Momento determinante della giurisdizione

31 Gennaio 2017

L'ordinamento processuale conosce più sistemi di giustizia civile: la giurisdizione ordinaria, un aspetto della quale è la cognizione che le parti possono devolvere agli arbitri, e le giurisdizioni speciali.
Inquadramento

L'ordinamento processuale conosce più sistemi di giustizia civile: la giurisdizione ordinaria, un aspetto della quale è la cognizione che le parti possono devolvere agli arbitri, e le giurisdizioni speciali.

Nell'ambito di questo ordinamento processuale vige la regola c.d. della translatio iudicii: è sufficiente introdurre in modo valido la domanda davanti al sistema di giustizia prescelto, perché il giusto giudice si possa alla fine pronunciare sulla situazione giuridica soggettiva fatta valere, sempre però che il processo sia poi proseguito davanti a lui in modo valido e tempestivo: tutto questo anche se, eventualmente, dichiarando l'esistenza di ostacoli ad una decisione sul fondo della domanda, quali la decadenza o prescrizione, se intervenute già al momento in cui la domanda era stata originariamente proposta.

L'affermazione di questo principio, nei rapporti tra le giurisdizioni, risale alla sentenza della Corte cost., 12 marzo 2007 n. 77 con cui veniva dichiarata l'illegittimità dell'art. 30 della legge sui TAR; l'art. 59 , l. 69/2009 e l'art. 11 c.p.a. ne hanno poi regolato l'applicazione. Un ulteriore affermazione se n'è poi avuta - questa volta nei rapporti tra giudice ed arbitri e viceversa - con la sentenza della Corte cost., 19 luglio 2013 n. 223, pronunziata in relazione all'art. 819-ter, comma 2, c.p.c., nella parte in cui escludeva l'applicabilità ai rapporti tra arbitrato e processo di regole corrispondenti all'art. 50 c.p.c.

Completano questo sistema, gli istituti processuali volti a rendere possibile che la questione di giurisdizione possa esser decisa in modo definitivo (art. 59.1. l. 69/2009) dalla Corte di Cassazione attraverso due sviluppi alternativi del processo e nel corso di questo:

  • con la decisione del giudice di merito (art. 37 c.p.c.) e poi dalla cassazione attraverso il sistema delle impugnazioni (art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c.) ovvero direttamente da questa decidendo sul regolamento preventivo chiesto dalla parte (art. 41 c.p.c.) e così per un percorso verticale;
  • ovvero per il percorso orizzontale del conflitto sollevato davanti alle Sezioni Unite (art. 59.3. l. 69/2009) dal giudice adito per secondo, in riassunzione, se la giurisdizione è negata dal primo giudice.

Infine, la pendenza della medesima causa davanti a giudici dello stesso ordine successivamente aditi, non può che dar luogo all'applicazione della disciplina della litispendenza, con conseguente chiusura, in applicazione dell'art. 39, comma 1, c.p.c., di quella successivamente proposta davanti al secondo o riunione dei procedimenti se pendenti davanti allo stesso ufficio.

Per converso, la disciplina della litispendenza non s'applica quando la medesima causa pende contemporaneamente davanti a giudici di diverso ordine, sicché può accadere che si formi il giudicato su decisioni di identico segno, cioè di affermazione o negazione della giurisdizione da parte dei giudici aditi. Resta in questo caso il rimedio del ricorso per cassazione proponibile in ogni tempo a norma dell'art. 362, comma 2, n. 1, c.p.c. (Cass. 24 luglio 2013 n. 18024).

Una disciplina in parte diversa riguarda i rapporti tra la giurisdizione nazionale e quella di altro Stato.

Nel sistema del Reg. UE del Parlamento europeo 12 dicembre 2012, n. 1215/2012, che nella materia civile e commerciale (art. 1) disciplina la distribuzione della competenza giurisdizionale tra i giudici civili degli Stati dell'Unione, vigono bensì norme che stabiliscono quando la domanda si intende proposta (art. 32) e regolano la situazione in cui la stessa o domanda connessa sono proposte e perciò pendono davanti a giudici di Stati diversi (artt. 29 a 34).

Sono cioè regolati da un lato l'aspetto che consiste nello stabilire quando la domanda si intende proposta, dall'altro la situazione di contemporanea pendenza della medesima o di domande connesse davanti a giudici diversi e perciò il fenomeno della continuazione del processo rimasto sospeso davanti al secondo giudice; non è invece regolato quello della successiva proposizione davanti a giudice di altro Stato della domanda, rispetto alla quale l'unico giudice adito si sia dichiarato in difetto di giurisdizione: aspetto perciò rilasciato alla disciplina processuale del secondo Stato.

La l. 31 maggio 1995, n. 218, di Riforma del diritto internazionale privato e processuale, all'art. 7, regola dal canto suo il caso che nel corso del giudizio davanti a giudice italiano sia eccepita la pendenza davanti a giudice straniero di domanda avente il medesimo oggetto ed il medesimo titolo e affida alla possibilità di sospendere il giudizio il coordinamento tra i due processi (Cass., Sez. Un., 28 dicembre 2012, n. 21108 ha peraltro interpretato l'art. 7 l. 218/1995 nel senso che la litispendenza sia rilevabile di ufficio, con conseguente pronuncia della sospensione: la sentenza è in RDP 2013, 1574 con nota di Villata, Sulla nozione e sulla rilevabilità di ufficio della litispendenza internazionale nella l. 218/95).

Il preventivo controllo delle condizioni per far luogo alla sospensione del giudizio può essere poi richiesto mediante il regolamento preventivo (Cass., Sez. Un., 8 giugno 2011 n. 12410 e, in motivazione, Cass., Sez. Un., 28 dicembre 2012 n. 21108).

Pendenza del processo e unità della giurisdizione

Ambedue i sistemi processuali, nazionale e del diritto dell'Unione dettano norme per regolare, ai fini della disciplina dell'attribuzione di giurisdizione, quando un'autorità giurisdizionale si debba considerare adita.

L'art. 5 c.p.c., nel diritto interno, in base al tempo della domanda e a disciplina del fenomeno del susseguirsi, appunto nel tempo, di diverse norme che attribuiscono la giurisdizione; l'art. 32 del Reg. 1215/2012, parimenti in base al tempo della domanda, a disciplina dell'attribuzione della giurisdizione e della litispendenza della stessa o di domande connesse davanti all'autorità giurisdizionale di altro Stato.

Infine, l'art. 8, l. 218/1995, per la determinazione della giurisdizione italiana dichiara applicabile l'art. 5 c.p.c., con la significativa aggiunta che la giurisdizione tuttavia sussiste se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del giudizio.

Il profilo che dunque viene in campo, quando si tratta di stabilire se sussista la giurisdizione - come del resto la competenza del giudice adito - risulta dalla coincidenza nel tempo di più elementi: l'oggetto della domanda, lo stato dei fatti esistente al momento in cui è proposta, il tempo in cui si deve considerare che lo sia stata, il tutto in riferimento alle norme che di questi elementi da un lato contengono la disciplina, dall'altro erano in vigore.

Tutti questi aspetti sono decisivi al fine di stabilire se la domanda, quando è stata proposta, è stata rivolta al giudice che su di essa aveva giurisdizione. Ma in un sistema processuale di cui è elemento costitutivo la regola della translatio iudicii, la verifica della avvenuta proposizione della domanda, che è poi l'elemento decisivo perché su di essa debba poter essere alla fine pronunciata una decisione in merito, richiede una diversa operazione di verifica.

Si tratta di muovere dalla circostanza che la domanda è stata in concreto proposta ad un giudice, quello che la parte ha ritenuto avere la giurisdizione per pronunciarsi su di essa.

Viene allora prioritariamente in campo il dato per cui la parte, siccome si è rivolta a quel giudice, deve averlo adito nel rispetto delle norme che regolano il procedimento davanti a lui e sono condizione perché ne sorga il dovere di pronunciarsi sulla domanda. In altri termini, prima ancora di dire se ha o no giurisdizione, il giudice adito deve essere stato messo in condizioni di esaminarla e non lo è, ad esempio, se non tutti i legittimi contraddittori sono stati chiamati davanti a lui o se verificata una nullità sanabile, ma non sanata della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, la rinnovazione nel termine perentorio assegnato non è eseguita, con conseguente estinzione del giudizio (art. 164, comma 2, e 307, comma 3, c.p.c.).

In conclusione, il giudizio sulla domanda è introdotto davanti a un giudice; se lo è nel rispetto delle norme processuali che regolano il giudizio davanti a quel giudice il diritto è fatto valere ed il giudice ha l'onere di pronunciare sulla domanda; deve però verificare se ha giurisdizione e dovrà farlo in base al diritto vigente alla data della domanda o a quella della pronuncia, in questo caso previa verifica del poter nel caso esercitare la giurisdizione attribuitagli da una norma sopravvenuta; altrimenti, dovrà dichiarare il proprio difetto di giurisdizione ed indicare il diverso giusto giudice.

Cass. 21 febbraio 2013 n. 4484 - pronunziata peraltro in tema di competenza - in un caso in cui il giudice amministrativo aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione ed il giudizio era stato riassunto davanti al giudice ordinario, ha affermato che la riassunzione andava fatta davanti al giudice che aveva competenza alla data in cui la domanda era stata inizialmente proposta, non davanti a quello divenuto nel frattempo competente: ha considerato che il giudizio inizia già con la domanda originaria e va perciò riassunto davanti al giudice che sarebbe stato competente a riceverla nel momento in cui è stata inizialmente proposta.

La soluzione appare poco convincente: come più avanti si vedrà, la circostanza che il giudizio inizi quando la domanda è proposta, non esclude che, se non lo è stata inizialmente al giusto giudice e vada riproposta per far proseguire il giudizio, debba esserlo al giudice che intanto ha acquisito la giurisdizione o la competenza.

La domanda, il modo e il tempo

La domanda può essere previsto che possa o debba proporsi con ricorso o con citazione.

Quando lo è con ricorso, come è previsto lo sia, tra i molti altri, nel caso delle controversie individuali di lavoro (artt. 409 e 414 c.p.c.), del procedimento per ingiunzione (art. 638 c.p.c.) e di quello sommario di cognizione (art. 702-bis c.p.c.), la domanda si considera proposta con il deposito del ricorso e dunque la giurisdizione sulla domanda si individua in base alla legge vigente a quella data (Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007 n. 20596; Cass., 26 aprile 2012, n. 6511; Cass., 19 dicembre 2014, n. 26929; Cass. 21 settembre 2015 n. 18564).

Quando sia proposta con citazione, dispone l'art. 149, comma 3, c.p.c., che la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha legale conoscenza dell'atto [secondo quanto previsto dall'art. 2, lett. e), l. 28.12.2005, n. 263, dopo che la Corte costituzionale, con la sentenza 26 novembre 2002 n. 477 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 149 c.p.c. e dell'art. 4, comma 3, l. 20 novembre 1982, n. 890 nella parte in cui non prevedevano questa regola].

In questo secondo ambito ricade la domanda, bensì proposta con ricorso, perché spetta al giudice fissare l'udienza in cui le parti dovranno comparire, ma di cui è richiesta la previa notifica e il successivo deposito - come, esemplificando, è stabilito davanti al giudice amministrativo dagli artt. 41 e 114 c.p.a., per i giudizi d'impugnazione dell'atto e di ottemperanza.

Insomma, nei due casi l'atto idoneo a determinare il momento di proposizione della domanda è diverso, tuttavia il canone in base al quale si stabilisce se nel caso la giurisdizione c'è o mancava, è sempre l'atto in cui si è oggettivato l'intento della parte di dare inizio al giudizio, sia poi il deposito del ricorso nell'ufficio del giudice adito o l'avvio del procedimento di notificazione, mediante ufficiale giudiziario o il servizio postale, ne sia questo richiesto dall'ufficiale giudiziario o direttamente dal professionista difensore, ovvero con modalità telematica ancora dal professionista (art. 3-bis, co. 3, inserito nella l. 21 gennaio 1994, n. 53 da successive leggi del 2012).

Peraltro - secondo Sez. Un. 19 aprile 2013 n. 9535 [in RDProc. 2014, 1608, nota Russo, In tema di notificazione dell'atto introduttivo e momento determinante la litispendenza] Il principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio non opererebbe per la determinazione del momento della pendenza della lite, rilevante ai fini della scelta della legge applicabile in materia di riparto di giurisdizione.

Distinzione questa che appare discutibile.

Invero, com'è in tema di interruzione della prescrizione o impedimento della decadenza, se l'effetto può essere conseguito in modi diversi dal proporre domanda in giudizio, l'effetto interruttivo deve essere ricollegato all'effettiva conoscenza che l'altra parte abbia avuto dell'atto di esercizio del diritto, ricadendo su chi ha interesse all'interruzione il rischio della modalità prescelta.

Diversa cosa è la scelta del giudice che ha giurisdizione o competenza, perché la parte non può rivolgere la domanda ad altri che al giudice che l'ha nel momento che la propone.

In questo caso, che per il destinatario la notifica si perfezioni dal momento in cui egli ha conoscenza legale dell'atto, sta a significare che il tempo per lo svolgimento delle sue difese prende a decorrere da quando inizia a poterle svolgere, non che possa incidere sull'individuazione del giusto giudice cui l'attore deve rivolgersi, che non può non essere che quello dell'atto con cui secondo la legge la domanda è proposta.

Una successiva decisione delle Sez. Un. [la 9 dicembre 2015 n. 24822, in FI 2016, I, 893, con osservazioni di C.M. Barone], pronunciata a proposito dell'azione revocatoria (art. 2901 c.c.), ha affermato che la prescrizione stabilita dall'art. 2903 c.c. è interrotta dalla consegna dell'atto introduttivo del relativo giudizio all'ufficiale giudiziario.

Il diritto internazionale privato

L'art. 32 Reg. UE 1215/2012 disciplina le situazioni processuali di litispendenza e connessione. Per stabilire quando un'autorità giurisdizionale è considerata adita, l'art. 32 prevede e distingue tra due casi. Il primo è quando la legge regolatrice del processo dice proposta la domanda con il deposito dell'atto davanti al giudice, purché tale deposito sia seguito dalla dovuta notificazione o comunicazione al convenuto (lett. a). Nel secondo caso, l'atto deve essere notificato o comunicato prima di essere depositato presso l'autorità giurisdizionale (lett. b): qui è dal momento in cui l'autorità competente per la notificazione o comunicazione lo riceve che la domanda si intende proposta, ma questo alla condizione che l'attore non abbia omesso di prendere tutte le misure che era tenuto ad adottare affinché l'atto fosse depositato presso l'autorità giurisdizionale. Quando ad essere richieste della notificazione o comunicazione siano più d'una autorità rileva quelle richiesta per prima.

Negli stessi termini, con varianti lessicali, già aveva disposto l'art. 30 del Reg. (CE) 44/2001.

Ne deriva che mentre la norma di diritto internazionale privato individua in modo autonomo il primo atto del procedimento notificatorio idoneo a fissare la giurisdizione secondo la legge nazionale del giudice cui lo stesso atto è indirizzato, l'effetto di individuazione del giudice è poi subordinato alla condizione risolutiva che secondo la legge regolatrice del procedimento di notificazione questa sia da intendere avvenuta.

E' costante al riguardo l'interpretazione per cui, in caso di litispendenza tra due giudizi tra le stesse parti davanti a giudici nazionali diversi, è alla legge nazionale di ciascuno di questi che si debba far riferimento per stabilire quando la domanda di ciascuna delle parti sia da intendere proposta (Cass., Sez. Un., 27 marzo 2009 n. 7427, in FI 2010, I, 976 con nota di richiami di dottrina e giurisprudenza).

Le situazioni di litispendenza e connessione sono regolate dagli artt. 29 a 34 del Reg. 44/2001 e principio dettato dall'art. 29 per il caso di litispendenza è che il giudice adito per secondo sospende di giudicare e l'autorità successivamente adita dichiara la propria incompetenza, quando la competenza dell'autorità adita per prima è accertata (art. 29.3.).

Quando peraltro ricorre una situazione di competenza esclusiva il diverso giudice adito deve dichiarare di ufficio la sua incompetenza (art. 27.1).

Nel caso di concorso tra competenze esclusive regola generale (art. 31.1.), che conosce eccezioni (art. 31.2. a 31.4), è che l'autorità successivamente adita dichiari la propria incompetenza.

Corte di Giustizia UE, III Sez., 3 aprile 2014, causa 438/12 (GI 2014,1379, nota Debernardi, Reg. (CE) n. 44/2001: competenza giurisdizionale esclusiva e litispendenza), pronunciata in riferimento alle precedenti disposizioni del Reg.(CE) n. 44/2001, ha affermato che l'art. 27, par. 1 [cui corrisponde l'art. 29.1. del Reg. 1215/2012) deve essere interpretato nel senso che, prima di sospendere il procedimento, il giudice successivamente adito è tenuto ad esaminare se, a causa di una violazione della competenza prevista dall'art. 22.1. del Regolamento, un'eventuale decisione nel merito del giudice adito per primo non sarà riconosciuta negli altri Stati membri, conformemente all'art. 35.1. dello stesso regolamento.

Oggi, l'art. 45.1. lett. e), punto ii) del Reg. UE 1215/2012, dispone che il riconoscimento di una decisione è negato se la decisione è in contrasto con le disposizioni del capo II, sezione 6, che detta le disposizioni in tema di competenze esclusive.

La litispendenza

Un aspetto complementare a quello sin qui considerato consiste nello stabilire se e fino a che punto la domanda proposta per prima per l'accertamento di un dato diritto, pur non coincidendo per l'oggetto con una successiva proposta a diverso giudice, l'attragga alla giurisdizione del primo.

Il fenomeno nel diritto interno è regolato dall'art. 39, comma 2, c.p.c., ma in relazione al profilo della competenza e mediante l'impiego del concetto di continenza.

Nel diritto internazionale privato, la Corte di giustizia ha accolto un'interpretazione estensiva delle norme in tema di litispendenza (artt. 21 Conv. e 27 Reg. 44/2001) e di connessione (artt. 22 e 28), ora rispettivamente contenute negli artt. 29 e 30 Reg. UE 1215/2011 [sul tema, Consolo, Profili della litispendenza internazionale, in Nuovi problemi di diritto processuale civile internazionale, Milano, 2002, 121]

Già con la sentenza 30 novembre 1976, 42/76, De Wolf, la Corte ha inteso le richiamate norme della Convenzione nel senso che la loro funzione fosse di evitare non soltanto decisioni tra loro incompatibili, ma anche lo stesso rischio che se ne possano avere e la norma sulla litispendenza venne interpretata nel senso di escludere che la parte, ottenuta una decisione in uno Stato contraente, invece di farsi autorizzare ad eseguirla in altro Stato, potesse rinnovare in questo la domanda già decisa; nella sentenza 8 dicembre 1987, 141/86, Gubisch Maschinenfabrik, la norma sulla litispendenza era stata poi interpretata nel senso che si debbono considerare basate sullo stesso titolo ed avere il medesimo oggetto domande con le quali da una parte si chieda davanti ad un giudice l'esecuzione di un contratto e dall'altra parte si chieda davanti a giudice di altro Stato contraente l'annullamento o la risoluzione dello stesso contratto; nella sentenza 6 dicembre 1994, C-406/92, Tatry, è stato poi detto che il fine di evitare decisioni incompatibili tra loro, perseguito dall'art. 22 Conv., è più ampio di quello di evitare il contrasto tra le decisioni che impedisce il riconoscimento e consente di applicare la norma in tutti i casi in cui si profili il rischio di soluzioni contrastanti [per ampi richiami sull'argomento, Reinstadler, La litispendenza internazionale ai sensi dell'art. 27 del Reg.(CE) n. 44/2001: un efficace limite al forum shopping, GI 2012, 2348, in nota a Trib. Bolzano 13 dicembre 2011].

La successione delle leggi nel tempo e la giurisdizione sopravvenuta

Dispone l'art. 25, comma 1, Cost. che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Consolidata interpretazione di questa disposizione è che essa non impone una assoluta immutabilità dei regimi - di giurisdizione come di competenza - vigenti ed altrimenti applicabili nel caso controverso - ma è volto a garantire che una variazione della disciplina altrimenti applicabile non sia preordinata a influire su una singola controversia (questione in genere affrontata nel caso, deciso da Cass. 6 giugno 2002 n. 8240, dell'istituzione di nuovi uffici giudiziari o soppressione di uffici preesistenti con trasferimento in blocco degli affari pendenti non pervenuti alla fase della decisione e rientranti nella competenza per territorio dell'ufficio nuovo).

Si spiega allora l'interpretazione dell'art. 5 c.p.c. - costante nella giurisprudenza e affatto prevalente in dottrina - nel senso che la giurisdizione del giudice adito può sussistere anche se le norme e i fatti che la determinano sopravvengono nel corso del processo; di questa impostazione è del resto espressione la regola enunciata dall'art. 8, l. 31 maggio 1995, n. 218 di Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, secondo il quale la giurisdizione sussiste anche se i fatti e le norme che la determinano sopravvengono nel corso del giudizio .

La portata di questo principio e della norma appena richiamata richiedono d'essere precisati. E conviene subito notare che, emerso, quello della translatio iudicii, come istituto proprio anche della giurisdizione e non più solo della competenza, le soluzioni che valgono in un ambito lo sono anche nell'altro.

Orbene, una norma sopravvenuta può attribuire giurisdizione o competenza ad un giudice diverso quanto ai giudizi iniziati alla sua entrata in vigore [così, tre le più recenti decisioni, in tema di competenza Cass. 1 marzo 2016 n. 4059 - 17 gennaio 2008 n. 857; in tema di giurisdizione, Cass., Sez. Un., 13 settembre 2005 n. 18126 - Cass., Sez. Un., 19 febbraio 2002, n. 2415].

Due i temi di diritto intertemporale suscettibili di proporsi in questo caso. Si tratta di stabilire come reagisce il mutamento normativo sui processi iniziati davanti al giudice prima che giurisdizione o competenza gli fossero attribuite: la regola dettata dall'art. 8 l. n. 218/1995 a disciplina del fenomeno nel campo del diritto internazionale corrisponde come si è detto a quella elaborata da giurisprudenza e dottrina largamente maggioritarie quanto al diritto interno.

La valenza di questo principio si estende ai casi in cui abbia operato la translatio: dichiarati dal giudice adito il proprio difetto di giurisdizione o di competenza, ancorché erroneamente, ma riassunto il processo davanti al giudice indicato, la cassazione, quand'anche si trovi poi a giudicare in sede di conflitto, di giurisdizione o di competenza, se al momento della decisione sia entrata in vigore norma che le attribuiva, l'una o l'altra, al secondo giudice, dichiarerà appartenerle a questo secondo.

Resta da dire di due altre vicende.

La prima riguarda il caso che, dichiarata l'illegittimità costituzionale per eccesso di delega dell'art. 34 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che aveva attribuito la giurisdizione sulla domanda al giudice amministrativo, in pendenza del giudizio davanti allo stesso, la giurisdizione ha tornato ad essergli attribuita dall'art 7, l. 21 luglio 2000, n. 205: Cass., Sez. Un., 16 aprile 2009, n. 8999, in base alla norma sopravvenuta in pendenza del giudizio, ha dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo.

Diversa sarebbe stata la soluzione se, pendente la domanda davanti al giudice ordinario e sorta questione di giurisdizione sulla base della norma dettata dall'art. 34 d.lgs. 31 marzo 1998, nello stesso o in diverso giudizio, la vicenda normativa si fosse svolta nello stesso modo: la norma sopravvenuta non sarebbe valsa ad interferire nel caso sulla giurisdizione del giudice ordinario, restituitagli dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale.

Altra vicenda è quella già sopra accennata della soppressione dell'ufficio giudiziario altrimenti competente.

Regola del caso di soppressione di sezione distaccata è che la competenza sugli affari in corso si trasferisce al tribunale di cui l'ufficio soppresso ha costituito sezione distaccata.

Cass., 17 aprile 2015, n. 7835 e prima Cass., 27 marzo 2015, n. 6276 hanno avuto occasione di esaminare un caso, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo, caratterizzato dalla soppressione della sezione distaccata del tribunale che aveva emesso il decreto. Trattandosi di decreto ingiuntivo emesso da sezione distaccata poi soppressa e di opposizione a decreto ingiuntivo proposta dopo tale soppressione, l'opposizione sarebbe dunque da proporre davanti alla relativa sede centrale del tribunale. Nel caso che ha dato origine a Cass., 17 aprile 2015, n. 7835, s'erano succedute disposizioni di segno opposto, per essersi prima previsto che gli affari radicati presso la sezione distaccata, fossero attribuiti a diverso tribunale e poi che lo fossero a quello di originaria appartenenza della sezione soppressa. Nel caso l'opposizione era stata proposta con ricorso, in materia disciplinata dall'art. 447-bis c.p.c., dopo l'entrata in vigore della seconda disposizione e la cassazione ha affermato essere competente per l'esame dell'opposizione il tribunale cui la sezione distaccata soppressa era appartenuta.

Quando nel corso del processo sono i fatti che sopravvengono

Pure per le modificazioni dello stato di fatto sopravvenute dopo che la domanda è proposta vale il principio per cui assumono rilevanza, quante volte valgano ad attribuire al giudice adito la giurisdizione che a quel momento mancava (Cass. 8 ottobre 2014 n. 21221).

Si consideri il caso su cui ebbe ad intervenire la sentenza Cass., Sez. Un., 13 settembre 2005, n. 18126 pronunciata nella materia della revisione dei prezzi nel campo degli appalti di lavori pubblici.

Allora, la pretesa a un maggior compenso a titolo di revisione dei prezzi, il cui statuto era quello dell'interesse legittimo, dava però luogo ad un diritto soggettivo alla sua corresponsione, azionabile davanti al giudice ordinario, una volta che ne fosse intervenuto il riconoscimento da parte dell'amministrazione appaltatrice. Di qui la conseguenza che, propostasi domanda al giudice ordinario prima che il riconoscimento si fosse avuto, intervenuto il riconoscimento in pendenza del giudizio, la giurisdizione del giudice ordinario adito ne risultava convalidata.

Non è il fatto che muta, determinando la diversa disciplina della giurisdizione, ma la disciplina della giurisdizione quanto alle controversie che ne derivano, quando questa è spostata da uno ad altro giudice, come nel caso, deciso da Cass., Sez. Un., 19 febbraio 2002, n. 2415, a proposito della equiparazione, ai fini della tutela giurisdizionale, delle concessioni in materia di lavori pubblici agli appalti, con conseguente spostamento della giurisdizione dal giudice amministrativo al giudice ordinario.

Quando poi lo spostamento della giurisdizione da uno ad altro giudice investe rapporti di durata, la giurisprudenza delle sezioni unite si è venuta orientando nel senso che, se la domanda investe anche per il periodo anteriore un aspetto del rapporto che connoti nello stesso modo il periodo successivo, la giurisdizione di cui è investito il secondo giudice investe l'aspetto controverso del rapporto nella sua interezza (Cass., Sez. Un., 19 maggio 2014 n. 10918; Cass., Sez. Un., 29 maggio 2012 n. 8520).

Per converso, un tale spostamento non si ha, se la domanda è proposta per far valere diritti nascenti da un fatto che si allega essersi prodotto prima che il rapporto è cessato, ancorché all'epoca della domanda la giurisdizione sia stata trasferita ad altro giudice (Cass. 19 maggio 2014 n. 10915). Nel caso peraltro, il diritto dedotto in giudizio era stato espressamente escluso da una norma, in vigore all'atto della cessazione del rapporto, ma in seguito ed in data successiva al trasferimento della giurisdizione dal giudice amministrativo dichiarata costituzionalmente illegittima. Le parti per il riconoscimento del diritto avevano adito il giudice ordinario. La cui giurisdizione la Cassazione ha riconosciuto in base al principio per cui la giurisdizione si determina con riferimento al "momento storico dell'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta controversia".

Riferimenti

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Oriani, E' possibile la translatio iudicii nei rapporti tra giudice ordinario e giudice speciale: divergenze e consonanze tra Corte di cassazione e Corte costituzionale, FI 2007, I, 1013;

Proto Pisani, Note sulle sanatorie retroattive nel processo civile, FI 2011, V, 313;

Satta, Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1966, Libro primo, p. 75;

Villata, Sulla nozione e sulla rilevabilità d'ufficio della litispendenza internazionale nella l. 218/95, RDP 2013, 1574.

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