Attribuzione di un autonomo bene della vita: istanza al giudice e non al CTU

Redazione scientifica
07 Settembre 2016

Le istanze che possono essere presentate al CTU non contemplano domande che mirano all'attribuizione di un autonomo bene della vita, che devono necessariamente essere rivolte al giudice.

Il caso Tizia cita in giudizio i suoi due fratelli, Caio e Sempronio, e la moglie del defunto padre per ottenere lo scioglimento della comunione ereditaria del patrimonio del deceduto. Caio e Sempronio si costituiscono invocando la preventiva collazione dei beni ricevuti a titolo di donazione da Tizia e chiedendo che nella divisione si tenesse conto delle anticipazioni da loro effettuate nei confronti del padre, sia come esborso che come migliorie di beni. Viene nominato un CTU che effettua tre relazioni per il progetto divisionale ed il Tribunale incaricato pronuncia lo scioglimento della divisione, stabilendo i conguagli in denaro spettanti all'attrice e alla moglie del defunto.

Contro questa sentenza propongono appello Caio e Sempronio chiedendo un nuovo progetto divisionale che tenesse conto dei rilievi operati e la correzione degli importi stabiliti dal giudice di prime cure per la liquidazione dei conguagli. La Corte d'Appello dispone una nuova consulenza tecnica; la causa viene dichiarata interrotta per la morte della moglie del defunto padre e poi riassunta con la partecipazione del Trust Mevio, che si dichiara cessionario dei diritti di Sempronio, nel frattempo deceduto. Il Tribunale in parte accoglie l'impugnazione dividendo le quote di proprietà tra gli eredi.

Caio, in proprio e nella qualità di trustee del “Trust Mevio” ricorre ora in Cassazione, con tre motivi di ricorso.

Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato Cessata la comunione ereditaria, Caio sostiene di aver costituito con il fratello Sempronio un'altra comunione di tipo volontario, negoziale e stragiudiziale e di aver preso parte al giudizio di divisione chiedendo di restare in comunione su tutti i beni che fossero stati loro assegnati. Caio denuncia l'omissione di pronuncia della Corte d'appello e riporta il contenuto dell'allegato 1 della CTU di secondo grado ove gli appellanti chiedevano che “nel progetto divisionale gli assegni di competenza ai fratelli venissero valutati con un unico assegno”.

Espressa istanza delle parti interessate La Suprema Corte ricorda anzitutto che più volte ha affermato l'ammissibilità della richiesta di alcuni coeredi di «attribuzione di una porzione corrispondente ad una quota pari alla somma delle singole quote loro spettanti» (Cass. civ., sez. II, 10 gennaio 2014 n. 407). In ogni caso, specifica la Corte, l'attribuzione congiunta di quote a più condividendi necessita di espressa istanza delle parti interessate.

Caio aveva illustrato genericamente di aver proposto apposita domanda nel primo grado e nell'appello ed aveva invece dedotto specificatamente di aver formulato tale istanza, ex art. 366 c.p.c., nell'allegato 1 della CTU di secondo grado. L'omessa pronuncia dei giudici di seconde cure aveva dunque condotto Caio all'impugnazione della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. e delle norme del c.c. in materia di comunione e condivisione.

Istanza rivolta al CTU La Corte, ribadendo che Caio aveva inserito la richiesta di attribuzione congiunta delle quote nell'allegato 1 alla Relazione del CTU, afferma che tale istanza doveva essere rivolta direttamente al giudice.

Infatti, ex art. 90, comma 2, c.p.c., il CTU non «può ricevere altri scritti difensionali oltre a quelli contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall'art. 194 c.p.c. , ovvero non può tener conto di scritti contenenti osservazioni ed istanze al di fuori di quelli che vengano presentati nel contraddittorio che si istituisce in sede di indagini (Cass. civ., sez. II, 12 dicembre 1977 n. 5396). Inoltre, prosegue la Corte, ex art. 195, comma 2, c.p.c., se il CTU compie indagini senza l'intervento del giudice, deve farne relazione «tenendo conto delle osservazioni ed istanze che le parti, anche a mezzo dei propri consulenti, possono presentare, pur senza essere obbligato a redigere processo verbale (Cass. civ., sez. lav., 11 maggio 2005 n. 9890)».

Omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.? I giudici di legittimità precisano infine che le istanze che possono essere presentate al CTU non contemplano domande che «mirano all'attribuzione di un autonomo bene della vita», escludendo quindi la richiesta dei coeredi di attribuzione congiunta delle quote in sede di scioglimento della comunione.

«L'omessa pronuncia al riguardo di una tale istanza indirizzata al CTU - conclude la Suprema Corte- non configura, quindi, il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.»

La Corte rigetta il ricorso.

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