la possibilità di esperire l'azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. (v., da ultimo, Cass., sez. II, n. 4844/2017, cit.).

Guida all'approfondimento

Triola, Efficacia ex tunc o ex nunc della sentenza di revisione delle tabelle millesimali, in Amministr. immobili, 2013, fasc. 172, 154;

Scarpa,Tabelle millesimali errate e ingiustificato arricchimento, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 9, 27;

Palombella, Tabelle millesimali errate: via libera all'azione per indebito arricchimento contro chi non paga le spese, in Dir. e giust., 2011, 91;

Petrolati, Tabelle millesimali: la revisione opera solo per il futuro e con effetti ex nunc, in Immob. & diritto, 2009, fasc. 4, 90;

Cirotti, Gli effetti della sentenza di revisione delle tabelle millesimali, in Arch. loc. e cond., 2006, 11;

Frittelli, Brevi considerazioni sulla natura e sull'efficacia della sentenza di revisione delle tabelle millesimali resa ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., in Temi romana, 2000, 1056.

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