Revoca e rinuncia della procura alle liti
30 Gennaio 2017
Cenni generali sulla procura alle liti e contratto di patrocinio
La procura alle liti è l'atto formale con il quale si attribuisce al difensore lo ius postulandi di rappresentare la parte nel processo (Cass., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4814) ed è distinto dal contratto di patrocinio che concerne la disciplina sostanziale del mandato. Pertanto, la procura ad litem ex art. 83 c.p.c. è un negozio unilaterale processuale, formale ed autonomo ( Cass., 23 novembre 1979, n. 6113), che investe della rappresentanza in giudizio il difensore e si distingue dal rapporto interno, il quale ha fonte nel contratto di prestazione d'opera professionale stipulato tra quest'ultimo e la parte - o chi per essa - (Cass., 24 febbraio 2010, n. 4489; Cass., 4 aprile 1997, n. 2910; Cass., 8 giugno 1996, n. 5336; Cass., 26 gennaio 1981, n. 579; Cass., 6 dicembre 1971, n. 3547), restando insensibile alla sorte del contratto di patrocinio (Cass., 2 settembre 1997, n. 8388). Ne consegue che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, e che non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma (Cass., 6 luglio 2015, n.13927; Cass., 29 agosto 2014, n. 18450; Cass., 18 luglio 2002, n. 10454). La legge non determina il contenuto necessario della procura, limitandosi a distinguere tra procura generale e speciale (art. 83 c.p.c., comma 2), stabilendo che il difensore può compiere e ricevere, nell'interesse della parte, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati, mentre non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere (art. 84 c.p.c.). Chiarito che il contenuto della procura alle liti è determinato dalla natura del rapporto controverso e dal risultato perseguito dal mandante nell'intentare la lite o nel resistere ad essa (Cass., 18 aprile 2003, n. 6264; Cass., 4 aprile 1997, n. 2910; Cass., 6 marzo 1979, n. 1392), si è posto in rilievo che i poteri processuali risultano al difensore attribuiti direttamente dalla legge, atteso che con la procura la parte realizza semplicemente una scelta ed una designazione, e non anche un'attribuzione di poteri, al cui riguardo la volontà della stessa parte è irrilevante, potendo assumere rilievo esclusivamente al fine della eventuale limitazione dei poteri del procuratore derivanti dalla legge ( Cass., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19510; Cass., 13 luglio 1972, n. 2373). Alla procura alle liti, in assenza di specifica regolamentazione, si applica la disciplina codicistica sulla rappresentanza e sul mandato, avente carattere generale rispetto a quella processualistica (Cass., sez. un., 4 maggio 2006, n. 10209; Cass., sez. un., 28 luglio 2005, n. 15783; Cass., sez. un., 6 agosto 2002, n. 11759. In ordine all'applicabilità al mandato alle liti dei criteri ermeneutici di cui all'art. 1362 ss. c.c., si rinvia a Cass., sez. un., 4 maggio 2006, n. 10209; Cass., 7 gennaio 2004, n. 47; Cass., 3 febbraio 1999, n. 921; Cass., 10 marzo 1998, n. 2646; Cass., 7 maggio 1997, n. 3966), compreso il principio generale posto all'art. 1708 c.c. secondo cui il mandato comprende tutti gli atti necessari al compimento dell'incarico conferito (Cass., 18 aprile 2003, n. 6264; Cass., 4 aprile 1997, n. 2910; Cass., 6 marzo 1979, n. 1392).
La procura ad litem può sempre essere revocata e il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore. Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 301 c.p.c. non sono cause d'interruzione la revoca della procura o la rinuncia ad essa, come ribadito anche da Cass., 20 settembre 2013, n. 21608 e Cass., 20 ottobre 2014, n.22235, essendosi affermato che il decesso dell'unico difensore non determina l'interruzione del processo, ma attiva il potere del giudice adito di differire l'udienza di discussione, disponendo la comunicazione alla parte personalmente per consentirle la nomina di un nuovo difensore. Pertanto, la rinuncia al pari della revoca, non incide sulla prosecuzione del giudizio atteso che, in ossequio al principio della c.d. perpetuatio dell'ufficio defensionale consacrato negli artt. 85 e 301 c.p.c., fino alla sua sostituzione, il difensore rinunciante o revocato conserva lo ius postulandi con riguardo al processo in corso, sia per quanto riguarda la legittimazione a ricevere gli atti nell'interesse del mandante, sia per quanto riguarda la legittimazione a compiere atti nell'interesse di quest'ultimo (Cass., 9 aprile 2013, n. 8568). Sempre sotto tale aspetto, nel caso di morte del difensore, la costituzione per proseguire il processo avvenuta con comparsa di costituzione di nuovo difensore e sua partecipazione all'udienza impedisce l'interruzione del processo, anche se il nuovo difensore venga successivamente revocato (Cass., 18 dicembre 2015, n. 25596). Rinuncia al mandato
L'avvocato che rinuncia al mandato non può essere tenuto ad espletare lo ius postulandi a tempo indeterminato se il cliente non provvede alla sua sostituzione, per cui se quest'ultimo non provvede in tempi ragionevoli alla nomina di un altro difensore, nel rispetto degli obblighi di legge, l'avvocato rinunciatario non è responsabile per la mancata successiva assistenza legale, essendo comunque tenuto ad informare la parte delle comunicazioni e/o notificazioni di atti che dovessero pervenirgli. In caso di irreperibilitàdel cliente, l'avvocato deve comunicare la rinuncia al mandato con raccomandata r.r. alla parte assistita all'indirizzo anagrafico di residenza od all'ultimo domicilio conosciuto, al fine di conseguire con l'adempimento di tale formalità, l'esonero da ogni altra attività, indipendentemente dal fatto che il proprio assistito abbia effettivamente ricevuto tale comunicazione ovvero, intenda o meno dare corso al relativo contenuto officiando della difesa altro avvocato. Revoca del mandato
Il patrocinato è sempre libero di rinunciare all'avvocato precedentemente nominato, revocandogli per qualsiasi ragione il mandato professionale. La revoca, come la rinuncia, è un atto recettizio a forma libera, potendo avvenire anche per facta concludentia, oltre che per iscritto, mediante l'invio di una raccomandata r/r, in modo da avere riscontro sul ricevimento, oppure una comunicazione eseguita a mezzo di posta elettronica certificata. Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la rinuncia agli atti depositata nel giudizio di cassazione a nome del ricorrente, sottoscritta dal solo avvocato, privo di mandato speciale a tale effetto, seppure irrituale come rinuncia, è tuttavia espressiva della sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, che va pertanto dichiarato inammissibile (Cass., 7 marzo 2013, n.5698). La revoca o la rinuncia al mandato da parte del procuratore costituiscono dichiarazioni recettizie a forma libera che possono, dunque, ma non devono necessariamente avvenire per atto pubblico, quand'anche per atto pubblico la procura generale ad lites o speciale sia stata conferita al difensore ex art. 83 c.p.c., comma 2, destinate a non avere effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del medesimo difensore ai sensi dell'art. 85 c.p.c. (Cass., 18 dicembre 2012, n.23324). Ciò significa che il difensore una volta privo dello ius postulandi in relazione al processo civile nel quale ha rinunciato al mandato e nel quale è intervenuta la nomina di un nuovo difensore, ha la possibilità di proporre appello soltanto se reinvestito dello ius postulandi mediante una nuova procura ad hoc conferitagli dal rappresentato. Quanto sopra ad ulteriore conferma del principio costantemente affermato dalla Cassazione secondo cui le vicende della procura alle liti sono disciplinate dall'art. 85 c.p.c., in guisa diversa dalla disciplina della procura al compimento di atti di diritto sostanziale, perchè, mentre nella disciplina sostanziale è previsto che chi ha conferito i poteri può revocarli o chi li ha ricevuti dismetterli con efficacia immediata, invece né la revoca nè la rinuncia privano - di per sè - il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti. La giustificazione di tale diversa disciplina consegue - appunto - dal fatto che i poteri attribuiti dalla legge processuale al procuratore non sono quelli che liberamente determina chi conferisce la procura, ma - come quelli in cui si concreta lo ius postulandi - sono attribuiti dalla legge al procuratore che la parte si limita a designare. E, in base all'art. 85 c.p.c., ciò che priva il procuratore della capacità di compiere o ricevere atti, non sono dunque la revoca o la rinuncia di per sè soli, bensì il fatto che alla revoca od alla rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore (Cass., 14 aprile 2004, n. 7073; Cass., 11 aprile 2001, n. 5410; Cass., 29 ottobre 1997, n. 10643; Cass., 20 ottobre 1989, n. 4226; Cass., 10 febbraio 1987, n. 1383).La revoca o la rinuncia al mandato da parte del procuratore costituiscono dichiarazioni recettizie a forma libera che possono, dunque, ma non devono necessariamente avvenire per atto pubblico, quand'anche per atto pubblico la procura generale ad lites o speciale sia stata conferita al difensore ex art. 83 c.p.c., comma 2, destinate a non avere effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del medesimo difensore ai sensi dell'art. 85 c.p.c. (Cass., 18 dicembre 2012, n.23324). Ciò significa che il difensore una volta privo dello ius postulandi in relazione al processo civile nel quale ha rinunciato al mandato e nel quale è intervenuta la nomina di un nuovo difensore, ha la possibilità di proporre appello soltanto se reinvestito dello ius postulandi mediante una nuova procura ad hoc conferitagli dal rappresentato. Revoca e rinuncia tacita del mandato difensivo
La nomina di un nuovo difensore e domiciliatario nel corso del processo comporta la revoca tacita del precedente difensore e domiciliatario, salva diversa manifestazione di volontà, potendo la revoca pacificamente avvenire anche per facta concludentia (Cass., 12 settembre 2014, n. 19331; Cass., 20 dicembre 2004, n. 23589), come nell'ipotesi in cui la parte, avendo la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, decida di stare in giudizio di persona, posto che la circostanza che lo stesso sia inizialmente ricorso al ministero di altro professionista, non lo disabilita di certo a difendersi da solo. Infatti la revoca o la rinuncia al mandato da parte del difensore costituiscono dichiarazioni recettizie a forma libera che possono ma non necessariamente devono avvenire per atto pubblico, quand'anche per atto pubblico la procura generale o speciale sia stata conferita ex art. 83 c.p.c., comma 2, destinate a non avere effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore (Cass., 18 dicembre 2012, n.23324). La giurisprudenza ha quindi ritenuto che la semplice nomina, nel corso del giudizio, di un secondo avvocato non autorizza, di per sé sola, in difetto di univoche espressioni contrarie, a presumere che la stessa sia fatta in sostituzione del primo difensore dovendosi invece presumere che sia stato aggiunto al primo un secondo patrocinatore legale, e che ognuno di essi sia munito di pieni poteri di rappresentanza processuale della parte, in base al principio del carattere ordinariamente disgiuntivo del mandato stabilito dall'art. 1716, secondo comma, c.c. (Cass., 4 maggio 2005, n. 9260; Cass., 13 febbraio 2002, n. 2071). La nomina di un nuovo difensore nel corso del giudizio in sostituzione di altro, deceduto o sostituito per rinuncia o altra causa, può essere effettuata anche su un atto diverso da quelli indicati nel 3 comma dell'art. 83 c.p.c., purché evidenzi inequivocabilmente la volontà della parte di conferire la procura (Cass., 22 marzo 2001, n.4103). Lo stesso dicasi per la rinuncia del difensore al mandato, che non richiedendo un atto formale, può avvenire per facta concludentia, ma, in tal caso si è ritenuto che non basta la sola assenza del difensore dalle udienze, occorrendo anche altri fatti i quali, considerati insieme a detta assenza, inducano a ritenere cessato il rapporto tra la parte ed il difensore (Cass., Sez. Un., 7 ottobre 1981, n.5260). L'art. 85 c.p.c. mira ad evitare una vacatio dello ius postulandi e per tale ragione è stato interpretato nel senso che, ai fini della sostituzione, il difensore conserva le sue funzioni con riguardo alle vicende del processo civile obiettivamente considerate, e ciò sia per quanto concerne la legittimazione a ricevere atti nell'interesse del proprio cliente, sia per quanto concerne la legittimazione a compierli nell'interesse di quest'ultimo (Cass., 9 dicembre 1992, n.13018; Cass., 20 ottobre 1989, n. 4226; Cass., 10 febbraio 1987, n. 1383). In base al principio consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità la rinunzia alla procura da parte del difensore, come del pari la revoca della procura da parte del cliente, a norma dell'art. 85 c.p.c. non fa quindi perdere all'avvocato rinunciante o revocato lo ius postulandi e la rappresentanza legale del cliente per tutti gli atti del processo, fino a quando non si sia provveduto alla sua sostituzione con un altro difensore, sicchè per effetto del principio della c.d. perpetuatio dell'ufficio di difensore la revoca o la rinuncia al mandato difensivo non ha efficacia alcuna nel processo e non determina, a fortiori nell'ambito del giudizio di cassazione che è caratterizzato da uno svolgimento per impulso d'ufficio, la relativa interruzione fino a quando non sia avvenuta la sostituzione dello stesso difensore (cfr. Cass., 24 gennaio 2013, n. 8568; Cass., 18 dicembre 2012, n. 23324; Cass., 9 luglio 2009, n. 16121; Cass., 2 marzo 2000, n. 2309; Cass., 28 ottobre 1995, n. 11303), sicchè l'avviso d'udienza ed ogni singolo atto del processo civile - vanno comunicati al difensore non ancora sostituito e non alla parte personalmente (cfr. Cass., 2 marzo 2000, n. 2309; Cass., 25 maggio 1984, n. 3227). Effetti della revoca e della rinuncia della procura alle liti
La procura alle liti può essere sempre revocata ed il difensore può sempre rinunciarvi, ma la revoca e la rinuncia non hanno effetti nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore. E' stato precisato al riguardo che ai sensi dell'art. 85 c.p.c., la revoca della procura e la rinuncia al mandato difensivo non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finchè non sia avvenuta la sostituzione del difensore, con la conseguenza che la notifica dell'impugnazione deve, in siffatta situazione, essere compiuta al difensore non ancora sostituito e non alla parte personalmente, giusta disposto dell'art. 330, comma 1, seconda parte del codice di procedura civile (Cass., 3 giugno 2016, n.11504; Cass., 23 aprile 2004, n.7771; Cass., 25 maggio 1984, n.3227). E' opportuno ribadire come le vicende della procura alle liti sono disciplinate dall'art. 85 c.p.c., in guisa diversa dalla disciplina della procura al compimento di atti di diritto sostanziale, perchè, mentre nella disciplina sostanziale è previsto che chi ha conferito i poteri può revocarli, o chi li ha ricevuti dismetterli, con efficacia immediata, invece nè la revoca nè la rinuncia privano - di per sè - il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti. La giustificazione di tale diversa disciplina consegue dal fatto che i poteri attribuiti dalla legge processuale al difensore non sono quelli che liberamente determina chi conferisce la procura, ma - come quelli in cui si concreta lo ius postulandi - sono attribuiti dalla legge all'avvocato che la parte si limita a designare. In base all'art. 85 c.p.c., ciò che priva il difensore della capacità di compiere o ricevere atti, non sono dunque la revoca o la rinuncia di per sè soli, bensì il fatto che alla revoca od alla rinuncia si accompagni la sostituzione del medesimo difensore (Cass., 28 luglio 2010, n.17649; Cass., 14 aprile 2004, n. 7073; Cass., 11 aprile 2001, n. 5410; Cass., 29 ottobre 1997, n. 10643; Cass., 20 ottobre 1989, n. 4226; Cass., 10 febbraio 1987, n. 1383). Pertanto la revoca della procura o la rinuncia al mandato non comporta de plano il venire meno dell'attività processuale ritualmente svolta dal difensore della parte, ancorché successivamente dimissionario o revocato (Cass., 3 giugno 1997, n. 4944), con la conseguenza che la costituzione della parte nel processo civile non viene meno per mero effetto della successiva rinuncia del proprio difensore (Cass., 4 agosto 2005, n.16336). La revoca del mandato all'avvocato non è causa interruttiva del giudizio, per espresso dettato normativo (art. 301, ultimo comma, c.p.c.), atteso che la revoca della procura ad litem è priva di effetto nei confronti dell'altra parte finché non è avvenuta la sostituzione del difensore, non perdendo il difensore rinunciante lo jus postulandi, fino alla sua sostituzione (Cass., 11 aprile 2001, n. 5410). La revoca del mandato difensivo neppure giustifica il rinvio della causa se la parte è già assistita anche da altro difensore, considerato il dovere del giudice di porre in essere quanto necessario per il celere svolgimento del giudizio, evitando ed impedendo attività processuali inutili e inutili rinvii, che dilatano i tempi del giudizio in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo. Allo stesso modo, la rinuncia al mandato da parte del difensore di una delle parti costituite non costituisce legittimo motivo di rinvio della trattazione della causa, essendo solo in facoltà del giudice di concederlo, ove ne ravvisi l'opportunità, qualora la rinuncia al mandato difensivo sia avvenuta all'udienza od in tempo immediatamente precedente quest'ultima (Cass., 9 febbraio 1987, n.1374). Allo stesso modo, nell'ipotesi in cui la parte risulti essere assistita da due difensori autorizzati a stare in giudizio sia congiuntamente che disgiuntamente, la morte di uno di essi non costituisce causa di interruzione del giudizio in quanto la rappresentanza processuale si concentra nel difensore superstite anche nell'ipotesi di una rinuncia di quest'ultimo al mandato, che continua ex art. 301 c.p.c., a rappresentare il medesimo cliente fino all'effettiva sua sostituzione (Cass., 21 aprile 1990, n.3346), non essendo esonerato dal compimento delle attività difensive immanenti connesse alla funzione di difensore (Cass., 11 novembre 1986, n.6605). È nulla, pertanto la notificazione dell'impugnazione effettuata nel domicilio di un difensore diverso da quello a cui è stata rilasciata la procura ad litem, presso cui è stato eletto domicilio e che è stato indicato quale difensore nell'epigrafe della sentenza impugnata ancorché questi abbia dichiarato di rinunciare al mandato ed ancorché il legale presso cui è stata effettuata la notificazione abbia agito in qualche udienza quale suo sostituto (Cass., 11 aprile 2001, n.5410). E' giuridicamente inesistente - non suscettibile di sanatoria ai sensi dell'art. 291 c.p.c., diversamente dall'ipotesi di nullità dell'atto - la notifica eseguita a difensore revocato dal mandato e poi sostituito, una volta che, della sostituzione, la controparte aveva avuto legale conoscenza (Cass., 19 gennaio 2016, n. 759). L'avvocato che rinuncia al mandato o che subisce la revoca dello stesso ha il dovere di svolgere con diligenza il mandato processuale sino al momento della sua sostituzione con altro difensore, con la conseguenza che sue eventuali negligenze o dimenticanze, come ad esempio un'errata comunicazione alla parte della data dell'udienza di precisazione delle conclusioni, si verificano e consumano nell'ambito del rapporto professionale con il cliente, senza riverberarsi sulla regolarità del processo, nè impongono al giudice l'obbligo di restituire in termini la medesima parte costituita in giudizio e successivamente rimasta senza difensore e quindi dichiarata decaduta da un'attività istruttoria (Cass., 29 maggio 1982, n.3326). Si è al riguardo osservato che la cessazione del rapporto, se impedisce al professionista di svolgere l'attività non svolta prima, non gli impedisce ed anzi lo onera, in ragione dell'obbligo di prestare con diligenza la propria attività, di rappresentare al cliente che l'attività di deduzione delle prove resta da svolgere nel rispetto dei termini processuali. In mancanza, la condotta del professionista si atteggia come omissione colposa, proprio per il fatto, che resta definitivamente consumata la possibilità che egli tenga la condotta dovuta. Conseguentemente, il difensore che, per una diligente prestazione della propria opera intellettuale, abbia l'obbligo di svolgere tempestivamente un'attività nell'ambito del processo, ove cessi dal proprio incarico, per rinunzia o revoca della procura, anteriormente alla scadenza del termine ultimo per il compimento di quell'attività, ha il dovere di evitare ogni pregiudizio al cliente ed è quindi tenuto a compiere l'atto, sin lì mancato, prima della rinunzia od a rappresentare alla parte, che gli revochi la procura, la necessità del compimento dell'atto non ancora posto in essere (Cass., 8 maggio 1993, n.5325). Sullo stesso tema, la più recente giurisprudenza di legittimità ha tuttavia precisato che il difensore il quale abbia rinunciato al mandato, mentre conserva, fino alla sua sostituzione, la legittimazione a ricevere gli atti indirizzati dalla controparte al suo assistito, non è più legittimato a compiere atti nell'interesse del mandante, atteso che la rinuncia al mandato ha pieno effetto tra il cliente ed il difensore e determina il venire meno del rapporto di prestazione d'opera intellettuale instauratosi con il contratto di patrocinio (Cass., 31 maggio 2013, n.13858; Cass., 13 febbraio 1996, n. 1085). Qualora invece il difensore della parte rinunci al mandato conferitogli e siffatta rinuncia abbia spiegato effetto anche nei confronti dell'altra parte per la sua sostituzione con un altro patrocinatore legale, la circostanza che l'avvocato rinunciante abbia continuato nella sua attività non importa la revoca della detta rinuncia, nè surroga la prova del conferimento di una nuova procura per cui è necessaria la forma scritta a pena di nullità, che non resta sanata dall'acquiescenza della controparte alla prestata attività professionale (Cass., 29 novembre 1985, n.5923). Inoltre, nel caso che la parte abbia nominato un altro difensore in sostituzione di quello precedente presso il quale la stessa parte aveva eletto il proprio domicilio, quest'ultimo è tenuto a comunicare al nuovo difensore gli atti in relazione ai quali il domicilio era stato eletto, rientrando l'obbligo di informazione nel più generale dovere di diligenza professionale cui l'avvocato è tenuto verso il proprio cliente, anche in caso di rinuncia o revoca del mandato (Cass., 8 maggio 1993, n. 5325). La Cassazione ha tenuto altresì a rimarcare la circostanza che unitamente all'obbligo di informazione sullo stato della causa, il legale rinunciatario o revocato dal proprio cliente deve consegnare tutta la documentazione in suo possesso, anche quando quest'ultimo non ha provveduto al pagamento delle spese e competenze legali, senza frapporre ostacoli di sorta per l'esercizio dell'attività difensiva nei confronti della controparte, a tale fine precisando che la formale messa a disposizione dei documenti da parte dell'avvocato non esclude la responsabilità disciplinare del suddetto professionista se ne è stata concretamente e di fatto impedita la materiale apprensione (Cass., sez. un., 17 novembre 2011, n.24080). Ed invero, la particolare relazione che si stabilisce tra il soggetto destinatario degli atti ed il difensore domiciliatario non fa venire meno a carico di quest'ultimo gli obblighi connessi alla ricezione degli atti per i quali sia avvenuta la domiciliazione, i quali permangono in capo al domiciliatario anche se nel frattempo la parte abbia nominato un nuovo difensore. Tra tali obblighi rientra quello di informare il nuovo difensore dell'avvenuta notifica di eventuali atti che riguardano la parte, che non può ritenersi assolto se non con la prova, di cui è onerato il domiciliatario, di avere dato notizia dell'avvenuta notifica, perchè solo questa permette al nuovo difensore di fruire compiutamente dello spatium deliberandi predeterminato per legge ai fini della proposizione dell'eventuale contestazione od impugnazione (Cass., 26 febbraio 2009, n.21589). Il trattenimento da parte del legale revocato dall'incarico di copie di documenti precedentemente a lui consegnate dal rappresentato, al fine di consentire la predisposizione di un'adeguata difesa, integra una ipotesi di trattamento dei dati personali che può in via astratta essere considerato legittimo in caso di mancato pagamento del compenso professionale stante la connessione con il diritto di azione del legale insoddisfatto, laddove finalizzato alla determinazione, liquidazione e riscossione del compenso dovuto, tenuto conto del contenuto dei documenti conservati, salvo verifica da un lato, dell'esistenza di un rapporto di funzionalità fra i detti documenti e l'azione intrapresa, nel senso cioè della necessità della produzione per il pieno esercizio del diritto di difesa, essendo solo questo il presupposto della legittimità della loro detenzione, e, dall'altro, l'avvenuto rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza incombenti sul titolare del trattamento (Cass., sez. un., 8 febbraio 2011, n.3033). Prospetto obblighi cliente/avvocato in caso di revoca o rinuncia al mandato difensivo
Il cliente è obbligato a corrispondere all'avvocato il compenso maturato per l'attività svolta L'avvocato è obbligato a restituirela documentazione in suo possesso pertinente la causa L'avvocato deve trasmettere tempestivamente all'ex-cliente le comunicazioni inerenti il giudizio successivamente pervenute al suo studio L'avvocato deve continuare ad osservare l'obbligo di riservatezza rispettando il segreto professionale sugli atti del procedimento riguardante l'ex-cliente L'avvocato deve informare l'ex-cliente dello stato della causa L'avvocato deve compiere gli atti e/o l'attività necessaria a preservare l'interesse dell'ex-cliente nel processo civile evitando ogni pregiudizio alla difesa di quest'ultimo |