InammissibilitàFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 387
12 Aprile 2016
Inquadramento
L'inammissibilità è una figura giuridica che la legge processuale utilizza ripetutamente senza fornirne, tuttavia, alcuna definizione. A differenza di quanto stabilito per le nullità, non è stata dettata nel codice di rito una regola che consenta di ricondurre le cause dell'inammissibilità ad una nozione che ne accomuni le varie fattispecie di accadimento. Una definizione che consenta di averne un concetto sufficientemente descrittivo non può essere ottenuta se non astraendola dall'insieme dei casi nei quali il diritto positivo indica, come non ammissibili, alcuni atti privi dei requisiti previsti per porsi come fondamento di attività successive. Dalle disposizioni che in tal senso pronunciano si desume che l'inammissibilità si risolve in una sanzione, nel contesto del processo, preclusiva di attività ulteriori rispetto a quella che, in quanto disforme dal dovuto, ne cagiona il verificarsi. In questo senso può dirsi che l'inammissibilità consiste nella inidoneità di un atto a essere preso in considerazione («essere ammesso») quale elemento utile ad aprire un corso successivo di eventi davanti al giudice. Tipicamente, essa riguarda le istanze che, in varia forma, sono rivolte al giudice, e che sono ammesse alla sua cognizione soltanto se rispettose delle condizioni in proposito stabilite dal diritto positivo.
La nozione di inammissibilità è legata a quella di procedimento, nel senso che essa colpisce un atto che, se fosse rispondente ai dovuti requisiti, aprirebbe lo svolgersi di una serie di attività successive. Tipico esempio ne è l'inammissibilità dell'atto di impugnazione che, una volta dichiarata, preclude il corso successivo del gravame. Anche al di fuori delle vere e proprie fasi del processo e dei gradi di giudizio, l'inammissibilità segna l'impossibilità giuridica, per l'autorità cui è rivolta una istanza, di prenderla in esame e conoscerne, se non per la relativa declaratoria. Tale è il caso, ad esempio, della deduzione di una prova nuova nel giudizio di appello, fuori dei casi che ne consentono eccezionalmente l'assunzione: il giudizio può proseguire ma sono precluse le attività istruttorie aventi ad oggetto l'assunzione di quella prova nuova.
Gli aspetti descrittivi dell'inammissibilità risultano se si pongono a raffronto le fattispecie, che ad essa danno luogo, con quelle che determinano l'improcedibilità e la nullità degli atti processuali. Quest'ultima costituisce una forma di invalidità radicale di un atto in sé, per difetto degli elementi di forma o di sostanza necessari a fargli produrre i suoi effetti. Essa trova disciplina nella legge processuale, che ne regola i casi (con norme generali e specifiche), il rilievo d'ufficio o di parte, le preclusioni e le sanatorie. In particolare, fatte salve le ipotesi di nullità insanabile, il vizio ammette la sanatoria tempestiva, in presenza di condizioni idonee, ed ammette l'applicazione del principio della conservazione degli atti processuali, ove di questi sia stato comunque raggiunto lo scopo. Rispetto alla nullità, l'inammissibilità si contraddistingue per essere una sanzione rigida, in ordine alla quale nessuna normativa ammette mezzi di superamento o di conservazione. Essa, inoltre, pur essendo riferita ad uno specifico atto, si riferisce ad uno sviluppo di attività delle quali impedisce il corso ulteriore. È una sanzione in rito che non lascia alcuna discrezionalità al giudice procedente e che è rilevabile d'ufficio. Per questi aspetti è avvicinabile all'improcedibilità, altra fattispecie di invalidità di atti che, pur muniti questa volta dei requisiti per la loro ammissibilità dinanzi al giudice, non sono seguiti dall'ulteriore attività richiesta allo stesso soggetto che agisce. Ne rappresenta un esempio l'improcedibilità disposta dall' c.p.c. per la mancata costituzione in giudizio dell'appellante. Il suo atto di gravame, perfetto nella forma, nei tempi e nel contenuto, non può dar corso al successivo giudizio se la parte che impugna non compie anche la successiva attività di costituirsi nel processo.
L'inammissibilità attiene a condizioni che logicamente precedono altre possibili cause impeditive del corso di un procedimento. Essa precede, in ordine logico e giuridico, l'improcedibilità, la quale presuppone che un atto sia completo ed efficace ma non sia seguito da una attività accessoria o ulteriore, condizionante l'ulteriore sviluppo di attività successive. Nel concorso delle due cause di invalidità deve dunque darsi precedenza, nel farne dichiarazione, all'inammissibilità. Per quanto poi concerne la nullità, essa impedisce che un atto sia conforme al modello legale e produca gli effetti che gli sono propri; può costituire oggetto di pronuncia, quando questa esaurisce una questione condotta all'esame del giudice. Molto spesso è la ragione che rende inammissibile l'atto nella sua funzione di dar corso ad uno sviluppo ulteriore: in tal caso è questa conseguenza di inammissibilità a costituire il contenuto della pronuncia. Per proporsi un esempio, può ricordarsi l'inammissibilità che deve essere dichiarata dell'atto di appello privo dei requisiti di contenuto voluti dall' c.p.c . Anche l'estinzione del processo costituisce una causa preclusiva della sua prosecuzione. In determinati casi, l'inerzia delle parti conduce all'estinzione del processo, così come ne costituisce causa la rinuncia agli atti del giudizio o la cessazione della materia del contendere. Secondo un ordine logico, la dichiarazione di inammissibilità deve precedere, ove ne ricorrano le condizioni, anche la pronuncia di estinzione. La nozione di inammissibilità assume specifica rilevanza con riguardo alla proposizione dell'impugnazione. Essa costituisce la sanzione tipica che consegue all'inosservanza degli oneri posti a carico del soggetto che assume l'iniziativa del gravame. Non è sufficiente il solo atto introduttivo del giudizio, senza il compimento degli ulteriori atti voluti dalla legge processuale a dimostrazione della sussistenza di un interesse concreto e di una volontà effettiva di ottenere la pronuncia di riforma del giudice. Nelle impugnazioni, l'inammissibilità rappresenta la negazione della possibilità dello svolgimento del giudizio di gravame e comporta automaticamente, quando dichiarata, il passaggio in giudicato della pronuncia cui si riferisce (quando essa ha attitudine al giudicato). L'impugnazione non può essere riproposta, anche se non è ancora scaduto il termine per presentarla (si dice che essa “si consuma”: artt. 358 e387 c.p.c ).Nelle impugnazioni l'inammissibilità è legata alle c.d. “condizioni dell'azione”, esercitate con il gravame. Infatti:
Di recente l'inammissibilità dell'impugnazione è stata utilizzata dal legislatore come uno strumento per ridurre drasticamente il numero delle impugnazioni. In occasione di ripetute quanto parziali riforme della procedura civile sono stati posti limiti al potere delle parti di contestare, attraverso gli ordinari gravami, le pronunce di primo grado e le pronunce d'appello. Questi limiti consistono in condizioni che devono sussistere anche indipendentemente dalla volontà degli interessati e che sono imposte a pena di preclusione della stessa proponibilità dell'impugnazione: la quale è sanzionata in radice con una dichiarazione di inammissibilità che la esclude dal novero delle istanze idonee a dare occasione al giudice di pronunciarsi. L'esigenza di alleggerimento del carico di lavoro degli uffici giudiziari è giunta al punto da fondare la conseguenza dell'inammissibilità dell'appello sul fatto che, a parere del giudice e secondo una sua valutazione preventiva, esso non abbia una ragionevole probabilità di essere accolto ( art. 348- bis c.p.c. ). Quanto al ricorso per cassazione, la pronuncia preliminare di inammissibilità è prevista (tra l'altro) quando, sempre a parere del giudice e con valutazione anticipata, appare manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. In entrambi i casi l'esclusione della cognizione del giudice sull'oggetto del gravame non è fondata su dati di riscontro oggettivo (quali l'inosservanza di termini o le omesse notifiche…) ma sull'apprezzamento di elementi imprecisati, aventi un margine di opinabilità e comunque (almeno nel caso del ricorso per cassazione) conseguente ad una pronuncia assolutamente definitiva.Riferimenti
FINOCCHIARO G., Appello civile, appello amministrativo e inammissibilità, nota a sent. in Guida al diritto, 2014, 52; LA CHINA, Imrocedibilità (dir. proc. civ.), in Encicl. del dir., XXXV, Milano, 1986, 794 ss.; SASSANI B., Le sezioni Unite della Cassazione e l'inammissibilità dell'atto di appello carente di motivi specifici, in Riv. dir. proc., 2000, 511 ss.; TICCHI E., Considerazioni sugli ultimi orientamenti in tema di inammissibilità dell'appello, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 1067; TOMBARI FABBRINI, nota in Foro it., 1993, I, 3021; VILLANI R., Decisione sull'inammissibilità: priva di tutela perché non censurabile in cassazione, in Dir. e giust., 2016, pag. 35 fasc. 15. |