18 Aprile 2025

Il precetto è l’atto mediante il quale il creditore manifesta e preannuncia al debitore la volontà di avviare il processo esecutivo nei suoi confronti.

Inquadramento

Il precetto è l'atto con cui il creditore manifesta la volontà di promuovere l'esecuzione forzata nei confronti del debitore e si atteggia come atto prodromico rispetto al processo esecutivo, come si evince dall'art. 479 c.p.c., a mente del quale, salvo che la legge disponga diversamente, l'esecuzione forzata dev'essere preceduta dalla notificazione, oltre che del titolo esecutivo, del precetto.

L'unico caso in cui, in effetti, il creditore è esonerato dalla notifica del precetto si ha quando è stato eseguito un sequestro conservativo che, a seguito della pronuncia di una sentenza di condanna esecutiva, si converte automaticamente in pignoramento, in virtù di quanto stabilito dagli artt. 686 c.p.c. e 156 disp. att. c.p.c.; l'art. 41, d.lgs. n. 385/1993, invece, si limita a esentare il creditore fondiario dalla notificazione del titolo contrattuale – ossia del contratto di mutuo – esecutivo, ma non del precetto.

Come si ricava dall'art. 480 c.p.c., il precetto consiste nell'intimazione rivolta al debitore di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo e nell'avvertimento che, in assenza di adempimento, si procederà a esecuzione forzata.

Il precetto, dunque, svolge una duplice funzione:

  • da una parte, consente al debitore cui è notificato di adempiere, evitando così l'esecuzione forzata;
  • dall'altra parte, preannuncia l'esecuzione stessa, qualora il debitore non dovesse adempiere entro il termine fissato nel precetto stesso, che non può essere inferiore a dieci giorni (salvo che un maggiore termine sia indicato nel titolo esecutivo), a meno che il creditore sia stato autorizzato, con decreto emesso dal presidente del tribunale competente per l'esecuzione o da un giudice dallo stesso delegato ai sensi dell'art. 482 c.p.c., ad agire immediatamente in executivis, adducendo il pericolo nel ritardo.

Il precetto è atto recettizio, che, per produrre effetti, dev'essere portato a conoscenza del destinatario, ossia del debitore, mediante notificazione da effettuarsi personalmente, come prescritto dall'art. 479 c.p.c.; quando, peraltro, l'espropriazione dev'essere condotta nei confronti del terzo proprietario, il precetto – al pari del titolo esecutivo – va notificato anche a lui, oltre che al debitore.

Il precetto, dovendo contenere l'intimazione all'adempimento, deve recare anche l'esatta individuazione e la determinazione attuale dell'obbligo cui l'intimazione stessa si riferisce, dal momento che potrebbe essere mutato rispetto a quanto risultante dal titolo esecutivo (per esempio, per effetto di un pagamento parziale).

La natura giuridica del precetto

Particolarmente controversa è l'individuazione della natura giuridica del precetto.

Per una prima tesi, si tratta di un atto processuale in senso stretto, in quanto contenente la domanda esecutiva. Elementi che militano a favore di questa posizione possono rintracciarsi nell'art. 125 c.p.c. (che elenca il precetto tra gli atti – evidentemente processuali – per i quali è prescritto un contenuto minimo tipicamente individuato) e nell'art. 617 c.p.c. (che, al comma 1, ammette la proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi – strumento rimediale specificamente approntato per gli atti del processo esecutivo – per contestare la regolarità formale del precetto); inoltre, nonostante qualche risalente pronuncia di segno contrario (Trib. Torino, 5 settembre 1989; Trib. Reggio Emilia, 18 settembre 1989), si ritiene che anche le spese di precetto godano del privilegio che gli artt. 2755 e 2770 c.c. accordano alle spese di giustizia sostenute per l'espropriazione, rispettivamente, di beni mobili e immobili.

L'orientamento assolutamente prevalente in dottrina, tuttavia, considera il precetto come un atto preprocessuale, preliminare rispetto all'esecuzione, ovvero estraneo ad essa e, come tale, avente carattere stragiudiziale.

Questa soluzione ermeneutica si fonda sull'art. 491 c.p.c., che fissa l'inizio dell'espropriazione forzata in coincidenza del pignoramento, oltre a stabilire che col precetto si preannuncia solo la successiva ed eventuale esecuzione.

Nella scia della tesi stragiudiziale si inserisce la giurisprudenza, secondo cui il precetto non è un atto processuale, ma solo preliminare, prodromico, avente natura sostanziale, seppure necessario per l'esecuzione forzata (Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2008, n. 25002; Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2006, n. 3998; Cass. civ., sez. III, 5 aprile 2003, n. 5368).

La natura sostanziale del precetto implica che non necessariamente dev'essere sottoscritto da un legale (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2006, n. 10497; Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2006, n. 3998) e che la procura al difensore può essere conferita dal creditore anche dopo la notifica del precetto, equivalendo a ratifica dell'attività posta in essere dal falsus procurator.

In ogni caso, il conferimento postumo della procura deve avvenire, al più tardi, al momento della costituzione nel giudizio di opposizione eventualmente promosso dalla controparte (Cass. civ., sez. III, 18 settembre 2007, n. 19362; Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2000, n. 9365).

La forma e il contenuto del precetto

Il contenuto (minimo) del precetto è prescritto dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 480 c.p.c.

Non tutti i requisiti stabiliti dalle norme sopra richiamate sono stabiliti a pena di invalidità dell'atto, sicché è opportuno analizzarli separatamente, individuando per ciascuno di essi le conseguenze che derivano dall'omissione o dalla incompleta o inesatta indicazione e il regime applicabile.

L'intimazione ad adempiere

L'art. 480, comma 1, c.p.c. stabilisce che il precetto deve contenere l'intimazione ad adempiere, entro un termine non inferiore a dieci giorni, l'obbligo risultante dal titolo esecutivo, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata.

Non determinano la nullità del precetto:

  • la mancanza dell'avvertimento, posto che non si tratta di elemento essenziale la cui carenza è sanzionata espressamente con la nullità, a differenza di quanto è a dirsi per gli elementi richiesti dal comma 2 dell'art. 480 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 24 ottobre 1986, n. 6230);
  • l'omessa indicazione del titolo esecutivo azionato, quando l'esigenza di individuazione del titolo risulti comunque soddisfatta attraverso altri elementi contenuti nel precetto stesso (Cass. civ., sez. III, 2 dicembre 2014, n. 25433).

Il precetto deve contenere l'indicazione dell'obbligo di cui si pretende l'adempimento e, quindi, dell'ammontare del debito di cui viene intimato il pagamento, ovvero della cosa mobile o immobile di cui si pretende la consegna o il rilascio (come prescritto dall'art. 605, comma 1 c.p.c.), sicché l'omessa indicazione di questa somma o cosa, anche solo in forma generica o sommaria, dà luogo a nullità del precetto, che può essere fatta valere mediante l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2009, n. 10296; Cass. civ., sez. III, 19 giugno 1993, n. 6845; Cass. civ., sez. III, 2 settembre 1982, n. 4798).

Non comporta nullità del precetto, invece, la mancata indicazione del procedimento logico-giuridico o del calcolo matematico attraverso il quale è stata determinata la somma indicata (Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2013, n. 4008).

Se la somma esposta nel precetto risulta maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta, non si ha nullità totale del precetto, ma solo nullità o inefficacia parziale per la porzione della somma eccedente, atteso il principio di conservazione degli atti giuridici (Cass. civ., sez. lav., 30 gennaio 2013, n. 2160; Cass. civ., sez. III, 29 febbraio 2008, n. 5515; Cass. civ., sez. III, 11 marzo 1992, n. 2938).

Tale nullità o inefficacia parziale può essere fatta valere dal debitore mediante l'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., con la conseguenza che l'intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta (Cass. civ., sez. lav., 30 gennaio 2013, n. 2160; Cass. civ., sez. III, 29 febbraio 2008, n. 5515).

L'indicazione delle parti

L'art. 480, comma 2, c.p.c. enuclea una serie di elementi del precetto che devono essere contenuti a pena di nullità:

  1. l'indicazione delle parti,
  2. la data di notificazione del titolo esecutivo (se fatta separatamente) o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge.

L'indicazione delle parti (creditore che effettua l'intimazione e debitore cui è destinata) serve a individuare i soggetti dell'azione esecutiva.

Per questo motivo, ai sensi dell'art. 603 c.p.c., in caso di espropriazione contro il terzo proprietario, occorrerà anche l'indicazione – oltre che del bene che si intende sottoporre a esecuzione – del soggetto (diverso e ulteriore rispetto al debitore) nei cui confronti verrà promossa, per quanto questi non debba essere destinatario dell'intimazione ad adempiere (che andrà rivolta solo al debitore).

La data di notificazione del titolo esecutivo

L'art. 480, comma 2, c.p.c. prescrive, sempre a pena di nullità, che sia indicata anche la data in cui è avvenuta la notificazione del titolo esecutivo, se fatta separatamente.

Tale indicazione, di conseguenza, cessa di essere elemento essenziale del precetto ove la notifica del titolo esecutivo avvenga contestualmente al precetto, come consentito dall'art. 479, comma 3, c.p.c.

L'omessa menzione della data di notificazione non cagiona nullità del precetto – in ossequio al principio del raggiungimento dello scopo – se il titolo può essere comunque individuato aliunde, per esempio attraverso le altre indicazioni contenute nel precetto (Cass. civ., sez. III, 25 maggio 2007, n. 12230).

Si è, tuttavia, affermato che non è possibile desumere la data di notificazione (o altri elementi essenziali) da ulteriori e diversi atti di precetto (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2001, n. 4787).

Quando il titolo esecutivo su cui si fonda il precetto sia rappresentato da un decreto ingiuntivo, l'art. 654 c.p.c. richiede, oltre alla menzione della data di notificazione del titolo ai sensi dell'art. 480 c.p.c., l'indicazione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà del decreto (mentre, a seguito dell'abolizione della formula esecutiva a opera del d.lgs. 149/2022, è stato espunto il riferimento alla sua apposizione, che era prima contenuto nell'art. 654, comma 2 c.p.c.).

Tale previsione è volta a semplificare l'inizio del processo esecutivo, quando il titolo sia rappresentato da un decreto ingiuntivo non munito di esecutività al momento della sua emissione, avendola acquisita in un momento successivo, onde evitare una inutile duplicazione della notifica già effettuata al fine di fare salva l'efficacia del decreto ingiuntivo (art. 644 c.p.c.) e di determinare la decorrenza del termine per la proposizione dell'opposizione (Cass. civ., sez. III, 30 maggio 2007, n. 12731). Essa, peraltro, trova applicazione in ogni ipotesi di esecutorietà del provvedimento monitorio e non solo quando essa venga concessa nelle ipotesi espressamente menzionate nell'art. 654, comma 1, c.p.c., ossia per essere stata respinta l'opposizione o per essersi estinto il relativo giudizio (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2001, n. 14729).

In buona sostanza, l'indicazione della data di notificazione del decreto ingiuntivo e la menzione del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà perseguono una funzione di esatta identificazione del titolo.

La mancata o inesatta indicazione di tali elementi, salvo che l'esigenza d'individuazione del titolo esecutivo risulti comunque soddisfatta attraverso il riferimento ad altri contenuti nel precetto stesso (quali, per esempio, l'indicazione dell'autorità promanante e la data di emissione del decreto ingiuntivo: Cass. civ., sez. III, 28 luglio 1987, n. 6536), determina la nullità del precetto, da farsi valere con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2006, n. 4649).

Si è, peraltro, affermato che, in assenza di tali indicazioni, si verifica una nullità equivalente a quella che colpisce il precetto non preceduto dalla notifica del titolo esecutivo, con la conseguenza che il vizio non è suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo con la mera proposizione dell'opposizione agli atti esecutivi (Cass. civ., sez. III, 23 ottobre 2014, n. 22510).

La trascrizione integrale del titolo esecutivo

La trascrizione integrale del titolo esecutivo, che dev'essere accompagnata dalla certificazione di conformità apposta dall'ufficiale giudiziario, è invece richiesta – sempre a pena di nullità del precetto – nei soli casi previsti dalla legge (art. 480, comma 2, c.p.c.), cioè quando si tratta di scritture private autenticate ex art. 474, comma 3, c.p.c., di titoli di credito (in virtù di quanto stabilito, rispettivamente, dall'art. 63, r.d. 1669/1933 per la cambiale e dall'art. 55, r.d. 1736/1933 per l'assegno bancario), di accordo concluso all'esito di un procedimento di mediazione (art. 12, comma 1, d.lgs. n. 28/2010) o di negoziazione assistita (art. 5, comma 2-bis, d.l. n. 132/2014).

L'omessa trascrizione integrale del titolo non può essere surrogata dalla conoscenza del titolo stesso ottenuta aliunde o in altro modo, comportando essa la nullità del precetto (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2005, n. 5168).

Questa patologia del precetto può essere fatta valere con l'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 9 marzo 2005, n. 5168; Cass. civ., sez. III, 10 aprile 1995, n. 4475).

Quando si tratti di titoli di credito, si è comunque ritenuto necessario e sufficiente che il precetto rechi gli estremi indispensabili per l'identificazione dei titoli stessi, quali luogo e data di emissione, importo, data di scadenza, nominativi dei soggetti minimi del rapporto (traente, trattario, primo prenditore nell'assegno bancario e nella cambiale tratta; emittente e beneficiario nell'assegno circolare e nel pagherò cambiario), nominativi degli ulteriori, eventuali, soggetti obbligati (avallanti, giranti) e possessori (ultimo giratario), pur in difetto della trascrizione integrale (Cass. civ., sez. III, 28 aprile 1990, n. 3593).

Tuttavia, è stato recentemente affermato che l'omessa trascrizione integrale nel precetto del fronte e del retro dell'assegno, che impedisca di avere conoscenza dell'esistenza o meno di una clausola di girata per l'incasso, rende nullo l'atto di precetto intimato in virtù di un assegno circolare non trasferibile, poiché l'omessa menzione dell'esistenza (o dell'inesistenza) di una girata per l'incasso (ovvero l'omessa riproduzione del retro dell'assegno) impedisce al soggetto intimato di riscontrare se l'intimante, pur coincidente con il beneficiario indicato nel titolo, abbia ancora la legittimazione alla riscossione dello stesso, oppure abbia all'uopo incaricato, in sua vece, un banchiere giratario, sicché una tale carenza ingenera un'obiettiva incertezza sul soggetto abilitato a ricevere la prestazione portata dal titolo e pregiudica il diritto dell'intimato a un adempimento sicuramente liberatorio (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2024, n. 13373).

La trascrizione integrale del titolo non è, di per sé sola, sufficiente, occorrendo la certificazione di conformità rilasciata dall'ufficiale giudiziario.

A questo proposito, il Ministero della Giustizia ha precisato che:

  • analogamente a quanto è a dirsi per il potere dell'ufficiale giudiziario di fare e rilasciare copie di atti ai sensi dell'art. 111 d.P.R. n. 1229/1959, da intendersi strumentale rispetto all'attività di notificazione dallo stesso posta in essere, così il potere certificativo al quale fa riferimento l'art. 480, comma 2, c.p.c. va inteso come strettamente correlato e circoscritto alla funzione notificatoria demandata al medesimo ufficiale giudiziario, non potendo quindi essere validamente esercitato nel caso in cui il precetto debba poi essere notificato dall'avvocato ai sensi della l. n. 53/1994 (circolare n. IV-DOG/03-1/2021/CA del 2 febbraio 2021);
  • in mancanza di un esplicito conferimento all'avvocato del potere di attestare la conformità della trascrizione del titolo esecutivo stragiudiziale, solamente l'ufficiale giudiziario, nell'esercizio delle competenze attribuite dall'art. 480, comma 2, c.p.c. può certificare tale corrispondenza, con la conseguenza che, dovendo l'attività di certificazione essere svolta esclusivamente nell'ambito del procedimento di notifica, questa dovrà inevitabilmente avvenire a mezzo ufficiale giudiziario (circolare n. IV-DOG/03-1/2023/CA del 19 giugno 2023).

L'avvertimento circa la possibilità di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento

Il d.l. n. 83/2015, convertito in l. n. 132/2015, ha aggiunto un nuovo periodo nel corpo del comma 2 dell'art. 480 c.p.c.

Il legislatore ha così ampliato il contenuto del precetto, stabilendo che in esso, in quanto sia propedeutico all'avvio di un'azione esecutiva per espropriazione forzata, dev'essere inserito l'avviso rivolto al debitore circa la possibilità di ricorrere a un organismo di composizione della crisi o a un professionista nominato dal giudice, al fine di proporre un accordo di composizione della crisi o un piano del consumatore.

Il testo della disposizione è rimasto invariato anche a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 14/2019 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza), che contiene una nuova regolamentazione degli strumenti volti a porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento inizialmente disciplinati dalla l. n. 3/2012, che hanno pure assunto una nuova denominazione (visto che all'accordo di composizione corrisponde ora il concordato minore di cui agli artt. 74 ss. CCII, mentre al piano del consumatore corrisponde ora la ristrutturazione dei debiti del consumatore di cui agli artt. 67 ss. CCII).

In questo modo, il debitore cui è notificato il precetto ha una triplice possibilità:

  • adempiere spontaneamente;
  • subire l'esecuzione forzata;
  • cercare una composizione della situazione di eccessivo indebitamento, avvalendosi di uno degli strumenti apprestati dal legislatore.

Fermo restando che, anche se la disposizione non reca alcuna distinzione in proposito, l'avvertimento prescritto dall'ultimo periodo dell'art. 480,comma 2, c.p.c. dev'essere necessariamente inserito nel precetto quando questo sia diretto a un debitore non assoggettabile alle procedure concorsuali maggiori (essendo l'unico legittimato a ricorrere agli speciali strumenti di composizione della crisi dei quali va fatta menzione), la sua mancanza non determina comunque l'invalidità del precetto, ma costituisce mera irregolarità, sia perché l'avvertimento in parola non rientra tra gli elementi – elencati nel periodo immediatamente precedente – in mancanza dei quali è prevista la sanzione della nullità, sia perché non è funzionale a impedire decadenze o altre conseguenze processuali negative in danno dell'intimato, ma ha una finalità lato sensu promozionale, essendo diretto a incentivare il ricorso a una delle procedure volte a porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento (Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2022, n. 23343).

Con la medesima pronuncia, è stato, altresì, chiarito che, sebbene la disposizione non lo specifichi, l'avvertimento in parola non è necessario quando il precetto è notificato in vista dell'avvio di un'esecuzione diversa da quella per espropriazione, visto che, in questi casi, non viene in rilievo la situazione di eventuale sovraindebitamento del debitore intimato.

L'indicazione del giudice competente e l'elezione di domicilio

L'art. 480, comma 3, c.p.c., nella formulazione risultante a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 164/2024, prevede che il precetto deve contenere:

  • l'indicazione del giudice competente per l'esecuzione;
  • se sottoscritto dalla parte personalmente, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice oppure l'indicazione dell'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o l'elezione di un domicilio digitale speciale.

Il giudice competente per l'esecuzione andrà individuato secondo le regole dettate dagli artt. 26 (per l'espropriazione forzata di cose mobili o immobili, di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, ovvero per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare) e 26-bis c.p.c. (per l'espropriazione forzata di crediti); più problematica, invece, può risultare l'indicazione del foro competente quando manchi un criterio univocamente stabilito dalla legge (per esempio, in caso di espropriazione di quote di società a responsabilità limitata, la ricostruzione più accreditata sostiene che, dovendosi assimilare la partecipazione sociale a un bene mobile immateriale, assoggettato alla disciplina dei beni mobili in ragione dell'art. 812 c.c., il giudice competente per l'espropriazione vada individuato, ai sensi dell'art. 26 c.p.c., in quello del luogo in cui ha sede la società che ha emesso la quota oggetto di pignoramento).

L'imposizione di tale indicazione, peraltro, può confliggere con la possibilità per il creditore di radicare una pluralità di azioni esecutive anche in via concorrente (art. 483 c.p.c.): in questo caso, in alternativa all'indicazione di uno tra i più giudici eventualmente competenti, andrebbero indicati tutti quelli avanti ai quali il creditore intende radicate le plurime azioni esecutive qualora l'intimazione contenuta nel precetto dovesse rimanere inadempiuta.

In ogni caso, è da escludere che si tratti di requisito posto a pena di nullità del precetto, giacché dalla sua mancanza deriverà soltanto che il giudice competente per le opposizioni al precetto sarà quello del luogo in cui questo è stato notificato (come sancito dall'ultimo periodo dell'art. 480, comma 3, c.p.c.).

Rispetto alla precedente versione della norma (ossia prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 164/2024), che prescriveva sempre e comunque la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui era situato il giudice competente per l'esecuzione, tale indicazione è ora prescritta solo quando il precetto è sottoscritto dalla parte personalmente (il che deve reputarsi consentito, al di là dei casi nel quali l'intimante è un avvocato, sempre e comunque, proprio in virtù della natura stragiudiziale di cui partecipa l'atto).

È questa la ragione per cui, ai fini dell'individuazione del giudice competente per l'opposizione a precetto (che, in precedenza, era resa possibile proprio dalla dichiarazione di residenza o dall'elezione di domicilio che dovevano indefettibilmente essere effettuate, quale espediente impiegato dal legislatore per l'individuazione del giudice competente a conoscere delle opposizioni preesecutive), è stata prescritta (anche) l'indicazione del giudice competente per l'esecuzione (il che, se vogliamo, consente pure di attribuire un qualche significato alla previsione, contenuta nell'art. 125 c.p.c., che imponeva e impone tutt'ora di indicare anche nel precetto l'ufficio giudiziario, sebbene, trattandosi di atto stragiudiziale, una tale indicazione appaia del tutto ultronea).

In questi casi, quindi, la norma prescrive la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice oppure l'indicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici registri o l'elezione di un domicilio digitale speciale; in quest'ultimo caso, versandosi nell'ipotesi in cui l'intimante notifica l'atto personalmente, è perlomeno dubbio che l'indirizzo di posta elettronica certificata possa essere quello di un difensore (per esempio, quello che abbia prestato assistenza nel giudizio in cui si è formato il titolo esecutivo), dal momento che l'art. 3-bis, comma 1-bis, d.lgs. n. 82/2005, individua il domicilio digitale in quello associato alla persona che lo ha eletto nell'elenco di cui al successivo art. 6-quater.

Anche in questo caso, l'assenza della dichiarazione di residenza o dell'elezione di domicilio non influisce sulla validità dell'atto, ma (solo) sull'individuazione del giudice avanti al quale promuovere le opposizioni al precetto (che sarà quello del luogo in cui lo stesso è stato notificato) e del luogo in cui andranno fatte le notificazioni alla parte istante (la cancelleria del medesimo giudice), fatto salvo quanto previsto dall'art. 149-bis c.p.c.

Sebbene faccia propriamente riferimento alle notificazioni eseguite dall'ufficiale giudiziario, tale disposizione potrebbe ritenersi espressiva di una regola generale, che impone la notifica a mezzo posta elettronica certificata (escludendo la validità di quella effettuata presso la cancelleria) quando il destinatario, pur non avendolo indicato nel precetto, sia titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici registri o abbia eletto domicilio digitale ai sensi del già citato art. 3-bis, comma 1-bis, d.lgs. n. 82/2005.

Peraltro, sempre nell'ipotesi in cui il precetto sia privo della dichiarazione di residenza o dell'elezione di domicilio quando sono necessarie, ma contenga l'indicazione del giudice competente per l'esecuzione, può sorgere il dubbio su quale sia la cancelleria presso cui eventualmente notificare gli atti, dal momento che l'opposizione a precetto andrebbe proposta innanzi al giudice indicato come competente, mentre, a rigore, le notifiche andrebbero effettuate nella cancelleria di quello individuato in ragione del luogo in cui il precetto è stato notificato, che potrebbe anche non coincidere; l'irrazionalità di una tale soluzione, resa possibile dalla non impeccabile formulazione della disposizione (che avrebbe dovuto mantenere distinta l'ipotesi in cui non sia stato indicato il giudice competente per l'esecuzione e l'ipotesi in cui manchi la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio), induce a concludere che tanto il giudizio di opposizione quanto le notifiche degli atti debbano avere luogo in un'unica sede, da individuarsi in quella ove è avvenuta la notifica del precetto.

Nella vigenza della precedente versione della norma, peraltro, la giurisprudenza aveva, a più riprese, affermato che, quando il creditore avesse eletto domicilio in un luogo in cui non si fossero trovati beni da sottoporre a esecuzione, il debitore poteva proporre opposizione al precetto innanzi al giudice del luogo in cui l'atto era stato notificato (Corte cost., 19 giugno 1973, n. 84; Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2008, n. 9670), limitandosi ad affermare che, nel comune della residenza dichiarata o del domicilio eletto, non vi fossero beni pignorabili, essendo a quel punto onere del creditore provarne la presenza nel luogo prescelto (Cass. civ., sez. III, 10 luglio 2011, n. 15901; Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2005, n. 5621).

Qualora l'elezione di domicilio vi fosse stata (anche in modo errato), la notifica dell'opposizione doveva essere effettuata alla parte nel domicilio eletto e non presso la cancelleria, atteso che la regola di cui all'art. 480, comma 3, c.p.c. era applicabile solo nel caso in cui l'elezione fosse mancata del tutto (Corte cost., 29 dicembre 2005, n. 480); al contrario, l'elezione di domicilio in un comune non rientrante – al momento dell'intimazione – nella circoscrizione di un ufficio giudiziario competente per il processo esecutivo, per non essere ivi presenti beni del debitore pignorabili, avrebbe prodotto effetti ai soli fini della determinazione della competenza del giudice dell'opposizione preventiva (da identificarsi, in questo caso, con quello del luogo di notifica dell'atto di precetto), restando invece pienamente valida ed efficace ai fini dell'individuazione del luogo di notificazione dell'opposizione (Cass. civ., sez. VI, 13 dicembre 2021, n. 39572).

Peraltro, qualora la contestazione circa la coincidenza tra giudice competente per l'esecuzione e giudice competente per l'opposizione a precetto ex art. 615, comma 1, c.p.c. fosse stata sollevata dal creditore che aveva effettuato la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio prescritta dall'art. 480, comma 3, c.p.c., essa sarebbe stata inammissibile, giacché solo il debitore opponente poteva legittimamente sollevarla, al fine di invocare la competenza del diverso giudice del luogo in cui era stato notificato il precetto, restando il creditore vincolato alla suddetta dichiarazione o elezione di domicilio (Cass. civ., sez. VI, 28 settembre 2020, n. 20356).

Prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 164/2024, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio contenuta nel precetto comportava che, una volta iniziata l'espropriazione forzata, tutte le notificazioni e le comunicazioni al creditore pignorante andassero eseguite presso tale luogo; così disponeva, infatti, l'art. 489 c.p.c., che nell'attuale formulazione, invece, stabilisce la diversa regola in base alla quale le notificazioni e le comunicazioni debbono essere fatte, ai sensi dell'art. 170 c.p.c., presso il procuratore costituito.

Peraltro, l'art. 489 c.p.c. opera solo in caso di comunicazioni e notificazioni endoprocedimentali, ossia da compiersi nel contesto dell'espropriazione forzata, sicché non si applica per la notifica delle opposizioni esecutive, che vanno eseguite secondo le regole generali contenute negli artt. 137 ss. c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2003, n. 7638).

Nello stesso senso, è stato affermato che la disciplina contenuta nell'art. 480, comma 3, c.p.c. si riferisce solo alla notifica dell'eventuale opposizione a precetto ex art. 615 c.p.c. e dei conseguenti atti endoprocessuali, mentre la notificazione della sentenza, che abbia definito il giudizio introdotto da tale opposizione (ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare) segue la regola alternativa di cui agli artt. 285 e 170 c.p.c., per la parte costituita personalmente o tramite procuratore, o quella dettata dall'art. 292 c.p.c., per il contumace (Cass. civ., sez. trib., 19 luglio 2011, n. 15861).

La sottoscrizione del precetto

L'art. 480, comma 4, c.p.c. stabilisce che il precetto dev'essere sottoscritto dalla parte personalmente o dal suo procuratore.

Il fatto che sia la legge ad ammettere la sottoscrizione personale della parte avvalora la ricostruzione del precetto quale atto di carattere stragiudiziale che, come tale, non rende necessaria l'assistenza tecnica di un difensore.

La mancata sottoscrizione comporta la nullità insanabile del precetto, che non è rilevabile d'ufficio dal giudice, ma va dedotta dall'interessato con l'opposizione agli atti esecutivi, anche una volta decorso il termine di venti giorni di cui all'art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2001, n. 9292).

L'opposizione proposta per fare valere un vizio del precetto riconducibile alle categorie dell'inesistenza o della nullità insanabile (quale quello costituito dalla mancata sottoscrizione della parte o del difensore), infatti, è proponibile anche dopo il decorso del termine di venti giorni dalla notifica dell'atto (Cass. civ., sez. III, 16 giugno 1992, n. 7394).

Se è stato notificato un atto successivo (per esempio, il pignoramento), la nullità va fatta valere con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. nel rispetto del termine di venti giorni dalla sua notificazione (Cass. civ., sez. III, 2 novembre 2010, n. 22279).

Se il precetto è stato sottoscritto dal rappresentante, la mancanza di procura in capo a questi dà luogo a nullità sanabile, da eccepirsi dalla parte che vi ha interesse mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2001, n. 9292); ove tale opposizione non abbia luogo, la nullità non si riverbera sugli atti successivi che dipendono dal precetto, come il pignoramento, risultando in questo caso il vizio sanato per effetto del mancato esperimento dell'opposizione (Cass. civ., sez. III, 1 febbraio 2002, n. 1308).

In caso di sottoscrizione del precetto da parte di un soggetto che agisce come rappresentante in luogo del titolare del diritto risultante dal titolo esecutivo, tale rappresentanza assume sempre carattere sostanziale, anche se conferita a un avvocato, restando, di conseguenza, irrilevante il difetto di procura sull'originale o sulla copia notificata dell'atto (Cass. civ., sez. VI, 24 maggio 2012, n. 8213).

Il fatto che la sottoscrizione del precetto sia presente sull'originale, ma non anche sulla copia notificata, non è causa di nullità, se l'ufficiale giudiziario abbia attestato di avere ricevuto la copia dal difensore e di avere verificato la sua conformità all'originale (Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2001, n. 8593).

Secondo un primo orientamento, la mancata trascrizione della procura sulla copia notificata non è causa di nullità del precetto (Cass. civ., sez. III, 31 marzo 2006, n. 7611).

Secondo altro orientamento, invece, in tale caso si è in presenza di una nullità sanabile, denunciabile con opposizione agli atti esecutivi nel termine di venti giorni previsto dall'art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. lav., 4 settembre 2002, n. 12888).

In ogni caso, la procura rilasciata per il processo di cognizione, in mancanza di espressa limitazione a esso, attribuisce lo ius postulandi anche in relazione al precetto e al processo di esecuzione, dovendosi intendere conferita per il conseguimento non soltanto del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo del bene oggetto della controversia, ma anche dell'attuazione concreta del comando giurisdizionale, cioè per il conseguimento di quel bene attraverso l'esecuzione forzata, quando manchi la spontanea ottemperanza della controparte al comando (Cass. civ., sez. III, 5 aprile 2003, n. 5368; Cass. civ., sez. III, 15 novembre 1984, n. 5790).

La notificazione del precetto

L'art. 480, comma 4, c.p.c. stabilisce che il precetto dev'essere notificato alla parte personalmente ai sensi degli artt. 137 ss. c.p.c.; si tratta della medesima regola dettata dall'art. 479 c.p.c. per la notifica del titolo esecutivo, motivo per cui la norma contempla la possibilità che contestualmente a questo possa essere notificato anche il precetto.

Peraltro, quando il titolo esecutivo sia rappresentato dall'ordinanza di assegnazione emessa ai sensi dell'art. 553 c.p.c. all'esito di un'espropriazione mobiliare presso terzi, la notifica del precetto non potrà avvenire contestualmente, dal momento che, per effetto delle modifiche introdotte dal d.l. n. 19/2024, la notifica dell'ordinanza di assegnazione dev'essere accompagnata da una dichiarazione nella quale il creditore indica al terzo i dati necessari per provvedere al pagamento secondo quanto previsto dall'art. 169-septies disp. att. c.p.c.: ciò significa che il precetto contenente l'intimazione di pagamento potrà essere legittimamente notificato solo dopo che il terzo, al quale sia già stata in precedenza notificata l'ordinanza di assegnazione accompagnata dalla dichiarazione di cui sopra, sia rimasto inadempiente. D'altra parte, la giurisprudenza aveva già affermato che l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. costituisce titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma acquista tale efficacia soltanto quando sia portata a conoscenza dello stesso o dal momento successivo a tale conoscenza che sia specificamente indicato nell'ordinanza di assegnazione, con la conseguenza che, se notificata al terzo in forma esecutiva contestualmente all'atto di precetto, senza che gli sia stata preventivamente comunicata né altrimenti resa nota, è inapplicabile l'art. 95 c.p.c. e le spese sostenute per il precetto restano a carico del creditore procedente (Cass. civ., sez. III, 10 maggio 2016, n. 9390).

Inoltre, in virtù di quanto disposto dall'art. 14 d.l. 669/1996, quando l'esecuzione dev'essere promossa nei confronti delle amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici non economici e dell'ente Agenzia delle entrate-Riscossione, il precetto non può essere notificato prima che sia decorso il termine dilatorio di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo.

L'assenza della notificazione fatta alla parte personalmente ne comporta la nullità: si tratta, tuttavia, di nullità sanabile, in forza del principio del raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156, ultimo comma, c.p.c., quando non sia stata tempestivamente dedotta con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. o in caso di costituzione dell'esecutato (Cass. civ., sez. III, 10 gennaio 2003, n. 193; Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2001, n. 6706), o, ancora, in caso di opposizione ex art. 617 c.p.c. tempestivamente avanzata (Cass. civ., sez. III, 23 agosto 2013, n. 19498; Cass. civ., sez. III, 11 luglio 2000, n. 9185).

Anche in caso di notificazione del precetto eseguita da un ufficiale giudiziario territorialmente incompetente, la conseguente nullità, non impedendo il perseguimento delle finalità del precetto medesimo, è da considerarsi sanata in forza dell'avvenuta proposizione, da parte dell'intimato, dell'opposizione ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. VI, 7 giugno 2013, n. 14495; Cass. civ., sez. VI, 14 maggio 2013, n. 13038).

La notifica del precetto (nonché il decorso del termine dilatorio di dieci giorni di cui all'art. 482 c.p.c.) è anche il presupposto per potere chiedere l'esecuzione della ricerca telematica di beni da pignorare ai sensi dell'art. 492-bis c.p.c., salvo che il creditore abbia ottenuto l'autorizzazione del presidente del tribunale a procedervi prima.

Per quanto concerne le modalità attraverso le quali deve effettuarsi la notificazione, la riforma introdotta dal d.lgs. n. 149/2022 ha reso sostanzialmente residuale quella tramite ufficiale giudiziario, dal momento che l'art. 137,comma 7, c.p.c. prevede che possa essere chiesta solo se l'avvocato non deve eseguirla a mezzo posta elettronica certificata o con altra modalità prevista dalla legge, ovvero quando la stessa non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario e ciò sia espressamente dichiarato dall'istante.

La già menzionata circolare del Ministero della Giustizia n. IV-DOG/03-1/2023/CA del 19 giugno 2023 ha precisato che, non essendo l'avvocato abilitato, ai sensi degli artt. 3-bis l. n. 53/1994 e 196-undecies disp. att. c.p.c., ad attestare la conformità dei titoli esecutivi stragiudiziali (visto che il potere certificativo è limitato agli atti presenti nei fascicoli informatici processuali), solo l'ufficiale giudiziario può certificare, ai sensi dell'art. 480, comma 2, c.p.c., la corrispondenza all'originale della trascrizione del titolo esecutivo contenuta nel precetto, nell'ambito della procedura di notifica in relazione alla quale gli è attribuito tale potere, con la conseguenza che, proprio in virtù dell'impossibilità che tale attestazione venga resa disgiuntamente dalla notificazione del precetto in cui dev'essere contenuta, ricorre una delle situazioni che impediscono all'avvocato di eseguire in proprio la notifica e che, dunque, lo legittimano a chiedere che la effettui l'ufficiale giudiziario in virtù di quanto stabilito dall'art. 137, comma 7, c.p.c.

Fatta eccezione per questo caso, dunque, il precetto dovrà essere notificato dall'avvocato:

  • a mezzo del servizio postale, solo ed esclusivamente se il destinatario sia un soggetto che non ha eletto domicilio digitale ai sensi dell'art. 3-bis, comma 1-bis, d.lgs. n. 82/2005 o non sia tenuto per legge a munirsi di un domicilio digitale risultante da pubblichi elenchi;
  • a mezzo posta elettronica certificata, in tutti gli altri casi, secondo quanto prescritto dall'art. 3-ter l. n. 53/1994. A questo proposito, va considerato che, in virtù delle modifiche apportate dall'art. 1, comma 860, l. n. 207/2024 all'art. 5, comma 1, d.l. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. 221/2012, anche gli amministratori di società sono tenuti a comunicare al registro delle imprese il proprio domicilio digitale, sia quando l'impresa sia costituita dopo l'entrata in vigore della nuova disposizione (ossia successivamente all'1 gennaio 2025), sia quando l'impresa fosse già costituita a quella data (e, come chiarito dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy con nota n. 43836 prot. del 12 marzo 2025, la comunicazione del domicilio digitale dev'essere effettuata, in questo caso, entro il 30 giugno 2025) e che è da considerarsi valida la notifica effettuata a un domicilio digitale indicato ai fini dello svolgimento di un'attività professionale anche quando si tratti di atti estranei a tale attività (Cass. civ., sez. I, 22 gennaio 2025, n. 1615).

Quando deve procedere a mezzo posta elettronica certificata:

  • se la notificazione non può essere eseguita o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, l'avvocato deve darvi corso inserendo l'atto da notificare nell'area riservata collegata al codice fiscale del destinatario appositamente istituita nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia, unitamente a una dichiarazione sulla sussistenza dei presupposti per l'inserimento. In questo caso, la notificazione si ha per eseguita, per il destinatario, nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l'inserimento ovvero, se anteriore, nella data in cui egli accede all'area riservata;
  • se la notificazione non può essere eseguita o non ha esito positivo, invece, per causa non imputabile al destinatario, l'avvocato procede a mezzo del servizio postale o tramite ufficiale giudiziario, dichiarando che il destinatario della notificazione non dispone di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, ovvero che la notificazione a mezzo posta elettronica certificata non è risultata possibile o non ha avuto esito positivo per la causa non imputabile al destinatario specificamente indicata.

Il termine di efficacia del precetto

Il termine che il precetto deve indicare per l'adempimento del debitore non può essere inferiore a dieci giorni ex art. 480, comma 1, c.p.c.

La fissazione di un termine inferiore oppure l'omessa indicazione dello stesso non costituiscono cause di nullità, dal momento che, in questi casi, opera il termine minimo legale (Cass. civ., sez. III, 8 agosto 1991, n. 8624).

Qualora, prima del decorso del termine, abbia avuto inizio l'esecuzione forzata, si ha nullità del pignoramento compiuto in anticipo, da farsi valere mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 4 gennaio 2002, n. 55).

Il termine di cui all'art. 480, comma 1, c.p.c. non è soggetto alla sospensione feriale, poiché ha natura sostanziale (Cass. civ., sez. III, 27 maggio 1980, n. 3457).

In caso di pericolo nel ritardo (per esempio, in caso di molteplici protesti o pignoramenti), il termine di dieci giorni può essere abbreviato con decreto del presidente del tribunale competente per l'esecuzione o di un giudice da lui delegato, eventualmente previa prestazione di una cauzione.

Nel caso in cui il titolo esecutivo sia un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, l'autorizzazione in esame può essere concessa dal giudice cha ha emanato lo stesso decreto ingiuntivo (Cass. civ., sez. III, 2 dicembre 1986, n. 7118).

L'art. 481, comma 1, c.p.c. stabilisce, invece, che il precetto cessa di produrre i suoi effetti se l'esecuzione non sia iniziata entro il termine di novanta giorni dalla sua notificazione.

Il termine in esame non ha natura prescrizionale, bensì decadenziale, con il risultato che, una volta iniziata tempestivamente l'esecuzione, sarà possibile instaurare in base a quell'unico precetto anche altre procedure esecutive, quand'anche il relativo termine di decadenza sia già spirato (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2005, n. 11578; Cass. civ., sez. III, 27 novembre 1972, n. 3471).

Affinché si determini tale effetto, tuttavia, occorre che l'esecuzione iniziata tempestivamente sia esitata in un pignoramento positivo (visto che, giusta quanto stabilito dall'art. 491 c.p.c., l'esecuzione comincia solo qualora un pignoramento vi sia stato, cioè in quanto siano stati assoggettati al vincolo esecutivo beni appartenenti al debitore), mentre il pignoramento negativo o solo tentato non impedisce che si verifichi la decadenza sancita dall'art. 481 c.p.c.; inoltre, occorre che il pignoramento positivo sia ritualmente coltivato e, dunque, tempestivamente iscritto a ruolo, onde evitare che venga meno la sua efficacia e, con essa, quella del precetto in forza del quale è stato eseguito (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2023, n. 12195).

Di converso, in applicazione dei medesimi principi, deve ritenersi che la possibilità di avviare ulteriori azioni esecutive avvalendosi dell'unico precetto notificato non sia preclusa dal fatto che al pignoramento eseguito in forza di esso abbia fatto seguito la chiusura anticipata del processo esecutivo, ai sensi dell'art. 164-bis disp. att. c.p.c.: in questo caso, infatti, la procedura esecutiva è stata incardinata, tant'è vero che il giudice dell'esecuzione deve disporne la chiusura anticipata, in ragione del fatto che il valore dei beni pignorati non consente di prevedere un ragionevole soddisfacimento del ceto creditorio. Proprio perché dei beni appartenenti al debitore sono stati attinti dal pignoramento, ma si sono rivelati di valore insufficiente per giustificare lo svolgimento delle attività necessarie per addivenire alla loro liquidazione, il pignoramento deve considerarsi positivo, mentre il fatto che non si sia conseguito alcun ricavato da distribuire influirà eventualmente sul diritto del creditore di vedersi rifuse le spese sostenute per la notifica del precetto, in virtù della regola di cui all'art. 95 c.p.c. (a questo proposito, si veda Cass. civ., sez. III, 14 aprile 2011, n. 8298).

Anche il termine di efficacia del precetto, avendo natura sostanziale e non processuale, non è soggetto a sospensione feriale, sebbene un'isolata pronuncia di merito (Trib. Vicenza, 22 marzo 2012) abbia sostenuto il contrario.

Qualora l'esecuzione venga intrapresa quando il termine di efficacia del precetto è già decorso, si configura una nullità del pignoramento, di cui ci si può dolere con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 13 ottobre 2009, n. 21683; Cass. civ., sez. I, 3 giugno 1994, n. 5377).

L'inefficacia del precetto per lo spirare del relativo termine lascia inalterato l'effetto interruttivo istantaneo della prescrizione (Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2007, n. 7737).

Il termine di efficacia del precetto è sospeso:

  • se è proposta opposizione (all'esecuzione o agli atti esecutivi) contro il precetto, fino alla definizione dell'opposizione, riprendendo a decorrere a norma dell'art. 627 c.p.c. (art. 481, comma 2, c.p.c.), dovendosi precisare che la sospensione non impedisce al creditore di avviare comunque, nella sua pendenza, l'esecuzione, senza essere tenuto, in questo caso, a rispettare il termine di novanta giorni dalla notifica del precetto (Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2022, n. 2347);
  • se è presentata istanza di ricerca con modalità telematiche di beni da pignorare, fino alla comunicazione con cui l'ufficiale giudiziario informa di non aver eseguito le ricerche per mancanza dei presupposti o trasmette l'esito delle stesse, ovvero fino alla comunicazione del provvedimento con cui il presidente del tribunale rigetta l'istanza di autorizzazione all'esecuzione delle indagini prima del decorso del termine dilatorio di dieci giorni di cui all'art. 480, comma 1, c.p.c. (art. 492-bis, comma 3, c.p.c.);
  • per effetto della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo disposta ex art. 373, comma 2, c.p.c., per la proposizione del ricorso per Cassazione (Cass. civ., sez. III, 10 aprile 2008, n. 9360), riprendendo a decorrere, nel caso in cui la disposta sospensione sia revocata con ordinanza non pronunciata in udienza, non dalla pubblicazione della stessa, ma dalla sua comunicazione, che segna il momento in cui la parte ha conoscenza dell'ordinanza (art. 134, comma 2, c.p.c.) ed è posta nelle condizioni di proseguire la sua attività.

Cessata la causa di sospensione, che non ha efficacia (anche) interruttiva del termine, questo ricomincia a decorrere per la parte dei novanta giorni che residua, fino alla sua scadenza.

È causa di inefficacia del precetto anche la rinuncia allo stesso, che non richiede l'accettazione della controparte, in quanto negozio abdicativo unilaterale (Cass. civ., sez. III, 10 marzo 1990, n. 1985): la rinuncia determina la cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione, fatta salva la regolamentazione delle spese (Cass. civ., sez. lav., 25 maggio 1998, n. 5207).

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