Decreto di trasferimento

Valerio Colandrea
13 Giugno 2016

Provvedimento del giudice dell'esecuzione che chiude il sub-procedimento di liquidazione del bene pignorato.
Inquadramento

Il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 c.p.c. è il provvedimento del giudice dell'esecuzione che chiude il sub-procedimento di liquidazione del bene pignorato, che inizia a sua volta con l'ordinanza di autorizzazione alla vendita.

Il decreto di trasferimento però non è un atto a rilevanza meramente processuale, poiché esso produce anche effetti sostanziali, determinando l'ablazione del bene pignorato dal patrimonio del debitore e, ai sensi dell'art. 2919 c.c., «trasferisce all'aggiudicatario i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione».

Il decreto di trasferimento ha dunque al contempo efficacia ablatoria e traslativa, determinando l'estinzione del diritto dominicale in capo al debitore e dando luogo anche al passaggio di proprietà coattivo a favore dell'aggiudicatario.

L'istituto in esame implica la disamina di una serie di questioni particolarmente rilevanti, come ad esempio quella dell'individuazione dei presupposti per l'emissione del decreto, le relazioni che intercorrono tra il decreto ex art. 586 c.p.c. e gli altri atti della procedura espropriativa, nonché il momento del trasferimento della proprietà.

Presupposti del decreto

L'emanazione del decreto di trasferimento da parte del giudice dell'esecuzione è subordinata ad un duplice presupposto: da una parte l'avvenuta aggiudicazione, dall'altra l'integrale e tempestivo pagamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario.

In caso di mancato pagamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario ha luogo infatti la dichiarazione di decadenza ex art. 587, comma 1, c.p.c.

La giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 15 aprile 1980, n. 2463) ritiene pacificamente che tra aggiudicazione e decreto di trasferimento intercorra un nesso di dipendenza. In tal senso si parla anche di fattispecie a formazione progressiva, in cui convergono l'aggiudicazione, il versamento integrale del prezzo e, appunto, il decreto di trasferimento (Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2005, n. 15222).

Il decreto di trasferimento come modo di acquisto della proprietà

La vendita forzata produce altresì, come evidenziato, effetti sul piano sostanziale, comportando l'ablazione del bene pignorato dal patrimonio del debitore e trasferendolo in capo all'aggiudicatario acquirente ex art. 2919 c.c.

L'effetto traslativo si produce solo con la pronuncia del decreto e non già con la mera aggiudicazione o col versamento del prezzo (Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2001, n. 697; Cass. civ., sez. III, 15 aprile 1980, n. 2463).

Di conseguenza, il danneggiamento o la distruzione del bene intervenuto tra l'aggiudicazione ed il decreto restano a carico dell'esecutato (e quindi dei creditori), con possibilità per l'aggiudicatario di domandare il risarcimento del danno (Cass. civ., sez. I, 17 febbraio 1995, n. 1730).

Ad ogni modo, l'acquisto di un bene da parte dell'aggiudicatario in sede di esecuzione forzata, pur essendo indipendente dalla volontà del precedente proprietario, in quanto da ricollegarsi ad un provvedimento del giudice dell'esecuzione, ha natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, in quanto si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato (Cass. civ., sez. II, 22 settembre 2010, n. 20037; Cass. civ., sez. II, 5 gennaio 2000, n. 27).

Il decreto di trasferimento costituisce dunque un modo di acquisto coattivo ed a titolo derivativo.

L'efficacia reale di tale provvedimento comporta altresì che ad esso sono applicabili in linea di principio le regole sui modi di acquisto della proprietà (Cass. civ., sez. I, 7 giugno 1999, n. 5550).

Contenuto del decreto

Il decreto di trasferimento deve contenere la descrizione del bene contenuta nell'ordinanza di vendita, senza alcuna variante, come stabilito dall'art. 586 c.p.c. (Cass. civ., sez., sez. II, 18 luglio 1981, n. 4665), per cui non sono ammesse chiarificazioni dell'esattezza della descrizione contenuta nel decreto, né integrazioni o modificazioni di quanto già stabilito nell'ordinanza di vendita (Cass. civ., sez. I, 25 gennaio 1966, n. 303).

Casistica: Incertezza circa l'oggetto

del trasferimento

  • riferimento ai confini catastali contenuti nel decreto (Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 1994, n. 8079)
  • riferimento a quanto previsto negli atti del processo esecutivo, compresi l'avviso d'asta ed il verbale di udienza (Cass. civ., sez. II, 27 novembre 1992, n. 12687; Cass. civ., sez. III, 16 marzo 1987, n. 2693).

Il giudice dell'esecuzione ha il potere di trarre elementi utili per la decisione al di fuori degli atti del processo esecutivo, ed in particolare nell'atto costitutivo dell'ipoteca posto a fondamento dell'esecuzione (Cass. civ., sez. II, 28 ottobre 1966, n. 2697) e il titolo di provenienza dell'esecutato (Cass. civ., sez. II, 21 luglio 1988, n. 4732).

Atto costitutivo dell'ipoteca e titolo di provenienza dell'esecutato

La latitudine del trasferimento di norma è uguale a quella del pignoramento, per cui vanno compresi automaticamente anche quei beni ai quali si estendono gli effetti del pignoramento ex art. 2912 c.c. (ad esempio, accessori, pertinenze, frutti), anche laddove non siano espressamente menzionati nel decreto, e salva la prova di una diversa volontà in sede di vendita (Cass. civ., sez. II, 16 novembre 2000, n. 14863).

Accessori, pertinenze, frutti anche non espressamente menzionati nel decreto

Il trasferimento di un terreno, in assenza di diversa previsione, si estende anche al fabbricato che si trovi su di esso, ove sia privo di autonomia economica o giuridica (Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 1987, n. 7522).

Fabbricato privo di autonomia economica o giuridica

Il terreno che circonda l'edificio pignorato, seppur non esplicitamente indicato, in concrete circostanze può essere considerato come una cosa unica con il bene pignorato, cioè quando possa affermarsene l'indispensabilità ai fini del normale uso dello stabile (Cass. civ., sez. II, 16 novembre 2000, n. 14863).

Terreno che circonda l'edificio pignorato

Secondo un indirizzo giurisprudenziale più rigoroso, invece, il principio secondo cui gli atti ed i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, salva diversa disposizione, si applica solo quando non sussistano dubbi circa l'esistenza degli elementi oggettivi e soggettivi della pertinenza (Cass. civ., sez. I, 17 marzo 1964, n. 611; Cass. civ., sez. II, 10 marzo 1990, n. 2278).

Nella medesima prospettiva si è altresì affermato che la mancata indicazione espressa, nel pignoramento e nella nota di trascrizione, dei dati identificativi catastali propri, esclusivi ed univoci, di una pertinenza, a fronte dell'espressa indicazione di quelli, diversi e distinti, di altri beni, integra, in difetto di ulteriori ed altrettanto univoci elementi in senso contrario (ricavabili, ad esempio, da idonee menzioni nel quadro relativo alla descrizione dell'oggetto o nel quadro "D" della nota meccanizzata), una diversa risultanza dell'atto di pignoramento e della sua nota di trascrizione, idonea a rendere inoperante la presunzione dell'art. 2912 c.c. (Cass. civ., sez. III, 21 maggio 2014, n. 11272).

L'art. 586, comma 1, c.p.c. stabilisce che con il decreto di trasferimento il giudice ordina anche la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti (e dei sequestri conservativi e delle sentenze dichiarative di fallimento) e delle iscrizioni ipotecarie, comprese quelle prese successivamente alla trascrizione del pignoramento.

La giurisprudenza pacifica ritiene che il decreto di trasferimento ai sensi dell'art. 586 c.p.c. non può e non deve contenere l'ordine di cancellare trascrizioni diverse dal pignoramento(e delle ipotesi ad esso assimilate) (Cass. civ., sez. I, 10 Settembre 2003, n. 13212; Cass. civ., sez. I, 9 novembre 1978, n. 5121).

In particolare, secondo Cass. civ., sez. I, 10 settembre 2003, n. 13212 non è possibile disporre la cancellazione delle domande giudiziali, (come ad esempio quelle con cui un terzo abbia preteso la proprietà o altro diritto reale sul bene stesso) dal momento che la cancellazione esula dai poteri del giudice dell'esecuzione, in sede di trasferimento all'aggiudicatario del bene espropriato, richiedendo la legge (art. 2668 c.c.), ai fini della cancellazione di una tale domanda, il consenso delle parti interessate ovvero una sentenza passata in giudicato che la ordini.

Il decreto di trasferimento non può neppure disporre la cancellazione del fondo patrimoniale ex art. 167 c.c., ciò in quanto, da un lato, la trascrizione del fondo ha mera funzione di pubblicità notizia (Cass. civ., sez. III, 8 ottobre 2008, n. 24798), sia in quanto, dall'altro lato, il vincolo del fondo si risolve in una causa di impignorabilità da far valere con l'opposizione all'esecuzione e non con un'azione successiva di accertamento (Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 1991, n. 576).

Le spese di cancellazione godono del privilegio di cui all'art. 2770 c.c., in quanto spese di giustizia fatte nell'interesse comune. Tuttavia, l'ordinanza di vendita può porle a carico dell'aggiudicatario (Cass. civ., sez. I, 25 luglio 2002, n. 10909).

Sempre in ordine al contenuto del decreto di trasferimento, l'art. 586, comma 2, c.p.c. stabilisce altresì che il decreto deve contenere l'ingiunzione al debitore od al custode a rilasciare l'immobile e costituisce titolo idoneo a fondare l'esecuzione per il rilascio (titolo che si somma all'ordine di liberazione emesso dal giudice al momento dell'aggiudicazione ed azionato dal custode).

Al momento del rilascio, però, non possono essere sollevati con l'opposizione all'esecuzione doglianze di invalidità della vendita forzata conclusasi con l'emissione del decreto di trasferimento (Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2004, n. 7922), fatto salvo il caso dell'inesistenza del decreto stesso per difetto di sottoscrizione da parte del giudice (Cass. civ., sez. III, 8 giugno 1985, n. 3447).

La giurisprudenza dominante ritiene che il decreto di trasferimento abbia efficacia “erga omnes, di talché può essere azionato come titolo esecutivo non solo nei confronti dell'esecutato, ma anche contro i terzi che si trovino nel possesso del bene (Cass. civ., sez. III, 4 Luglio 2006, n. 15268; Cass. civ., sez. I, 1 dicembre 1998, n. 12174).

Di contrario avviso si mostra un filone giurisprudenziale minoritario (Trib. Napoli, 29 settembre 2004), secondo cui il decreto di trasferimento ha efficacia relativa, valendo come titolo esecutivo soltanto nei confronti di coloro che abbiano preso parte alla procedura espropriativa.

Comunque il terzo potrà, in sede di rilascio, esperire opposizione all'esecuzioneex art. 615 c.p.c., deducendo, ad esempio, di aver acquistato il bene a titolo di usucapione (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2009, n. 10609); oppure il possessore del bene può proporre opposizione all'esecuzione facendo accertare che il bene oggetto della vendita forzata non apparteneva al soggetto che ha subito l'espropriazione, ma, in forza di titolo opponibile al creditore, al pignorante ed agli intervenuti, apparteneva all'opponente e che perciò l'acquirente non ha diritto di procedere all'esecuzione (Cass. civ., sez. I, 1 dicembre 1998, n. 12174; Cass. civ., sez. III, 2 aprile 1997, n. 2869).

Revoca e modifica del decreto

Il collegamento funzionale che lega i presupposti del decreto di trasferimento comporta che il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. è revocabile da parte del giudice dell'esecuzione (anche d'ufficio) laddove questi accerti che prima della sua emanazione non è stato versato il prezzo dell'aggiudicazione con le modalità indicate nell'ordinanza di vendita ex art. 576 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 16 settembre 2008, n. 23709; Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2005, n. 15222)

Ciò perché il fine ultimo insito nella procedura esecutiva è quello di ottenere, mediante la vendita forzata del bene oggetto dell'esecuzione, il percepimento della somma corrispondente, nella somma più elevata possibile, al suo valore per distribuirla ai creditori. Fine, questo, che non si verifica in caso di mancato versamento del prezzo o laddove il prezzo sia stato sì corrisposto, ma ad un soggetto estraneo alla procedura.

Ad ogni modo la revoca è ammissibile solo fino a quando il decreto non abbia avuto esecuzione, ovvero col compimento da parte del cancelliere delle operazioni di cui all'art. 586 c.p.c.e, quindi, con la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni (Cass. civ., sez. III, 16 settembre 2008, n. 23709).

Secondo altra parte della giurisprudenza, invece, il momento dell'esecuzione del decreto va individuato nella trasmissione all'ufficio del registro per il pagamento della relativa imposta (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 1997, n. 2867).

Il decreto di trasferimento è suscettibile altresì di essere modificato (Cass. civ., sez. I, 20 maggio 1993, n. 5751), nonché, ove non vi sia controversia in ordine all'identificazione del bene trasferito, anche di rettifica o integrazione nella forma della correzione degli errori materiali (Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 1992, n. 2171).

Prelazioni

La Suprema Corte ha stabilito che non è applicabile in sede di trasferimento forzato dell'immobile la disciplina della prelazione ereditaria (c.d. retratto successorio) ex art. 732 c.c.(Cass. civ., sez. I, 7 luglio 1999, n. 7056),nonché il diritto di prelazione a favore del conduttore di immobile adibito ad uso abitativo (Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 1996, n. 11255), perché ogni diritto di prelazione trova applicazione solo in caso di atti di alienazione riconducibili alla libera determinazione del proprietario.

Dal momento che il decreto di trasferimento di cui all'art. 586 c.p.c. è invece una vendita coattiva, che prescinde cioè dalla volontà del venditore, la prelazione non trova applicazione in relazione ad essa.

Sussiste invece il diritto di prelazione in favore dello Stato in caso di beni culturali, nel qual caso il decreto di trasferimento emesso diventa inefficace sin dall'inizio, dal momento che il trasferimento ha luogo di imperio (Cass. civ., sez. I, 29 novembre 1989, n. 5206) e che l'art. 61, comma 4, d.lgs. 42/04, sancisce che la proprietà passa allo Stato dall'ultima notifica.

All'esercizio della prelazione su beni culturali sorge in corrispondenza l'obbligo per la pubblica amministrazione di provvedere alla corresponsione del prezzo ed il diritto dell'aggiudicatario alla sua restituzione (Cass. civ., sez. I, 1 giugno 1992, n. 6612).

Impugnazione del decreto di trasferimento

Il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. costituisce un atto del procedimento esecutivo che, assolvendo alla funzione di convertire in denaro l'immobile pignorato e venduto, è suscettibile di essere impugnato soltanto con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., e non con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., né a quello straordinario ex art. 111, comma 2, Cost. (Cass. civ., sez. III, 9 agosto 2007, n. 17460; Cass. civ., sez. III, 11 gennaio 2007, n. 311; Cass. civ., sez. I, 12 novembre 1998, n. 11430; Cass. civ., sez. III, 14 luglio 1993, n. 7755).

Quanto al termine per proporre opposizione agli atti esecutivi, è necessario operare la seguente distinzione:

  • per le parti del processo esecutivo non è prevista alcuna comunicazione di cancelleria del decreto di trasferimento, e pertanto per esse il dies a quo per proporre l'opposizione comincia a decorrere dal momento della conoscenza legale dell'emissione del decreto decreto e non già dal deposito in cancelleria oppure dalla trascrizione del decreto (Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2007, n. 7446);
  • per coloro che non sono parti del processo esecutivo, come ad esempio il soggetto che sia subentrato nella titolarità del bene espropriato, il termine decorre invece dal compimento dell'atto, ovvero con il deposito in cancelleria (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2005, n. 19968).

Con l'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. può farsi valere la nullità del decreto di trasferimento per specifici motivi.

Casistica: Legittima impugnazione del

decreto di trasferimento

Omesso versamento del prezzo.

Cass. civ., sez. III, 9 agosto 2007, n. 17460

Tardivo versamento del prezzo.

Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2007, n. 7446

Se il decreto ha compreso nel trasferimento beni ulteriori rispetto a quelli oggetto dell'aggiudicazione, oppure un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato.

Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2014, n. 5796

Mancata indicazione che sul terreno esisteva una costruzione abusiva, purché sia stata tempestivamente impugnata l'ordinanza di vendita.

Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2004, n. 7922

La giurisprudenza ritiene invece che non sia possibile dedurre con l'opposizione agli atti esecutivi la nullità derivata del decreto di trasferimento causata dalla nullità di un atto esecutivo anteriore ed autonomamente impugnabile, laddove non sia stato tempestivamente esperito il rimedio ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 24 gennaio 2007, n. 1512; Cass. civ., sez. un., 3 luglio 1993, n. 72).

Casistica: Illegittima impugnazione del decreto di trasferimento

Non può essere legittimamente azionata l'opposizione agli atti esecutivi per tutte quelle questioni che possano dare luogo all'invalidità della vendita per erroneità dei dati catastali, poiché in tali casi l'opposizione va proposta tempestivamente avverso l'ordinanza di vendita (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2008, n. 12430).

Invalidità della vendita per erroneità dei dati catastali

È esclusa la possibilità di impugnare autonomamente il decreto di trasferimento per le nullità verificatesi in sede di esperimento di vendita dovute a turbativa d'asta (Cass. civ., sez. III, 5 settembre 1985, n. 4615).

Turbativa d'asta

È esclusa la proponibilità dell'opposizione agli atti contro il decreto di trasferimento emesso a seguito di dichiarazione di inammissibilità di un'offerta in aumento del sesto (Cass. civ., sez. III, 13 ottobre 1995, n. 10684).

Dichiarazione di inammissibilità di un'offerta in aumento del sesto

Anche nel processo esecutivo vige il principio – espresso dall'art. 161, comma 1, c.p.c. - di conversione della nullità processuale in motivo di gravame.

Pertanto l'interessato ha l'onere di far valere la nullità attraverso l'opposizione agli atti esecutivi, che risulta così essere l'unico ed esclusivo mezzo che egli può esperire per far valere la nullità del decreto di trasferimento (Cass. civ., sez. III, 16 aprile 2004, n. 7922).

Tuttavia un'autonoma azione di cognizione trova applicazione laddove vi sia l'assenza della sottoscrizione dell'atto da parte del giudice dell'esecuzione, in ossequio all'art. 161, comma 2, c.p.c., per cui in tal caso il decreto di trasferimento non è idoneo a produrre effetti traslativi, con la conseguenza che il debitore resta proprietario dell'immobile e, pertanto, ha la facoltà di proporre azione di rivendica ex art. 948 c.c. nei confronti dell'aggiudicatario, che di quel bene ha il possesso senza titolo (Cass. civ., sez. III, 8 giugno 1985, n. 3447).

Si è già visto come il decreto di trasferimento abbia natura ancipite, ponendosi quale atto conclusivo del procedimento di vendita immobiliare e come titolo per iniziare nei confronti del possessore dell'immobile l'esecuzione per il rilascio.

Si è posto allora il problema di capire come vadano regolate quelle ipotesi in cui vi sia un concorso di rimedi, ovvero una concorrenza tra l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.contro il decreto di trasferimento per le nullità da cui è affetto e l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. al rilascio intimato dall'acquirente in base al decreto stesso.

Sul punto la giurisprudenza è granitica nel ritenere che non vi sia alcun margine per un «concorso di opposizioni», essendo tale concorso solo apparente, dal momento che hanno un oggetto diverso: è pacifico, infatti, che le cause di nullità del titolo giudiziale, possono e debbono essere fatte valere nel giudizio di impugnazione, e non sono quindi ammesse quale valido motivo di opposizione all'esecuzione iniziata sulla base di quel titolo.

Pertanto il possessore dell'immobile che intenda contestare l'inizio dell'esecuzione forzata per rilascio non potrà fondare le sue doglianze sull'eventuale nullità del decreto di trasferimento, cioè del titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c., ma eventualmente solo su altri motivi (Cass. civ., sez. III, 26 aprile 2004, n. 7922; Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2002, n. 7631

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