Astensione e ricusazione del giudice

Cristina Asprella
02 Maggio 2016

Istituto volto a garantire il principio di imparzialità del giudice, elemento essenziale dello stesso concetto di giurisdizione.
Inquadramento

L'imparzialità del giudice è elemento essenziale dello stesso concetto di giurisdizione; essa attiene all'esercizio della funzione e deve essere valutata con riguardo alle singole vicende processuali. La tutela del principio di imparzialità è realizzata dal nostro codice di rito con gli istituti della astensione e della ricusazione.

L'

art. 51 c.p.c.

distingue una astensione obbligatoria e una astensione facoltativa e, al primo comma, indica cinque ipotesi in cui il giudice è obbligato ad astenersi dall'esaminare e decidere la causa; all'ultimo comma indica che l'astensione facoltativa può essere richiesta quando sussistano «gravi ragioni di convenienza».

Qualora ricorra una delle fattispecie di astensione obbligatoria e il giudice non si sia astenuto, ogni parte può proporre istanza di ricusazione ex

artt. 52 e ss. c.p.c.

In evidenza

L'

art. 51 c.p.c.

distingue una astensione obbligatoria e una astensione facoltativa e, al primo comma, indica cinque ipotesi in cui il giudice è obbligato ad astenersi e ad esaminare e decidere la causa; all'ultimo comma indica che l'astensione facoltativa può essere richiesta quando sussistano «gravi ragioni di convenienza». Qualora ricorra una delle fattispecie di astensione obbligatoria e il giudice non si sia astenuto, ogni parte può proporre istanza di ricusazione ex

artt. 52 e ss. c.p.c

Astensione obbligatoria

L'

art. 51 c.p.c.

distingue tra astensione obbligatoria e astensione facoltativa, e, al primo comma, indica cinque ipotesi in cui il giudice è obbligato ad astenersi dall'esaminare e decidere la causa. Tendenzialmente si ritiene che si tratti di motivi tassativi (in argomento Picardi, Manuale, 130 e ss; per concrete applicazioni giurisprudenziali in riferimento a tutti i motivi di astensione obbligatoria e facoltativa si rinvia alla casistica riportata da I. Ferranti, sub artt. 51 e ss., 490 e ss.).

  • Ai sensi del n. 1) dell'art. 51

    «Il giudice ha l'obbligo di astenersi se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto»

Da questa disposizione emergono, innanzitutto, i concetti di interesse diretto ed interesse indiretto. La giurisprudenza ha evidenziato

le caratteristiche

che deve avere l'interesse diretto: personale

, ossia

un interesse che deve riguardare il giudice in prima persona; attuale

, ossia

un interesse differito nel tempo non potrebbe legittimare una astensione; concreto

, ossia

non può trattarsi di un interesse astratto; esteriore

, ovvero un

interesse non puramente interno; n

on necessariamente economico/patrimoniale

, cioè

il giudice può benissimo avere un interesse di natura morale.

L'interesse indiretto, invece, secondo la giurisprudenza, è tale quando non avrà le caratteristiche di interesse diretto nella causa.

  • Ai sensi del n. 2) dell'art. 51,

    «

    Il giudice ha l'obbligo di astenersi se egli stesso o

    la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori».

Ci si riferisce in questo caso ai rapporti personali tra il giudice e la parte, concetto in relazione al quale non si riscontrano particolari difficoltà interpretative.

  • Ai sensi del n. 3) dell'art. 51

    «

    Il giudice ha l'obbligo di astenersi se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori».

Per

causa pendente

bisogna riferirsi ai criteri ordinari di determinazione della pendenza della lite. Questa norma fa riferimento ad ogni tipo di controversia (anche penale o amministrativa), purché sia una causa pendente.

È opinione dominante quella che ritiene che per rapporto debito/credito si debba intendere qualsiasi rapporto di natura contrattuale, in cui le parti siano direttamente interessate.

  • Ai sensi del n. 4) dell'art. 51

    «Il giudice ha l'obbligo di astenersi se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato consulenza come assistente tecnico».

Dare consiglio

significa fornire un parere in merito all'esito della controversia. Secondo la giurisprudenza è irrilevante che il parere sia espresso in forma scritta oppure oralmente; importante è che il giudice abbia espresso una sua opinione riguardo al possibile esito del giudizio.

La giurisprudenza della Cassazione ha inoltre dato dei criteri per stabilire quando aver prestato patrocinio in un altro grado del giudizio sia un motivo di astensione obbligatoria:

  • vi deve essere innanzitutto

    effettiva identità del thema decidendum:

    non si deve trattare di un thema decidendum diverso;

  • deve essersi trattato di una

    effettiva cognizione della causa in sede decisoria:

    il giudice deve avere deciso la precedente controversia;

  • la cognizione precedente deve essere avvenuta

    in un altro grado del processo in corso.

    • AI sensi, infine, del n. 5) dell'

      art. 51 c.p.c.

      «Il giudice ha l'obbligo di astenersi se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se,inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa».

In questi caso è chiaro che il giudice rivestirebbe una posizione sicuramente parziale.

Astensione facoltativa

Per quanto riguarda

l'astensione facoltativa

, essa è disciplinata

dall'

art.51

,

comma 2

, c.p.c.

che così recita:

«In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi; quando l'astensione riguarda il capo dell'ufficio, l'autorizzazione è chiesta al capo dell'ufficio superiore».

La norma non fornisce alcun motivo di astensione: per questo si parla di astensione discrezionale o facoltativa.

I motivi di astensione non sono individuati dal legislatore, in detta ipotesi, concretandosi in «gravi ragioni di convenienza», clausola generale e residuale nella quale potranno rientrare tutte quelle situazioni, pure non concretanti fattispecie di astensione obbligatoria e nelle quali, tuttavia, il giudice reputi necessario astenersi.

In questo caso, peraltro, a differenza di quanto avviene nelle fattispecie disciplinate dal primo comma dell'

art. 51 c.p.c.

, non è sufficiente la dichiarazione del giudice di volersi astenere, essendo necessario un provvedimento di autorizzazione del Presidente del tribunale.

Ricusazione

Qualora ricorra una delle fattispecie di astensione obbligatoria ed il giudice non si sia astenuto, ciascuna delle parti può proporre istanza di ricusazione ai sensi degli

artt. 52 e ss. c.p.c.

Il primo problema che presenta la ricusazione è determinare innanzitutto la sua natura: se abbia cioè natura di

procedimento amministrativo o giurisdizionale

.

Secondo

la giurisprudenza più risalente della Corte di cassazione

questo procedimento ha natura amministrativa (Cass. civ., 14 febbraio 1984, n. 1113, in Foro it., I, 957, con nota di Romboli e in Riv. dir. proc., 339, con nota di Fazzalari; Cass. civ., 15 ottobre 1984, n. 5162, in Riv. dir. proc., 1986, 641, con nota di Dittrich; Cass. civ., 10 gennaio 2001, n. 155, in Foro it., I, 772, con nota di Scarselli;

Cass. civ., 1 febbraio 2002, n. 1285

, in Foro it., I, 1612).

Tale tesi è stata supportata avendo riguardo soprattutto alle seguenti argomentazioni: perché chi propone la ricusazione

non esercita il diritto di azione

: sostanzialmente non propone la domanda, chiede solamente che un giudice sia sostituito perché potenzialmente parziale; in quanto la parte che propone l'istanza

non fa valere un diritto soggettivo

, quanto esclusivamente un ipotetico contrasto con la norma costituzionale che pone il principio dell'imparzialità del giudice, ciò a dire che non fa valere un diritto che le appartiene.

Più di recente la Corte di cassazione ha mutato orientamento riconoscendo, invece, natura giurisdizionale al procedimento di ricusazione; ciò perché esso incide sul diritto soggettivo della parte ad essere giudicata da un giudice terzo e imparziale. Peraltro, ormai la stessa Costituzione, dopo le modifiche introdotte dalla

l. cost. n. 2 del 1999

, individua tra i canoni del giusto processo l'imparzialità del Tribunale (

Cass. civ., 26 marzo 2002, n. 4297

, in Foro it., I, 1612, con nota di Scarselli;

Cass. civ., ord., 27 luglio 2004, n. 14164

; Cass. civ., sez. U., 11 dicembre 2003, n. 18953). Anche la dottrina prevalente assegna alla ricusazione natura di procedimento giurisdizionale, con la caratteristica dell'incidentalità rispetto al giudizio principale all'interno del quale viene proposta l'istanza relativa (così, tra molti, Segré, Astensione, 644; Satta, Astensione, 951; Dittrich, Incompatibilità, 240); ma si è anche evidenziato come la pronuncia sulla ricusazione configurerebbe un procedimento, incidentale, di tipo amministrativo, pur se connotato da alcuni particolari e indispensabili necessità quali, tra tutte, la terzietà dell'organo che deve decidere sulla ricusazione (Consolo, Terzietà, 28).

La proposizione dell'istanza di ricusazione è un onere per la parte:

  1. la parte è obbligata a dedurre la stessa se vuole far valere il difetto di costituzione del giudice;

  2. se non esercita questo potere non avrà successivamente altri mezzi processuali per far valere il difetto di costituzione del giudice.

Il secondo comma dell'

art. 52 c.p.c.

stabilisce che il ricorso deve essere depositato due giorni prima dell'udienza in cancelleria se al ricusante è noto il nome del giudice; in caso contrario prima dell'inizio della trattazione o discussione di questa.

L'

art. 53

c.p.c.

prevede

che sulla ricusazione decide il presidente del tribunale se il ricusato è un giudice di pace ovvero decide il collegio se il ricusato è uno dei componenti del tribunale o della corte. Poiché la norma parla di collegio, si ritiene che essa abbia portata derogatoria

dell'

art. 48 ord. giud

. che non contempla il procedimento di ricusazione tra le ipotesi di riserva di collegialità.

L

a decisione

del procedimento di ricusazione è assunta con ordinanza non impugnabile.

In passato, quando il procedimento di ricusazione era configurato come un procedimento amministrativo, la giurisprudenza della Corte di cassazione negava l'ammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione perché alla pronuncia che chiudeva detto procedimento sarebbe mancato il requisito della decisorietà; adesso che il procedimento di ricusazione è configurato come un procedimento giurisdizionale la Corte nega comunque l'ammissibilità del ricorso straordinario perché sostiene che, pur essendo il provvedimento finale decisorio, esso non è però definitivo; ciò perché il vizio derivante dalla parzialità del giudice non ricusato confluisce nella sentenza e può, quindi, essere fatto valere con l'appello (v., di recente,

Cass.

civ.

, 3 febbraio 2015, n. 1932

).

Contrasto dottrinale/giurisprudenziale: Natura della ricusazione

Natura amministrativa

  • chi propone la ricusazione

    non esercita il diritto di azione

    : sostanzialmente non propone la domanda, chiede solamente che un giudice sia sostituito perché potenzialmente parziale;
  • la parte che propone l'istanza

    non fa valere un diritto soggettivo

    , ma esclusivamente un ipotetico contrasto con la norma costituzionale che pone il principio dell'imparzialità del giudice, (non fa valere un diritto che le appartiene).

Natura giurisdizionale

  • esso incide sul diritto soggettivo della parte ad essere giudicata da un giudice terzo e imparziale
  • la stessa Costituzione, dopo le modifiche introdotte dalla

    l. cost. n. 2 del 1999

    , pone l'imparzialità del tribunale tra i canoni del giusto processo
Riferimenti

Astensione e ricusazione del giudice (dir. proc. civ.), in Enc. Giur., vol. III, 1988 e ss.;

Dittrich, Incompatibilità, astensione e ricusazione del giudice, Padova, 1991;

La China, Giudice (astensione e ricusazione), in Dig. Civ., vol. IX, 1993, 26 e ss.;

Ferranti, sub artt. 51 e ss., in Codice di procedura civile commentato, a cura di N. Picardi, B. Sassani, A. Panzarola, Milano, 2015, 490 e ss.

Picardi, Manuale del processo civile, Milano, 2013;

Panzarola, La ricusazione del giudice civile, Bari 2008;

Romboli, Consolo, Terzietà ed imparzialità nella dinamica dei processi non penali, in Foro it., 2012, V, 22 e ss.

Satta, Astensione del giudice, in Enc. del dir., vol. III, Milano, 1959, 952 e ss.;