Avvocatura dello stato (patrocinio della)Fonte: RD 30 ottobre 1933 n. 1611
28 Febbraio 2016
Inquadramento
Il modello più risalente di rappresentanza e difesa legale degli enti pubblici è quello dell' avvocatura dello Stato, che nasce alla fine dell'800 e presenta, ancora oggi, rilevanti peculiarità, che derivano essenzialmente dalla particolare collocazione dell'Istituto nell'ordinamento delle amministrazioni statali.
All'atto dell'istituzione della Regia Avvocatura erariale, la l. 28 novembre 1875, n. 2871 ed il regolamento approvato col r.d. 16 gennaio 1876 n. 2914 le attribuirono il patrocinio e la consulenza solo delle Amministrazioni dello Stato, già riconosciuto come soggetto unitario di diritto, persona giuridica di diritto pubblico. Il problema dell'estensione del patrocinio ad altri enti pubblici non era particolarmente sentito, poiché questi, a parte i Comuni e le Province, erano in numero ridotto e svolgevano compiti molto limitati; ostacoli all'estensione del patrocinio erano frapposti anche dalle organizzazioni dei liberi professionisti che mal tolleravano la riduzione del loro campo di azione.
Oggi l' Avvocatura dello Stato (disciplinata dalr.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 , recante: «Approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato», più volte modificato) è collocata alle dipendenze della Presidenza del consiglio dei ministri, ; ma, come rileva la dottrina, tale dipendenza configura una particolare relazione organizzatoria non assimilabile a quella gerarchica, mancando l'omogeneità di funzioni che è alla base del rapporto di sovraordinazione gerarchica, e che neppure può intendersi come incardinamento nella struttura della Presidenza del consiglio (o appartenenza ai suoi uffici), proprio per la totale diversità dei compiti assolti dall' Avvocatura . La natura delle attribuzioni, di consulenza legale e difesa in giudizio, escludono anche una dipendenza solo funzionale. ;
La dipendenza dal vertice del Governo, dunque, non può che riguardare il sistema organizzatorio degli uffici (come, del resto, indica espressamente la legge) e, dunque, la provvista del personale e dei mezzi finanziari e strumentali, i provvedimenti di stato giuridico del personale togato ed amministrativo, nonché ogni altra iniziativa connessa con la responsabilità politica del Presidente del consiglio in ordine al corretto funzionamento ed alla regolare organizzazione dell'Istituto, senza condizionarne l'autonomia nello svolgimento delle funzioni tipiche, di ordine tecnico-professionale.
La titolarità e gli atti di disposizione della posizione soggettiva controversa rimangono sempre in capo alle amministrazioni patrocinate, con la particolarità che le divergenze che insorgano circa l'instaurazione o la resistenza in un giudizio sono risolte dal Ministro competente con determinazione non delegabile; tale funzione dell'autorità di governo non è superata dall'attribuzione ai dirigenti di uffici dirigenziali generali del potere di promuovere e resistere alle liti e di conciliare e transigere, poiché si collega all'individuazione legale dell'organo che rappresenta l'amministrazione, rientrando nell'ambito delle competenze dirigenziali i soli poteri sostanziali di gestione delle liti ; ( Cass. civ. , sez . un . , sent. 6 luglio 2006 , n. 15342 ).
La giurisprudenza, anche costituzionale, ha costantemente rilevato che la particolare collocazione ordinamentale degli avvocati e procuratori dello Stato e la specialità del loro status costituiscono il riflesso delle peculiarità delle funzioni affidate all'Avvocatura e della sua singolare posizione istituzionale ;(C. Cost., 12 gennaio 2000, n. 9 ). Patrocinio obbligatorio e facoltativo
, l'assistenza legale degli Enti pubblici da parte dell'Avvocatura dello Stato era distinta in obbligatoria (o istituzionale o necessaria) e facoltativa; nel primo caso l'Ente doveva avvalersi dell'Avvocatura dello Stato, nel secondo caso poteva liberamente decidere se avvalersene (Cass. civ., sez. I, sent. 30 settembre 1984, n. 5544, per la quale il patrocinio era obbligatorio solo per le Amministrazioni statali vere e proprie e per gli Enti qualificabili come organi o amministrazioni o aziende statali).
L'assistenza facoltativa veniva in concreto intesa in due modi ben diversi: o nel senso che l'Ente aveva facoltà di decidere in via generale se servirsi o no dell'ufficio dell'Avvocatura dello Stato, salvo s'intende a mutare decisione, sempre con effetti generali; o nel senso che l'Ente poteva decidere di volta in volta se rivolgersi, per una lite o per un parere, all'organo statale. Nella vigenza degli originari artt. 43 e 47 T.U. 1611/1933, si è affermato che l'affidamento della difesa alla Avvocatura dello Stato doveva essere considerata l'ipotesi normale, ed il ricorso al libero professionista l'eccezione (Cass. civ., sez. Un., sent. 24 febbraio 1975, n. 700, in Rass. avv. st., 1975, 69). La regola: patrocinio obbligatorio
l . n. 103/1979 ha soppresso la distinzione tra assistenza obbligatoria e assistenza facoltativa. Il comma 3 dell'art. 43 T.U., introdotto dall'art. 11 cit., dispone infatti che, qualora sia intervenuta l'autorizzazione di cui al comma 1 dell'art. 43 T.U., la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dall'Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva. Qualora tali amministrazioni ed Enti intendano in casi speciali non avvalersi dell'Avvocatura dello Stato debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza. La norma è operante non solo per gli Enti autorizzati successivamente alla sua entrata in vigore, bensì anche per gli Enti autorizzati precedentemente; oltre al rilievo, di per sé decisivo, che la legge non opera alcuna distinzione, è eloquente la tecnica della legge che ha innestato le nuove norme (tre commi) sul tronco dell'art. 43 T.U., appunto a rafforzamento della sua validità anche in ordine alle pregresse autorizzazioni. L'art. 11 cit., quindi, opera, per gli Enti già autorizzati, indipendentemente dalla formula adoperata nel provvedimento autorizzativo (Cass. civ. , sez. I, sent. 4 maggio 1993 , n. 5183 ;Cass. civ. , s ez. I, sent. 22 marzo 1991 , n. 3101 ).Con la nuova normativa la disciplina è diventata unitaria; il provvedimento cosiddetto autorizzativo impone, in via generale, l'assistenza dell'Avvocatura dello Stato agli Enti autorizzati; l'imposizione, peraltro, non acquista specifico significato negativo nel senso della violazione dell'autonomia degli Enti, poiché l'autorizzazione - imposizione riguarda Enti che, per la loro connessione con la struttura statale, e per la compenetrazione delle loro funzioni o dei loro bilanci con quelli dello Stato hanno margini di autonomia molto ristretti. A seguito della novella dell'art. 11 cit., il patrocinio dell'Avvocatura, scomparso il patrocinio facoltativo (Cons. St., sez. VI, 19 dicembre 1986, n. 936; Cons. St., sez. VI, 17 luglio 1986, n. 534), è dunque sempre esclusivo, obbligatorio ( civ. , Sez. Un., sent. 16 ottobre 1989 , n. 4145 ; Cass. civ., sez. un., 21 marzo 1987, n. 2183, in Foro it., 1988, I, 838; Cass. civ., sez. un., sent. 5 luglio 1983 n. 4512), cui si può derogare solo in caso di conflitto od in casi speciali; non sussiste più dunque un patrocinio facoltativo così come veniva inteso precedentemente nel senso della piena discrezionalità dell'Ente di ricorrere o meno all'Avvocatura.Nonostante la chiarezza della norma dell'art. 11 l. n. 103/1979 si sostiene talora che, per gli Enti pubblici qui in esame, sussistono altre modalità di patrocinio oltre quello organico ed esclusivo dell'art. 11 cit. Si sostiene che il patrocinio è organico ed esclusivo, ossia obbligatorio, solo se previsto da una legge formale; quando invece l'autorizzazione è contenuta in un provvedimento amministrativo il patrocinio diventa operante, e con le caratteristiche della organicità ed esclusività, solo ove l'Ente emetta una autonoma deliberazione di carattere generale ( civ. , sez. I, 28 novembre 1992 , n. 12729 , in Foro it., 1993, I, 2219) o siano intervenuti i provvedimenti generali attuativi della possibilità di avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura.
Mandato ex lege
Ai sensi degli artt. 45 e 1, comma 2 T.U., una volta che un Ente sia autorizzato ad avvalersi dell'assistenza dell'Avvocatura dello Stato con provvedimento statale, e senza che sia necessario, come si è detto, un provvedimento di conferma o di accettazione dell'Ente, gli avvocati ed i procuratori dello Stato esercitano le loro funzioni in giudizio per conto dell'Ente senza bisogno di mandato, «neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualità»: non è necessaria una specifica deliberazione dell'Ente di volersi avvalere del patrocinio dell'Avvocatura né dello specifico conferimento di una formale procura ( . , s ez . VI, 15 dicembre 2014 , per il quale a norma del combinato disposto degliart. 1, comma 2,43 e45 r.d. 30 ottobre 1933 , n. 1611 , gli avvocati dello Stato, sia che rappresentino lo Stato, sia che rappresentino un ente pubblico ammesso alpatrocinio , non hanno bisogno di mandato, bastando che consti la loro qualità, per cui non si richiede né un atto di conferimento del mandato, né una deliberazione di stare in giudizio).
La delibera con cui gli Enti affidano il patrocinio alla Avvocatura ha natura di atto meramente interno e non abbisogna di esteriorizzazione con il conferimento di normale procura ( Cass. civ. , s ez . V , sent. 11 giugno 2014, 13156 : in tema di contenzioso tributario, ed alla stregua di quanto sancito dall' art. 72 del d.lg. 30 luglio 1999, n. 300 , le agenzie fiscali possono avvalersi per la loro rappresentanza in giudizio del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'art. 43 del T.U. approvato con r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 , senza che occorra a tal fine un mandato alle liti o una procura speciale, restando i rapporti tra Direttore dell'agenzia ed Avvocatura erariale in ambito meramente interno;Cons. Stato, sez. III, 28 maggio 2012, n. 3136 )
È irrilevante che la deliberazione porti una data successiva a quella dell'assunzione della difesa ( Cass. civ. , sez . u n . , sent. 3 febbra io 1986 n. 652 .
Può accadere che l'Ente abbia deliberato, con la specifica procedura, di ricorrere a liberi professionisti, oppure che abbia dato particolari istruzioni all'Avvocatura dello Stato in ordine all'instaurazione o resistenza nella lite; anche in questi casi gli atti compiuti dall'Avvocatura dello Stato nonostante la volontà dell'Ente di non ricorrere ad essa, o contro gli intendimenti dell'Ente circa la sorte da dare alla lite, restano pienamente validi all'interno del processo, senza quindi che la controparte possa far valere la conosciuta volontà dell'Ente per invalidare gli atti dell'Avvocatura e finché la delibera di nomina di un libero professionista non sia prodotta in giudizio; in concreto, la violazione dei rapporti tra Ente ed Avvocatura può essere eccepita solo dall'Ente. Il mancato rispetto, in definitiva, della volontà dell'Ente assistito, che è, ben s'intende, ipotesi puramente teorica, resta un fatto interno ai rapporti tra Avvocatura dello Stato ed Ente, che potrà dar luogo a composizioni in via amministrativa od a eventuali responsabilità, ma che non incide sul processo. La regola della non necessità della produzione, od anche della prova dell'esistenza di un mandato da parte dell'Ente vale anche per l'eventuale proposizione di appello o di ricorso per cassazione. In definitiva, il sindacato del giudice rimane circoscritto alla verifica dai presupposti normativi e di fatto legittimanti la difesa erariale. Foro dello stato
Gli artt. da 6 a 10 del T.U., che disciplinano il foro dello Stato, si riferiscono esclusivamente, in base al loro tenore testuale, alle Amministrazioni dello Stato, e non quindi anche agli Enti pubblici assistiti dall'Avvocatura.
La competenza del «
foro erariale», ai sensi dell'art. 7, comma 2 , r.d. 30 ottobre 1933 n. 1611 , sussiste anche per le cause di appello avverso le sentenze emesse dal giudice di pace, pur essendo rimasta immutata la originaria formulazione letterale di detta norma di legge a seguito delle riforme ordinamentali e processuali comportanti l'introduzione dell'ufficio del giudice di pace. Tale conclusione è giustificata dall'interpretazione evolutiva della norma, coerente alla sua ratio legis, consistente nel recupero, in grado di appello, per evidenti esigenze organizzative di concentrazione delle attività dell'Avvocatura dello Stato, della speciale competenza del
foro erariale di cui all'art. 6 del predetto r.d.
Una ragionevole lettura delle disposizioni in considerazione, che non può essere avulsa da ogni relazione con il contesto complessivo delle norme ordinamentali con le quali le stesse vanno armonizzate, comporta infatti che, nell'interpretazione ed applicazione dell'art. 7 in questione, dove si legge «pretori» (e «conciliatori») deve oggi intendersi «giudici di pace». Solo siffatta lettura può consentire, da una parte, di considerare, ai sensi del comma 1, non applicabile ai relativi giudizi di. primo grado la regola del
foro erariale, e, dall'altra e per converso, di recuperare, a salvaguardia di quelle, tuttora valide, esigenze di cui si è fatto cenno, in coerenza al principio di buon andamento dell'amministrazione pubblica dettato dall'art. 97 Cost. , comma 1, la regola del
foro erariale in grado di appello nelle controversie coinvolgenti le amministrazioni dello Stato (Cass. civ. , s ez . III , sent. 14 maggio 2009, n. 11242 ; Cass. civ. , s ez . VI , sent. 29 luglio 2010, n. 17701 ; Cass. civ. , s ez . I , sent. 9 agosto 2007, n. 17579 ).
Nella disciplina precedente alla l . n. 103/1979 le regole del foro dello Stato erano ritenute inapplicabili in ordine agli Enti difesi dall'Avvocatura sia facoltativamente che istituzionalmente (Cass. civ., Sez. I, 15 settembre 1978, n. 4150, sulla Cassa per il Mezzogiorno; Cass. civ., 2 febbraio 1978 n. 464, relativa agli Istituti autonomi per le case popolari). L' art. 11 l . n. 103/ 1979 nulla ha innovato in proposito sicché può dirsi certo che, secondo le norme generali, il foro dello Stato non opera, in linea generale, per gli Enti patrocinati dall'Avvocatura ( Cass. civ., s ez. III , sent., 9 febbraio 1994 , n. 1329 , relativa alle Gestioni commissariali governative delle Ferrovie in concessione; Cass. civ., s ez. I , sent. 8 luglio 1994 , n. 6450 ). Le notifiche degli atti giudiziari
Analogamente a quanto esposto in tema di foro dello Stato, le specifiche norme dell'art. 11 T.U. relative alle notifiche degli atti giudiziari debbono essere ritenute applicabili esclusivamente, in base al loro tenore testuale, alle Amministrazioni dello Stato; per gli Enti pubblici autorizzati varranno le ordinarie norme di procedura. Le particolari disposizioni del T.U. sono peraltro estese da specifiche leggi ad alcune Regioni. Nessun effetto innovativo di carattere generale ha importato l'art. 10, comma 2, l. n. 103/ 1979 che consente l'estensione dell'art. 11 T.U. alle Regioni a statuto ordinario; quella norma, come le precedenti relative alle Regioni speciali, ha certamente un valore soggettivamente limitato agli Enti ivi indicati. Oltre che alle Regioni talora le regole delle notifiche presso l'Avvocatura sono state estese dalla giurisprudenza ad alcuni particolari Enti.
L'atto introduttivo della lite, pertanto, dovrà essere notificato presso la sede dell'Ente convenuto, mentre poi se l'Ente interviene in giudizio, come è la regola per l' art. 11, l . n. 103/ 1979 , col patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, è presso questa che dovranno essere notificati gli atti successivi ( art. 170 c.p.c. ) e le sentenze ( art. 285 c.p.c. ) ivi comprese quelle dei Tribunali Amministrativi (Cons. St., sez. IV, 22 dicembre 1989, n. 821) e del Consiglio di Stato ( Cass. civ., s ez . u n . , sent. 6 maggio 1991 , n. 5009 ) ed i lodi arbitrali ( Cass. civ., s ez. I, 28 novembre 1992 , n. 12729 ); se l'Ente ricorresse ad un libero professionista le notifiche degli atti successivi andrebbero ovviamente eseguite presso di lui.
Inoltre, l'errore di identificazione del soggetto legittimato a ricevere la notifica dell'atto introduttivo del giudizio e di ogni altro atto va eccepito dall'
Avvocatura dello Stato nella prima udienza, con la contemporanea indicazione del soggetto legittimato di diritto ed onde ottenere la relativa rimessione (procedurale) in termini: ciò, quindi, in caso di errata vocatio in ius tra soggetti operanti nella p.a. ed anche quando questi ultimi abbiano distinte ed autonome soggettività di diritto pubblico, purché siano ammessi al
patrocinio dell'
Avvocatura dello Stato (Cass. civ., s ez . VI , sent., 17 marzo 2015, n. 5230 ).
Intervenuta l'Avvocatura dello Stato, peraltro, diventa operante l'art. 11, comma 2, T.U. che prevede, a pena di nullità, ormai sanabile ( C. C ost . , 8 luglio 1967 , n. 97 ), la notifica degli atti successivi presso l'Avvocatura competente (Cass. civ., 17 maggio 1962, n. 1123); la costituzione dell'Ente col patrocinio dell'Avvocatura opera la sanatoria ex tunc ( Cass. civ., s ez . u n . , sent. 7 marzo 1990 , n. 1812 ).
Riferimenti
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C HIEPPA , Le alternanze legislative sugli effetti della notificazione dei ricorsi all'Amministrazione o all'Avvocatura dello Stato e le modifiche apportate da decreto legislativo a disposizioni della stessa legge contenente la delega (c.d. mista) , in Giurisprudenza Costituzionale , 2014, 265, fasc. 1;
M ICHELA , Titolo in forma esecutiva notificato all'Amministrazione presso l'Avvocatura dello Stato: decorrono i termini brevi per impugnare , in Diritto & Giustizia , 2015, 15, fasc. 30;
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