Inesistenza della sentenza

Rosaria Giordano
30 Marzo 2016

L'art. 161, comma 2, c.p.c. sottrae al generale principio di assorbimento dei vizi della decisione in motivi di impugnazione della stessa, la sentenza priva di sottoscrizione del giudice.Pertanto, tale sentenza – che è stata, per questo, definita in dottrina inesistente – non è suscettibile di sanatoria nell'ipotesi di mancata proposizione dell'impugnazione prevista per la stessa.In giurisprudenza, in realtà, la categoria della sentenza c.d. inesistente è stata estesa a provvedimenti affetti da vizi ulteriori rispetto all'omessa sottoscrizione del giudice, ma ritenuti di una gravità tale da non poter essere assoggettati al generale regime sancito dal primo comma dell'art. 161 c.p.c.
Inquadramento

L'art. 161, comma 2, c.p.c. sottrae al generale principio di assorbimento dei vizi della decisione in motivi di impugnazione della stessa, la sentenza priva di sottoscrizione del giudice. Pertanto, tale sentenza – che è stata, per questo, definita in dottrina inesistente – non è suscettibile di sanatoria nell'ipotesi di mancata proposizione dell'impugnazione prevista per la stessa. In giurisprudenza, in realtà, la categoria della sentenza c.d. inesistente è stata estesa a provvedimenti affetti da vizi ulteriori rispetto all'omessa sottoscrizione del giudice, ma ritenuti di una gravità tale da non poter essere assoggettati al generale regime sancito dal primo comma dell'art. 161 c.p.c. La sentenza c.d. inesistente è considerata un mero fatto ed è pertanto insuscettibile di passare in giudicato, potendo esserne dedotto il radicale vizio in ogni sede e tempo, anche mediante un'autonoma azione di accertamento.

Sentenza priva della sottoscrizione del giudice

Il secondo comma dell'

art. 161 c.p.c.

precisa che la regola generale ed in omaggio alla quale i vizi di nullità della sentenza si convertono in motivi di gravame avverso la stessa, non trova applicazione nell'ipotesi in cui la sentenza manchi della sottoscrizione del giudice.

Tale radicale vizio era

ricorrente, avendo riguardo alla pregressa giurisprudenza di legittimità, nelle sentenze collegiali ove corredate, ad esempio, della sola sottoscrizione del Presidente o del giudice estensore.

A riguardo, si è infatti osservato che ai sensi dell'

art. 132 c.p.c.

la sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale deve recare la firma del presidente e dell'estensore: pertanto, qualora essa sia sottoscritta solo dal presidente, che però non risulti cumulare in sé anche la qualità di estensore, tale mancanza rende la predetta sentenza viziata da nullità insanabile ex art. 161,

comma 2

, c.p.c.

che può essere fatta valere anche in sede di giudizio di cassazione e, ove non allegata dalla parte, rilevata anche d'ufficio dalla Corte, con annullamento del provvedimento impugnato e remissione della causa al medesimo organo giudicante che ha adottato la decisione priva di sottoscrizione (cfr.

Cass.

civ.

, sez. VI,

8 novembre 2010, n. 22705

; conf.

Cass.

civ.

, sez. I,

31 ottobre 2005, n. 21193

).

Più di recente, le Sezioni Unite sono tornate sulla questione ed hanno sancito, invece, il differente principio in virtù del quale la sentenza emessa dal giudice in composizione collegiale priva di una delle due sottoscrizioni (del presidente del collegio ovvero del relatore) è affetta da nullità sanabile ai sensi dell'

art. 1

61, comma

1

, c.p.c.

, trattandosi di sottoscrizione insufficiente e non mancante, la cui sola ricorrenza comporta la non riconducibilità dell'atto al giudice, mentre una diversa interpretazione, che accomuni le due ipotesi con applicazione dell'

art. 161

, secondo comma, c.p.c.

, deve ritenersi lesiva dei principi del giusto processo e della ragionevole durata (

Cass.

civ.

, Sez. Un., 20 maggio 2014, n. 11021

, in Foro it., 2014, n. 7-8, 2072, con note di AULETTA e DESIATO).

Analogamente, la sottoscrizione di una sentenza emessa da un organo collegiale ad opera di un magistrato che non componeva il collegio giudicante, in luogo del magistrato che ne faceva parte e che avrebbe dovuto sottoscriverla, integra l'ipotesi della mancanza della sottoscrizione della sentenza da parte del giudice disciplinata dagli

art

t

. 132

e

161, comma

2

, c.p.c.

(

Cass.

civ.

, sez. I,

26 marzo 2003, n. 4468

).

Non si può trascurare, tuttavia, l'affermazione del principio per il quale in tema di sottoscrizione delle sentenze civili, in caso di collocamento in pensione, dimissioni, o comunque in tutte le ipotesi (diverse dal trasferimento ad altra sede o ad altro incarico) in cui il magistrato abbia cessato di fare parte dell'ordine giudiziario, la sottoscrizione della sentenza da parte del medesimo - pur non sussistendo un impedimento assoluto alla sua materiale apposizione - non è coercibile, e ben può essere rifiutata senza che egli ne debba rispondere penalmente o disciplinarmente. Pertanto, atteso che alla norma di cui all'

art. 132, comma ult., c.p.c.

(secondo cui, se il giudice non può sottoscrivere la sentenza «per morte o altro impedimento», questa è sottoscritta dal componente più anziano del collegio) non può infatti riconoscersi natura eccezionale, risultando pertanto senz'altro consentita l'applicazione analogica ed estensiva dell'ipotesi di «altro impedimento» ivi contemplata, la quale deve considerarsi integrata (anche) dal collocamento a riposo del magistrato,

ne deriva che, qualora il presidente del collegio che ha emesso la sentenza venga successivamente a cessare dal servizio e rifiuti per qualsiasi motivo di porre in essere gli adempimenti di competenza in ragione delle funzioni già esercitate (verifica della conformità dell'originale della sentenza alla minuta e della rispondenza dei principi indicati nella motivazione della sentenza a quelli affermati nel corso della camera di consiglio; sottoscrizione della sentenza), non è nulla la sentenza sottoscritta dal giudice componente anziano del collegio giudicante (con l'annotazione di avere sottoscritto in vece del presidente «impedito», senza che sia peraltro necessario indicare - neppure sommariamente - la causa dell'impedimento, sufficiente essendo che egli ne attesti l'esistenza, con una statuizione non censurabile nei successivi gradi di giudizio, non risultando al riguardo prevista alcuna possibilità di impugnazione), che a tale stregua ne esplichi le relative incombenze, giacché risultano a tale stregua osservati (oltre alla funzione di presidenza del collegio) i principi di (estrema) semplificazione degli atti processuali e di eccezionalità delle ipotesi di nullità ed inesistenza posti dalla

l. n. 532 del 1977

(la quale ha introdotto la regola secondo cui la sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta solo dal presidente e dal giudice estensore:

Cass.

civ.

, sez. III,

16 giugno 2003, n. 9616

, in Giust. Civ., 2004, I, 127, con nota di LIPARI).

Altre ipotesi di sentenze inesistenti individuate nella prassi applicativa

Sebbene il capoverso dell'

art. 161 c.p.c.

faccia riferimento soltanto a tale ipotesi, nell'elaborazione dottrinaria ed anche in sede applicativa sono state individuate anche altre fattispecie nelle quali il regime della sentenza, in quanto da considerarsi inesistente, si sottrae al generale principio di assorbimento. In generale, si ritiene che la sentenza sia inesistente tutte le volte che manchi di quel minimo di elementi indispensabili per la produzione dell'effetto di certezza giuridica che costituisce lo scopo del giudicato.

CASISTICA

La sentenza emessa nei confronti delle parti del giudizio ma con motivazione e dispositivo relativi a causa diversa, concernente altri soggetti

, è priva degli elementi necessari per la formazione del giudicato sul rapporto controverso ed è, quindi, affetta da nullità insanabile, che, nel corso del processo può essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'impugnazione, determinando in sede di legittimità, la cassazione con rinvio affinché si possa procedere alla sua rinnovazione.

Cass. civ., sez. trib., 17 luglio 2015, n. 15002

La notificazione della citazione introduttiva del giudizio di primo grado effettuata ad una persona già deceduta è giuridicamente inesistente, posto che la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita e si estingue con la morte: ne consegue l'insanabile nullità, rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, delle sentenze pronunciate nel corso del processo nei confronti del soggetto deceduto prima dell'inizio dello stesso.

Cass.

civ.

, sez. II, 6 giugno 2013

, n.

14360

Si ha inesistenza della sentenza, tutte le volte che la stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, che può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un'eccezione ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione.

Trib. Trieste, 19 gennaio 2011, in Foro padano, 2011, n. 4, 701, con nota di ARGINE

Poiché, oltre all'ipotesi di mancanza della sottoscrizione espressamente prevista dall'

art. 161 c.p.c.

, è configurabile inesistenza della sentenza in tutti i casi in cui la stessa difetti di quel minimo di elementi e presupposti indispensabili per produrre l'effetto di certezza giuridica, che è lo scopo del giudicato, è inesistente la decisione, che - nel verificare l'impossibilità di ricostituire la sentenza andata smarrita, secondo il procedimento previsto dall'

art. 113 c.p.p., applicabile, in difetto di disposizioni specifiche, al rito civile - ne riproduca il contenuto

facendo riferimento al solo dispositivo esistente in originale. Se manchi delle altre parti (svolgimento del processo, esposizione dei fatti rilevanti di causa, motivazione), che costituiscono elementi necessari per l'esistenza dell'atto.

Cass.

civ.

, Sez. II, 13 gennaio 2005, n. 586

Regime della decisione

Quanto al regime della sentenza inesistente, la sottrazione della stessa all'operare del generale principio di conversione dei vizi della decisione in motivi di gravame avverso la stessa, comporta che la sentenza in questione debba essere equiparata ad un mero fatto, i.e. sia assolutamente inidonea al giudicato, con la conseguenza che il relativo vizio potrà essere fatto valere in ogni sede e tempo (a prescindere dal rispetto dei termini per impugnare: cfr. Trib. Bologna, sez. III, 9 marzo 2007, n. 471, in Il merito, 2007, n. 7-8, 43), e quindi ad esempio in via di eccezione o, ancora, mediante un'autonoma azione di accertamento.

Nel ribadire i richiamati principi, la S.C.

ha precisato che all'inesistenza della sentenza correlata alla mancata sottoscrizione da parte del giudice non può ovviarsi, dopo il deposito in cancelleria, attraverso l'integrazione dell'originale mediante le sottoscrizioni dei giudicanti, in quanto alla pubblicazione della sentenza fa riscontro la consumazione del potere - dovere del giudice adito di pronunciare sulla domanda oggetto della decisione, né attraverso il procedimento di correzione degli errori materiali, il quale postula un provvedimento dal contenuto affetto da omissioni od errori, ma ormai completo nel procedimento di formazione (

Cass.

civ.

, sez. I,

31 ottobre 2005, n. 21193

, per la quale tale incompletezza, peraltro, impedendo di ricollegare alla pubblicazione della sentenza l'effetto di concludere la fase decisoria del processo, non esclude l'integrale rinnovazione del provvedimento da parte dello stesso giudice che l'ha pronunciato, il quale, rilevata l'inesistenza dell'atto, può ben addivenire ad una nuova deliberazione e redazione della sentenza stessa, senza che assuma alcun rilievo l'avvenuta proposizione, medio tempore, dell'azione di nullità, in quanto la rinnovazione non fa altro che anticipare, nell'ambito del principio di economia processuale, l'accertamento dell'invalidità della pregressa decisione; nel senso di escludere la rinnovazione v., tuttavia,

Cass.

civ.

, sez. III,

29 novembre 2005 n. 26040

).

La stessa Corte di Cassazione ha evidenziato, inoltre, che la cd. inesistenza giuridica o la nullità radicale di un provvedimento avente contenuto decisorio, erroneamente emesso da un giudice carente di potere o dal contenuto abnorme, irriconoscibile come atto processuale di un determinato tipo, può essere fatta valere non con il ricorso per cassazione

ex art. 111, comma 7, Cost., bensì, in ogni tempo, mediante un'azione di accertamento negativo

, senza che ciò escluda, tuttavia, che tali vizi possano essere fatti valere tempestivamente con i normali mezzi di impugnazione, ove ricorra l'interesse della parte ad una espressa rimozione dell'atto processuale viziato, anche se materialmente esistente, interesse che coincide con quello del sistema che tende ad espellere dall'ordinamento i provvedimenti processuali errati o abnormi, anche mediante il ricorso nell'interesse della legge, di cui all'

art. 363 c.p.c.

(

Cass.

civ.,

28 dicembre 2009, n. 27428

).

Poiché la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice

costituisce un requisito essenziale del provvedimento, la cui ingiustificata mancanza, pur se involontaria, provocata, cioè, da errore o da dimenticanza, ne determina la nullità assoluta e insanabile, equiparabile all'inesistenza, sicché , pur in esito al giudizio di cassazione, la causa va rimessa al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza carente di sottoscrizione, a tenore degli artt. 354, comma 1, 360, n. 4, e 383, ultimo comma, c.p.c., il quale, in sede di rinvio, risulta investito del potere-dovere di riesaminare il merito della controversia senza limitarsi alla semplice rinnovazione della pronunzia. Trattasi, invero, di rinvio improprio o restitutorio giustificato dal rilievo che il giudizio di gravame, siccome definito con sentenza radicalmente nulla, deve ritenersi come non avvenuto, per cui lo stesso non va "sostituito" con altro da svolgersi avanti a diverso giudice dello stesso grado, ma va "rinnovato" dallo stesso giudice funzionalmente competente a giudicare in grado di appello sulla sentenza di primo grado (cfr.

Cass.

civ.

, sez. I,

28 settembre 2006, n. 2104

9

).

Di rilevante importanza pratica è, poi, la distinzione tra sentenza nulla e sentenza inesistente nell'ipotesi in cui la stessa venga utilizzata come titolo esecutivo. Invero, è noto che per i titoli esecutivi giudiziali, proprio in ragione del generale principio di conversione dei vizi degli stessi in motivi di gravame, non possono essere dedotti mediante opposizione all'esecuzione fatti impeditivi, estintivi e modificativi della pretesa creditoria anteriori alla formazione del titolo stesso essendo l'impugnazione del provvedimento l'unica sede nella quale detta deduzione può avvenire. Diversamente, nell'ipotesi di sentenza c.d. inesistente potranno farsi valere attraverso l'opposizione all'esecuzione anche contestazioni anteriori alla formazione del titolo che, appunto, è considerato un mero “fatto”.

Riferimenti

AULETTA, Sottoscrizione mancante, sottoscrizioni insufficienti: precisazioni sull'

art. 161, comma 2, c.p.c.

, in Giust. Civ., 2001, I, 935;

ID., Nullità e “inesistenza” degli atti processuali civili, Padova 1999;

BALENA, La rimessione della causa al primo giudice, Napoli 1984;

BESSO, Omessa sottoscrizione della sentenza: possibili rimedi, in Giur. it., 2002, 1859;

ID., La sentenza civile inesistente, Torino 1997;

CALAMANDREI, Sopravvivenza della querela di nullità nel processo civile vigente, in Riv. dir. proc., 1951, I, 112;

LORENZETTO PESERICO, Inesistenza della sentenza e rimessione al giudice di primo grado, in Riv. dir. proc., 1977, 517;

MANDRIOLI, L'assorbimento dell'azione civile di nullità e l'art. 111 della Costituzione, Milano 1967;

SATTA, Sull'inesistenza degli atti processuali civili, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1956, 337;

TORRENTE, Spunti per uno studio sull'inesistenza e sulla nullità della sentenza, in Studi in onore di Redenti, II, Milano 1951, 389.