Astensione e ricusazione del giudiceFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 51
02 Maggio 2016
Inquadramento
L'imparzialità del giudice è elemento essenziale dello stesso concetto di giurisdizione; essa attiene all'esercizio della funzione e deve essere valutata con riguardo alle singole vicende processuali. La tutela del principio di imparzialità è realizzata dal nostro codice di rito con gli istituti della astensione e della ricusazione.
L' art. 51 c.p.c. distingue una astensione obbligatoria e una astensione facoltativa e, al primo comma, indica cinque ipotesi in cui il giudice è obbligato ad astenersi dall'esaminare e decidere la causa; all'ultimo comma indica che l'astensione facoltativa può essere richiesta quando sussistano «gravi ragioni di convenienza».
Qualora ricorra una delle fattispecie di astensione obbligatoria e il giudice non si sia astenuto, ogni parte può proporre istanza di ricusazione ex artt. 52 e ss. c.p.c.
Astensione obbligatoria
L' art. 51 c.p.c. distingue tra astensione obbligatoria e astensione facoltativa, e, al primo comma, indica cinque ipotesi in cui il giudice è obbligato ad astenersi dall'esaminare e decidere la causa. Tendenzialmente si ritiene che si tratti di motivi tassativi (in argomento Picardi, Manuale, 130 e ss; per concrete applicazioni giurisprudenziali in riferimento a tutti i motivi di astensione obbligatoria e facoltativa si rinvia alla casistica riportata da I. Ferranti, sub artt. 51 e ss., 490 e ss.).
Da questa disposizione emergono, innanzitutto, i concetti di interesse diretto ed interesse indiretto. La giurisprudenza ha evidenziato le caratteristiche che deve avere l'interesse diretto: personale, ossia un interesse che deve riguardare il giudice in prima persona; attuale, ossia un interesse differito nel tempo non potrebbe legittimare una astensione; concreto, ossia non può trattarsi di un interesse astratto; esteriore, ovvero un interesse non puramente interno; non necessariamente economico/patrimoniale , cioè il giudice può benissimo avere un interesse di natura morale.
L'interesse indiretto, invece, secondo la giurisprudenza, è tale quando non avrà le caratteristiche di interesse diretto nella causa.
Ci si riferisce in questo caso ai rapporti personali tra il giudice e la parte, concetto in relazione al quale non si riscontrano particolari difficoltà interpretative.
Per causa pendente bisogna riferirsi ai criteri ordinari di determinazione della pendenza della lite. Questa norma fa riferimento ad ogni tipo di controversia (anche penale o amministrativa), purché sia una causa pendente.È opinione dominante quella che ritiene che per rapporto debito/credito si debba intendere qualsiasi rapporto di natura contrattuale, in cui le parti siano direttamente interessate.
Dare consiglio significa fornire un parere in merito all'esito della controversia. Secondo la giurisprudenza è irrilevante che il parere sia espresso in forma scritta oppure oralmente; importante è che il giudice abbia espresso una sua opinione riguardo al possibile esito del giudizio.
La giurisprudenza della Cassazione ha inoltre dato dei criteri per stabilire quando aver prestato patrocinio in un altro grado del giudizio sia un motivo di astensione obbligatoria:
In questi caso è chiaro che il giudice rivestirebbe una posizione sicuramente parziale. Astensione facoltativa
Per quanto riguarda l'astensione facoltativa , essa è disciplinatadall' art.51 , comma 2 , c.p.c. che così recita: «In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi; quando l'astensione riguarda il capo dell'ufficio, l'autorizzazione è chiesta al capo dell'ufficio superiore».
La norma non fornisce alcun motivo di astensione: per questo si parla di astensione discrezionale o facoltativa.
I motivi di astensione non sono individuati dal legislatore, in detta ipotesi, concretandosi in «gravi ragioni di convenienza», clausola generale e residuale nella quale potranno rientrare tutte quelle situazioni, pure non concretanti fattispecie di astensione obbligatoria e nelle quali, tuttavia, il giudice reputi necessario astenersi.
In questo caso, peraltro, a differenza di quanto avviene nelle fattispecie disciplinate dal primo comma dell' art. 51 c.p.c. , non è sufficiente la dichiarazione del giudice di volersi astenere, essendo necessario un provvedimento di autorizzazione del Presidente del tribunale. Ricusazione
Qualora ricorra una delle fattispecie di astensione obbligatoria ed il giudice non si sia astenuto, ciascuna delle parti può proporre istanza di ricusazione ai sensi degli artt. 52 e ss. c.p.c.
Il primo problema che presenta la ricusazione è determinare innanzitutto la sua natura: se abbia cioè natura di procedimento amministrativo o giurisdizionale .
Secondo la giurisprudenza più risalente della Corte di cassazione questo procedimento ha natura amministrativa (Cass. civ., 14 febbraio 1984, n. 1113, in Foro it., I, 957, con nota di Romboli e in Riv. dir. proc., 339, con nota di Fazzalari; Cass. civ., 15 ottobre 1984, n. 5162, in Riv. dir. proc., 1986, 641, con nota di Dittrich; Cass. civ., 10 gennaio 2001, n. 155, in Foro it., I, 772, con nota di Scarselli;Cass. civ., 1 febbraio 2002, n. 1285 , in Foro it., I, 1612).
Tale tesi è stata supportata avendo riguardo soprattutto alle seguenti argomentazioni: perché chi propone la ricusazione non esercita il diritto di azione : sostanzialmente non propone la domanda, chiede solamente che un giudice sia sostituito perché potenzialmente parziale; in quanto la parte che propone l'istanzanon fa valere un diritto soggettivo , quanto esclusivamente un ipotetico contrasto con la norma costituzionale che pone il principio dell'imparzialità del giudice, ciò a dire che non fa valere un diritto che le appartiene.
Più di recente la Corte di cassazione ha mutato orientamento riconoscendo, invece, natura giurisdizionale al procedimento di ricusazione; ciò perché esso incide sul diritto soggettivo della parte ad essere giudicata da un giudice terzo e imparziale. Peraltro, ormai la stessa Costituzione, dopo le modifiche introdotte dalla l. cost. n. 2 del 1999 , individua tra i canoni del giusto processo l'imparzialità del Tribunale ( Cass. civ., 26 marzo 2002, n. 4297 , in Foro it., I, 1612, con nota di Scarselli; Cass. civ., ord., 27 luglio 2004, n. 14164 ; Cass. civ., sez. U., 11 dicembre 2003, n. 18953). Anche la dottrina prevalente assegna alla ricusazione natura di procedimento giurisdizionale, con la caratteristica dell'incidentalità rispetto al giudizio principale all'interno del quale viene proposta l'istanza relativa (così, tra molti, Segré, Astensione, 644; Satta, Astensione, 951; Dittrich, Incompatibilità, 240); ma si è anche evidenziato come la pronuncia sulla ricusazione configurerebbe un procedimento, incidentale, di tipo amministrativo, pur se connotato da alcuni particolari e indispensabili necessità quali, tra tutte, la terzietà dell'organo che deve decidere sulla ricusazione (Consolo, Terzietà, 28).
La proposizione dell'istanza di ricusazione è un onere per la parte:
Il secondo comma dell' art. 52 c.p.c. stabilisce che il ricorso deve essere depositato due giorni prima dell'udienza in cancelleria se al ricusante è noto il nome del giudice; in caso contrario prima dell'inizio della trattazione o discussione di questa.
L' art. 53 c.p.c. prevede che sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se il ricusato è un giudice di pace ovvero decide il collegio se il ricusato è uno dei componenti del tribunale o della corte. Poiché la norma parla di collegio, si ritiene che essa abbia portata derogatoria dell' art. 48 ord. giud . che non contempla il procedimento di ricusazione tra le ipotesi di riserva di collegialità.
L a decisione del procedimento di ricusazione è assunta con ordinanza non impugnabile.
In passato, quando il procedimento di ricusazione era configurato come un procedimento amministrativo, la giurisprudenza della Corte di cassazione negava l'ammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione perché alla pronuncia che chiudeva detto procedimento sarebbe mancato il requisito della decisorietà; adesso che il procedimento di ricusazione è configurato come un procedimento giurisdizionale la Corte nega comunque l'ammissibilità del ricorso straordinario perché sostiene che, pur essendo il provvedimento finale decisorio, esso non è però definitivo; ciò perché il vizio derivante dalla parzialità del giudice non ricusato confluisce nella sentenza e può, quindi, essere fatto valere con l'appello (v., di recente, Cass. civ. , 3 febbraio 2015, n. 1932 ).
Riferimenti
Astensione e ricusazione del giudice (dir. proc. civ.), in Enc. Giur., vol. III, 1988 e ss.;
Dittrich, Incompatibilità, astensione e ricusazione del giudice, Padova, 1991;
La China, Giudice (astensione e ricusazione), in Dig. Civ., vol. IX, 1993, 26 e ss.;
Ferranti, sub artt. 51 e ss., in Codice di procedura civile commentato, a cura di N. Picardi, B. Sassani, A. Panzarola, Milano, 2015, 490 e ss.
Picardi, Manuale del processo civile, Milano, 2013;
Panzarola, La ricusazione del giudice civile, Bari 2008;
Romboli, Consolo, Terzietà ed imparzialità nella dinamica dei processi non penali, in Foro it., 2012, V, 22 e ss.
Satta, Astensione del giudice, in Enc. del dir., vol. III, Milano, 1959, 952 e ss.; |