Notificazione a mezzo posta elettronica

Alessio Luca Bonafine
03 Maggio 2016

La notifica in proprio degli avvocati con modalità telematiche è stata introdotta nell'esperienza nazionale dalla l. 12 novembre 2011, n. 183 che ha ammesso la trasmissione a mezzo PEC in via generale ed alternativa a quella effettuata tramite servizio postale.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE 

La notifica in proprio degli avvocati con modalità telematiche è stata introdotta nell'esperienza nazionale dalla l. 12 novembre 2011, n. 183 che, modificando gli artt. 1 e 4, comma 1, l. 21 gennaio 1994, n. 53, ha ammesso la trasmissione a mezzo PEC in via generale ed alternativa a quella effettuata tramite servizio postale attraverso l'inserimento rispettivamente degli incisi «ovvero a mezzo della posta elettronica certificata» e «a mezzo della posta certificata».

Il precedente quadro normativo, infatti, distingueva a seconda che la notifica venisse telematicamente effettuata dall'avvocato ovvero tra avvocati, rinviando, nel primo caso - e nei limiti della compatibilità - all'art. 149-bis c.p.c. e nel secondo, ad un articolato sistema primario e regolamentare in cui la l. n. 53/1994 si limitava a disciplinare direttamente solo la relata di notificazione e l'obbligo di indicare in essa il numero cronologico di registro (Amplius, sulla normativa previgente, cfr. M. Gualtieri).

È però con le modifiche apportate dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 all'art. 3-bis l. n. 53/1994 che la disciplina di settore ha trovato nuovo slancio.

La disciplina delle notifiche telematiche: gli aspetti principali

La norma, infatti, al comma 1 continua ad ammettere la notificazione telematica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, sebbene limitatamente agli indirizzi risultanti da pubblici elenchi, e dopo avere fissato il principio generale per cui l'atto notificabile è quello informatico, prosegue chiarendo che in mancanza di tali forme del supporto l'avvocato debba provvedere ad estrarne copia informatica attestandone la conformità all'originale (v. infra).

Il difensore, dunque, pur nel rispetto del limite della disponibilità dell'indirizzo informatico nei elenchi pubblici, può ricorrere alle forme telematiche tanto per la notifica di documenti nativi informatici quanto di quelli analogici.

D'altronde la tendenza a fare della notifica telematica in proprio lo strumento preferenziale per la trasmissione degli atti ha trovato espressione anche recentemente con il d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito con l. 11 agosto 2014, n. 114) che con l'art. 46 ha modificato l'art. 1 l. n. 53/1994 ed escluso la necessità del requisito dell'autorizzazione del Consiglio dell'Ordine di appartenenza e, più in generale, l'applicabilità alle notifiche a mezzo PEC dell'intero art. 7 l. n. 53/1994, dedicato alle condizioni per la revoca della medesima.

A ciò si aggiunga anche l'eliminazione, sempre in forza del citato art. 46 d.l. n. 90/2014, dell'obbligo di pagamento dei diritti previsti dall'art. 10 l n. 53/1994 e la modifica dell'art. 8 l. n. 53/1994, arricchito dall'introduzione del comma 4-bis, che esclude espressamente l'applicabilità alle notifiche a mezzo PEC degli avvocati delle norme dettate in materia di tenuta e gestione del registro cronologico di annotazione.

Ai sensi dell'art. 3-bis, comma 2, ultimo inciso, l. n. 53/1994, la notifica si esegue mediante allegazione dell'atto al messaggio di posta elettronica certificata.

Il documento da trasmettere, dunque, dovrà comparire nella casella del mittente come file allegato al messaggio PEC avente quale oggetto la formula «notificazione ai sensi della legge 53/1994».

Quando l'atto destinato alla notifica è un documento informatico nativo esso deve essere in formato .pdf(con esclusione della scansione di immagini) e ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti.

La stessa regola trova applicazione anche alle copie informatiche, pure per immagine, di documenti analogici per le quali infatti il dettato dell'art. 19-bis del provvedimento DGSIA 16 aprile 2014 prescrive il formato .pdf, l'inserimento come allegati al messaggio di posta elettronica certificata e l'assenza di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili.

La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall'art. 6, comma 1, d.P.R.11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna di cui al comma 2 della medesima disposizione.

Non è dunque necessaria l'effettiva conoscenza dell'atto, gravando piuttosto sul titolare della casella l'onere del controllo puntuale utile ad evitare preclusioni e decadenze (cfr. App. Bologna 30 maggio 2014, su www.ilcaso.it, che ha ritenuto sufficiente la generazione della ricevuta di avvenuta consegna indipendentemente dall'apertura del messaggio).

L'avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico distinto, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata.

La relazione deve contenere, ai sensi del comma 5 dell'art. 3-bis, il nome, il cognome, il codice fiscale dell'avvocato notificante; il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti; il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario; l'indirizzo di posta elettronica certificata a cui l'atto viene notificato; l'indicazione dell'elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto; l'attestazione di conformità della copia informatica e, per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, anche l'ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l'anno di ruolo.

Ai sensi dell'art. 16-septies d.l. n. 179/2012, come corretto dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014, anche alle notificazioni telematiche si applica la disposizione dell'art. 147 c.p.c. Quando è eseguita dopo le ore 21, essa quindi si considera perfezionata alle ore 7 del giorno successivo.

In tema di prova della notifica, invece, il richiamo necessario è al nuovo comma 1-ter aggiunto all'art. 9 l. n. 53/1994 dal d.l. n. 90/2014.

Il nuovo testo, in effetti, stabilisce, tramite rinvio al comma 1-bis, che, quando al difensore non sia possibile dare prova della notifica con modalità telematiche, possa curare l'estrazione su supporto analogico di una copia del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e consegna per poi attestarne la conformità con i documenti informatici originari, ai sensi dell'art. 23, comma 1, CAD.

I pubblici elenchi

Ai sensi dell'art. 3-bis l. n. 53/1994 la notificazione telematica in proprio si esegue all'indirizzo risultante dai pubblici elenchi, la cui individuazione è infatti prescritta, come già sopra evidenziato, anche in sede di stesura della relata. (cfr. Trib. Rovereto 30 novembre 2012, in www.processociviletelematico, per cui «non è valida la notifica del decreto ingiuntivo effettuata, a mezzo posta elettronica certificata, dal difensore del creditore ricorrente, abilitato alle notifiche “in proprio” ai sensi della l. 21 gennaio 1994 n. 53, nei confronti del debitore ingiunto, in quanto l'art. 3, comma 3-bis […] non autorizza gli avvocati alle notifiche via PEC di atti rivolti a destinatari “privati”, non rappresentati e domiciliati presso un difensore, non essendo disciplinata neppure dalla normativa regolamentare del cd. “processo telematico” la sostituzione dell'avvocato in una attività propria dell'ufficiale giudiziario»).

La riconducibilità ai medesimi, evidentemente richiesta pure per l'indirizzo del mittente, assurge a condizione indispensabile per la validità dell'iter notificatorio atteso che l'art. 11 l. n. 53/1994 stabilisce la nullità rilevabile d'ufficio per le ipotesi di mancanza dei requisiti soggetti ed oggettivi previsti, di inosservanza delle disposizioni dettate in materia di notifiche PEC ovvero per quelle di incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia della data o sulla data della notifica

Quanto detto, impone la corretta individuazione degli elenchi pubblici ai fini dell'art. 3-bis l. n. 53/1994.

Necessita preliminarmente evidenziare che il primo riferimento alla notifica PEC presso l'indirizzo disponibile nei pubblici elenchi contenuto all'art. 3-bis l. 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali) è stato integrato dal disposto di cui al d.l. 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale) che agli artt. 16 (comma 6 e 7) e 16-bis ha stabilito per le imprese costituite in forma societaria e per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato l'obbligo di dotarsi di un indirizzo di posta elettronica certificata da comunicare al registro delle imprese ovvero ai rispettivi ordini o collegi, nonché la possibilità per i cittadini di presentare richiesta per l'attribuzione di una casella pec con effetto equivalente alla notificazione per mezzo della posta.

Il quadro normativo è stato quindi arricchito dal d.p.c.m. 31 ottobre 2000 che ha previsto l'elenco degli indirizzi delle PA e dal d.m. n. 44/2011 che ha istituito, con l'art. 7, comma 1, il c.d. RegIndE, vale a dire l'elenco degli indirizzi di posta elettronica certificata dei difensori delle parti private, degli avvocati iscritti negli elenchi speciali, degli esperti e degli ausiliari del giudice, degli avvocati e procuratori dello Stato e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

In ultimo, il sistema degli elenchi è stato profondamente inciso dal d.l. n. 179/2012, che con l'art. 5, comma 3, ha inserito nel CAD l'art. 6-bis prevedendo l'istituzione dell'Indice nazionale degli indirizzi pec delle imprese e dei professionisti presso il Ministero per lo Sviluppo Economico (INIPEC).

Il d.l. n. 179/2012, dunque, ha ampliato il numero ed il tipo di elenchi pec aprendo pure al c.d. “domicilio digitale del cittadino”, previsto, in continuità con le disposizioni di cui al d.l. n. 185/2008, dal nuovo art. 3-bis CAD (come integrato proprio dalla legislazione delegata), ai sensi del quale è riconosciuta ai cittadini la facoltà di indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata quale nuovo domicilio informatico da inserire nell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (prevista anch'essa dalla legge di conversione n. 221/2012 e regolamentata nel funzionamento dal recente d.p.c.m. 10 novembre 2014, n. 194) e reso disponibile a tutte le PA e ai gestori o esercenti di pubblici servizi.

Su tali necessarie premesse normative, la centralità del sistema degli elenchi esce però ancora di più rafforzata dall'art. 16, comma 4, d.l. n. 179/2012, che, come detto, ha previsto che le comunicazioni e le notifiche siano effettuate esclusivamente all'indirizzo PEC risultante da elenchi pubblici (o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni), quelli cioè indicati dall'art. 16-ter del medesimo decreto.

In sede di conversione, tuttavia, la previsione onnicomprensiva dell'art. 16-ter d.l. n. 179/2012, che nell'individuare i “pubblici elenchi” faceva rinvio all'intero art. 16 d.l. n. 185/2008, è stata ridimensionata attraverso il richiamo al solo comma 6.

In questo modo, tra quelli di cui al citato art. 16, resta elenco pubblico ai fini delle comunicazioni e delle notifiche solo quello tenuto dal registro delle imprese e non anche quello dei professionisti e delle pubbliche amministrazioni.

La scelta di depotenziare il primo può argomentarsi evidenziando come gli indirizzi di posta elettronica certificata tenuti dai consigli dell'ordine siano costantemente aggiornati con il RegIndE, che li duplica nel dominio giustizia e ne permette la consultazione, e che è espressamente considerato dall'art. 16-ter e dunque non inciso dalla limitazione al comma 6 dell'art. 16.

Meno immediata, invece, la scelta di incidere anche sull'elenco della PA.

La ragione potrebbe in vero cogliersi nella considerazione per cui il rinvio effettuato dall'art. 16-ter d.l. n. 179/2012 all'intero art. 16 d.l. n. 185/2008 (e dunque pure agli elenchi di cui al comma 8) avrebbe potuto finire per contrastare i principi di unitarietà ed unicità del canale (immaginato in effetti come strumento di interazione esclusivo tra soggetti pubblici e sistema giustizia) che pure avevano ispirato la previsione della comunicazione da parte delle PA dei propri indirizzi pec al Ministero della Giustizia (M. Orlando).

Ove invece il destinato della notifica sia un avvocato che, sebbene in possesso di indirizzo elettronico risultante dai pubblici elenchi, abbia eletto domicilio presso il proprio studio o quello di altro difensore domiciliatario, la notifica potrà effettuarsi tanto nelle forme telematiche quanto a mezzo di ufficiale giudiziario.

La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito, con riferimento ai giudizi in Cassazione, che ai sensi dell'art. 366 c.p.c., se il ricorrente indica sia un domicilio in una determinata città, sia l'indirizzo di posta elettronica e non esprime una sola tra tali indicazioni, il controricorso può essere indifferentemente notificato sia presso il domicilio, sia tramite la posta elettronica (Cass. 10 marzo 2014, n. 5457).

Ciò in quanto l'indicazione dell'indirizzo informatico può surrogarsi ad una domiciliazione mancante, ma non può prevalere anche su una domiciliazione volontariamente effettuata (Cass. 10 novembre 2015, n. 22892. Più in generale, sul rapporto tra l'elezione del domicilio e l'indicazione della PEC, cfr. Cass. 20 giugno 2012, n. 10143 che, per prima, ha affrontato il tema limitando l'applicabilità della domiciliazione ex lege prevista dall'art. 82 r.d. n. 37/1934 ai soli casi in cui il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. In dottrina, a commento di tale pronuncia, si v. C. Rasia; G.G. Poli).

Gli atti notificabili e il regime delle attestazioni di conformità

L'art. 1 l. n. 53/1994 estende la facoltà della notifica telematica a tutti gli «atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale». Restano esclusi, invece, i soli atti di esecuzione riservati dalla legge processuale all'ufficiale giudiziario. Il difensore può quindi ricorrere alla notifica a mezzo PEC tanto per gli atti propri tanto per quelli di formazione giudiziale (la possibilità di far uso della posta elettronica certificata anche per la notifica del ricorso introduttivo di giudizi amministrativi è sostenuta, tra le altre, da Cons. di Stato 14 gennaio 2016, n. 91; Cons. di Stato 14 settembre 2015, n. 4270; Cons. di Stato 28 maggio 2015, n. 2682; T.A.R. Calabria4 febbraio 2015, n. 183; T.A.R. Campania6 febbraio 2015, n. 923; T.A.R. Lazio 25 novembre 2014, n. 11808. Contra, Cons. St. 20 gennaio 2016, n. 189).

Ai sensi dell'art. 9-bis d.l. n. 179/2012, infatti, il difensore (e gli altri professionisti indicati dalla medesima disposizione) può estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest'ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche.Le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, così estratte dal fascicolo informatico e munite dell'attestazione di conformità equivalgono all'originale.

In linea di massima semplificazione può quindi dirsi che la notifica può interessare sia atti informatici nativi sia atti informatici non nativi.

Nel primo caso, al difensore sarà sufficiente formare il documento nel rispetto delle prescrizioni normative già descritte senza porsi il tema della attestazione di conformità.

Nel secondo, invece, è proprio tale profilo a suscitare maggiore interesse, anche in ragione delle recenti novità normative.

Preliminarmente, quindi, occorre precisare che la necessità dell'attestazione sorge solo per le copie informatiche o analogiche di documenti informatici, e non interessa invece anche la categoria dei duplicati, atti cioè totalmente indistinguibili dall'originale informatico in quanto formati, ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. i-quinquies, CAD, dalla stessa sequenza di valori binari (e quindi essi stessi originali).

Per essi, il difensore potrà procedere all'estrazione dal fascicolo informatico senza dovere apporre alcuna dichiarazione né nella relata né in altra parte del documento informatico.

L'esame della disciplina delle attestazioni di conformità per le copie analogiche ed informatiche, anche per immagine, destinate alla notifica trova principale riferimento normativo nell'art. 16-undecies d.l.n. 179 del 2012, come aggiunto dall'art. 19 d.l. 27 giugno 2015, n. 83 (convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 132).

La norma, infatti, intervenendo sul tema delle modalità di attestazione, distingue a seconda che la stessa attenga ad una copia analogica ovvero informatica.

Quando l'attestazione di conformità si riferisce ad una copia analogica essa è apposta in calce o a margine della copia o su foglio separato, che sia però congiunto materialmente alla medesima.

Se invece si riferisce ad una copia informatica, l'attestazione è apposta nel medesimo documento informatico ovvero, alternativamente, su un documento informatico separato (che sarà costituito dalla relata se la copia informatica è destinata alla notifica) in cui l'individuazione della copia cui si riferisce ha luogo esclusivamente secondo le modalità stabilite nelle specifiche tecniche predisposte dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia.

Tale rinvio normativo ha trovato implementazione nel d.m. 28 dicembre 2015 recante le modifiche alle specifiche tecniche previste dall'articolo 34, comma 1, d.m. n. 44/2011 e in attuazione dei principi fissati dal CAD.

Le modifiche, in vigore dal giorno successivo a quello della pubblicazione nel portale dei servizi telematici del ministero della giustizia (avvenuto in data 8 gennaio), hanno quindi specificato, attraverso il nuovo art. 19 ter, le modalità di attestazione di conformità delle copie informatiche, ora riferibile - ai sensi del comma 6 - anche a più documenti informatici, per le ipotesi in cui le medesime non vengano inserite direttamente nel corpo del documento (come pure alternativamente previsto dal comma 2 dell'art. 16 undecies).

La disposizione in particolare, oltre ad escludere definitivamente l'applicabilità del d.p.c.m. 13 novembre 2014, negando per i depositi telematici e le notifiche in proprio degli avvocati la necessità di inserire nell'attestazione di conformità il c.d. hash e il riferimento temporale (comma 5), prescrive l'elaborazione dell'attestazione quale documento .pdf nativo, poi sottoscritto digitalmente, con l'indicazione della sola «sintetica descrizione del documento di cui si sta attestando la conformità» nonchédel «relativo nome del file».

Quanto alle modalità per il suo inserimento, il dettato distingue a seconda che la copia informatica cui l'attestazione si riferisce sia destinata al deposito telematico (comma 2) ovvero alla notifica elettronica ai sensi della l. n. 53/1994 (comma 3), dovendosene rispettivamente curare in questi casi l'inclusione nella «busta telematica», come allegato, ovvero l'incorporazione nella relata di notifica.

Riferimenti

M. Gualtieri, Sulle notifiche in proprio dell'avvocato tramite posta elettronica certificata, in Riv. dir. proc., 2013, 1081 ss.

M. Orlando, Senza indirizzo PEC contributo unificato invariato, su Guida dir., 2014, n. 38, 17

G.G. Poli, L'indicazione della Pec (posta elettronica certificata) salva il difensore fuori circondario dalla domiciliazione «ex lege» in cancelleria: le sezioni unite tra vecchie regole e nuove tecnologie, in Foro it., 2013, I, 1287 ss.

Per approfondimenti consulta le Bussole:

A. Ricuperati, PEC, in Ilprocessotelematico.it

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