Pignoramento presso terzi

Cesare Trapuzzano
22 Maggio 2020

La disciplina del pignoramento presso terzi, oggetto di tre riforme sostanziali, prevede che il creditore pignorante debba indicare la propria PEC nell'atto di pignoramento.

Inquadramento

IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE

La disciplina del pignoramento presso terzi è stata negli ultimi anni riformata in modo sostanziale per effetto di tre interventi normativi succedutisi entro breve lasso di tempo, non sempre seguendo una linea direttrice coerente e graduata verso una soluzione progressiva, ma a volte connotata da ripensamenti e cambi di prospettiva.

Attraverso la legge di stabilità per il 2013 - l. 24 dicembre 2012, n. 228, con decorrenza dal 1° gennaio 2013, sono state apportate significative novità alla disciplina del pignoramento presso terzi. Segnatamente, l'art. 1, comma 20, nn. 1, 2, 3 e 4, ha modificato gli

artt. 543, 547, 548 549 c.p.c.

Anche all'esito di tali modifiche, restava comunque fermo il doppio regime già previsto dalla riforma del 2006 (l. 24 febbraio 2006, n. 52) tra crediti originati da rapporti di lavoro di cui all'art. 545, commi 3 e 4, c.p.c.- per un verso - e crediti non originati da rapporti di lavoro ovvero cose appartenenti al debitore che siano in possesso di terzi - per altro verso -. Le modifiche di minore impatto riguardano gli artt. 543 e 547 c.p.c. In primis, è stato stabilito che il creditore pignorante debba indicare la propria PEC nell'atto di pignoramento. Correlativamente, è stata introdotta la facoltà per il terzo debitore (originariamente per i soli crediti non derivanti da rapporti di lavoro) ovvero per il terzo possessore di beni appartenenti al debitore, di effettuare mediante pec la dichiarazione confermativa, in tutto in parte, ovvero avversativa/negativa del credito dedotto nell'atto di pignoramento ovvero della disponibilità/indisponibilità o disponibilità parziale dei mobili appartenenti al debitore, eliminando così la necessità del giudizio di accertamento a cognizione piena.

Particolarmente rilevanti risultavano le novità introdotte in relazione agli artt. 548 e 549 c.p.c. L'originaria formulazione dell'art. 548 c.p.c. disciplinava l'ipotesi della mancata comparizione del debitor debitoris all'udienza fissata nella citazione contenuta nel pignoramento (primo comma), con riguardo ai crediti originati da rapporti di lavoro, ovvero dell'omessa ricezione della dichiarazione del terzo, con riferimento ai crediti non originati da rapporti di lavoro o al possesso dei beni del debitore (secondo comma). Quanto alla prima ipotesi, era attribuito uno specifico significato concludente di accertamento incidentale all'esecuzione, senza valenza esterna, della mancata comparizione: infatti, il credito pignorato, nei termini indicati dal creditore, si considerava non contestato, ai fini del procedimento in corso, con l'effetto che il giudice dell'esecuzione avrebbe potuto procedere all'assegnazione od alla vendita del credito. Quanto alla seconda ipotesi, all'esito dell'attestazione del creditore di non avere ricevuto la dichiarazione del terzo, e sempre che quest'ultimo non fosse comparso in udienza, il giudice fissava una nuova udienza, la cui data era comunicata al terzo almeno dieci giorni prima. Se il terzo non fosse comparso neanche a tale successiva udienza, il credito non originato da rapporti di lavoro, ovvero il possesso dei mobili del debitore esecutato in testa al terzo, si considerava non contestato sempre ai fini dell'assegnazione o della vendita dei crediti e delle cose. Al terzo era riconosciuto il diritto di impugnare, nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, comma 1, c.p.c.l'ordinanza di assegnazione, ma solo se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Infine, l'

art. 549 c.p.c. disciplinava l'ipotesi della presenza di contestazioni sulla dichiarazione resa dal terzo, le quali dovranno ora essere risolte in via incidentale dal g.e. con ordinanza, previo il compimento dei necessari accertamenti, chiaramente sommari e con efficacia endoprocedimentale. Anche in questo caso è prevista la possibilità di impugnare la suddetta ordinanza nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c. 

Ulteriori modifiche sono state introdotte dall'art. 19 d.l. 12 settembre 2014, n. 132, , convertito con modificazioni in l. 10 novembre 2014, n. 162. Per un verso, è stato esteso il meccanismo della comunicazione mediante raccomandata o pec della dichiarazione anche ai crediti originati da rapporti di lavoro; per altro verso, è stato previsto che l'atto di pignoramento dei crediti e il verbale di ricerca da notificare al terzo contengano l'avvertimento in ordine alle conseguenze derivanti dalla mancata comunicazione della dichiarazione o dall'omessa comparizione in udienza o dal rifiuto di rendere la dichiarazione nonostante la comparizione in udienza. Pertanto, all'esito, il regime di verifica del debito del terzo o del possesso dei mobili è unitario, indipendentemente dalla natura del credito pignorato.

Agli effetti della non contestazione tale novella ha specificamente equiparato la fattispecie della mancata comparizione a quella della comparizione in udienza senza che sia resa alcuna dichiarazione. In ultimo, l'art. 13 d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con modificazioni in l. 6 agosto 2015, n. 132, ha inserito le seguenti rilevanti modifiche in tema di pignoramenti presso terzi, formalizzando in larga parte i profili già valorizzati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche costituzionale (vedi

C. cost. 15 maggio 2015, n. 85 , in ordine all'impignorabilità relativa dei crediti di lavoro e di pensione depositati in conti correnti o postali intestati al debitore esecutato): ai sensi degli artt. 545 546 c.p.c. , le somme dovute a titolo di pensione o quelle ad esse equiparate (indennità dovute in luogo della pensione e assegni di quiescenza) sono pignorabili nei limiti della misura massima dell'assegno sociale, aumentata della metà; le somme dovute a titolo di stipendio, pensione, indennità di licenziamento, ove siano canalizzate mediante accredito antecedente alla data del pignoramento su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, con la conseguenza che l'obbligo di custodia del terzo pignorato opera nei limiti quantitativi corrispondenti, mentre nel caso di accredito contestuale o successivo opereranno le soglie già previste dai commi antecedenti in ordine ai crediti alimentari e tributari; qualora il pignoramento superi i tetti indicati, esso sarà affetto da inefficacia relativa, ossia limitata all'eccedenza, rilevabile anche d'ufficio; ai sensi dell'art. 548 c.p.c.

, gli effetti della non contestazione del credito pignorato o del possesso dei beni, derivanti dalla mancata dichiarazione del terzo o dalla sua mancata comparizione all'udienza o dalla comparizione cui segua il rifiuto di rendere la dichiarazione, si realizzano solo quando l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo; ai sensi dell' art. 549 c.p.c., la risoluzione degli incidenti con ordinanza del g.e. avviene, su istanza di parte, compiuti i necessari accertamenti e nel contraddittorio tra le parti e con il terzo, non solo quando sorgano contestazioni sulla dichiarazione resa dal terzo, ma anche quando, a seguito della mancata dichiarazione del terzo, non sia possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo.

Dichiarazione

L'

art. 543, com

ma

2

, n. 3, c.p.c.

statuisce che il creditore procedente deve indicare nell'atto di pignoramento il proprio indirizzo di posta certificata.

Qualora il creditore ometta di indicare nell'atto di citazione la propria PEC, in carenza di alcuna apposita previsione sanzionatoria conseguente a tale omissione e non ricorrendo alcuno dei casi di nullità di cui all'

art. 156 c.p.c.

, è escluso che detta carenza determini l'invalidità dell'atto di pignoramento.

Tuttavia, il terzo ha comunque la facoltà di rendere la dichiarazione ex

art. 547 c.p.c.

in via telematica, previa individuazione, a sua cura, dell'indirizzo PEC del creditore procedente. Tale ricerca non appare particolarmente onerosa sul piano pratico poiché, quantomeno con riferimento alla categoria professionale degli avvocati, l'indirizzo PEC è normalmente pubblicato dai singoli ordini di competenza. Nondimeno, in detta evenienza è più probabile che il terzo ricorra alle forme di comunicazione cartacea.

Così come nessun dubbio può porsi sulla facoltà del terzo di inviare la dichiarazione presso l'indirizzo pec del difensore del creditore procedente, anziché presso l'indirizzo PEC del creditore. Siffatta eventualità non inficia la rilevanza (validità ed efficacia) della dichiarazione. Peraltro, neanche astrattamente alcun rimprovero può essere mosso quando il creditore sia a monte privo di un indirizzo di posta certificata. È noto che, almeno allo stato, l'obbligo giuridico di munirsi di una PEC ricorre solo per selezionate categorie: professionisti, imprese e pubblica amministrazione.

La dichiarazione può essere resa dal terzo personalmente o a mezzo di un procuratore speciale ovvero di difensore munito di procura speciale

ex

art. 547, comma

1

, c.p.c.

Nel caso difetti la procura, può essere ordinata la comparizione del terzo ovvero la sanatoria del vizio di carenza dello jus postulandi mediante assegnazione di un termine perentorio per il rilascio delle necessarie autorizzazioni o per il conferimento o la rinnovazione della procura speciale ai sensi dell'

art. 182 c.p.c.

, con efficacia sanante ex tunc.

In evidenza

Detta

dichiarazione ha natura processuale (di scienza) e non negoziale (di accertamento), anche all'esito della riforma del 2012, avente la precipua funzione di definire l'oggetto dell'espropriazione presso terzi e di dare concretezza alle indicazioni contenute nell'atto di pignoramento. Si parla, al riguardo, di atto avente natura latamente confessoria, poiché concerne diritti e non fatti.

Quando il terzo, per un errore esclusivamente proprio o in conseguenza di un'erronea formulazione della citazione

ex

art. 543, comma

2

, n. 4, c.p.c.

, renda una dichiarazione con forme diverse da quelle prescritte (fax, e-mail), si ritiene che la dichiarazione sia comunque utilizzabile, sia perché nessuna nullità è comminata dalla legge per l'inosservanza delle forme prescritte, sia perché ed in quanto la dichiarazione raggiunga comunque lo scopo dell'atto, sempre che non vi siano dubbi sulla sua paternità.

Ugualmente valida ed efficace sarà, oltre che la dichiarazione che non osserva le forme prescritte, la dichiarazione tardiva, purché inviata prima dell'udienza fissata nel pignoramento. Il termine di dieci giorni indicato dall'

art. 543,

comma

2

, c.p.c.

non è, infatti, perentorio.

Comunque la dichiarazione resa ha sempre effetti provvisori sino all'udienza, poiché sino a tale momento essa potrà essere integrata o revocata. Sicché il suo contenuto si cristallizza alla data dell'udienza, o per effetto della nuova dichiarazione ivi resa verbalmente dal debitor debitoris, o in ragione della sua mancata comparizione, che equivarrà a conferma di quanto in precedenza dichiarato. In caso di invio di più dichiarazioni tra loro contrastanti, spetterà al g.e. dare un'interpretazione complessiva e coerente della volontà espressa dal terzo (le relative ed eventuali contestazioni saranno risolte ai sensi dell'

art. 549 c.p.c.

).

Non contestazione

L'attribuzione di un valore significante endoprocessuale al contegno inerte del terzo trova un precedente nell'art. R211-5 del nuovo Code des procédures civiles d'exécution francese (che riproduce il disposto dell'abrogato art. 60, comma 1, del decreto 31 luglio 1992, n. 92-755). Previsione analoga era contenuta anche nell'

art. 614, comma

2

, c.p.c.

italiano del 1865. All'esito dell'equiparazione tra crediti originati da rapporti di lavoro e crediti non originati da rapporti di lavoro (e possesso dei beni appartenenti al debitore), il legislatore subordina in ogni caso la verificazione dell'effetto della non contestazione all'integrazione di una fattispecie complessa a formazione progressiva

, dovendo essere integrate le seguenti condizioni

:

1. il mancato invio della dichiarazione, di cui dà atto il creditore in udienza;

2. la mancata comparizione del terzo all'udienza fissata nell'atto di pignoramento;

3. la reiterata mancata comparizione del terzo alla nuova udienza fissata, all'esito della notifica almeno dieci giorni prima dell'ordinanza di rinvio, ovvero il suo rifiuto di rendere la dichiarazione nonostante la comparizione.

Tali conseguenze presuppongono, però, che la citazione contenga l'avvertimento al terzo delle conseguenze della mancata dichiarazione, dell'omessa comparizione o del rifiuto di rendere la dichiarazione all'udienza di comparizione. Si è così sanata l'evidente lacuna della disciplina precedente, la quale non prevedeva la necessità che la citazione del terzo contenesse l'avvertimento sulle conseguenze della mancata comparizione (e così con riguardo all'ordinanza di rinvio di cui all'attuale primo comma dell'

art. 548 c.p.c.

).

Il regime unitario stabilito

rimette

l'onere di denunciare la trasmissione della dichiarazione del terzo al creditore procedente.

P

er porre rimedio a possibili situazioni di mendacio, inesattezze, disguidi nel ricevimento, il legislatore ha voluto dare la possibilità al terzo di comparire in una seconda udienza, allo scopo di ribadire la sua posizione sulla reale esistenza/consistenza del credito del debitor creditoris, come dedotto nell'atto di pignoramento. Solo all'esito della sua protratta mancata comparizione anche in detta seconda udienza, il credito può ritenersi esistente per difetto di contestazione. Il medesimo effetto si produce quando il terzo, pur comparendo, non renda alcuna dichiarazione in proposito, mantenendo un contegno reticente.

Altro aspetto controverso concerne il grado di specificazione/individuazione nell'atto di pignoramento del debito del terzo o delle cose da questo possedute, affinché possa maturare l'effetto di non contestazione. Al riguardo, la nuova formulazione dell'

art. 548, comma

1

, c.p.c.

subordina l'effetto della non contestazione alla circostanza che

l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo.

Invece, nel caso in cui la dichiarazione sia resa, l'

art. 547,

comma

1

, c.p.c.

dispone espressamente che sia il terzo a dover specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso (an e quantum) nonché quando deve essere eseguito il pagamento o la consegna (quando). Il legislatore considera non contestato il credito pignorato ovvero il possesso dei beni «nei termini indicati dal creditore». Sull'interpretazione di questa formula si appuntano le varie opinioni espresse in dottrina. A tale dato semantico deve essere associato il dettato letterale dell'

art. 543, comma

2

, n. 2, c.p.c.

, secondo cui l'atto di pignoramento deve contenere l'indicazione, «almeno generica», delle cose o delle somme dovute (di contro, il n. 1 prescrive la precisa indicazione del credito per il quale si procede). Le letture enunciate della norma su tale punto sono le seguenti.

Orientamenti a confronto

INDIVIDUAZIONE DEL CREDITO O DELLE COSE POSSEDUTE DAL TERZO: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

La

locuzione adoperata si riferisce ad una mera delimitazione quantitativa del credito pignorato

Ne consegue che, qualora non sia indicata la sua misura, il g.e. non potrà considerare il credito non contestato e dovrà disporre l'integrazione del pignoramento

.

La

locuzione allude ad una delimitazione qualitativa (

art. 543, comma

2

, n. 2, c.p.c.

)

Ne deriva che,

qualora nel pignoramento non sia indicata la puntuale causa petendi del credito (ovvero il rapporto da cui esso si origina) o, ancora, non sia specificamente individuata la natura delle cose possedute dal terzo, non si determina l'effetto di non contestazione (piuttosto, il giudice dovrà invitare il creditore procedente a circostanziare il titolo del credito pignorato e, all'esito, la procedura di notifica dovrà essere rinnovata); viceversa, quando il titolo del credito sia sufficientemente delimitato, seppure in mancanza di una esatta indicazione del suo ammontare, l'assegnazione o la vendita riguarderanno un credito pari alla misura del credito per cui si procede.

La non contestazione presuppone che l'atto di pignoramento indichi specificamente, non solo la natura del credito o delle cose pignorate, ma anche la loro misura

Ne discende che il riferimento dell'

art. 543, comma

2

, n. 2, c.p.c.

ad un'indicazione «almeno generica» deve ritenersi tacitamente abrogato, in quanto incompatibile con l'introdotta previsione della non contestazione (che determina la formazione di un titolo giudiziario endoprocedimentale)

.

È sufficiente, ai fini della maturazione dell'effetto della non contestazione, la deduzione nell'atto di pignoramento della specie di rapporto creditorio esistente verso il terzo, pur senza che ne sia specificato l'ammontare

Si ritiene che sia eccessivamente oneroso imporre al creditore procedente di rinvenire gli esatti estremi quantomeno del credito pignorato (ma non delle cose appartenenti al debitore in possesso del terzo), con la conseguenza che in questo caso l'assegnazione avverrà fino a concorrenza del credito vantato dal creditore procedente, nella misura in cui il debito del terzo sarà sussistente, mentre successivamente sarà il terzo (divenuto a questo punto direttamente debitore del creditore procedente) a corrispondere, di fronte alla pretesa del creditore, la sola somma in concreto dovuta oppure sarà un contenzioso a cognizione piena tra creditore procedente e terzo a risolvere la questione controversa inerente al quantum di detto credito

.

Appare più persuasiva la ricostruzione che impone, affinché sia integrato l'effetto della non contestazione, la concorrente delimitazione qualitativa e quantitativa del credito vantato dal debitor creditoris verso il terzo. Solo a fronte di una pretesa creditoria precisamente emarginata, sia con riferimento alla sua causale, sia con riguardo al suo ammontare, l'inerzia del terzo può assumere un significato concludente di riconoscimento. Tale conclusione è avvalorata dalla riforma del 2015, secondo cui, a fronte dell'inerzia del terzo, l'assegnazione o la vendita possono essere disposte soltanto se l'allegazione del creditore consenta l'identificazione del credito o dei beni di appartenenza del debitore in possesso del terzo. Nei diritti etero-determinati (o relativi o strumentali), intanto il credito può reputarsi individuato - e può conseguentemente considerarsi ammesso per acquiescenza del debitore -, in quanto siano circoscritti la causa petendi e il suo ammontare: essere debitore, a titolo di restituzione di un mutuo o di corresponsione del prezzo di una vendita nei confronti di un certo creditore, di 100 anziché di 50 non è un mero dettaglio marginale, ma influisce sulla stessa identificazione del rapporto obbligatorio. Che all'indicazione della mera causa petendi del credito verso il terzo, senza puntualizzazione della misura, non possa seguire l'effetto di non contestazione è altresì desumibile dalla disciplina del procedimento monitorio di sfratto per morosità. Ai sensi del combinato disposto degli

artt. 658

e

663 c.p.c.

, la convalida dello sfratto, conseguente alla mancata comparizione ovvero alla comparizione senza opposizione dell'intimato, potrà essere disposta, in quanto l'intimazione di sfratto, con contestuale citazione per la convalida, contenga l'esatta indicazione della morosità contestata (con riferimento alla misura di ciascun canone non corrisposto, alla loro scadenza convenuta e al momento a decorrere dal quale tale canone non è stato versato). A fortiori nessun riconoscimento potrà maturare quando le cose possedute dal terzo non siano esattamente individuate nell'an e nel quantum.

In ordine alla valenza della fattispecie di non contestazione, per espressa previsione del legislatore, essa non può avere una portata esterna al procedimento, alla stregua del giudicato di una sentenza di accertamento. Ora, il credito si considera non contestato ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione. Sicché, per effetto del meccanismo regolato dalla norma, si origina un nuovo credito del creditore procedente direttamente verso il terzo, che non potrà essere negato in sede di esecuzione del provvedimento di assegnazione sull'assunto che la posizione reale non corrisponde a quella presunta regolarmente formatasi nel procedimento di espropriazione presso terzi.

Impugnazione dell'ordinanza di assegnazione

L'ultimo comma dell'

art. 548 c.p.c.

stabilisce che il terzo possa impugnare l'ordinanza di assegnazione dei crediti, adottata per la maturazione della fattispecie della non contestazione presunta, nelle forme e nei termini dell'opposizione agli atti esecutivi, quando il terzo provi di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore. Pertanto, l'opposizione dovrà essere spiegata nel termine di venti giorni dalla conoscenza legale o conoscibilità dell'ordinanza di assegnazione davanti ad un g.e. diverso da quello che ha trattato il procedimento di espropriazione presso terzi ex

art. 186-

bis

disp. att. c.p.c.

Al riguardo, si è sostenuto che, utilizzando la forma dell'opposizione agli atti esecutivi, in realtà il terzo contesta il diritto di procedere ad esecuzione forzata. Al contempo, deve ritenersi che, attraverso l'apprestamento di tale rimedio, seppure nei limiti evidenziati dalla norma, il terzo diviene parte in senso processuale del procedimento esecutivo, contrariamente alle certezze che si erano consolidate nel regime normativo previgente (dove era pacifico che il terzo non fosse legittimato alla proposizione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi). La formulazione di tale norma, anche per le improprietà linguistiche che la contraddistinguono, ha suscitato un acceso dibattito in dottrina. In primo luogo, il difetto di tempestiva conoscenza sembra riferito, secondo la lettera della disposizione, all'ordinanza di assegnazione. In realtà il vulnus di conoscenza deve intendersi riferito all'atto di pignoramento ovvero all'ordinanza di rinvio di cui all'

art. 548,

comma 1

, c.p.c.

Le ragioni che consentono di avvalersi di tale rimedio devono essere estese, oltre che all'ipotesi della non conoscenza dell'atto di pignoramento per irregolarità della notifica, caso fortuito o forza maggiore, anche all'ipotesi dell'impossibilità di redigere e trasmettere la dichiarazione entro il termine prescritto ovvero all'ipotesi della mancata comparizione in udienza per caso fortuito o forza maggiore, pur essendo giunto il terzo a piena conoscenza del pignoramento. E ciò in sintonia con le declaratorie di illegittimità costituzionale pronunciate dalla Consulta con riferimento agli artt.

650 (

C

.

cost.

,

20

maggio

1976, n. 120

) e

art.

668 c.p.c.

(

C

.

cost.

,

18

maggio

1972, n. 89

).

Quando non ricorrano le condizioni per interporre l'ammessa opposizione, non si ritiene, da parte di alcuni, che il terzo possa avvalersi delle azioni ordinarie per negare che il credito presuntivamente riconosciuto in sede esecutiva effettivamente esista. Se così fosse verrebbero meno, sia la valenza cogente, seppure endoprocedimentale, dell'accertamento presunto, sia la prevista selezione dei rimedi esperibili, sia l'esigenza di semplificazione che connota la ratio dell'intervento normativo.

Di contrario avviso è altro orientamento, secondo cui al terzo sarebbe comunque possibile esperire successivamente l'azione di ripetizione dell'indebito oggettivo verso il creditore procedente ovvero l'azione di opposizione all'esecuzione ai sensi dell'

art. 615 c.p.c.

, poiché la non contestazione influirebbe esclusivamente sull'inversione dell'onere probatorio. Così sarebbe elusa la forza preclusiva del contegno concludente di non contestazione maturato nel procedimento esecutivo, equiparato appieno ad un riconoscimento. Tanto più che il credito rivendicato dal creditore procedente verso il terzo è un nuovo credito, che ha trovato genesi nel perfezionamento di una fattispecie complessa a formazione progressiva, nella quale ha avuto un ruolo preminente il comportamento inerte del terzo. E' come se la norma sancisse, sul piano sostanziale, le modalità di costituzione a titolo originario di un nuovo credito. Successivamente alla sua regolare formazione, non possono più essere messi in discussione i suoi presupposti costitutivi, alla cui integrazione ha concorso peraltro la determinante condotta omissiva del terzo, se non nei ristretti limiti ammessi. Allo stesso modo l'ordinanza di convalida di sfratto per morosità, emessa in presenza dei presupposti di legge, non può essere censurata in appello dal conduttore, sotto il profilo della non ricorrenza della morosità contestata. Alquanto problematica è anche la possibilità che il terzo possa agire con un'azione ordinaria di arricchimento senza giusta causa contro il suo presunto creditore (rectius il debitor creditoris), sostenendo e dimostrando che nessun debito esisteva nei confronti di detta parte. Ad ogni modo, avverso l'ordinanza di assegnazione per difetto di contestazione del terzo sono esperibili i seguenti ulteriori rimedi: a. l'opposizione del terzo proprietario delle cose pignorate in possesso del terzo esecutato ex

art. 619 c.p.c.

; b. l'opposizione del debitore esecutato, ai sensi dell'

art. 615, comma

2

, c.p.c.

, in caso di impignorabilità assoluta del credito pignorato; c. l'opposizione all'esecuzione a cura del terzo avverso l'assegnazione successiva dello stesso credito già assegnato precedentemente in altra procedura (quando non sia stata disposta la riunione in guisa dell'inerzia del terzo). Nel caso di pignorabilità relativa del credito, l'assegnazione dovrà essere condizionata alla capienza del credito, in ragione di eventuali precedenti assegnazioni.

Risoluzione delle questioni

In ordine alle contestazioni che dovessero insorgere sulla dichiarazione resa dal terzo, il nuovo

art. 549 c.p.c.

non subordina la soluzione della controversia così determinatasi all'apertura di un ordinario giudizio a cognizione piena, bensì rimette la risoluzione delle questioni alla decisione con ordinanza del g.e., all'esito degli accertamenti sommari che ritiene di dover svolgere in seno allo stesso processo esecutivo, alla stregua della disciplina prevista per le controversie che possono insorgere in sede distributiva ex

art. 512 c.p.c.

La novella di cui al

d.l. n. 83/2015

ha esteso tale sistema di risoluzione degli incidenti esecutivi anche all'ipotesi in cui, all'esito della mancata dichiarazione del terzo né comunicata né resa in udienza, non sia possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo. Sicché il legislatore ha aderito all'orientamento fatto proprio da una parte della dottrina, secondo cui tale meccanismo è applicabile anche all'ipotesi in cui non vi sia una dichiarazione del terzo e nondimeno l'effetto del riconoscimento presunto non maturi perché l'atto di pignoramento non determina i requisiti essenziali per l'individuazione del credito pignorato. Per converso, la contestazione sulla dichiarazione presuppone che il terzo abbia inviato la dichiarazione o l'abbia resa in udienza.

Si tratta di un procedimento deformalizzato e celere, attivabile su istanza della parte interessata, in cui è possibile che il g.e. conosca, seppure in modo superficiale e con effetti non idonei alla formazione del giudicato, del rapporto obbligatorio intercorrente tra debitore esecutato e terzo. L'applicazione dell'

art. 549 c.p.c.

postula, dunque, la partecipazione attiva del terzo, che abbia trasmesso la dichiarazione o l'abbia resa in udienza, o anche che sia rimasto inerte non comparendo o comparendo ma rifiutandosi di rendere la dichiarazione, quando l'esatta identificazione del credito o dei beni non sia possibile. All'uopo, la novella del 2015 esige espressamente l'integrazione del contraddittorio anche verso il terzo. Se sulla dichiarazione, probabilmente di riconoscimento parziale del credito ovvero di negazione assoluta della sua esistenza, muovono contestazioni il creditore procedente ovvero il debitor creditoris, il giudice le risolve con l'incidente sommario regolato dalla norma. Come detto, la risoluzione di tali questioni, quando il terzo abbia trasmesso la dichiarazione senza partecipare alle udienze ovvero quando sia rimasto inerte senza che il credito o i beni siano identificabili, impone la sua citazione, pena la violazione del contraddittorio. Il che conferma, ancora una volta, che il terzo ha assunto, in base alla nuova disciplina, la veste di parte in senso processuale. All'esito dell'ultima riforma, l'attivazione dei poteri di dirimere la controversia sulle contestazioni mosse avverso la dichiarazione resa dal terzo esige una istanza anche verbale di risoluzione, non essendo invece sufficiente il solo fatto che siano state sollevate le contestazioni. All'esito della formalizzazione dell'istanza, il giudice procede alla relativa risoluzione, previa disposizione della notificazione del verbale che la contiene al terzo che non sia già costituito. All'uopo, seppure attraverso un'istruttoria sommaria, il g.e. può avvalersi dei mezzi di prova eventualmente richiesti dalle parti, compreso il terzo, ai fini della deduzione dei fatti impeditivi, modificativi ed estintivi, seppure con le limitazioni imposte dagli

artt. 2914

e

2917 c.c.

La relativa decisione circa l'an, il quomodo ed il quantum dell'obbligo del terzo, assunta con ordinanza, non può essere assimilata al provvedimento conclusivo del procedimento sommario di cognizione, che ha una valenza esterna. L'ordinanza de quo produce effetti ai soli fini del procedimento esecutivo in corso e della disposizione della conseguente assegnazione. Sicché tale accertamento ha una consistenza esclusivamente processuale. In senso opposto, altra dottrina reputa che l'accertamento rimesso al g.e. abbia efficacia sostanziale esterna. L'ordinanza che risolve dette questioni, indipendentemente dal suo esito, è impugnabile nelle forme e nei termini del rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi.

Riferimenti

Briguglio

, Note brevissime sull'onere di contestazione per il terzo pignorato (nuovo

art. 548 c.p.c.

)

, in Riv. esec. forz., Torino, 2013, I, 30;

Finocchiaro

, L'espropriazione presso terzi si allinea alla giurisprudenza, in Guida al dir., Milano, 2015, 38, 51;

Monteleone

, Semplificazioni e complicazioni nell'espropriazione presso terzi, in Riv. esec. forz., Torino, 2013, I, 1;

Saletti

, Le novità dell'espropriazione presso terzi, in Riv. esec. forz., Torino, 2013, I, 8;

Storto

, Riforma natalizia del pignoramento presso terzi: le instabili conseguenze della stabilità, in Riv. esec. forz., Torino, 2013, I, 34;

Tota

, Commentario del codice di procedura civile, VI, a cura di Comoglio, Consolo, Sassani e Vaccarella, Torino, 2013;

Vincre

, Brevi osservazioni sulle novità introdotte dalla

l. 228/2012

nell'espropriazione presso terzi: la mancata dichiarazione del terzo (

art. 548 c.p.c.

) e la contestazione della dichiarazione (

art. 549 c.p.c.

)

, in Riv. esec. forz., Torino, 2013, I, 53.

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