Cause riconvenzionaliFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 36
23 Marzo 2016
Inquadramento
Il convenuto può difendersi in giudizio deducendo questioni e allegando fatti che, mentre ampliano la materia del decidere, mantengono la sua difesa nell'ambito di una richiesta di rigetto della pretesa attrice (eccezione di pagamento; eccezione di prescrizione). La sua contestazione può consistere anche nella proposizione di una propria domanda, rispetto alla quale egli potrebbe porsi come attore in un apposito processo. Questa domanda è denominata riconvenzionale perché, a sua volta, conviene in giudizio (lo stesso nel quale è formulata) l'attore in veste di convenuto. La domanda riconvenzionale è oggetto di una azione che il convenuto nella causa principale esercita contro colui che lo ha evocato in giudizio. La domanda è autonoma da quella principale, come autonome sono le cause che le avrebbero ad oggetto: la riconvenzionale deve essere esaminata e decisa anche se quella principale è inammissibile ( civ. , sez. lav., 26 settembre 1991, n. 10043 ).6 c.p.c. tratta della domanda riconvenzionale a proposito dei legami di connessione che possono venire a esistere tra più domande da proporre al giudice e, di conseguenza, tra le relative cause che possano averle ad oggetto. Questi legami giustificano la riunione delle domande in un unico processo, anche in deroga ai criteri di competenza, a determinate condizioni, la cui disciplina costituisce ratio della norma citata e delle altre, dettate dagliartt. 3 1 ss. c.p.c. In particolare la dottrina attribuisce all'art. 36 c.p.c. un contenuto più ampio di quello rivolto a regolare il detto spostamento di competenza. La disposizione, si sostiene, assume la connessione per riconvenzione anche quale criterio che discrimina le domande che il convenuto può proporre contro l'attore nello stesso processo. La proposizione della domanda riconvenzionale avviene, per definizione, nel contesto di un processo già pendente. La materia del decidere ne viene estesa a questioni ulteriori rispetto a quelle poste alla cognizione del giudice adito dalla domanda attrice. La possibile conseguenza negativa dell'esercizio di una siffatta facoltà è che vengano a cumularsi nella stessa causa domande non aventi tra loro alcun elemento comune, se non quello costituito dalle stesse parti. Per assicurare ordine e razionalità al processo, il nostro codice impone in proposito delle limitazioni. A norma dell'art. 36 c.p.c. , è consentita soltanto l'introduzione di istanze riconvenzionali che dipendono dal titolo dedotto in giudizio dall'attore o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione. La connessione che per tal modo viene a sussistere tra le domande giustifica, salvo per alcune limitazioni, anche lo spostamento di competenza.La giurisprudenza prevalente prende spunto dall'indicazione testuale, contenuta nell'art. 36 c.p.c., di un rapporto di dipendenza, che deve intercorrere tra la domanda riconvenzionale e la causa principale, per ricondurre a questa dipendenza la connessione per garanzia ( civ., sez. I, 5 giugno 2009, n. 12985 ), attribuendo così scarsa o nulla rilevanza all'elemento costituito dalla comunanza del titolo vantato dall'attore o assunto a fondamento dell'eccezione. Inoltre, essa afferma che la detta relazione di dipendenza è richiesta soltanto quando la connessione comporta uno spostamento di competenza per condurre la riconvenzionale al giudice della causa principale. Quando non si pone questione di diversità di competenze, è sufficiente che tra la domanda dell'attore e quella in riconvenzione esista un legame che rende opportuna la trattazione in un unico processo. Per la giurisprudenza la proposizione della domanda riconvenzionale nello stesso processo si giustifica anche per la sola esistenza di un qualche collegamento che ne manifesti l'opportunità (Cass. civ., 5 giugno 2009, n. 12985 ;Cass. civ., 4 luglio 2006, n. 15271 ). Per ammettere il convenuto a difendersi con domande in riconvenzione è sufficiente un legame che renda anche soltanto opportuno il simultaneus processus (con una valutazione del tutto discrezionale, rimessa al giudice di merito:Cass. civ., sez. I, 4 novembre 2013, n. 24684 ). In questi casi l'eventuale inammissibilità della riconvenzionale non è rilevabile d'ufficio, occorrendo l'eccezione di parte (Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2015, n. 8814 ).
Per titolo dedotto in giudizio dall'attore, cui si riferisce l' c.p.c. , la dottrina intende la causa petendi della domanda attrice. Esso è costituito dal diritto soggettivo, di natura sostanziale, fatto valere dall'attore e che costituisce la ragione giuridica della tutela che di esso viene chiesta al giudice. Per fare un esempio, può dirsi che l'azione per mancata manutenzione dell'immobile contro il locatore e la riconvenzione per il pagamento dei canoni contro l'attore-conduttore hanno nella locazione il medesimo titolo; l'azione per il pagamento di un debito e quella per il risarcimento del danno per un illecito extracontrattuale non hanno lo stesso titolo.Titolo che appartiene alla causa come mezzo di eccezione
Il titolo che appartiene alla causa come mezzo di eccezione è la ragione giuridica sulla quale si fonda l'allegazione di fatti impeditivi, estintivi, modificativi della pretesa attrice. Costituisce esempio di domanda riconvenzionale fondata sull'eccezione già proposta nel giudizio l'eccezione di compensazione dell'asserito debito con un credito di ammontare superiore a quello azionato dall'attore, accompagnato dalla richiesta di pagamento della differenza. Questa richiesta integra una domanda riconvenzionale. Eccezione riconvenzionale
Tradizionalmente si fa distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione riconvenzionale. L'eccezione, a differenza dalla domanda, non costituisce esercizio di una azione. Con essa si intende paralizzare la pretesa attrice opponendo fatti che di essa impediscono l'accoglimento. Dalla semplice eccezione quella riconvenzionale si diversifica in quanto con la sua proposizione il convenuto chiede un accertamento (anche costitutivo) di sussistenza di un rapporto più ampio; ma ciò effettua al solo scopo di paralizzare l'azione intrapresa da controparte. Si suole dire che una simile eccezione realizza la funzione processuale dell'eccezione vera e propria ed ha la struttura logica della domanda riconvenzionale ( civ., 2 4 luglio 2007, n. 16314 ). La detta distinzione è accolta dalla giurisprudenza, la quale peraltro riconduce l'eccezione riconvenzionale all'ambito di disciplina delle eccezioni, in genere, così, di fatto, sminuendone l'importanza pratica. Parte autorevole della dottrina osserva che, finchè la contestazione del convenuto è rivolta a paralizzare la pretesa dell'attore, si resta nel novero delle eccezioni e che in tal senso in queste situazioni non v'è nulla di riconvenzionale; soltanto per ottenere un accertamento ulteriore e diverso occorre una specifica domanda e soltanto in questo caso si entra nell'ambito della domanda riconvenzionale
Domanda riconvenzionale e competenza
c.p.c. detta le condizioni alle quali è subordinato lo spostamento di competenza che consente di proporre la domanda riconvenzionale allo stesso giudice della domanda principale quando per esso sono competenti giudici diversi. Esso stabilisce che il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionali, quando ricorre il legame di connessione da esso descritto, purchè non eccedano la sua competenza per materia o per valore. Si desume, dalla disposizione, che può essere derogata la competenza per territorio, salvo sia stabilita ai sensi dell'art. 28 c.p.c. , mentre restano criteri non derogabili quelli che stabiliscono la competenza per materia o limitano ad un importo pecuniario massimo la competenza per valore.Costituiscono limite allo spostamento di competenza anche:
c.p.c. dispone che, quando non sussistono le condizioni che consentono al giudice della causa principale di conoscere anche della causa di garanzia, si applicano le disposizioni dei due articoli precedenti.Le norme richiamate prevedono un'alternativa, per il giudice adito:
La scelta in questo secondo senso è subordinata, nel testo della norma, al fatto che la domanda principale sia fondata su un titolo non controverso o facilmente accertabile, e la ratio di tale indicazione è da ravvisare nel fatto che queste situazioni consentono al giudicante di decidere senza dover attendere la pronuncia sulla riconvenzionale. In proposito la giurisprudenza segue un orientamento più ampio, per il quale il giudice ha il potere discrezionale di rimettere tutta la causa o di riservarsi la decisione di quella principale, salvo che tra esse esista un rapporto di pregiudizialità. Il provvedimento che scioglie l'alternativa ha natura di provvedimento sulla competenza ( civ., sez. VI-3, 9 luglio 2015 ,n. 14369 ).
La pluralità delle forme processuali previste dal nostro codice per la trattazione delle controversie di ordinaria cognizione comporta la necessità di una norma che risolva la questione del rito da seguire, nella diversità tra quello da osservarsi per la domanda principale e quello stabilito per la riconvenzionale, quando ricorrono le condizioni per condurre l'una e l'altra di queste domande , in un unico processo, dinanzi al medesimo giudice. In proposito, detta regola l' c.p.c. nei commi 3 e 4, affermando il principio generale che, quando sono proposte domande cumulativamente o quando esse sono successivamente riunite, si applica per tutte il rito ordinario di cognizione, a meno che per una di esse debba seguirsi il rito per le controversie di lavoro. Se le cause sono invece soggette a riti speciali, si applica quello in ragione del quale viene determinata la competenza o, in subordine, quello previsto per la causa di maggior valore.Il principio, così sintetizzato, subisce deroga nel caso in cui una delle cause connesse è di competenza del Giudice di pace e l'altra è di competenza del Tribunale (art. 40, commi 6 e 7 c.p.c.): in questo caso entrambe le cause possono essere proposte direttamente al Tribunale. Se sono proposte davanti al Giudice di pace, questi, anche d'ufficio, deve pronunciare la connessione e rimettere le parti presso il Tribunale (è, questo, ad esempio, il caso in cui la riconvenzionale ha natura immobiliare: civ., sez. II, ord . 11 maggio 2010, n. 11415 ). La regola, così posta, non si applica nei casi in cui il Giudice di pace ha, sulla causa principale, competenza funzionale (opposizione a decreto ingiuntivo:Cass. civ., sez. VI-3, ord . 19 febbraio 2014 ,n. 3870 ) o per materia (distanze legali nelle piantagioni:Cass. civ., sez. II, ord . 25 novembre 2010, n. 23937 ). In questi casi il Giudice di pace trattiene la causa principale e rimette la riconvenzionale al giudice per essa competente.
A superamento di risalenti questioni che avevano diviso la dottrina, l' comma 5 , c.p.c. ha organicamente disciplinato la domanda riconvenzionale proposta dall'attore nei confronti del convenuto, tradizionalmente denominata reconventio reconventionis. La disposizione consente all'attore di opporre alle contestazioni del convenuto, oltre che eccezioni, vere e proprie domande, a condizione che la necessità o l'opportunità della loro formulazione sia conseguenza delle difese del convenuto. La detta disposizione è interpretata nel senso che essa ammette, alla detta condizione consequenziale, una deroga al principio della concentrazione processuale e della esposizione della materia del decidere sin dagli atti introduttivi del processo. Nel giudizio di cognizione ordinario, proposto con la domanda attorea, l'attore non può proporre domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell'atto di citazione, trovando peraltro tale principio una deroga nel caso in cui, per effetto di una domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, l'attore venga a trovarsi, a propria volta, in una posizione processuale di convenuto, così che al medesimo, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, non può essere negato il diritto di difesa mediante la reconventio reconventionis (Cass. civ., sez. I, 13 febbraio 2009, n. 3639 ). Il principio vale anche quando la parte viene a trovarsi nella veste di attore sostanziale, per effetto dell'altrui opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22754 , che ne limita temporalmente la proponibilità alla formulazione nella comparsa di risposta).La domanda riconvenzionale del terzo chiamato in causa
Una domanda riconvenzionale può essere proposta dal terzo chiamato in causa per opporsi alla domanda formulata nei suoi confronti e per esercitare nello stesso giudizio una propria pretesa contro una delle parti. In proposito la giurisprudenza ha affermato che nel caso di domanda riconvenzionale proposta dal terzo chiamato in causa dal convenuto che su di lui intende riversare gli effetti della domanda dell'attore in forza di un distinto rapporto, dipendente da un diverso titolo, la connessione richiesta dall' c.p.c. non postula necessariamente che la domanda riconvenzionale tragga fondamento dalla situazione o rapporto giuridico fatto valere dall'attore, ben potendo trarre origine dal rapporto di garanzia confluito nel processo, nel quale il convenuto esercita una autonoma azione, assumendo, nei confronti del terzo, la veste di attore (Cass. civ., sez. III, 23 ottobre 2001, n. 12974 ;Cass. civ., sez. II, 28 giugno 1993, n. 7131 ).Riferimenti
DINI, La domanda riconvenzionale nel diritto civile, Milano,1978; DINI, La riconvenzione, Noviss. dig. it., XV, Torino, 1968, pag. 965 ss.; FRANCHI, Della competenza per connessione, in Comm. del cod. proc. civ., diretto da E. Allorio, I, Milano, 1973, 350 ss.; NAPPI, La domanda proposta in via riconvenzionale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1989, 751 ss.; TARZIA, BALBI, Riconvenzione (dir. proc. civ.), in Encicl. del dir., XL, Milano, 1989, p. 665 ss.; VULLO, La domanda riconvenzionale, Milano, 1995; VULLO, Riconvenzione, in Dig. disc. priv. Sez. civ., XVII, Torino, 1998, 526 ss.; ZAPPAROLI, Nota sulla reconventio reconventionis, in Riv. dir. civ., 1958, I, 191 ss. Bussole di inquadramentoPotrebbe interessarti |