Impugnazione della decisione dell'arbitro-perito

Redazione scientifica
08 Settembre 2016

Nella perizia contrattuale l'errata interpretazione ed applicazione di una regola di giudizio, quale quella concernente l'individuazione dei parametri di stima del valore di un'azienda, pur potendo costituire abuso di mandato da parte dei periti, tale da comportare loro responsabilità, non costituisce errore tale da condurre ex post all'annullamento giudiziale della determinazione dai medesimi adottata.

IL CASO Un collegio di esperti deve determinare il valore di un'azienda farmaceutica che Tizio, con scrittura privata, si è obbligato a corrispondere a Caio nell'ipotesi, poi verificatasi, del mancato trasferimento a questi dell'azienda acquistata col denaro dal medesimo fornito. Il tribunale di Brindisi pronuncia una sentenza non definitiva accogliendo la domanda di risoluzione del mandato e di annullamento della decisione arbitrale, qualificata perizia contrattuale, avendo ravvisato eccesso dei limiti del mandato ed errore essenziale. I periti infatti avevano applicato, pur non ricorrendone i presupposti, l'art. 110 t.u. leggi sanitarie che riguarda l'indennità dovuta dal vincitore di concorso agli eredi del farmacista o al farmacista decaduto, non determinando il valore commerciale della farmacia come richiesto.

Il tribunale respinge però le domande di nullità della perizia, proposte per aver sostituito un CTU e per mancanza di terzietà per il legame di parentela del terzo arbitro con la controparte.

Caio ricorre in appello e la Corte di Lecce conferma il giudizio di primo grado e respinge anche la domanda di annullamento della decisione arbitrale per eccesso dei limiti del mandato e per errore essenziale.

Caio ricorre dunque in Cassazione con sei motivi di ricorso.

I, II e IV MOTIVO DI RICORSO Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1427-1429 e 1431, 2909 c.c., 112 c.p.c. , 110 T.u.l.s. ed omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione per avere ritenuto i periti liberi di determinare il valore commerciale della farmacia ex art. 110 T.u.l.s.

Con il secondo motivo Caio censura violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1711, 1726, 2909 c.c. e 112 c.p.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non aver la corte ritenuto l'eccesso dei periti dai limiti del mandato ricevuto, avendo scelto liberamente il criterio di valutazione da seguire nella determinazione del valore dell'azienda.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1427 e 1739 c.c., oltre a vizio di motivazione, ritenendo la perizia inficiata da dolo, desunto sia dai rapporti parentali e commerciali tra il terzo arbitro e Tizio, sia dall'iniquità stessa della stima.

PERIZIA CONTRATTUALE E ARBITRATO IRRITUALE La Suprema Corte, nell'affrontare i sovraesposti motivi di ricorso, ritenuti suscettibili di valutazione congiunta, chiarisce anzitutto la distinzione tra perizia contrattuale ed arbitrato irrituale. Nella prima le parti conferiscono ad uno o più terzi il compito di formulare una apprezzamento tecnico che si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro volontà (Cass. civ., 16 marzo 2005 n. 5678), nell'arbitrato irrituale invece i tecnici devono risolvere una controversia giuridica. Inoltre, a differenza dell'arbitraggio ex art. 1349 c.c., l'arbitro-perito «deve attenersi a norme tecniche ed ai criteri tecnico-scientifici propri della scienza, arte, tecnica o disciplina del cui ambito si iscrive la valutazione che è stato incaricato di compiere (Cass. civ., 30 giugno 2005 n. 13954)».

IMPUGNAZIONE DELLA DECISIONE DELL'ARBITRO-PERITO La Corte sottolinea che, sia che si tratti di arbitrato irrituale, che di perizia contrattuale, l'impugnazione può avvenire solo attraverso le tipiche azioni di annullamento del contratto, escludendo quindi gli strumenti previsti per il rito rituale. Rileva quindi la condotta di arbitri-periti che abbia comportato invalidità della perizia stessa (ancora Cass. civ., 16 marzo 2005 n. 5678).

Dunque, prosegue la Corte, «gli errori in procedendo o in iudicando nella perizia contrattuale rilevano solo se cause di invalidità e dunque incapacità e dunque vizi del consenso, non presunti vizi di giudizio sul dictum». Nonostante l'eventuale errata interpretazione ed applicazione di una regola del giudizio si possa ricondurre alla figura di abuso di mandato, non sarà comunque un errore sindacabile in giudizio.

PRECLUSA IMPUGNATIVA PER ERRORE DI DIRITTO La Suprema Corte specifica che, salvo si tratti di errore percettivo, è preclusa l'impugnazione per errori compiuti dagli arbitri nella valutazione ed interpretazione del diritto. Riconducendo dunque la violazione alle cause di invalidità, prosegue la Corte «la sua deduzione comporta un'indagine sull'effettivo contenuto del mandato stesso ed apprezzamenti riservati al giudice del merito e non censurabili in Cassazione, se correttamente motivati ed ispirati ali criteri legali di ermeneutica contrattuale».

Avendo la corte del merito chiarito con congrua motivazione le ragioni per cui non era ravvisabile un errore di fatto degli arbitri-periti, tale accertamento resta insindacabile in sede di legittimità e dunque i morivi di ricorso analizzati sono da considerarsi infondati.

III e V MOTIVO DI RICORSO Con il terzo motivo di ricorso Caio deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1711, 1717 e 1726 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non avere la sentenza impugnata ritenuto viziata la perizia, essendo stato nominato un C.T.U. ulteriore per la stima: ammesso per specifici elementi tecnici, non è ammissibile per lo svolgimento dell'intero compito ricevuto.

Con il quinto motivo di ricorso , proposto in via subordinata, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1711 e 1726 c.c. per non avere la sentenza impugnata ritenuto valida la revoca del mandato.

REVOCA DEL MANDATO La Corte, nell'accogliere invece il terzo e quinto motivo di ricorso, enuncia il seguente principio di diritto: « Nella perizia contrattuale la revoca, ad opera di alcuni soltanto dei mandanti, del mandato collettivo conferito ai periti è , in presenza di una giusta causa, immediatamente produttiva dell'effetto estintivo, che si produce ex nunc e che, in caso di contestazione, spetta al giudice di accertare con sentenza dichiarativa, senza che tuttavia la proposizione di tale azione costituisca affatto condizione di efficacia della revoca stessa. Ove le parti abbiano incaricato uno o più esperti, anche costituiti in collegio, di svolgere una perizia contrattuale, costituisce giusta causa di revoca la sub-delega, da parte di essi, ad un diverso esperto dell'intero incarico valutativo ricevuto, salvo non consti il consenso esplicito in tal senso dei soggetti mandanti».

La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa dinnanzi alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

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