Inammissibilità

Francesco Bartolini
12 Aprile 2016

L'inammissibilità è una figura giuridica che la legge processuale utilizza ripetutamente senza fornirne, tuttavia, alcuna definizione. A differenza di quanto stabilito per le nullità, non è stata dettata nel codice di rito una regola che consenta di ricondurre le cause dell'inammissibilità ad una nozione che ne accomuni le varie fattispecie di accadimento. Una definizione che consenta di averne un concetto sufficientemente descrittivo non può essere ottenuta se non astraendola dall'insieme dei casi nei quali il diritto positivo indica, come non ammissibili, alcuni atti privi dei requisiti previsti per porsi come fondamento di attività successive.
Inquadramento

L'inammissibilità è una figura giuridica che la legge processuale utilizza ripetutamente senza fornirne, tuttavia, alcuna definizione. A differenza di quanto stabilito per le nullità, non è stata dettata nel codice di rito una regola che consenta di ricondurre le cause dell'inammissibilità ad una nozione che ne accomuni le varie fattispecie di accadimento. Una definizione che consenta di averne un concetto sufficientemente descrittivo non può essere ottenuta se non astraendola dall'insieme dei casi nei quali il diritto positivo indica, come non ammissibili, alcuni atti privi dei requisiti previsti per porsi come fondamento di attività successive. Dalle disposizioni che in tal senso pronunciano si desume che l'inammissibilità si risolve in una sanzione, nel contesto del processo, preclusiva di attività ulteriori rispetto a quella che, in quanto disforme dal dovuto, ne cagiona il verificarsi. In questo senso può dirsi che l'inammissibilità consiste nella inidoneità di un atto a essere preso in considerazione («essere ammesso») quale elemento utile ad aprire un corso successivo di eventi davanti al giudice. Tipicamente, essa riguarda le istanze che, in varia forma, sono rivolte al giudice, e che sono ammesse alla sua cognizione soltanto se rispettose delle condizioni in proposito stabilite dal diritto positivo.

Inammissibilità e procedimento

La nozione di inammissibilità è legata a quella di procedimento, nel senso che essa colpisce un atto che, se fosse rispondente ai dovuti requisiti, aprirebbe lo svolgersi di una serie di attività successive. Tipico esempio ne è l'inammissibilità dell'atto di impugnazione che, una volta dichiarata, preclude il corso successivo del gravame. Anche al di fuori delle vere e proprie fasi del processo e dei gradi di giudizio, l'inammissibilità segna l'impossibilità giuridica, per l'autorità cui è rivolta una istanza, di prenderla in esame e conoscerne, se non per la relativa declaratoria. Tale è il caso, ad esempio, della deduzione di una prova nuova nel giudizio di appello, fuori dei casi che ne consentono eccezionalmente l'assunzione: il giudizio può proseguire ma sono precluse le attività istruttorie aventi ad oggetto l'assunzione di quella prova nuova.

In evidenza

L'inammissibilità è una invalidità specifica delle domande e delle eccezioni delle parti ed è pronunciata nel caso in cui manchino dei requisiti necessari a renderle ritualmente acquisite al tema del dibattito processuale. Pertanto, se il giudice di merito omette di pronunciarsi su un'eccezione di inammissibilità, la sentenza di merito non è impugnabile per l'omessa pronuncia o per la carenza di motivazione ma unicamente per l'invalidità già variamente eccepita, in quanto ciò che rileva non è il tenore della pronuncia impugnata, bensì l'eventuale esistenza, appunto, di tale invalidità (

Cass

.

civ.,

28 luglio 2015, n. 15843

)

Inammissibilità, improcedibilità, nullità

Gli aspetti descrittivi dell'inammissibilità risultano se si pongono a raffronto le fattispecie, che ad essa danno luogo, con quelle che determinano l'improcedibilità e la nullità degli atti processuali. Quest'ultima costituisce una forma di invalidità radicale di un atto in sé, per difetto degli elementi di forma o di sostanza necessari a fargli produrre i suoi effetti. Essa trova disciplina nella legge processuale, che ne regola i casi (con norme generali e specifiche), il rilievo d'ufficio o di parte, le preclusioni e le sanatorie. In particolare, fatte salve le ipotesi di nullità insanabile, il vizio ammette la sanatoria tempestiva, in presenza di condizioni idonee, ed ammette l'applicazione del principio della conservazione degli atti processuali, ove di questi sia stato comunque raggiunto lo scopo. Rispetto alla nullità, l'inammissibilità si contraddistingue per essere una sanzione rigida, in ordine alla quale nessuna normativa ammette mezzi di superamento o di conservazione. Essa, inoltre, pur essendo riferita ad uno specifico atto, si riferisce ad uno sviluppo di attività delle quali impedisce il corso ulteriore. È una sanzione in rito che non lascia alcuna discrezionalità al giudice procedente e che è rilevabile d'ufficio. Per questi aspetti è avvicinabile all'improcedibilità, altra fattispecie di invalidità di atti che, pur muniti questa volta dei requisiti per la loro ammissibilità dinanzi al giudice, non sono seguiti dall'ulteriore attività richiesta allo stesso soggetto che agisce. Ne rappresenta un esempio l'improcedibilità disposta dall'

art. 348

c.p.c.

per la mancata costituzione in giudizio dell'appellante. Il suo atto di gravame, perfetto nella forma, nei tempi e nel contenuto, non può dar corso al successivo giudizio se la parte che impugna non compie anche la successiva attività di costituirsi nel processo.

In evidenza

L'inammissibilità dell'impugnazione, dovendo essere rilevata d'ufficio dal giudice investito della stessa, può essere eccepita in sede di legittimità ancorché non abbia costituito oggetto di censura nel grado precedente ad opera della parte interessata (principio affermato, nella specie, in riferimento all'opposizione di terzo ai sensi del secondo comma dell'

art. 404

c.p.c

.

, della quale l'opposto aveva dedotto, per la prima volta innanzi alla Corte di Cassazione, l'inammissibilità per decorso del termine di trenta giorni dalla scoperta della collusione) (

Cass

.

civ.,

sez. III, 8 marzo 1995, n. 2722

)

L'improcedibilità dell'appello è comminata dall'

art. 348, comma

1

,

c.p.c.

, per l'inosservanza del termine di costituzione dell'appellante, non anche per l'inosservanza delle forme di costituzione, sicchè, essendo il regime dell'improcedibilità di stretta interpretazione, in quanto derogatorio al sistema generale della nullità, il vizio della costituzione tempestiva ma inosservante delle forme di legge soggiace al regime delle nullità e, in particolare, al principio del raggiungimento dello scopo, per il quale rilevano anche comportamenti successivi alla scadenza del termine di costituzione (

Cass

.

civ.,

sez. III, 8 maggio 2012, n. 6912

;

Cass.

civ., sez. VI

-

V,

ord

. 16 dicembre 2014, n. 26437

)

Inammissibilità come invalidità di ordine pregiudiziale

L'inammissibilità attiene a condizioni che logicamente precedono altre possibili cause impeditive del corso di un procedimento. Essa precede, in ordine logico e giuridico, l'improcedibilità, la quale presuppone che un atto sia completo ed efficace ma non sia seguito da una attività accessoria o ulteriore, condizionante l'ulteriore sviluppo di attività successive. Nel concorso delle due cause di invalidità deve dunque darsi precedenza, nel farne dichiarazione, all'inammissibilità. Per quanto poi concerne la nullità, essa impedisce che un atto sia conforme al modello legale e produca gli effetti che gli sono propri; può costituire oggetto di pronuncia, quando questa esaurisce una questione condotta all'esame del giudice. Molto spesso è la ragione che rende inammissibile l'atto nella sua funzione di dar corso ad uno sviluppo ulteriore: in tal caso è questa conseguenza di inammissibilità a costituire il contenuto della pronuncia. Per proporsi un esempio, può ricordarsi l'inammissibilità che deve essere dichiarata dell'atto di appello privo dei requisiti di contenuto voluti dall'

art. 342

c.p.c

.

Anche l'estinzione del processo costituisce una causa preclusiva della sua prosecuzione. In determinati casi, l'inerzia delle parti conduce all'estinzione del processo, così come ne costituisce causa la rinuncia agli atti del giudizio o la cessazione della materia del contendere. Secondo un ordine logico, la dichiarazione di inammissibilità deve precedere, ove ne ricorrano le condizioni, anche la pronuncia di estinzione.

Inammissibilità dell'impugnazione

La nozione di inammissibilità assume specifica rilevanza con riguardo alla proposizione dell'impugnazione. Essa costituisce la sanzione tipica che consegue all'inosservanza degli oneri posti a carico del soggetto che assume l'iniziativa del gravame. Non è sufficiente il solo atto introduttivo del giudizio, senza il compimento degli ulteriori atti voluti dalla legge processuale a dimostrazione della sussistenza di un interesse concreto e di una volontà effettiva di ottenere la pronuncia di riforma del giudice. Nelle impugnazioni, l'inammissibilità rappresenta la negazione della possibilità dello svolgimento del giudizio di gravame e comporta automaticamente, quando dichiarata, il passaggio in giudicato della pronuncia cui si riferisce (quando essa ha attitudine al giudicato). L'impugnazione non può essere riproposta, anche se non è ancora scaduto il termine per presentarla (si dice che essa “si consuma”:

artt. 358

e

387

c.p.c

).

Inammissibilità dell'impugnazione e condizioni dell'azione

Nelle impugnazioni l'inammissibilità è legata alle c.d. “condizioni dell'azione”, esercitate con il gravame. Infatti:

  • la sanzione di inammissibilità consegue al difetto di interesse ad impugnare, che rappresenta la stessa giustificazione del giudizio nel quale si contesta la pronuncia del giudice oggetto di impugnazione; l'inammissibilità consegue anche alla mancata o insufficiente esplicazione del detto interesse, che deve essere effettuata attraverso l'enunciazione di idonei motivi e delle richieste che fondano l'atto.
  • Costituisce condizione dell'azione la legittimazione all'impugnazione, fornita dalla qualità di parte in giudizio nel grado precedente, sia nel lato attivo che in quello passivo; o la ricorrenza dei particolari casi nei quali la legge conferisce la legittimazione al terzo
  • L'impugnazione è inoltre condizionata dalla possibilità giuridica di impugnare l'atto, dato che non tutti gli atti del giudice possono costituire oggetto di impugnazione.
  • Il mezzo scelto deve corrispondere a quello tipizzato dal diritto positivo e rispondere al modello legale per scelta del tipo, per forma e per termini di proposizione.

In evidenza

Il principio enunciato nell'

art. 100

c.p.c.

, secondo cui per proporre una domanda o per contraddire ad essa, è necessario avervi interesse, si estende anche ai giudizi di impugnazione, nei quali, in particolare, l'interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di questa va desunto dall'utilità giuridica che dell'eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e si ricollega pertanto ad una soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio, in difetto della quale l'impugnazione è inammissibile (

Cass.

civ.,

sez. III, 8 marzo 1995, n. 2722

)

Il principio contenuto nell'

art. 100

c.p.c.

, secondo il quale, per proporre una domanda o per resistere ad essa, è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l'interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall'utilità giuridica che dall'eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e non può consistere nella sola correzione della motivazione della sentenza impugnata ovvero di una sua parte. Ne consegue che deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse l'impugnazione proposta ove non sussista la possibilità, per la parte che l'ha fatta, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile (

Cass.

civ.,

sez. II, 27 gennaio 2012, n. 1236

;

Cass

.

civ.,

sez. III, 9 dicembre 2003, n. 18736

).

La qualità di parte legittimata a proporre appello o ricorso per cassazione, come a resistervi, spetta ai soggetti che abbiano formalmente assunto la veste di parte nel previo giudizio di merito, con la conseguenza che va dichiarata inammissibile l'impugnazione proposta contro soggetti diversi da quelli che sono stati parti nel suddetto giudizio (

Cass.

civ.,

sez. III, 16 gennaio 2012, n. 520

).

L'inammissibilità dell'appello proposto tardivamente può essere eccepita per la prima volta in sede di legittimità dalla parte interessata, ed è comunque rilevabile d'ufficio dalla Corte di cassazione quando la relativa questione non sia stata dibattuta davanti al giudice di secondo grado e non abbia formato oggetto di una sua pronuncia, dato che l'indagine sulla tempestività del gravame si risolve nell'accertamento di un presupposto processuale per la proseguibilità del giudizio, determinando la sua tardiva proposizione il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (Cass. civ., sez. lav., 27 settembre 2000, n. 12794)

È ammissibile l'impugnazione con la quale l'appellante si limiti a dedurre soltanto vizi di rito avverso una pronuncia che abbia deciso anche nel merito in senso a lui sfavorevole, solo ove i vizi denunciati comporterebbero, se fondati, una rimessione al primo giudice ai sensi degli

artt. 353

e

354

c.p.c.

. Nelle ipotesi in cui, invece, il vizio denunciato non rientra in uno dei casi tassativamente previsti dai citati

artt. 353

e

354

c.p.c.

, è necessario che l'appellante deduca ritualmente anche le questioni di merito, con la conseguenza che, in tali ipotesi, l'appello fondato esclusivamente su vizi di rito (nella specie, sulla mera denuncia di omessa motivazione della sentenza di primo grado), è inammissibile, oltre che per un difetto di interesse, anche per non rispondenza al modello legale di impugnazione (

Cass.

civ.,

sez. I, 11 febbraio 2015, n. 2682

;

Cass.

civ.,

sez. lav., 23 giugno 2014, n. 14167

;

Cass.

civ.,

sez. III, 29 gennaio 2010, n. 2053

;

Cass.

civ.,

sez. I, 15 marzo 2007, n. 6031

)

La denuncia fondata sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l'interesse alla astratta regolarità dell'attività giudiziaria ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione. Ne consegue che è inammissibile l'impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l'erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (

Cass

.

civ.,

sez. V, 18 dicembre 2014, n. 26831

)

Inammissibilità come strumento di deflazione processuale

Di recente l'inammissibilità dell'impugnazione è stata utilizzata dal legislatore come uno strumento per ridurre drasticamente il numero delle impugnazioni. In occasione di ripetute quanto parziali riforme della procedura civile sono stati posti limiti al potere delle parti di contestare, attraverso gli ordinari gravami, le pronunce di primo grado e le pronunce d'appello. Questi limiti consistono in condizioni che devono sussistere anche indipendentemente dalla volontà degli interessati e che sono imposte a pena di preclusione della stessa proponibilità dell'impugnazione: la quale è sanzionata in radice con una dichiarazione di inammissibilità che la esclude dal novero delle istanze idonee a dare occasione al giudice di pronunciarsi.

L'esigenza di alleggerimento del carico di lavoro degli uffici giudiziari è giunta al punto da fondare la conseguenza dell'inammissibilità dell'appello sul fatto che, a parere del giudice e secondo una sua valutazione preventiva, esso non abbia una ragionevole probabilità di essere accolto (

art. 348-

bis

c.p.c.

). Quanto al ricorso per cassazione, la pronuncia preliminare di inammissibilità è prevista (tra l'altro) quando, sempre a parere del giudice e con valutazione anticipata, appare manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. In entrambi i casi l'esclusione della cognizione del giudice sull'oggetto del gravame non è fondata su dati di riscontro oggettivo (quali l'inosservanza di termini o le omesse notifiche…) ma sull'apprezzamento di elementi imprecisati, aventi un margine di opinabilità e comunque (almeno nel caso del ricorso per cassazione) conseguente ad una pronuncia assolutamente definitiva.

Riferimenti

FINOCCHIARO G., Appello civile, appello amministrativo e inammissibilità, nota a sent. in Guida al diritto, 2014, 52;

LA CHINA, Imrocedibilità (dir. proc. civ.), in Encicl. del dir., XXXV, Milano, 1986, 794 ss.; SASSANI B., Le sezioni Unite della Cassazione e l'inammissibilità dell'atto di appello carente di motivi specifici, in Riv. dir. proc., 2000, 511 ss.;

TICCHI E., Considerazioni sugli ultimi orientamenti in tema di inammissibilità dell'appello, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 1067;

TOMBARI FABBRINI, nota in Foro it., 1993, I, 3021;

VILLANI R., Decisione sull'inammissibilità: priva di tutela perché non censurabile in cassazione, in Dir. e giust., 2016, pag. 35 fasc. 15.

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