Capacità processuale

Lorenzo Balestra
19 Ottobre 2016

Pur avendo sempre la capacità di essere parte, talvolta non si ha la capacità di stare in giudizio compiendo, da soli, validi atti processuali; ex art. 75 c.p.c., sono capaci di stare in giudizio, senza dover essere rappresentate, assistite o autorizzate, le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi fanno valere.
Inquadramento

Per poter correttamente definire la capacità processuale bisogna prima chiedersi cosa si intenda per “parte processuale”; il nostro codice di rito non definisce direttamente tale nozione, tanto che questa è stato oggetto di elaborazione dottrinale.

È stata, così, definita “parte processuale”, che non sempre coincide con la parte in senso sostanziale del diritto oggetto di giudizio, quella che propone la domanda in nome proprio o nel cui nome si propone la domanda o, rispettivamente, colei nei cui confronti la domanda è proposta.

La “parte processuale”, quindi, è quel soggetto che compie gli atti processuali e ne subisce gli effetti ed è destinatario dei provvedimenti del giudice.

A sua volta, la legittimazione processuale (legitimatio ad processum) è, quindi, la posizione soggettiva di colui che, essendo titolare del potere di proporre una domanda, diviene, in quanto eserciti questo potere, titolare della serie ulteriore dei poteri processuali

In evidenza

Non si deve, poi, confondere il concetto di capacità processuale e quindi di legittimazione processuale, come la capacità di essere parte nel processo, con l'effettiva titolarità del diritto fatto valere. Infatti chi non è titolare del diritto vantato ben potrà essere parte processuale (con la conseguenza che la propria domanda risulterà infondata), solo se abbia la capacità di esercitare diritti (capacità di agire data dalla maggiore età o tramite la rappresentanza legale in caso di soggetti incapaci).

A tal proposito la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. I, 25 luglio 1996, n. 6720) è solita identificare la vantata titolarità del diritto fatto valere con la legittimazione processuale; al contrario, a parere di chi scrive, questa affermazione non è corretta. Infatti la legittimazione processuale si riferisce al processo e non al diritto sostanziale vantato: la mancanza di titolarità del diritto vantato porterà alla soccombenza sul piano sostanziale ma non toglierà la legittimazione al processo.

Mentre si ha sempre la capacità di essere parte, talvolta non si ha la capacità di stare in giudizio compiendo, da soli, validi atti processuali. Infatti, a mente dell'art. 75 c.p.c., sono capaci di stare in giudizio, senza dover essere rappresentate, assistite o autorizzate, le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi fanno valere.

Qui si trova la sottile differenza compiuta dall'art. 75, comma 1, c.p.c., il quale non si riferisce ai soggetti che possono stare in giudizio, ma fa riferimento solo ai soggetti che sono capaci di stare in giudizio.

Alcuna dottrina ha, quindi, identificato la capacità processuale come un modo di essere del soggetto in sé e la legittimazione processale come un modo di essere rispetto ad altri.

Gli incapaci

Gli incapaci, che non hanno il libero esercizio dei diritti, per qualsiasi causa, sono soggetti che non possono stare in giudizio ex art. 75, comma 2,c.p.c.

Il libero esercizio dei diritti è escluso per gli incapaci che sono: i minori di età, rappresentati in giudizio dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale e, in mancanza degli stessi, da un tutore; dall'interdetto, che è rappresentato sempre da un tutore.

Incapaci a stare in giudizio sono anche il minore emancipato (salvo che sia stato autorizzato all'esercizio dell'impresa ai sensi dell'art. 397 c.c.) e il maggiore inabilitato che sono assistiti in giudizio dal curatore.

Per il soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno, non trattandosi di misura incapacitante, non dovrebbe venir meno la capacità di stare in giudizio, anche se è bene osservare che la misura dell'amministrazione di sostegno può consistere in una molteplicità di atteggiamenti, tale da arrivare a svuotare, sostanzialmente, la capacità del soggetto amministrato e da sfociare, almeno sotto l'aspetto processuale, in una sostanziale incapacità di stare in giudizio.

La giurisprudenza ha precisato che: “Il tutore dell'interdetto, essendo tenuto a proteggere gli interessi della persona tutelata, non ha bisogno dell'autorizzazione del giudice tutelare né per resistere alla lite promossa da un terzo nei confronti dell'interdetto, né per impugnare la relativa sentenza, né per coltivare le liti promosse dall'interdetto in epoca anteriore all'interdizione (principio affermato in un caso in cui il tutore aveva proposto ricorso per cassazione contro la sentenza d'appello in un giudizio nel quale l'interdetto era stato convenuto in primo grado prima che ne venisse dichiarata l'interdizione).” (Cass. civ., sez. II, 24 marzo 2009, n. 7068, in Mass. Giur. It., 2009).

Per quanto riguarda l'inabilitato (o il minore emancipato), il curatore non assume il ruolo né di rappresentante legale né di sostituto processuale dell'incapace, ma svolge solo funzioni di assistenza e di supporto, pertanto: «Il curatore dell'inabilitato non assume il ruolo né di rappresentante legale né di sostituto processuale dell'incapace, ma svolge solo funzioni di assistenza e di supporto, sicché, in caso di citazione in giudizio del solo curatore, è radicalmente invalida la sentenza pronunciata a conclusione di un procedimento parimenti nullo» (Cass. civ., sez. VI, ord., 30 gennaio 2015, n. 1773).

Quanto alla particolare figura dell'incapace naturale la giurisprudenza è oggi concorde nel ritenerlo escluso dal novero di coloro i quali difettano di capacità processuale. Infatti, poiché l'incapacità processuale è collegata all'incapacità di agire di diritto sostanziale e non alla mera capacità naturale, l'incapace naturale conserva la piena capacità processuale fino a quando non sia stata pronunciata, nei suoi confronti, una sentenza di interdizione, ovvero non gli sia stato nominato il tutore provvisorio: «L'art. 75 c.p.c. , nell'escludere la capacità processuale delle persone che non hanno il libero esercizio dei propri diritti, si riferisce solo a quelle che siano state legalmente private della capacità di agire con una sentenza di interdizione o di inabilitazione o con provvedimento di nomina di un tutore o di un curatore provvisorio, e non alle persone colpite da incapacità naturale. Infatti, l'incapacità processuale è collegata alla incapacità di agire di diritto sostanziale e non alla mera incapacità naturale, cosicché l'incapace naturale conserva la piena capacità processuale sino a quando non sia stata pronunciata nei suoi confronti una sentenza di interdizione, ovvero non gli sia stato nominato, durante il giudizio che fa capo a tale pronunzia, il tutore provvisorio ai sensi dell'art. 419 c.p.c. » (Cass. civ., sez. lav., 7 giugno 2003, n. 9147).

Segue: Casistica

CASISTICA

In tema di rappresentanza processuale della persona giuridica, colui che conferisce la procura alle liti ha l'obbligo di indicare la fonte del proprio potere rappresentativo e, ove tale potere derivi da un atto soggetto a pubblicità legale, la controparte che lo contesti è tenuta a provare l'irregolarità dell'atto di conferimento, mentre, in caso contrario, spetta a chi ha rilasciato la procura dimostrare la validità e l'efficacia del proprio operato (Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014, n. 20563).

Persona Giuridica

Il potere di stare in giudizio in nome e per conto di altri (e di rilasciare, eventualmente, in tale veste, anche la procura al difensore, ove occorra) presuppone, salvi i casi di rappresentanza legale (art. 75 c.p.c.) un mandato che abbia forma scritta e conferisca potere rappresentativo anche con riferimento al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, atteso che il potere di agire o di resistere in sede processuale non è autonomamente disponibile rispetto alla titolarità del bene della vita in relazione al quale venga richiesta tutela in giudizio. Il principio di cui all'art. 1392 c.c., in forza del quale la procura non ha effetto se non sia conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere, non si applica, peraltro, con riferimento all'incarico di gestire una lite, in ordine al quale non assume rilevanza lo scopo cui il giudizio è strumentalmente diretto (Cass. civ., sez. I, n. 9893/2004 ; App. Napoli, sez.. II, 30 maggio 2008).

Incaricato di gestire una lite

In tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l'onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l'ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l'organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall'atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l'onere di riscontrare l'esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all'effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa. (Nella specie, le Sezioni unite, con riferimento ad un ricorso per regolamento di competenza, hanno disatteso l'eccezione di inammissibilità avanzata dai controricorrenti relativa alla invalidità della procura rilasciata dalla società ricorrente per assunto difetto di legittimazione alla rappresentanza processuale della persona fisica che l'aveva conferita, siccome rimasta priva di prova e risultata comunque formulata solo con la memoria di cui all'art. 47 c.p.c., depositata, però, tardivamente). (Regola competenza, Trib. Parma, 23 giugno 2004) (Cass. civ., sez. un., ord., 1 ottobre 2007, n. 20596).

Potere rappresentativo verificato consultando gli atti soggetti a pubblicità legale

In tema di legitimatio ad processum il potere rappresentativo con la relativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento della procura, può essere conferito soltanto a chi sia investito della rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, sicché, qualora non si sia formato sul punto il giudicato, il difetto di siffatti poteri, che -comportando l'esclusione della legittimazione processuale - concerne la regolare costituzione del rapporto processuale, può essere rilevato d'ufficio anche da parte del giudice di legittimità attraverso l'esame diretto degli atti (Cass. civ., sez. II, 16 settembre 2003, n. 13550).

Rappresentanza sostanziale

In tema di capacità processuale, ai sensi dell'art. 75 c.p.c., il potere di rappresentanza di un ente o di una società dotata di personalità giuridica, ove spettante al presidente, deve essere di regola riconosciuto anche al vice presidente, cui normalmente competono funzioni vicarie senza necessità di apposita delega. (Nella fattispecie, relativa alla domanda di risarcimento danni da sinistro stradale, la S.C. ha ritenuto infondata la eccezione del resistente di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla compagnia di assicurazioni, avente forma giuridica di scarl, perché sottoscritto da difensore munito di procura rilasciata da soggetto che, in quanto vice presidente, doveva ritenersi privo del potere rappresentativo della società) (Cass. civ., sez. III, 9 novembre 2006, n. 23916).

Vice presidente

Il direttore generale di una società di capitali può assumere la rappresentanza, anche processuale, della società medesima, in forza di disposizione statutaria o per delega (che sia ammessa dallo statuto sociale) da parte degli amministratori. Pertanto, qualora a seguito di proposizione di ricorso per cassazione, la controparte si limiti a rilevare che non risulta la fonte del potere esercitato dal direttore generale conferente la procura speciale "ad litem", deducendo al riguardo una carenza di prova, deve escludersi che l'ammissibilità dell'impugnazione esiga la specificazione od allegazione della fonte del relativo potere, spettando alla controparte medesima, che sostenga l'apposizione di limiti al potere stesso nell'atto di delega, di fornire la relativa dimostrazione (Cass. civ., sez. lav., 18 maggio 2006, n. 11661).

Direttore generale di società di capitali

Il principio della irrilevanza del mutamento dell'organo investito della rappresentanza processuale della persona giuridica, sulla regolarità del procedimento iniziato in forza di procura rilasciata dal precedente rappresentante, trova applicazione anche quando il mutamento avvenga dopo che la procura sia stata rilasciata, ma prima che il processo (o il grado del processo) sia attivato con il deposito in cancelleria o con la notificazione dell'atto. (Rigetta, App. Genova, 31 agosto 2004) (Cass. civ., sez. lav., sent., 10 novembre 2008, n. 26935).

Principio dell'irrilevanza del mutamento dell'organo investito della rappresentanza processuale della persona giuridica

Sulla base dei principi generali desumibili dall'art. 75 c.p.c. , a tenore dei quali le persone che non hanno il libero esercizio dei diritti non possono stare in giudizio se non rappresentate secondo le norme che regolano la loro capacità, le persone fisiche che hanno la rappresentanza dell'incapace ne hanno anche la rappresentanza processuale, con la conseguenza che gli atti del processo, ancorché diretti a quest'ultimo, vanno notificati esclusivamente alle prime (T.A.R. Liguria, sez. I, 10 dicembre 2002, n. 1188).

Rappresentanza dell'incapace

Il ricorso per cassazione non può essere proposto dal (o, nei confronti del) presidente della circoscrizione comunale, anche quando si tratti di tributi (nella specie, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche e l'imposta sulla pubblicità) pertinenti alla circoscrizione stessa, non essendo a tale organo delegabile, per legge e per statuto, la funzione di rappresentanza unitaria del Comune, che spetta, ai sensi degli artt. 6 e 50 del d.lg. n. 267 del 2000 (testo unico sull'ordinamento degli enti locali), al Sindaco ed è delegabile, per settori, ad alcuni dirigenti amministrativi (Cass. civ., sez. V, 7 agosto 2009, n. 18162).

Presidente della circoscrizione comunale

Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, il riconoscimento in capo al Presidente della Provincia della rappresentanza dell'ente, ai sensi dell'art. 50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, non costituisce un principio inderogabile, dovendosi ritenere ammissibile che lo statuto della Provincia - ed anche il regolamento della Provincia, ma soltanto se lo statuto contenga, in materia, un espresso rinvio alla normativa regolamentare, ponendosi il relativo onere probatorio a carico dell'Amministrazione - possa legittimamente attribuire la legittimazione processuale in ordine all'intero contenzioso al dirigente dell'ufficio legale, il quale, ove ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l'incarico ad un professionista legale interno o del libero foro. (Nella specie, la S.C., nel dichiarare inammissibile il ricorso per nullità della procura, sottoscritta dal dirigente dell'avvocatura provinciale e non dal Presidente della Provincia, ha escluso l'esistenza di un espresso rinvio nello statuto della Provincia di Benevento alla normativa regolamentare, neppure desumibile, per implicito, dalle disposizioni statutarie relative alla nomina dei responsabili delle aree e dei settori con conferimento di incarichi di collaborazione esterna (art. 43) o alla possibilità di istituire, in via regolamentare, altre tipologie di unità organizzative (art. 42) ovvero - in relazione al provvedimento della Giunta Provinciale di assegnazione al dirigente del servizio legale degli atti di gestione del contenzioso - dalla previsione (art. 40), generica, di conformità dei provvedimenti della Giunta alla volontà del Presidente della Provincia) (Cass. civ., sez. lav., 21 maggio 2009, n. 11848).

Presidente della Provincia

L'organo rappresentativo di un'associazione può stare in giudizio senza necessità di autorizzazione da parte dell'organo deliberante, ove esistente, salva diversa specifica previsione legale o statutaria. Consegue a quanto innanzi che, in assenza di una norma di carattere generale che richieda una simile autorizzazione, è onere della parte che deduce l'irregolare costituzione dell'ente per mancata produzione della delibera autorizzativa, provare che lo statuto dell'ente contenga una simile previsione (Cass. civ., sez. lav., 25 novembre 2013, n. 26286).

Organo rappresentativo di un'associazione

Il Direttore Generale di una Azienda Sanitaria Locale, in assenza di specifiche e contrarie disposizioni, non ha necessità di una preventiva deliberazione autorizzativa per la proposizione di azioni giudiziarie o per la resistenza in giudizio, dovendosi escludere che un organo rappresentativo monocratico debba stare in giudizio con l'autorizzazione di se stesso (Cass. civ., sez. lav., 1 luglio 2014, n. 14951).

Direttore Generale di una Azienda Sanitaria Locale

Il raggiungimento della maggiore età da parte del minore costituito nel processo per mezzo del suo legale rappresentante, se non sia stato formalmente dichiarato o notificato dal difensore a norma dell'art. 300 c.p.c., resta privo d'incidenza nel corso del processo, che prosegue regolarmente nei confronti del suo rappresentante legale, al quale pertanto è regolarmente notificata l'impugnazione avverso la sentenza, in quanto soltanto qualora la capacità di stare in giudizio in rappresentanza del figlio minore venga meno per il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo dopo la pubblicazione della sentenza, l'impugnazione va proposta nei confronti dell' ex minore divenuto maggiorenne (e notificata presso il suo domicilio reale) e non nei confronti dei genitori (ovvero del figlio rappresentato dai genitori) (Cass. civ., sez. I, 9 gennaio 2004, n. 116).

Minore costituito nel processo per mezzo del suo legale rappresentante divenuto maggiorenne

In materia di adozione ed anche con riferimento all'assetto normativo previgente alle modifiche di carattere processuale apportate alla l. 4 maggio 1983, n. 184 dalla l. 28 marzo 2001, n. 149 (la cui efficacia è rimasta sospesa, in forza della disposizione transitoria di cui all'art. 1 del d.l. 24 aprile 2001, n. 150, e successive proroghe, fino al 30 giugno 2007), il procedimento diretto alla dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore postula - ai sensi dell'art. 17,comma 2, della l. n. 184 cit., dell'art. 75, comma 2 e 78, comma 2, c.p.c., dei principi costituzionali di protezione dell'infanzia, del giusto processo e di diritto di difesa, nonché dei principi consacrati nella Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con l. 27 maggio 1991, n. 176 e nella Convenzione europea di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con l. 20 marzo 2003, n. 77 -, la nomina di un curatore speciale, affinché l'interessato sia autonomamente rappresentato in giudizio e tutelato nei suoi preminenti interessi e diritti; in mancanza, il procedimento è affetto da nullità assoluta, insanabile e rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, in quanto conseguente al vizio di costituzione del rapporto processuale e alla violazione del principio del contraddittorio (Cass. civ., sez. I, 4 maggio 2009, n. 10228).

Adozione

Le ambasciate o rappresentanze diplomatiche sono organi esterni dello Stato cui appartengono ed i loro titolari (ambasciatori o agenti diplomatici) hanno la funzione di rappresentare ad ogni effetto il proprio Stato presso quello straniero dove sono accreditati, non esaurendosi la loro attività nel campo strettamente politico e pubblico, ma estendendosi altresì - senza che vi osti alcuna norma di diritto internazionale - ad ogni altro campo, compreso quello privatistico, nel quale sia necessario tutelare gli interessi dello Stato rappresentato. Ne consegue che l'ambasciatore è legittimato, in quanto tale, a rappresentare il proprio stato nei giudizi in cui questo sia parte, ancorché relativi a rapporti privatistici, senza bisogno di alcun atto autorizzativo particolare, svolgendosi il potere rappresentativo attraverso un rapporto di compenetrazione organica. (Nella specie nel giudizio di primo grado era stata convenuta in giudizio un'ambasciata presso lo Stato italiano, rimasta contumace, e la sentenza era stata appellata dallo Stato estero, agendo attraverso il suo ambasciatore e facendo valere la nullità del ricorso introduttivo sia per difetto di soggettività giuridica dell'ambasciata, sia per violazione dei termini a comparire; il giudice d'appello aveva ritenuto legittimato l'ambasciatore in quanto tale, dichiarando la nullità del ricorso introduttivo per violazione dei termini, e inammissibile l'atto di appello con riferimento allo Stato estero, qualificato come intervento del terzo; la S.C., a seguito del ricorso per cassazione proposto dallo Stato estero, ha dichiarato inammissibile il ricorso stesso - peraltro correggendo la motivazione della sentenza impugnata - stante l'unicità del soggetto giuridico e la sua non soccombenza)

(Cass. civ., sez. lav., 9 novembre 2000, n. 14549).

Ambasciate e rappresentanze diplomatiche

Qualora le associazioni sindacali si costituiscano in giudizio per mezzo di persone fisiche che dichiarano di esserne i legali rappresentanti e ci sia, dunque, la spendita di tale qualità, sufficiente per gli artt. 75 c.p.c. e 36 c.c. per agire in nome di tali associazioni, è onere della controparte provare l'assenza dei poteri rappresentativi dichiarati da coloro che hanno rilasciato il mandato difensivo per intraprendere il giudizio (Trib. Taranto, sez. III, 5 ottobre 2012).

Associazioni sindacali

L'assenza della legittimazione ad agire

La legittimazione ad agire, così come la speculare legittimazione a contraddire e contraddire, deve essere accertata, in sede processuale, in base a quanto affermato nella domanda e avrà anche la funzione di valutare l'ipotetica accoglibilità della domanda; la sua effettiva sussistenza, poi, sarà oggetto del giudizio.

Si dovrà, quindi, valutare la corrispondenza, dal lato attivo, tra il soggetto che propone la domanda quale affermato titolare del diritto, e, da quello passivo, il soggetto contro il quale la domanda è proposta (unitamente a quello che è affermato dallo stesso).

La legittimazione ad agire spetta, oltre che all'affermato titolare del diritto anche al suo rappresentante (con l'eccezione dell'institore ex art. 77 c.p.c.): in altri termini, chi è dotato della rappresentanza in senso sostanziale sarà dotato anche di quella processuale, salvo che dall'atto di conferimento di procura tale potere venga espressamente escluso. Di conseguenza, il difetto di potere comporterà una causa di esclusione anche della legitimatio ad processum del rappresentante, il cui accertamento, trattandosi di presupposto attinente alla regolare costituzione del rapporto processuale, può essere compiuto in ogni stato e grado del giudizio e quindi anche in sede di legittimità (salvo un eventuale giudicato) (Cass. civ., sez. un., 16 novembre 2009, n. 24179, in Mass. Giur. It., 2009).

Il potere di rappresentanza dovrà essere “allegato”, cosicché il difetto della relativa allegazione e dimostrazione, sarà rilevabile anche d'ufficio (App. Roma, 01 ottobre 2008).

Il difetto di legittimazione, poi, potrà essere sanato mediante la costituzione dell'effettivo rappresentante legale nei vari gradi del giudizio, oppure attraverso atti di ratifica o di accettazione anche implicita del contraddittorio da parte del soggetto legittimato (Cass. civ. sez. lav., 27 novembre 2001, n. 14970).

CARENZA DI LEGITTIMAZINE AD AGIRE - SANABILITÀ: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

È nullo l'atto di appello proposto nel nome e nell'interesse di una persona giuridica in forza di mandato rilasciato al difensore da persona fisica priva del potere di rappresentare la stessa, senza che possa attribuirsi valore sanante, a una tale nullità, dalla costituzione in giudizio del rappresentante dell'ente con mandato rilasciato in calce alla memoria di replica. Pur dovendosi ritenere, infatti, ammissibile la possibilità di sanatoria del difetto di rappresentanza, essa incontra il limite delle decadenze che nel frattempo si siano verificate, apparendo tale soluzione la più aderente alla disposizione di cui all'art. 182, comma 2, c.p.c., la quale, consentendo al giudice che abbia rilevato un difetto di rappresentanza, assistenza o di autorizzazione di assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona a cui spetta la rappresentanza o l'assistenza o per il rilascio delle necessarie autorizzazione, pone la condizione che non sia avvenuta una decadenza. (Decadenza nella specie costituita dalla scadenza del termine per proporre appello)

Cass. civ. sez. I, 19 novembre 2003, n. 17525

Il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisca in giudizio in rappresentanza di un ente può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza dell'ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del "falsus procurator"; né tale sanatoria può essere impedita dalla previsione dell'art. 182 c.p.c., secondo cui sono fatte salve le decadenze già verificatesi, la quale va riferita alle decadenze sostanziali (sancite, cioè, per l'esercizio del diritto e dell'azione: artt. 2964 c.c. e segg.) e non a quelle che si esauriscono nell'ambito del processo, com'è dimostrato dal fatto che, in caso contrario, si avrebbe l'inapplicabilità (inammissibile sotto il profilo sistematico) dell'art. 182 c.p.c. in tutte le ipotesi in cui (come nel rito del lavoro) le parti incorrono in decadenze processuali già nell'atto introduttivo

Cass. civ. sez. lav., 12 marzo 2004, n. 5135

Il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisce in giudizio in rappresentanza di un ente può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio con efficacia retroattiva, con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell'effettiva rappresentanza dell'ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del "falsus procurator". Tanto la ratifica, quanto la conseguente sanatoria devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da un soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazione degli artt. 83 e 125 c.p.c. (Rigetta, App. Bolzano, 10 novembre 2003)

Cass. civ. sez. III, sent., 15 settembre 2008, n. 23670

Riferimenti

CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, II, Roma, 1935, 214;

COSTANTINO, Il giubileo del medico dei pazzi: l'incapace naturale nel processo civile, in FI, 1993, I, 1044;

MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, 22ª ed., Torino, 2012, 370;

MURRA, Parti e difensori, in Digesto civ., XIII, Torino, 1995;

SATTA, Capacità processuale civile, in ED, VI, Milano, 1960, 130.

Sommario